In visita ufficiale a New York, il viceministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon ha fornito un punto di vista interessante circa la questione dei territori contesi fra israeliani e palestinesi in Giudea e Samaria (West Bank o, come si diceva una volta, Cisgiordania). Bisogna ricordare che lo stato ebraico occupa l'1.5% di queste terre, spesso in aree (da secoli) densamente popolate da famiglie ebree o in prossimità di obiettivi militari strategici.
Ayalon ha rilevato che la stessa Autorità Palestinese, che reclama l'interezza di queste terre - che prima del 1967 appartenevano però alla Giordania, a cui casomai andrebbero restituite - non durerebbe un giorno di più, se l'esercito israeliano si ritirasse dalle aree B e C della Giudea e della Samaria. Il sanguinoso colpo di stato perpetrato nel 2006-2007 nella Striscia di Gaza da Hamas ai danni dei rivali di Al Fatah, che ancora governano il West Bank; si replicherebbe da queste parti. E ciò farebbe di esse una nuova piattaforma di lancio di missili e razzi verso lo stato ebraico.
Ayalon, in un'intervista ad Arutz Sheva, ha ricordato che l'Autorità Palestinese, sull'orlo della bancarotta, non esita però a spendere milioni di dollari per i numerosi viaggi della sua presidenza in giro per il mondo, ospite di lussuosi alberghi, mentre i dipendenti pubblici locali non ricevono lo stipendio da mesi.
Il bilancio dell'AP è sottoposto a cura dimagrante; ma si riescono sempre a trovare 12 mila shekel al mese (sei volte la retribuzione media di un dipendente palestinese) da versare ai terroristi rinchiusi dopo regolare processo nelle carceri israeliane, responsabili dell'assassinio di innocenti civili di ogni età.
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