Fra tre giorni in Israele la parola tornerà agli elettori. La Knesset è stata sciolta prima della sua scadenza naturale, e la coalizione di governo, guidata da Bibi Netanyahu, rischia di non essere rinnovata per un ulteriore mandato. Allo schieramento guidato dal Likud, artefice di un boom economico, si riconosce di aver garantito una maggiore sicurezza rispetto ai governi di sinistra, ma si rimproverà una disattenzione nel promuovere la redistribuzione delle risorse generate dalla tumultuosa espansione economica degli ultimi anni.
Una consistente fetta dell'elettorato risulta così attirata dai richiami della coalizione di centrosinistra capeggiata da Herzog e da Tzipi Livni: la cui piattaforma elettorale non demonizza Hamas, malgrado gli attacchi subiti dallo stato ebraico la scorsa estate. Insomma, in nome di una maggiore "equità sociale", non pochi elettori in Israele sarebbero disposti a sottoscrivere patti con il diavolo; anche se ciò si tradurrebbe in una minore sicurezza; e potenzialmente in un rischio esistenziale. Ma cosa ne pensa Hamas?
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sabato 14 marzo 2015
Hamas prepara febbrilmente la prossima guerra di Gaza
lunedì 10 marzo 2014
Il mondo realizza la legittimità del blocco di Gaza
Quando Israele impedì ad una flottiglia turca di forzare il blocco navale al largo delle coste di Gaza, molte organizzazioni mondiali definirono l'iniziativa illegale. Il famoso rapporto della Commissione Goldstone pervenne a conclusioni analoghe. D'altro canto la Commissione Palmer, istituita presso le Nazioni Unite, concluse che il blocco era pienamente legale.
Questa settimana (la scorsa, NdT), la marina israeliana ha bloccato un cargo che apparentemente trasportava cemento diretto a Gaza, e condotto da personale turco. In realtà, il contenuto era rappresentato da missili di fabbricazione iraniana. La reazione internazionale è stata del tutto differente: il che suggerisce una definitiva accettazione delle conclusioni della Commissione Palmer, e un definitivo rigetto del Rapporto Goldstone. Come ho scritto su Commentary:
giovedì 6 febbraio 2014
It's the economy, stupid!
È il denaro che fa girare il mondo; beh, per fortuna quasi tutto il mondo. Muhammad Rashid si è messo nei guai. Già consulente economico di Yasser Arafat, Rashid ha scatenato la rabbia ceca dell'Autorità Palestinese. La sua colpa? aver denunciato, sul canale satellitare arabo Al Arabiya, la corruzione dilagante della famiglia Abbas: una holding dal valore di 100 milioni di dollari. Ben investiti: oltre a partecipazioni in diverse società, detenute direttamente dai figli di "Abu Mazen" e indirettamente per il tramite di società riconducibili al boss palestinese; la "Abu Mazen SpA" sarebbe titolare di un conto corrente cifrato aperto presso un banca giordana, contenente quasi 40 milioni di dollari (dei quali 13 sarebbero giunti nientemeno che dagli Stati Uniti).
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mercoledì 27 novembre 2013
L'opzione è stata collocata sul tavolo
E meno male che si parlano da almeno un anno. Certo, non in pubblico, e non direttamente. La comunicazione in Oman deve essere risultata problematica, se è vero che la sottoscrizione degli accordi "provvisori" di Ginevra è stata seguita da toni trionfali da ambo le parti. Insomma, una situazione "win-win". Eppure ci deve essere qualcuno che perde...
Mentre Hussein Obama cerca di tranquillizzare l'opinione pubblica mondiale, spacciando la liberazione di sostanziosi flussi finanziari verso il regime degli ayatollah in cambio di generiche promesse per un passo significativo verso la pace; a Teheran il ritorno dei delegati è stato salutato trionfalmente: un po' perché viene riconosciuta la piena legittimità del programma nucleare iraniano; un po' perché le nuove entrate che arriveranno dagli acquisti di petrolio da parte soprattutto di Cina, India, Giappone e Corea del Sud, daranno una grossa mano ad uno stato sociale messo in crisi da quotazioni del greggio stabilmente sotto i 100 dollari per barile.
Mentre Hussein Obama cerca di tranquillizzare l'opinione pubblica mondiale, spacciando la liberazione di sostanziosi flussi finanziari verso il regime degli ayatollah in cambio di generiche promesse per un passo significativo verso la pace; a Teheran il ritorno dei delegati è stato salutato trionfalmente: un po' perché viene riconosciuta la piena legittimità del programma nucleare iraniano; un po' perché le nuove entrate che arriveranno dagli acquisti di petrolio da parte soprattutto di Cina, India, Giappone e Corea del Sud, daranno una grossa mano ad uno stato sociale messo in crisi da quotazioni del greggio stabilmente sotto i 100 dollari per barile.
domenica 24 novembre 2013
Finalmente l'Iran diventerà una potenza atomica
Dunque è ufficiale: gli Stati Uniti di Hussein Obama infliggono al mondo un'ulteriore dolorosa automutilazione, accettando il programma di arricchimento dell'uranio della repubblica iraniana, e in premio offriranno agli ayatollah alcuni miliardi di dollari all'anno, mediante allentamento delle sanzioni esistenti e sblocco delle entrate congelate in alcune banche europee. L'ex senatore junior dell'Illinois, esemplare emulo di Chamberlain - il 30 settembre 1938 non è così lontano... - si appresta così a vincere un secondo premio Nobel per la pace; magari, questa volta ex aequo con il suo sodale Hassan Rowhani, che da Teheran ha benedetto l'intesa.
Un'intesa maturata per lungo tempo: non certo dal giorno successivo all'elezione del successore del rude e irritante Ahmadinejad: come ha rilevato il Times of Israel, che cita la Associated Press, fra Stati Uniti e Iran i colloqui sono andati avanti a livello diplomatico per tutti gli ultimi dodici mesi; almeno da marzo, per il tramite del vice segretatio di Stato William Burns (nomen omen). Il bonario Rowhani è stata la figura tranquillizante scelta da Ali Khamenei per far accettare all'opinione pubblica mondiale un'intesa apparsa fino a qualche tempo fa il frutto di una maggiore moderazione del regime persiano. Il desiderio degli Stati Uniti di assecondare le aspirazioni e le ambizioni dell'Iran a divenire potenza atomica - malgrado le ripetute violazioni dei diritti umani, la repressione della dissidenza e delle minoranze, gli imbrogli ai danni della comunità internazionale, il sostegno al terrorismo internazionale e l'appoggio al regime sanguinario di Assad in Siria - è arrivato al punto da salutare con soddisfazione la sconfitta subita ieri dalla nazionale a stelle e strisce di volley a Tokyo - guarda caso - proprio contro l'Iran...
Un'intesa maturata per lungo tempo: non certo dal giorno successivo all'elezione del successore del rude e irritante Ahmadinejad: come ha rilevato il Times of Israel, che cita la Associated Press, fra Stati Uniti e Iran i colloqui sono andati avanti a livello diplomatico per tutti gli ultimi dodici mesi; almeno da marzo, per il tramite del vice segretatio di Stato William Burns (nomen omen). Il bonario Rowhani è stata la figura tranquillizante scelta da Ali Khamenei per far accettare all'opinione pubblica mondiale un'intesa apparsa fino a qualche tempo fa il frutto di una maggiore moderazione del regime persiano. Il desiderio degli Stati Uniti di assecondare le aspirazioni e le ambizioni dell'Iran a divenire potenza atomica - malgrado le ripetute violazioni dei diritti umani, la repressione della dissidenza e delle minoranze, gli imbrogli ai danni della comunità internazionale, il sostegno al terrorismo internazionale e l'appoggio al regime sanguinario di Assad in Siria - è arrivato al punto da salutare con soddisfazione la sconfitta subita ieri dalla nazionale a stelle e strisce di volley a Tokyo - guarda caso - proprio contro l'Iran...
mercoledì 20 novembre 2013
Riprendono i "negoziati" sull'Nucleare iraniano a Ginevra
Espressione eufemistica, dal momento che è stato ormai deciso tutto, ed è stata soltanto l'intransigenza francese, che ha generato un inedito asse fra Parigi e Riad, sponda Gerusalemme; ad impedire un accordo della prima ora.
Così, mentre la guida suprema iraniana precisa che il regime degli ayatollah "non indietreggerà di una virgola" sul proposito di fare dell'Iran una potenza atomica, inducendo i sauditi a rivolgersi al Pakistan per una fornitura di materiale bellico atomico (e chissà quanti altri stati del Golfo faranno altrettanto - magari rivolgendosi all'India - scatenando una proliferazione nucleare sulla quali i pacifisti europei non hanno nulla da dire); in Svizzera la ripresa delle "trattative" procede a passo svelto, malgrado il comprensibile disappunto - per usare un eufemismo - di Israele, che è fra coloro che credono che il nucleare iraniano sia tutt'altro che finalizzato a scopi pacifici; come d'altro canto suggerisce l'immagine scelta dall'agenzia di stampa iraniana Fars, che raffigura una dimostrazione più o meno spontanea, in cui un gruppo di donne inneggia all'arricchimento di uranio: per cancellare Israele dalla mappa geografica, puntualizza il cartello sulla destra.
Così, mentre la guida suprema iraniana precisa che il regime degli ayatollah "non indietreggerà di una virgola" sul proposito di fare dell'Iran una potenza atomica, inducendo i sauditi a rivolgersi al Pakistan per una fornitura di materiale bellico atomico (e chissà quanti altri stati del Golfo faranno altrettanto - magari rivolgendosi all'India - scatenando una proliferazione nucleare sulla quali i pacifisti europei non hanno nulla da dire); in Svizzera la ripresa delle "trattative" procede a passo svelto, malgrado il comprensibile disappunto - per usare un eufemismo - di Israele, che è fra coloro che credono che il nucleare iraniano sia tutt'altro che finalizzato a scopi pacifici; come d'altro canto suggerisce l'immagine scelta dall'agenzia di stampa iraniana Fars, che raffigura una dimostrazione più o meno spontanea, in cui un gruppo di donne inneggia all'arricchimento di uranio: per cancellare Israele dalla mappa geografica, puntualizza il cartello sulla destra.
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sabato 19 ottobre 2013
Il Pentagono consegna finalmente le bombe buster. All'Arabia!
Israele è l'unico alleato rimasto agli Stati Uniti nel Vicino e Medio Oriente. Ciò non toglie che l'amministrazione Obama faccia di tutto per ostacolare, eclissare e indebolire lo stato ebraico. Costringendolo a subire l'improponibile agenda di pace di Ramallah, a "chiedere scusa" alla Turchia per l'incidente della Freedom Flotilla del 2011 (anche se un retroscena recentemente rivelato, permette di mettere sotto diversa luce l'apparente genuflessione di Netanyahu nei confronti di Erdogan), e addirittura a percorrere nuove strade diplomatiche: come l'inedita intesa con l'Arabia Saudita, preoccupata al pari di Gerusalemme - con la quale non sono in essere rapporti diplomatici ufficiali - della corsa all'armamento nucleare da parte dell'Iran di Rohani e (soprattutto e tutti) Alì Khamenei.
Ma Obama sa pesare i suoi alleati, e misurare le loro rivendicazioni. Così, mentre Washington ha frenato le preoccupazioni israeliane circa le aspirazioni atomiche di Teheran, bloccando la ventilata iniziativa dello scorso anno volta a distruggere gli impianti di arricchimento dell'uranio, quando era ancora possibile (Obama correva per la rielezione, e temeva di risultare penalizzato da una incursione salvavita di questo fastidioso alleato orientale); il prode presidente americano è stato invece lesto a tentare di riguadagnare le simpatie e la fiducia delle monarchie del Golfo.
Ma Obama sa pesare i suoi alleati, e misurare le loro rivendicazioni. Così, mentre Washington ha frenato le preoccupazioni israeliane circa le aspirazioni atomiche di Teheran, bloccando la ventilata iniziativa dello scorso anno volta a distruggere gli impianti di arricchimento dell'uranio, quando era ancora possibile (Obama correva per la rielezione, e temeva di risultare penalizzato da una incursione salvavita di questo fastidioso alleato orientale); il prode presidente americano è stato invece lesto a tentare di riguadagnare le simpatie e la fiducia delle monarchie del Golfo.
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giovedì 10 ottobre 2013
In Italia l'Iran mostra il suo vero volto
Il titolo della conferenza suonava più o meno come "Il nuovo volto dell'Iran: le opportunità di dialogo che si aprono nei giorni della presidenza Rohani". L'Istituto italiano per l'Asia e il Mediterraneo aveva organizzato per martedì questo evento presso il parlamento italiano a Roma, sponsor l'ambasciata iraniana in Italia. L'istituto ha invitato il pubblico a partecipare e ha inviato inviti alla stampa. Anche un cittadino italiano, dipendente dell'ambasciata israeliana a Roma, si era iscritto all'evento.
Dopo aver avuto conferma che il dipendente dell'ambasciata aveva confermato la sua partecipazione all'incontro, l'ambasciatore iraniano in Italia, Jahanbakhsh Mozaffari, ha dichiarato che non avrebbe partecipato all'evento, se si fosse presentato il dipendente. Sollecitando gli organizzatori ad impedirne l'accesso.
Dopo aver avuto conferma che il dipendente dell'ambasciata aveva confermato la sua partecipazione all'incontro, l'ambasciatore iraniano in Italia, Jahanbakhsh Mozaffari, ha dichiarato che non avrebbe partecipato all'evento, se si fosse presentato il dipendente. Sollecitando gli organizzatori ad impedirne l'accesso.
Quello stupido di Netanyahu
I giornali internazionali sono sempre molto ben attenti a raffigurare lo stato isreaeliano e i suoi esponenti sotto una
cattiva luce. Non importano i successi economici conseguiti, che consentono allo stato ebraico di mantenere invariato il suo
merito di credito, e di vedere calare il tasso di disoccupazione (6.1%) a livelli da locomotiva tedesca (ma con un debito
pubblico in rapporto al PIL inferiore e con un saldo di bilancia corrente pari al 3.7% del PIL). E passa in secondo piano la
circostanza secondo cui 6 degli 8 vincitori di premi Nobel finora assegnati siano di nazionalità israeliana o comunque ebrei:
passerebbe il messaggio che rimuove lo stereotipo di israeliani con il pensiero fisso alla guerra e alla "occupazione"; come
se questo fosse il segreto del successo economico, scientifico e tecnologico di un lembo di terra grande quanto la Puglia, e
il cui tenore di vita - di tutti i cittadini: arabi felicemente compresi - è salito del 22% soltanto negli ultimi sette anni:
il PIL pro-capite è passato dai 18200 dollari del 2004 ai 22130 dollari del 2012.
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giovedì 26 settembre 2013
Chi è veramente Rohani?
Non convincono i modi gentili del neopresidente iraniano Rowhani. La barba curata, l'aspetto bonario da docente universitario in pensione, e l'approccio meno rude e cafonesco rispetto al predecessore Ahmadinejad ha colto di sorpresa l'opinione pubblica occidentale, che si era ben abituata ai deliri di Ahmadinejad. Ma la sostanza non cambia. E scavando nel passato del presidente designato de facto degli ayatollah, si hanno conferme sulla cautela giustamente adottata dai paesi più esposti alla minaccia atomica iraniana.
Nel 2003, sotto la presidenza Khatami, Rohani divenne capo negoziatore sul nucleare, e l'anno successivo firmò la sospensione del programma atomico: «sul suolo iraniano non ci saranno mai più centrali per l'arricchimento dell'uranio». Infatti furono spostare nel sottosuolo, disseminate in punti strategici e difficilmente attaccabili. È stato di parola.
Nel 2003, sotto la presidenza Khatami, Rohani divenne capo negoziatore sul nucleare, e l'anno successivo firmò la sospensione del programma atomico: «sul suolo iraniano non ci saranno mai più centrali per l'arricchimento dell'uranio». Infatti furono spostare nel sottosuolo, disseminate in punti strategici e difficilmente attaccabili. È stato di parola.
martedì 24 settembre 2013
Come combattere le offese
Ce n'é per tutti. L'altro giorno il famigerato Ahmad Tibi, deputato arabo del parlamento israeliano (circostanza che maledettamente toglie
molte argomentazioni a chi sostiene che da queste parti vi sia apartheid) e acceso antisionista, sostiene che la presenza di ebrei sul
Monte del Tempio di Gerusalemme sia intollerabile per la contaminazione che essi producono ai danni del terzo luogo sacro dell'Islam, dopo
la Mecca e Medina, e subito prima di Roma. E pazienza che il Monte del Tempio sia il luogo sacro per eccellenza dell'ebraismo, che da
queste parti si trova da qualche secolo prima della comparsa sulla Terra di Maometto...
Dal punto di vista dell'esponente arabo della Knesset, è giusto accogliere i fedeli in visita al Tempio con lancio di sassi e oggetti contundenti da parte di disponibilissimi giovanotti palestinesi. Un modo energico di combattere una manifestazione del proprio credo religioso.
Dal punto di vista dell'esponente arabo della Knesset, è giusto accogliere i fedeli in visita al Tempio con lancio di sassi e oggetti contundenti da parte di disponibilissimi giovanotti palestinesi. Un modo energico di combattere una manifestazione del proprio credo religioso.
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lunedì 29 luglio 2013
Dal Giordano al mare
Quella è in alto è la "copertina" che introduce alla home page su Facebook del negoziatore palestinese che domani sera discuterà di "pace" a Washington con l'omologo di Gerusalemme.
Si nota purtroppo un particolare aberrante: lo stato israeliano non esiste più. E' tutto coperto da un neonato stato palestinese, come suggerisce anche la scritta in arabo ("filastin", dai filistei, gli acerrimi nemici degli ebrei che popolavano questa terra ai tempi dei romani, dai quali furono deportati, prima che Galilea, Giudea e Samaria fossero appunto ribattezzate "Palestina" in spregio ai suoi abitanti nativi).
Cosa c'è di peggio? liberare 102 criminali che hanno ucciso, brutalizzato, violentato e ferito centinaia di persone innocenti? o stringere la mano ad un soggetto che manifesta la volontà di distruggere un'intera nazione?
Cosa direbbe il mondo se il negoziatore israeliano addobbasse la home page del suo profilo Facebook con una dichiarazione con cui si intende prendere possesso del West Bank?
Sulla pagina di Mohammad Shtayyeh, che rappresenta i palestinesi, si legge «Pretendiamo di negoziare per la pace, ma solo come mezzo per raggiungere un fine: la distruzione di Israele, e la creazione al suo posto di uno stato palestinese sull'intero territorio» (H/t: Israellycool).
Può andare peggio? certo che può andare peggio. Smarrita per la defenestrazione di Morsi e il ridimensionamento in Egitto della Fratellanza Musulmana, esule da Damasco e lontana dalla protezione di Assad, Hamas è rimasta temporaneamente senza punti di riferimento, con il Qatar allontanatosi nelle ultime settimane. Come rileva Khaled Abu Toameh, nelle ultime settimane si sono di nuovo intensificati i contatti fra l'organizzazione terroristica palestinese e l'Iran, che per la verità manteneva rapporti con una corrente di Hamas, finora minoritaria. La crescente ostilità da parte dei militari che guidano ora l'Egitto ha indotto il regime di Gaza ad accettare la corte interessata degli ayatollah. Che in questo modo minacciano di insediarsi anche fisicamente nell'enclave palestinese. Una brutta notizia per Abu Mazen. Ma, purtroppo, anche per lo stato israeliano.
Si nota purtroppo un particolare aberrante: lo stato israeliano non esiste più. E' tutto coperto da un neonato stato palestinese, come suggerisce anche la scritta in arabo ("filastin", dai filistei, gli acerrimi nemici degli ebrei che popolavano questa terra ai tempi dei romani, dai quali furono deportati, prima che Galilea, Giudea e Samaria fossero appunto ribattezzate "Palestina" in spregio ai suoi abitanti nativi).
Cosa c'è di peggio? liberare 102 criminali che hanno ucciso, brutalizzato, violentato e ferito centinaia di persone innocenti? o stringere la mano ad un soggetto che manifesta la volontà di distruggere un'intera nazione?
Cosa direbbe il mondo se il negoziatore israeliano addobbasse la home page del suo profilo Facebook con una dichiarazione con cui si intende prendere possesso del West Bank?
Sulla pagina di Mohammad Shtayyeh, che rappresenta i palestinesi, si legge «Pretendiamo di negoziare per la pace, ma solo come mezzo per raggiungere un fine: la distruzione di Israele, e la creazione al suo posto di uno stato palestinese sull'intero territorio» (H/t: Israellycool).
Può andare peggio? certo che può andare peggio. Smarrita per la defenestrazione di Morsi e il ridimensionamento in Egitto della Fratellanza Musulmana, esule da Damasco e lontana dalla protezione di Assad, Hamas è rimasta temporaneamente senza punti di riferimento, con il Qatar allontanatosi nelle ultime settimane. Come rileva Khaled Abu Toameh, nelle ultime settimane si sono di nuovo intensificati i contatti fra l'organizzazione terroristica palestinese e l'Iran, che per la verità manteneva rapporti con una corrente di Hamas, finora minoritaria. La crescente ostilità da parte dei militari che guidano ora l'Egitto ha indotto il regime di Gaza ad accettare la corte interessata degli ayatollah. Che in questo modo minacciano di insediarsi anche fisicamente nell'enclave palestinese. Una brutta notizia per Abu Mazen. Ma, purtroppo, anche per lo stato israeliano.
domenica 5 maggio 2013
Il calcolo cinico di Assad
A quanto pare, dopo 70.000 morti, fra cui diverse migliaia di bambini (non dimentichiamolo), il mondo si sta svegliando dal torpore. Non si capisce perché, ma se quella gente è uccisa a colpi di pistola in faccia, con i bombardamenti aerei, o scaraventata nei burroni, non tocca le coscienze; ma se si impiegano i gas o comunque le armi chimiche, la famosa "linea rossa" di Obama risulta superata. E si interviene per fermare il massacro.
Il Macellaio di Damasco non intende arrendersi. E, sinceramente, il mondo non desidera un nuovo regime integralista islamico in Medio Oriente dopo quelli insediatisi in Tunisia, in Egitto, in Libia, e - si teme - in futuro forse anche in Giordania.
Sta di fatto che per portare avanti il suo genocidio, Assad si sta facendo inviare armi dall'alleato iraniano; unico rimastogli (a parte i fascisti italiani di Forza Nuova; ma quelli, più che simpatizzare per il povero Arrigoni, non fanno). Sono armi a medio raggio, capaci di coprire 300 chilometri. Praticamente, di sorvolare Israele da nord a sud. Così, da Teheran le armi atterrano in Siria, e da qui partono verso il Libano, destinazione Hezbollah. Ora, a nessuno farebbe piacere avere alle porte di casa un movimento terroristico che non esita a finanziarsi con il contrabbando di droga (vietato dal Corano); men che meno al governo di Gerusalemme, dal momento che Haifa, importante centro industriale sul Mediterraneo, dista appena 30 chilometri dal confine libanese: dove il contingente internazionale UNIFIL dovrebbe proprio sorvegliare affinché Hezbollah non si riarmi, in ossequio alla Risoluzione del CS dell'ONU 1701 del 2006 (altri soldi buttati...).
venerdì 12 aprile 2013
Ci mancava la macchina del tempo...
Il Telegraph di Londra ieri ha riportato una clamorosa notizia: uno scenziato iraniano ha inventato una macchina in grado di prevedere il futuro. La prossima presidentessa degli Stati Uniti, il primo uomo (islamico, s'intende) su Marte, il vincitore dei prossimi Mondiali di calcio e - forse, con un po' di perizia - il prossimo capo del governo in Italia sono facili da prevedere, grazie all'ingegno di Ali Razeghi e al sostegno del "Centro per le Invenzioni Strategiche", finanziato da Teheran. La macchina prevede il futuro dell'individuo «da cinque a otto anni, e con una precisione del 98%».
sabato 26 gennaio 2013
Leggende e falsificazioni sulla guerra Hamas-Israele (III Parte)
di IPT News*
6. Hamas è una fonte credibile di informazioni.
E' nell'interesse di Hamas il gonfiare il numero delle vittime palestinesi. Negli anni, Hamas ha impiegato immagini fasulle, allestito finerali finti e mentito sulle reali vittime del conflitto, per creare la sensazione che Israele commetta deliberatamente dei crimini. La recente escalation non ha fatto eccezione. Poco dopo l'inizio delle ostilità ha iniziato a circolare una foto che raffigurava un bambino ucciso; presumibilmente, per mano degli israeliani. Invece, il bambino era una delle 30 mila (ad oggi, le vittime documentate sono quasi 48 mila, NdT) della guerra civile in Siria. Un'altra immagine infame, comparsa sulle prime pagine dei giornali, ritrae il primo ministro egiziano Hisham Qandil e il primo ministro di Hamas Ismail Haniyeh che abbracciano un bambino rimasto ucciso, hanno detto, da un attacco aereo israeliano. Per quanto, esperti del "Palestinian Centre for Human Rights" hanno ammesso che l'esplosione letale sia stata cagionata da un missile palesinese difettoso ricaduto a terra poco dopo il lancio. Hamas non è nuova a queste macchinazioni e mente per guadagnare credito nella guerra delle pubbliche relazioni: l'unica battaglia che può vincere. Nell'epoca dei social media, la propaganda è una componente vitale della comunicazione di Hamas.
6. Hamas è una fonte credibile di informazioni.
E' nell'interesse di Hamas il gonfiare il numero delle vittime palestinesi. Negli anni, Hamas ha impiegato immagini fasulle, allestito finerali finti e mentito sulle reali vittime del conflitto, per creare la sensazione che Israele commetta deliberatamente dei crimini. La recente escalation non ha fatto eccezione. Poco dopo l'inizio delle ostilità ha iniziato a circolare una foto che raffigurava un bambino ucciso; presumibilmente, per mano degli israeliani. Invece, il bambino era una delle 30 mila (ad oggi, le vittime documentate sono quasi 48 mila, NdT) della guerra civile in Siria. Un'altra immagine infame, comparsa sulle prime pagine dei giornali, ritrae il primo ministro egiziano Hisham Qandil e il primo ministro di Hamas Ismail Haniyeh che abbracciano un bambino rimasto ucciso, hanno detto, da un attacco aereo israeliano. Per quanto, esperti del "Palestinian Centre for Human Rights" hanno ammesso che l'esplosione letale sia stata cagionata da un missile palesinese difettoso ricaduto a terra poco dopo il lancio. Hamas non è nuova a queste macchinazioni e mente per guadagnare credito nella guerra delle pubbliche relazioni: l'unica battaglia che può vincere. Nell'epoca dei social media, la propaganda è una componente vitale della comunicazione di Hamas.
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domenica 25 novembre 2012
Ma la tregua non durerà molto
Quanto durerà la tregua fra l'Israeli Defence Forces e il terrorismo palestinese di stanza nella Striscia di Gaza? poco, molto poco. Il Sunday Times di oggi cita un alto ufficiale israeliano, il quale sostiene che l'Iran sta spedendo con una certa sollecitudine nuovo missili Fajr-5 verso la Striscia di Gaza. Le minacciose armi arrivano in Sudan circumnavigando la penisola araba; da qui, proseguono verso il deserto del Sinai, ancora fuori dal controllo delle autorità del Cairo, apparentemente incapaci di impedire che esse raggiungano i terroristi di Hamas e del Jihad Islamico.
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giovedì 22 novembre 2012
Pillar of defense: la tregua (temporanea)
Si continua a sparare, da Gaza, verso l'Israele meridionale: oltre 20 missili sono stati sparati dalla Striscia verso Beersheba, Beer Tuvia, Ashkelon, Ashdod, Sderot e i distretti di Eshkol e Shear Hanegev dopo la tregua iniziata ieri alle 21 (20, ora italiana). A Sderot è suonato l'allarme rosso, mentre le scuole resteranno chiuse anche oggi in un raggio di 45 chilometri da Gaza. Questi attacchi si aggiungono ai 1600 che hanno minacciato quattro milioni di israeliani in otto giorni.
E mentre in Israele ci si guarda perplessi circa la sostenibilità di una tregua a cui in pochi credono, a Gaza si festeggia. Ieri un palestinese è morto, e tre sono rimasti feriti, per i "festeggiamenti" a colpi di pistola per le strade. Naturalmente, anche queste vittime saranno conteggiate nelle responsabilità dello stato ebraico; assieme ai sei abitanti della Striscia brutalmente giustiziati su sospetto di collaborazione col nemico.
Qualcuno presto inizierà a tracciare un bilancio di questa operazione. Sul piano mediatico, la sproporzione con cui i giornali e le TV di tutto il mondo hanno affrontato l'ennesimo capitolo della guerra arabo-israeliana è risultata questa volta ridimesionata, grazie all'efficace opera di informazione e di smascheramento da parte dei social network. Ma sul piano della deterrenza, le operazioni condotte dall'IDF hanno rimosso molte minacce - eliminati 30 capi terroristi di Hamas e del Jihad Islamico e 19 quadri; distrutti 980 piattaforme di lancio sotterranee, 140 tunnel clandestini, 42 basi e 26 depositi di armi e munizioni - ma molte rimangono sul campo. Abbiamo appreso che il terrorismo islamico con sede a Gaza dispone dei temibili missili Fajr-5, di fabbricazione iraniana, giunti qui attraverso il Sudan, e dalla gittata tale da raggiungere agevolmente Tel Aviv. La tregua (hudna, in arabo) permetterà ai fondamentalisti di ricostruire le basi, di ottenere nuove munizioni e di tornare più minacciosi e aggressivi di prima. Da questo punto di vista resta da vedere se l'Egitto in effetti impedirà di utilizzare il deserto del Sinai per far affluire nell'enclave palestinese le munizioni iraniane. Non a caso oggi Ahmadinejad si è congratulato per la pausa nelle ostilità: ciò consentirà al regime degli ayatollah di predisporre nuove forniture; e nel frattempo si proseguirà con la realizzazione dell'atomica, mentre il mondo osserverà compiaciuto il microscopico risultato conseguito nel Vicino Oriente.
La tregua è coincisa con l'arrivo al Cairo del segretario di Stato USA Hillary Clinton, la quale ha precisato che «non ci sono alternative a una pace giusta e duratura», dopo aver convinto il Fondo Monetario Internazionale a staccare un corposo assegno da 4,8 miliardi di dollari a favore della traballante economia egiziana. Nel frattempo Obama ricordava che Hamas è un'organizzazione terrorista con cui non bisogna trattare fin quando non riconosceranno Israele, rinunceranno al terrorismo e rispetteranno i precedenti accordi. Ma intanto l'accordo è stato sottoscritto, e pur restando fragilissimo e della durata di una confezione di latte fresco, la novità è che le parti hanno assegnato dignità e legittimazione ad una organizzazione che sia Unione Europea che Stati Uniti tuttora considerano come terroristica. Altro che 15 anni di tregua, come si ventilava qualche giorno fa; altro che riconoscimento dello stato di Israele e pacifica convivenza. La figura barbina ancora una volta rimediata dall'OLP e dall'ANP non consola: Abu Mazen ha un peso politico ormai prossimo allo zero e la guerra fra Hamas e Israele, con la prima che non ha mai abbracciato la questione palestinese, allontanano ulteriormente la creazione dello stato palestinese.
E mentre in Israele ci si guarda perplessi circa la sostenibilità di una tregua a cui in pochi credono, a Gaza si festeggia. Ieri un palestinese è morto, e tre sono rimasti feriti, per i "festeggiamenti" a colpi di pistola per le strade. Naturalmente, anche queste vittime saranno conteggiate nelle responsabilità dello stato ebraico; assieme ai sei abitanti della Striscia brutalmente giustiziati su sospetto di collaborazione col nemico.
Qualcuno presto inizierà a tracciare un bilancio di questa operazione. Sul piano mediatico, la sproporzione con cui i giornali e le TV di tutto il mondo hanno affrontato l'ennesimo capitolo della guerra arabo-israeliana è risultata questa volta ridimesionata, grazie all'efficace opera di informazione e di smascheramento da parte dei social network. Ma sul piano della deterrenza, le operazioni condotte dall'IDF hanno rimosso molte minacce - eliminati 30 capi terroristi di Hamas e del Jihad Islamico e 19 quadri; distrutti 980 piattaforme di lancio sotterranee, 140 tunnel clandestini, 42 basi e 26 depositi di armi e munizioni - ma molte rimangono sul campo. Abbiamo appreso che il terrorismo islamico con sede a Gaza dispone dei temibili missili Fajr-5, di fabbricazione iraniana, giunti qui attraverso il Sudan, e dalla gittata tale da raggiungere agevolmente Tel Aviv. La tregua (hudna, in arabo) permetterà ai fondamentalisti di ricostruire le basi, di ottenere nuove munizioni e di tornare più minacciosi e aggressivi di prima. Da questo punto di vista resta da vedere se l'Egitto in effetti impedirà di utilizzare il deserto del Sinai per far affluire nell'enclave palestinese le munizioni iraniane. Non a caso oggi Ahmadinejad si è congratulato per la pausa nelle ostilità: ciò consentirà al regime degli ayatollah di predisporre nuove forniture; e nel frattempo si proseguirà con la realizzazione dell'atomica, mentre il mondo osserverà compiaciuto il microscopico risultato conseguito nel Vicino Oriente.
La tregua è coincisa con l'arrivo al Cairo del segretario di Stato USA Hillary Clinton, la quale ha precisato che «non ci sono alternative a una pace giusta e duratura», dopo aver convinto il Fondo Monetario Internazionale a staccare un corposo assegno da 4,8 miliardi di dollari a favore della traballante economia egiziana. Nel frattempo Obama ricordava che Hamas è un'organizzazione terrorista con cui non bisogna trattare fin quando non riconosceranno Israele, rinunceranno al terrorismo e rispetteranno i precedenti accordi. Ma intanto l'accordo è stato sottoscritto, e pur restando fragilissimo e della durata di una confezione di latte fresco, la novità è che le parti hanno assegnato dignità e legittimazione ad una organizzazione che sia Unione Europea che Stati Uniti tuttora considerano come terroristica. Altro che 15 anni di tregua, come si ventilava qualche giorno fa; altro che riconoscimento dello stato di Israele e pacifica convivenza. La figura barbina ancora una volta rimediata dall'OLP e dall'ANP non consola: Abu Mazen ha un peso politico ormai prossimo allo zero e la guerra fra Hamas e Israele, con la prima che non ha mai abbracciato la questione palestinese, allontanano ulteriormente la creazione dello stato palestinese.
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lunedì 19 novembre 2012
Pillar of Defense, sesto giorno
17.45.
Un altra bufala, anche stavolta prontamente segnalata. Il blogger "Dylan" spaccia oggi per vittime palestinesi, padre e bambino uccisi dalla repressione siriana di Assad. Si notino le date: 19 novembre, e 6 settembre. A meno che si creda nella reincarnazione, si tratta delle stesse persone (H/t: BDS Gone Bad).
17.30.
IDF impegnato su due fronti: mentre combatte il terrorismo di Hamas, della Jihad Islamica e delle altre formazioni estremiste che lanciano attacchi nei confronti delle città israeliane; al tempo stesso si assicura che la Striscia di Gaza sia rifornita periodicamente di generi alimentari, medicinali e generi di prima necessità.
17.25.
16.10.
Da notare comunque come l'unica vittima della esecuzione sia stato l'obiettivo. Rimanendo illesi tutti gli altri giornalisti e addetti stampa. Quando si dice "precisione chirurgica". Ma cosa ci facevano quei giornalisti in un covo di terroristi? scudi umani? o ne raccoglievano l'intervista in (poca) esclusiva?
15.42.
15.20.
14.50.
In questo video lo strike di un obiettivo militare è ritardato fino a quando si ha la sicurezza che nessun passante si trovi nei paraggi. Una volta raggiunta questa condizione, il deposito di munizioni è colpito, coinvolgendo nell'esplosione un altro deposito contiguo.
12.00.
10.52.
Sul Jerusalem Post.
10.15.
Che poi la Siria abbia massacrato centinaia di palestinesi nei campi profughi; su questo si può comodamente sorvolare...
H/t: OPAW.
09.55.
Peccato però che ancora una volta non provenga da Gaza. Bensì dalla Siria. Dove 2438 bambini sono stati uccisi dalla repressione di Assad. Bambini di cui non si interessa alcuno, fino ad oggi, quando le loro immagini sono utilizzate dai media per illustrare le loro corrispondenze di guerra farlocche.
La foto è stata scattata lo scorso 28 ottobre: C'è di peggio della disinformazione, ed è la mala fede.
H/t: BBC Watch.
09.45.
Oggi scuole chiuse nel raggio di 40 chilometri di Gaza.
Una di queste, ad Ashkelon, è stata appena raggiunta da un missile sparato dai terroristi palestinesi, non intercettato da Iron Dome.
Da queste parti i bambini non sono usati come scudi umani.
07.10.
Le armi sono imbarcate nei porti iraniani, circumnavigano la penisola araba e giungono nel Sudan, da dove partono per il deserto egiziano, entrando nella Striscia di Gaza tramite il Sinai in mano agli estremisti islamici.
Ciò suggerisce che l'eventualità di una tregua (che in arabo assume tristemente il nome di hudna, vale a dire una pausa utile per ricostruire le forze e sferrare nuovi e più proficui attacchi) con Hamas, non eliminerebbe la minaccia terroristica, che sarebbe perpetrata ulteriormente da Jihad Islamica, Comitato di Resistenza Popolare (PRC), FPLP e altre sigle numericamente minori, ma non meno violente.
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lunedì 24 settembre 2012
Qui si attenta alla pace nel mondo!
La pace nel mondo, ambizione di ogni aspirante Miss Italia, Miss Universo, Miss Stati Uniti e Miss coccia (nel senso che è davvero scocciante starle a sentire mentre tentano di provare la loro scarsa intelligenza), è seriamente messa a dura prova dalle imprese del cattivo stato ebraico; l'"entità sionista", come amano definire Israele i suoi nemici assetati di sangue e di astio, dimentichi di uno stato che da 64 anni fa pienamente parte della comunità internazionale.
Non bastavano gli squali sionisti che infestano le acque che bagnano le località costiere egiziane, facendo fuggire i turisti; o il punteruolo rosso diffuso sempre da agenti sionisti, facendo collassare le palme che adornano le patrizie ville degli adorabili arabi, o i jeans made in Israel che attentano all'efficacia riproduttiva dei giovanotti musulmani (e se sapessero che i PC portatili - in cui pulsano processori Intel concepiti in Israele - provocano lo stesso effetto spermicida...); adesso ci si mettono anche le pietre direttamente dipendenti dal Mossad.
Soldati iraniani hanno rinvenuto un sasso-spia nei pressi dell'impianto di arricchimento di uranio di Fordo, dove 3000 centrifughe lavorano alla produzione della prima bomba atomica iraniana. Lo hanno rivelato alle autorità locali, che l'hanno riferito al ministro della difesa, che l'ha comunicato alle agenzie di stampa, che hanno trasmesso la notizia raccolta poi dal Sunday Times di Londra, che viene citato dal Times of Israel. Se a questo punto si nutre qualche perplessità circa la fondatezza della notizia, si provi rincrescimento per il fatto che il sasso-spia è esploso prima di poter essere analizzato, distruggendo le informazioni raccolte e la stessa prova della sua esistenza.
Ma niente paura: il mitico Roberto Giacobbo sta già preparando una trasmissione esclusiva che rivelerà al mondo questo nuovo intrigante mistero targato Sion!
Non bastavano gli squali sionisti che infestano le acque che bagnano le località costiere egiziane, facendo fuggire i turisti; o il punteruolo rosso diffuso sempre da agenti sionisti, facendo collassare le palme che adornano le patrizie ville degli adorabili arabi, o i jeans made in Israel che attentano all'efficacia riproduttiva dei giovanotti musulmani (e se sapessero che i PC portatili - in cui pulsano processori Intel concepiti in Israele - provocano lo stesso effetto spermicida...); adesso ci si mettono anche le pietre direttamente dipendenti dal Mossad.
Soldati iraniani hanno rinvenuto un sasso-spia nei pressi dell'impianto di arricchimento di uranio di Fordo, dove 3000 centrifughe lavorano alla produzione della prima bomba atomica iraniana. Lo hanno rivelato alle autorità locali, che l'hanno riferito al ministro della difesa, che l'ha comunicato alle agenzie di stampa, che hanno trasmesso la notizia raccolta poi dal Sunday Times di Londra, che viene citato dal Times of Israel. Se a questo punto si nutre qualche perplessità circa la fondatezza della notizia, si provi rincrescimento per il fatto che il sasso-spia è esploso prima di poter essere analizzato, distruggendo le informazioni raccolte e la stessa prova della sua esistenza.
Ma niente paura: il mitico Roberto Giacobbo sta già preparando una trasmissione esclusiva che rivelerà al mondo questo nuovo intrigante mistero targato Sion!
giovedì 20 settembre 2012
Degli iraniani ci si può fidare
Fereydoun Abbasi-Davani, il responsabile del progetto "bomba atomica" di Teheran, ha ammesso che le informazioni fornite all'AIEA circa il programma atomico iraniano erano false. Ci ha creduto El Baradei, l'ex direttore egiziano che per anni ha tranquillizzato il mondo circa la natura pacifica della corsa al Nucleare da parte degli ayatollah; non ci hanno creduto le persone dotate di un minimo di sostanza grigia.
La dichiarazione è stata rilasciata al quotidiano arabo stampato a Londra "al-Hayat", e riportata da Debka. Il capo del progetto nucleare iraniano ha riconosciuto che spesso le informazioni fornite hanno fatto sembrare la repubblica islamica indietro nella corsa all'ordigno nucleare, per guadagnare tempo nella difesa degli impianti e nell'accrescimento dell'uranio.
24 ore fa un'altra dichiarazione ha fatto il giro del mondo: il presidente russo Putin ha ammesso di apprezzare di più il candidato repubblicano alla Casa Bianca Mitt Romney che l'attale presidente: «almeno lui non le manda a dire», è stato il tenore della riflessione. Rincrescimento prevedibile da parte di Obama. E dire che a marzo il presidente in carica aveva assicurato al presidente russo Medvedev carta bianca circa le installazioni nuclearisovietiche russe puntate contro l'Europa: «potrete schierare i vostri missili contro tutta l'Europa, una volta superate le elezioni di novembre».
La dichiarazione è stata rilasciata al quotidiano arabo stampato a Londra "al-Hayat", e riportata da Debka. Il capo del progetto nucleare iraniano ha riconosciuto che spesso le informazioni fornite hanno fatto sembrare la repubblica islamica indietro nella corsa all'ordigno nucleare, per guadagnare tempo nella difesa degli impianti e nell'accrescimento dell'uranio.
24 ore fa un'altra dichiarazione ha fatto il giro del mondo: il presidente russo Putin ha ammesso di apprezzare di più il candidato repubblicano alla Casa Bianca Mitt Romney che l'attale presidente: «almeno lui non le manda a dire», è stato il tenore della riflessione. Rincrescimento prevedibile da parte di Obama. E dire che a marzo il presidente in carica aveva assicurato al presidente russo Medvedev carta bianca circa le installazioni nucleari
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