di Nick Gray*
Fatah (il partito di Abu Mazen; successore di Arafat alla guida dell'OLP, e "capo di governo" dei territori palestinesi nel West Bank, NdT) ha perso le recenti elezioni; migliaia di arabi di Gerusalemme vogliono diventare cittadini israeliani e i palestinesi preferiscono spendere il loro denaro al di là della barriera difensiva piuttosto che al di qua: stiamo assistendo al collasso del progetto "Autorità Palestinese" e del proposito di creare due stati alla base della sua istituzione?
Il 20 ottobre, l'Autorità Palestinese (AP) ha indetto le prime consultazioni elettorali dal 2006, quando Hamas si affermò a sorpresa. In una mossa imprevista, diversi candidati si sono ribellati alla disciplina di partito e si sono presentati come rivali. Per sfortuna di Fatah, molti di essi hanno vinto.
Ci sono state elezioni amministrative in 93 enti locali dell'AP, e gli elettori hanno potuto votare fra diversi candidati, appartenenti ad Al Fatah, a dissidenti del Fatah e a vari schieramenti di sinistra (Hamas non ha partecipato alle elezioni).
Come riportato dalla BBC, Fatah si è affermata soltanto nel 40% delle municipalità, mentre quattro città maggiori - fra cui Ramallah, sede dell'AP - sono ora amministrate da sindaci e consigli non appartenenti a Fatah. Si tratta di un massiccio voto di sfiducia nei confronti di un regime corrotto e oppressivo, e presto ci sarà un altro giro di consultazioni in altre 82 aree municipali attualmente sotto il controllo del Fatah. Non si può escludere che entro Natale Fatah si possa ritrovare senza nemmeno un villaggio da amministrare nel West Bank.
Ad aggiungere sale sulle ferite provocate dalle elezioni disastrose per l'AP, è giunta la notizia secondo cui più di 10 mila arabi di Gerusalemme hanno chieso ed ottenuto la cittadinanza israeliana. Poiché Gerusalemme era reclamata dall'AP come capitale di un futuro stato palestinese, alla fine potrebbero mancare proprio i palestinesi a formare la cittadinanza di questa capitale. Questo esodo dal controllo dell'AP, malgrado le minacce e le diffide di Al Fatah come di Hamas, è iniziato nel 1993 con la sottoscrizione degli Accordi di Oslo, che evidenziò immediatamente agli arabi di Gerusalemme a cosa avrebbero rinunciato se la città fosse passata sotto il controllo palestinese.
Scomparirebbe l'accesso ad un sistema sanitario di prim'ordine, ad un mercato del lavoro recettivo e ad un tenore di vita senza eguali in tutti gli stati circostanti. A ciò si aggiungano i benefici di far parte di una democrazia e la possibilità di accedere liberamente all'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, e si comprende bene il vivo desiderio di molti palestinesi di conservare il passaporto israeliano. Le cui richieste sono decollate negli ultimi anni, in concomitanza con il timore di perdere la cittadinanza israeliana e di prendere quella palestinese.
Appena una settimana prima delle elezioni amministrative, e con un tasso di disoccupazione nell'AP che supera il 17%, il governo israeliano ha aumentato il numero dei permessi di lavoro per i palestinesi da 30 a 40 mila. Questo a livello ufficiale: si ritiene che altri 60 mila arabi lavorino in Israele illegalmente. Per non parlare dei palestinesi che prestano servizio negli insediamenti israeliani nei territori contesi del West Bank: una condizione censurata dall'AP ma apprezzata sia dai lavoratori palestinesi, sia dai datori di lavoro israeliani.
Ci sono altri indizi circa l'imminente collasso dell'AP, che rendono inconcludente il tentativo di Mahmoud Abbas di rivolgersi alle Nazioni Unite per chiedere il riconoscimento come stato. In primis, l'AP è in bancarotta. I donatori arabi la stanno abbandonando e non erogano più denaro. I donatori occidentali sono stati sollecitati ad aumentare i fondi erogati, a fronte dei quali l'AP continua ad erogare sussidi ai terroristi detenuti, anziché pagare gli stipendi al personale dipendente, mentre la corruzione dei funzionari dilaga. Le donazioni così finiscono in un enorme buco nero.
Dopo anni di corruzione dilagante e di democrazia latitante, la vecchia guardia palestinese ha perso tutta la credibilità agli occhi del proprio popolo. Ciò è palese dal rifiuto di molti candidati dell'AP di presentarsi alle passate elezioni, proponendosi invece come indipendenti e vincendo nei confronti della vecchia dirigenza.
Abbas può anche presentarsi all'ONU per chiedere un avanzamento del suo status di osservatore. Ma alla luce dello scarso credito politico di cui gode fra il suo stesso popolo, del prosciugamento delle casse e della mancanza di concordanza circa i confini di un eventuale futuro stato; una Palestina indipendente rimane una chimera.
Prestiamo dunque attenzione alle prossime elezioni di questo mese. Potremmo assistere allo smembramento definitivo del regime dell'AP, a favore della frammentazione in tanti consigli locali che respingerebbero i decreti varati dal Fatah a Ramallah. Ciò potrebbe andare a beneficio delle popolazioni locali, che potrebbero avviare relazioni economiche autonome con il vicino Israele. Sullo sfondo, quasi vent'anni di tempo persi nell'inseguire la strategia dei "due stati"...
* Fonte: The Commentator.
Nessun commento:
Posta un commento