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lunedì 2 giugno 2014

La propaganda palestinese ha perso il suo tocco magico?

di Dexter Van Zile*

Soltanto dieci anni fa la propaganda palestinese architettò una delle più grandi truffe dell'era moderna: convinsero persone altrimenti ragionevoli che la colpa della "seconda intifada" era da far ricadere su Israele, e che l'antisemitismo palestinese era una conseguenza - e non una causa - delle loro sofferenze.
In parte questo raggiro fu architettato trasmettendo le immagini di Mohammad Al Durah, un ragazzo palestinese che si disse fosse stato ucciso nel 2000 dagli israeliani nell'ambito di un conflitto a fuoco con i palestinesi. Il video diffuso lasciava intendere che Al Dura fosse morto, e che fosse colpa dell'IDF: ciò consegnò all'opinione pubblica - e agli europei, in particolare - il pretesto occorrente per credere che gli israeliani non fossero diversi dai nazisti che ammazzavano i bambini, e che pertanto non erano più meritevoli delle simpatie beneficiate a causa dell'Olocausto (non è un caso che in Francia, dove fu montato il video della presunta uccisione di Al Dura, oggi sperimenta un esodo senza precedenti di ebrei, in fuga dall'odio antisemita che sta attraversando tutto il paese).
Più avanti, la storia di Al Dura beneficiò di ulteriori aggiornamenti che la resero inverosimile: era impossibile che gli israeliani dalla loro posizione avessero potuto scagliare un colpo capace di colpire il ragazzo. E non aiutava la causa palestinese quel frammento del video, reso noto successivamente, in cui il ragazzo alzava la testa per rendersi conto di cosa stesse succedendo, dopo la sua "morte". Quell'episodio iniziò a risvegliare le coscienze circa l'abitudine dei "giornalisti" filopalestinesi di montare le immagini per simulare situazioni imbarazzanti per Israele, nel tentativo di demonizzare lo stato ebraico.