La corruzione dilaga, gli sprechi imperversano, e l'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) è in sempre maggiori difficoltà finanziarie. L'embrione di un futuro stato palestinese non è in grado di sostenersi finanziariamente. La crescente retorica anti-israeliana non solo va in direzione opposta alle prescrizioni degli Accordi di Oslo del 1993, che diedero vita all'ANP, sostenuta da generosi finanziamenti occidentali; ma allontanano la prospettiva di una pace con il vicino stato ebraico, la cui prospera economia gioverebbe non poco alle esangui casse di Ramallah.
Questa settimana si riunisce a Gedda, in Arabia Saudita, l'Organizzazione dei paesi Islamici, e un ministro dell'ANP si rivolgerà al consesso per chiedere aiuti per diverse centinaia di dollari. Sono a rischio gli stipendi ai pubblici dipendenti di luglio, e i debiti contratti con fornitori privati.
L'Arabia Saudita ha già concesso un finanziamento d'emergenza da 100 milioni di dollari, e il governo di Gerusalemme si è impegnato ad anticipare le entrate fiscali che riscuote per conto di Ramallah dei prossimi dodici mesi. Ma evidentemente ciò non basta; l'Occidente si è accorto di non essere così benestante da finanziare le stravaganze di una leadership screditata, corrotta e messa in discussione dal suo stesso popolo. E quanto agli stati arabi "amici" - giù la maschera - ci si accorti con rammarico che a nessuno interessano le sorti dei palestinesi; se non in funzione anti-sionista.
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