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domenica 6 ottobre 2013

Rende bene "amministrare" i palestinesi

Come è noto Mahmūd Abbās, meglio noto al mondo occidentale per il nome di battaglia autoassegnatosi di Abu Mazen, è presidente dell'OLP, presidente del partito Al Fatah, nonché dal 2005 presidente dell'autorità nazionale palestinese (organo nato dagli Accordi di Oslo del 1993, e di fatto cestinati e sepolti dai palestinesi negli ultimi dodici mesi). Come ricorda sconsolata Wikipedia, «pur essendo il suo mandato scaduto a gennaio 2009, egli è ancora in carica, poiché ha prorogato unilateralmente la durata del suo mandato in base ad una clausola costituzionale e poi è rimasto al suo posto alla scadenza della proroga». Un despota a tutti gli effetti, inviso al suo stesso popolo, che ha chiarito il proprio orientamento con le elezioni amministrative tenutesi un annetto fa, da cui il partito di Abu Mazen è uscito sonoramente sconfitto. Ma ciò non gli impedisce di mantenere cariche scadute da quasi cinque anni: la necessità di ammassare ricchezza e potere possono ben far derogare ad un supremo principio democratico. D'altro canto, hanno aspettato così tanto tempo, i palestinesi; che non sarà un oltraggio per essi subire un simile congelamento delle istituzioni. E poi, se l'Occidente non ha nulla da obiettare - salvo contestare un giorno sì e l'altro pure il governo legittimamente rinnovato di Gerusalemme; quello sì... - andrà bene per tutti.

lunedì 18 febbraio 2013

Dove sono finiti tutti i miliardi versati ai palestinesi?

di Barry Rubin*

Il primo ministro dell'Autorità Palestinese (AP) Salam Fayyad ha dichiarato che il regime è a corto di liquidità. Un lettore nel frattempo mi chiede: «mi puoi spiegare perché a 20 anni dagli Accordi di Oslo e con miliardi di dollari di aiuti internazionali, l'AP non dispone di moderni ospedali? perché i paesi donatori versano contributi a pioggia senza manco aspettarsi qualche minimo risultato che salvi la faccia?»
E' una buona domanda. La risposta breve è: conti in Svizzera. In altre parole, una consistente quantità di denaro è stata distratta. Non c'è niente di peggio di governanti - specie un popolo povero - che da un lato lamentano le condizioni misere del proprio popolo, e dall'altro ne approfittano. Ovviamente, un osservatore che vede i palestinesi in condizioni di povertà, tende a biasimare per questo Israele, in tal modo esacerbando la causa effettiva di questa situazione: la politica intransigente dei leader palestinesi.
La ricchezza personale del "presidente" Mahmoud Abbas è stimata in 100 milioni di dollari. Per avere un'idea delle cifre in ballo, si sommi a questa somma i milioni di dollari di esponenti di primo e secondo piano dell'AP e del partito Al Fatah, assieme alle centinaia di milioni di dollari che Arafat ha trafugato all'estero. Una cifra di mezzo miliardo di dollari destinata in vent'anni ad un'entità che governa poco più di due milioni di anime.

lunedì 11 febbraio 2013

Ma come sono amati questi palestinesi...

Il rifiuto di Abu Mazen di negoziare una pace con gli israeliani sta costando caro al popolo palestinese. Secondo l'agenzia di stampa Quds Net, diversi stati arabi di grosse dimensioni si stanno rifiutando di inviare a Ramallah i promessi aiuti finanziari pari a circa 100 milioni di dollari al mese, a fronte dell'indisponibilità del presidente dell'autorità palestinese di incontrare il primo ministro israeliano per discutere concretamente di pace (in realtà Abu Mazen ha posto un lungo elenco di precondizioni per iniziare un dialogo, che è cosa ben diversa da un negoziato vero e proprio; ma le condizioni imposte sono evidentemente assurde e irricevibili).

lunedì 29 ottobre 2012

Che bello fare i terroristi a carico del contribuente

Ha suscitato un certo clamore la denuncia riporta nell'edizione di giovedì del Wall Street Journal, secondo cui il governo britannico versa cospicui fondi all'Autorità Palestinese, affinché essa provveda a elargire generosi sussidi alle famiglie dei terroristi palestinesi che scontano condanne per gravi omicidi. Il quotidiano americano cita un rapporto di Palestinian Media Watch, secondo cui ogni mese dalle casse europee sono versati quasi 4 milioni di euro, come contributo al bilancio dell'AP destinato al finanziamento dei "salari" dei reclusi nelle carceri israeliane.
La notizia provoca la comprensibile indignazione da parte di chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese, mentre a qualche migliaio di chilometri di distanza c'è chi percepisce un reddito anche di 2500 euro al mese per aver avuto il merito di far esplodere un autobus, o per aver fatto deflagrare una bomba in una piazza, o per aver attentato alle vite di civili innocenti.
Rocambolesca la mezza smentita fatta pervenire dal ministero britannico per lo sviluppo internazionale (Department for International Development): «i versamenti non erano salari, ma piuttosto "programmi di assistenza sociale per fornire erogazioni al welfare"». Già, e quelli che hanno ucciso deliberatamente diecine e diecine di israeliani non erano terroristi, ma operatori sociali dediti al completamento del lavoro lasciato interrotto da un certo Adolf Hitler...
Sconcertante la rivelazione di PMW, riportata dal WSJ: ogni anno il solo ministero britannico per lo sviluppo internazionale eroga 86 milioni di sterline verso i territori palestinesi; dei quali 30 milioni sono iscritti nel bilancio dell'Autorità Palestinese come "retribuzioni mensili". L'entità delle erogazioni nei confronti dei detenuti e delle rispettive famiglie è connessa alla lunghezza della pena detentiva: non è funzione quindi della consistenza delle famiglie o di particolari condizioni di disagio economico; bensì alla gravità del reato: insomma, più ammazzi e più guadagni.