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giovedì 17 maggio 2018

Il dramma di Gaza è responsabilità dei palestinesi


di Bret Stephens*

Per la terza volta in due settimane, i palestinesi di Gaza hanno dato fuoco al valico di Kerem Shalom, attraverso il quale giungono da Israele medicine, combustibili e altri aiuti umanitari essenziali. Presto leggeremo diffusamente del dramma di Gaza. Ma dovremmo compiere lo sforzo di non dimenticare che gli autori di questa tragedia sono al contempo le presunte vittime.
C’è un schema - fatti del male, e incolpa l’avversario – che necessita di denuncia nell’oceano di cecità morale e critica storica senza fondamento, a cui Israele è sistematicamente sottoposto ogni volta che si difende dai violenti assalti palestinesi.
Nel 1970, Israele istituì una zona industriale lungo il confine con la Striscia di Gaza (all’epoca, lo stato ebraico entrò in possesso della Striscia, in conseguenza della Guerra dei Sei Giorni che deflagrò all’indomani dell’aggressione dell’Egitto di Nasser, che fino al 1967 quel territorio possedeva, NdT), allo scopo di promuovere la  cooperazione con la Striscia, creando posti di lavoro a favore dei palestinesi. È stata smantellata nel 2004 dopo innumerevoli attacchi terroristici, che hanno provocato 11 vittime fra gli israeliani.
Nel 2005 donatori ebrei americani hanno sborsato oltre 14 milioni di dollari, a favore dei proprietari delle serre che coloravano la Striscia, fino allo sgombero unilaterale disposto da Sharon. I palestinesi hanno devastato decine di queste serre il giorno successivo all’abbandono dei coloni israeliani.

martedì 27 settembre 2016

Ecco come funziona la barriera sotterranea difensiva israeliana

Come riportato qui a giugno, Gerusalemme sta lavorando ad una barriera sotterranea in cemento al confine con la Striscia di Gaza, che impedirà le incursioni dei terroristi palestinesi in territorio israeliano tramite i tunnel del terrore. La barriera difensiva sarà profonda diverse diecine di metri, e costerà poco più di due miliardi di shekel. Da tempo i residenti nell'Israele meridionale denunciano insistenti rumori del sottosuolo, che lascerebbero intendere un'incessante attività poco distante dall'abitazione dei civili israeliani, e che ha cagionato finora la morte di oltre 160 bambini palestinesi: periti per soffocamento, o per il collasso di costruzioni precarie.
Il sito Israellycool ha pensato bene di chiarire meglio il funzionamento di questo originale dispositivo difensivo. Spiegato come ad un bambino di quattro anni. Si trattava in partenza di concepire un sistema che impedisse ai loschi figuri nella parte superiore della figura qui in alto, di impartire la morte alle famiglie tipo quella riportata nella parte inferiore.
Per cui, come funziona la barriera sotterranea difensiva? nella figura in basso si vedono i terroristi di Hamas che raggiungono un tunnel appena costruito. Solitamente entrandovi attraverso un foro praticato in prossimità del lavandino del bagno di una famiglia complice e compiacente.

giovedì 16 giugno 2016

La soluzione definitiva ai tunnel del terrore: un muro (sotterraneo)

Gerusalemme costruirà un muro in cemento al confine con la Striscia di Gaza, onde prevenire le sanguinose incursioni dei terroristi di Hamas in territorio israeliano. Onde prevenire le reprimende dei benpensanti, pacifisti con il corpo degli altri, i vertici militari dello stato ebraico precisano: il muro sarà invisibile, perché sotterraneo. Lo rivela il quotidiano Yediot Ahronot, secondo il quale la barriera difensiva sarà profonda diverse diecine di metri, e costerà poco più di due miliardi di dollari shekel.
La decisione segue a ruota la clamorosa rivelazione di ieri, secondo cui un alto esponente di Hamas si sarebbe consegnato alle autorità israeliane con moglie e figli al seguito; ma soprattutto, con una dettagliata mappa di tutte le gallerie scavate e in realizzazione da parte dell'organizzazione terroristica islamica che governa la Striscia di Gaza da quasi dieci anni. Da tempo i residenti nell'Israele meridionale denunciano insistenti rumori del sottosuolo, che lascerebbero intendere un'incessante attività poco distante dall'abitazione dei civili israeliani, e che ha cagionato finora la morte di oltre 160 bambini palestinesi: periti per soffocamento, o per il collasso di costruzioni precarie. Una tragedia denunciata soltanto da parte israeliana: tacciono le organizzazioni per i diritti umani. I dirigenti di Hamas e del Fatah sono nel frattempo riuniti nel Qatar per discutere di riappacificazione: dati i lutti cagionati fra la popolazione palestinese, hanno optato per una colazione di lavoro sobria ed essenziale.

domenica 5 giugno 2016

A Gaza «la vita è bella»


«La vita a Gaza è bella. Siamo tutti felici. Gaza è sicura e non ci sono ne' oppressori, ne' oppressi».
Lo ha dichiarato venerdì non un sospettato di simpatie per l'hasbara, ne' un ministro oltranzista di Gerusalemme; bensì, nel corso di un sermone, addirittura il leader di Hamas Ismail Haniyeh. E poiché il consumo di alcool da queste parti è ufficialmente bandito, c'è da ritenere che credesse sinceramente in ciò che ha affermato.
Per cui delle due, una: o chi si lagna per le condizioni difficili in cui versano gli abitanti della Striscia di Gaza dispone di informazioni fasulle o quantomeno datate (la popolazione palestinese è tristemente ai primi posti al mondo per tasso di obesità, e di nuovi invitanti ristoranti se ne aprono a cadenza settimanale); o Haniyeh si è divertito a prendere biecamente per i fondelli la popolazione che vive sotto il regime terrorista da ormai dieci anni.
E infatti le reazioni non hanno tardato a manifestarsi; se "reazione" può definirsi una sommessa lamentela circolata in modo carsico in queste ore. Su Twitter un gruppo di oppositori al regime ha lanciato una campagna dall'hashtag #WhatIsWonderful?, sottolineando il profondo distacco fra il benessere vissuto e ostentato dal regime terrorista e da gerarchi e gerarchetti che orbitano attorno ad Hamas; e le condizioni non drammatiche ma certamente dure in cui tuttora versa la maggior parte della popolazione, nonostante le massicce donazioni finanziarie - oltre 16 miliardi di dollari, soltanto negli ultimi sette anni - giunte da Europa e Stati Uniti (e piovute sistematicamente nelle solite tasche).

giovedì 14 aprile 2016

L'ipocrisia della "risposta sproporzionata"

di Gavin Kadey*

Al termine dell'ultimo conflitto mondiale, le perdite fra gli americani furono considerevoli: circa 420.000 vittime, di cui dodici mila civili. Poco, in confronto alle vittime giapponesi: fra 2,6 e 3,2 milioni di persone. Ma questa è la guerra, e il fine giustifica i mezzi. Qualcuno ha mai denunciato la risposta sproporzionata degli americani?
Nel 1990 l'Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait e la coalizione guidata dagli Stati Uniti giunge in soccorso dei kuwaitiani. Restano per terra circa 28.000 iracheni, fra cui 3000 civili. La coalizione perde in tutto 500 anime. Qualcuno si spinse a denunciare la risposta sproporzionata del mondo libero?
Al termine della Guerra di Corea, gli americani persero 35.000 soldati; i coreani, nel complesso, più di un milione. C'è qualche libro di storia che punta il dito contro gli americani?
Durante la Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi persero 7 milioni e mezzo di vite, secondo le statistiche ufficiali; metà delle quali civili. Gli alleati nel complesso sacrificarono un milione di persone. Fu la loro azione sproporzionata? E sì che gli alleati deliberatamente colpirono le città e obiettivi civili, nel tentativo di porre fine quanto prima alle ostilità.

martedì 1 marzo 2016

L'esecuzione di Mahmoud Ishtiwi spacca Hamas e divide Gaza


Sta facendo scalpore l'assassinio di Mahmoud Ishtiwi, esponente di spicco delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas; l'organizzazione terroristica che governa la Striscia di Gaza. Ishtiwi, 34 anni, proveniva da una famiglia nota nell'enclave palestinese per aver concesso ospitalità a pericolosi terroristi, ed era a capo di una milizia di mille uomini durante la guerra di Gaza del 2014. Ma ciò non gli ha risparmiato la vita: è stato ucciso, dai suoi stessi compagni, lo scorso mese. Freddato con tre colpi di arma da fuoco al petto.
Cosa ha commesso di così oltraggioso Ishtiwi? turpitudine morale, è la versione ufficiale. Insomma, Ishtiwi aveva la colpa grave di essere omosessuale. Un orientamento che nella Striscia di Gaza si paga caro: come ha appreso sulla sua pelle il nostro povero Vittorio Arrigoni; sequestrato, torturato e ucciso a Gaza da terroristi palestinesi salafiti.
Non che le esecuzioni di Hamas facciano notizia. Basta ben poco, da queste parti, talvolta anche un semplice sospetto; per essere passato per le armi. La novità è costituita dal fatto che se ne parli pubblicamente, in questi giorni, malgrado l'esecuzione sia stata annunciata lo scorso 7 febbraio. Nei taxi, nei caffè, nei ristoranti, nei centri commerciali, si discute sommessamente della condanna a morte impartita ad un soggetto che per quasi metà della sua esistenza ha servito a suo modo con lealtà e abnegazione la causa dell'estremismo islamico palestinese.

martedì 22 settembre 2015

10 cose che non sai sugli ultimi 10 anni a Gaza


Nel 2005, Israele si è disimpegnato unilateralmente dalla Striscia di Gaza. Nel 2006 il "Quartetto" (Nazioni Unite, Unione Europea, Stati Uniti e Russia) ha offerto il riconoscimento di Hamas, a condizione che esso accettasse tre condizioni: il riconoscimento di Israele, la rinuncia all'azione violento e il rispetto degli accordi precedentemente sottoscritti fra Gerusalemme e OLP. Hamas ha sistematicamente rigettato queste condizioni, e rimane determinata nella sua intenzione di distruggere Israele, come riportato nel suo statuto.
Nel 2007, Gaza è caduta sotto il controllo di Hamas. Dopo la conquista violenta della Striscia, Hamas ha iniziato a lanciare missili, razzi e colpi di mortaio all'indirizzo di Israele. Ciò ha costretto lo stato ebraico ad imporre il blocco dei rifornimenti di munizioni onde prevenire il tentativo dell'organizzazione terroristica di munirsi di nuove armi.
Al contempo, in collaborazione con l'ONU, Israele ha continuato a garantire la continua fornitura di generi di prima necessità alla popolazione residente nella Striscia. Nel Palmer Report, l'ONU ha confermato che il blocco navale della Striscia da parte di Israele è un modo legittimo per impedire che gli armamenti raggiungano Hamas; tuttora considerata un'organizzazione terroristica in buona parte del mondo, fra cui gli Stati Uniti, il Canada e l'Unione Europea.
Dal disimpegno di Israele, sotto il dominio di Hamas Gaza ha cessato di prosperare socialmente o economicamente.

sabato 22 agosto 2015

Corbyn: tanto amico di Hamas, quanto nemico di Israele

Israellycool riporta una interessante osservazione compiuta dal blog britannico Harry's Place, a proposito del famigerato Jeremy Corbyn, che il mese prossimo si candida ad assumere la guida dello sventurato Labour Party, e nel 2020 addirittura potenzialmente la leadership del Regno Unito. Il blog citato ha effettuato una ricerca per parola chiave sul sito personale dell'attuale deputato laburista del distretto di Islington Nord, ottenendo 149 menzioni di "Israele", e soltanto 140 menzioni del collegio in di Corbyn è da sempre espressione.
Capito? l'aspirante guida della sinistra britannica è talmente ossessionata dal piccolo stato ebraico, da citarlo più spesso del territorio dove svolge attualmente la sua attività politica. Per chi non lo sapesse, al di là delle sue strampalate idee in materia di politica economica e internazionale, il più autorevole successore alla guida del partito retto finora da Miliband, vanta una ferrea amicizia con i terroristi di Hamas ed Hezbollah, che dichiaratamente adora, e da cui ha ottenuto cospicui finanziamenti per le sue campagne elettorali; e ha partecipato più volte a cicli di conferenze tenute da negazionisti dell'Olocausto e da movimenti antisemiti e di appoggio alla causa del terrorismo palestinese.

giovedì 16 luglio 2015

Come se la passa la libertà di stampa per i palestinesi?

Che fulgido esempio di tolleranza e di libertà i territori palestinesi di West Bank e Gaza, dove si registra negli ultimi giorni un'escalation di arresti, maltrattamenti, intimidazioni e detenzioni ai danni di giornalisti. La denuncia di Palestinian Center for Development and Media Freedoms (MADA) è stata raccolta da Ma'an News, agenzia di stampa palestinese.
Gli esempi di abusi subiti dagli operatori della stampa sono copiosi. Un corrispondente da Gaza dell'agenzia Internews denuncia: «i servizi segreti di Hamas mi hanno costretto in una sala d'attesa, bendandomi, e intimandomi di non sedermi per nessuna ragione. Mi hanno colpito alla schiena e sulle natiche durante l'interrogatorio». Il giornalista era stato prelevato dagli uomini di Hamas dopo aver postato su Facebook commenti al vetriolo sulla decisione di Hamas di smantellare a Gaza gli uffici della compagnia telefonica Jawwal.

giovedì 16 aprile 2015

Hamas è impegnata a preparare la prossima guerra di Gaza

Fervono i preparativi per la prossima guerra di Gaza da parte di Hamas. L'organizzazione terroristica che governa la Striscia di Gaza si è dotata dei potenti Bagger 288, escavatori pesanti di fabbricazione tedesca capaci di svolgere il lavoro di diecine di braccia umane. Perplessità fra la popolazione locale: la scorsa estate diversi residenti di Gaza sono stati prelevati forzosamente dalle rispettive residenze, per essere condotti su un luogo di lavoro in seguito specificato, rivelatosi poi l'imboccatura di una delle oltre mille gallerie che hanno portato il terrore nelle comunità meridionali di Israele. Si stima che oltre 160 bambini abbiano perso la vita, per scavare a mani nude i tunnel di Hamas: le organizzazioni per i diritti del fanciullo tireranno un sospiro di sollievo. Il Bagger 288 scava più velocemente, ed è in grado di realizzare perforazioni più sottili.

sabato 14 marzo 2015

Hamas prepara febbrilmente la prossima guerra di Gaza

Fra tre giorni in Israele la parola tornerà agli elettori. La Knesset è stata sciolta prima della sua scadenza naturale, e la coalizione di governo, guidata da Bibi Netanyahu, rischia di non essere rinnovata per un ulteriore mandato. Allo schieramento guidato dal Likud, artefice di un boom economico, si riconosce di aver garantito una maggiore sicurezza rispetto ai governi di sinistra, ma si rimproverà una disattenzione nel promuovere la redistribuzione delle risorse generate dalla tumultuosa espansione economica degli ultimi anni.
Una consistente fetta dell'elettorato risulta così attirata dai richiami della coalizione di centrosinistra capeggiata da Herzog e da Tzipi Livni: la cui piattaforma elettorale non demonizza Hamas, malgrado gli attacchi subiti dallo stato ebraico la scorsa estate. Insomma, in nome di una maggiore "equità sociale", non pochi elettori in Israele sarebbero disposti a sottoscrivere patti con il diavolo; anche se ciò si tradurrebbe in una minore sicurezza; e potenzialmente in un rischio esistenziale. Ma cosa ne pensa Hamas?

giovedì 19 febbraio 2015

L’esercito dei bambini di Hamas

di Khaled Abu Toameh*

Negli ultimi mesi i capi di Hamas hanno lamentato la mancanza di fondi per la ricostruzione di Gaza, colpita dall’ultima guerra combattuta contro Israele. Tuttavia, sembra che Hamas abbia fondi a sufficienza per addestrare, armare e indottrinare migliaia di ragazzi e persino bambini palestinesi.
Mentre migliaia di famiglie palestinesi che hanno perduto la loro casa continuano a vivere in rifugi di emergenza in tutta la Striscia di Gaza, Hamas di recente ha istituito 18 campi di addestramento militare. L’iniziativa, dal nome “Le avanguardie della liberazione”, ha attirato circa 17.000 ragazzi, di età compresa fra 15 e 21 anni. Le reclute sono state addestrate all’utilizzo di diverse armi: incluse pistole, fucili e mortai. Sono stati “istruiti” circa la necessità di eliminare Israele e «ripristinare i diritti dei palestinesi».
Samir Abu Aitah, un palestinese di 15 anni arruolato nella milizia di Hamas, dichiara: «ora provo una enorme felicità, perché mi hanno insegnato come impiegare un’arma, in modo che possa unirmi nella lotta contro l’occupazione. Gli ebrei hanno ucciso migliaia di persone innocenti, ed è per questo che ho deciso di unirmi al sentiero della guerra santa. Vogliamo espellere gli ebrei dalla nostra terra occupata». Un altro ragazzino di 15 anni, Mahmoud al-Kurd, ammette di essersi divertito a maneggiare le armi ai campi di Hamas: «il nostro nemico conosce una sola lingua: quella delle lame». Un amico di Al-Kurd's friend, Ismail Elayan, anch’egli quindicenne, rivela ai giornalisti che hanno raggiunto il campo: «ho deciso di aderire perché questo spianerà la strada verso la liberazione della nostra terra. È questo il nostro obiettivo principale».

giovedì 5 febbraio 2015

Nessuno solidarizza con i giornalisti palestinesi?

Fa piacere scorgere su Rai News, nelle trasmissioni notturne di Rai Tre e sulle onde radio di Mamma Rai, la presenza di giornalisti che si presentano per "palestinesi". Ieri mattina a "Tutta la città ne parla" è intervenuto Samir al Qariouty, opinionista per la BBC e Al Jazeera, ma soprattutto: giornalista palestinese. Sorvoliamo sulle tesi fantasiose proposte - la sanguinosa guerra civile in Siria, le esecuzioni sommarie in Iran, le lapidazioni in Arabia Saudita, le impiccagioni degli omosessuali a Gaza, le decapitazioni dello Stato Islamico, la crocifissione dei cristiani nel mondo arabo: tutto sono spiegati dalla contesa dei territori ad est del Giordano fra Israele e palestinesi - e soffermiamoci sulla capacità di questo giornalista di manifestare liberamente le proprie opinioni.
Sì, perché tale prerogativa è preclusa ai suoi colleghi che limitano la propria attività professionale nei territori palestinesi amministrati da Hamas e dall'ANP. Secondo una fonte non tacciabile di parzialità come Al Monitor, l'80% dei giornalisti palestinesi subisce intimidazioni e censure dal regime, e non è libero di esprimersi al pubblico. Il risultato di questa costante e costante opera di condizionamento è l'autocensura, l'omissione della denuncia, e la rappresentazione idilliaca di una realtà altrimenti tragica.

giovedì 29 gennaio 2015

Gaza: la prossima guerra passa dagli abusi su minori

Sono 20 in totale le risoluzioni di condanna di Israele adottate dall'assemblea generale dell'ONU (UNGA) nel corso della sessione 2014-2015; e soltanto 3, le risoluzioni adottate nei confronti di tutti gli altri stati al mondo: Siria, dove la guerra civile degli ultimi quattro anni ha mietuti circa 250.000 vittime, Corea del Nord e Iran. Risoluzioni peraltro sempre sussurrate e balbettanti. Non una singola parola di condanna è stata espressa per gli abusi sistematicamente commessi in Cina, a Cuba, in Egitto, nel Pakistan, in Russia, nell'Arabia Saudita, nel Sudan, nello Yemen e in diecine di stati dove i diritti umani sono calpestati, dove le minoranze sono ostracizzate, dove le donne sono emarginate, dove i gay sono malmenati, dove gli oppositori sono incarcerati, dove i giornalisti sono intimiditi, dove i bambini sono sfruttati e educati all'odio e alla guerra.

lunedì 26 gennaio 2015

Gaza e il boicottaggio che non c'è


Ha fatto sorridere in molti la grottesca esternazione di Imad al-Baz, di professione funzionario del ministero dell'Economia di Gaza, che domenica ha annunciato trionfante la rimozione del bando alle merci che entrano nell'enclave palestinese dal vicino Israele. Il povero (si fa per dire) al-Baz è l'unico a non sapere che nella Striscia di Gaza, dal valico "sionista" di Kerem Shalom, entrano quasi tutti i giorni bevande analcoliche, snack dolci e salati, gelati, caffé e cioccolato, abiti e altri generi di prima e seconda necessità: da almeno cinque anni. Chissà quante patatine in sacchetto avranno ingurgitato i suoi figli, promessi alla guerra di stermino promossa da Hamas.

sabato 24 gennaio 2015

I peggiori nemici dei palestinesi

I palestinesi stanno cercando di aderire alle Nazioni Unite, sebbene non vantino un governo operativo, e difatti sono divisi in due entità, con Hamas che controlla Gaza e Al Fatah che governa il West Bank. Allo stesso tempo i palestinesi cercano di aderire alla Corte Penale Internazionale, allo scopo di perseguire Israele. Ciò, secondo gli auspici, consentirebbe agli arabi antisionisti e all'Europa di indebolire la posizione dello stato ebraico, conducendo alla sua scomparsa.
Israele arriva ad essere accusato di crimini di guerra, ma provarlo è cosa ben diversa. I militari credono di non meritare questo trattamento, dopo aver rischiato la vita per difendere la popolazione civile dagli attacchi provenienti da Gaza; specie tenuto conto di come i palestinesi glorifichino i terroristi: inclusi quelli che sfruttano e alfine uccidono i bambini. Gli israeliani seguono delle precise regole d'ingaggio; i palestinesi no.

giovedì 22 gennaio 2015

Quando la stampa si volta dall'altra parte...

Hasan al-Sari è un ragazzo palestinese di 16 anni. Era, un ragazzo palestinese. Perché è morto: mentre era intento a scavare un tunnel per conto di Hamas, presumibilmente prima di essere travolto dal collasso della galleria improvvisata. Il giovane in passato si è fatto notare per la detenzione e l'ostentazione di armi, sicché era un terrorista a tutti gli effetti. Fosse rimasto vittima di combattimenti con Israele, sarebbe stato rubricato senz'altro come «civile vittima dei sionisti». Ma così non è stato: l'incarico assegnatogli avrebbe contribuito a preparare Hamas per il prossimo inevitabile conflitto con lo stato ebraico, ma per sua sfortuna il destino ha deciso diversamente. Poiché non si trova il modo per attribuire colpe a Gerusalemme, nessun mezzo di informazione ne parla (H/t: Israellycool).
Spostiamoci di qualche qualche centinaio di chilometri. L'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha documentato ieri oltre duecento attacchi aerei da parte del regime di Damasco sulle città di Reef Dimashq, Aleppo, Quneitra, Der-Ezzor, Idlib e Dar’a. Si denunciano 80 morti, e più di 300 feriti. Una strage di innocenti: l'ennesima, in quasi quattro anni di combattimenti che hanno prodotto fra 130 e 280 mila vittime, a seconda delle fonti. Ancora una volta, non potendo in alcun modo denuciare Israele, la stampa internazionale tace.
Sarebbe troppo chiedere una copertura imparziale e senza omissioni dei fatti che succedono in Medio Oriente?


domenica 28 dicembre 2014

Il conflitto israelo-palestinese, in poche parole


Un'associazione israeliana ha organizzato una visita in Israele e nel West Bank per 37 bambini palestinesi che hanno perso un genitore questa estate durante la Guerra di Gaza. I bambini, i cui padri erano perlopiù appartenenti all'organizzazione terroristica Hamas, caduti nel tentativo di uccidere gli israeliani, avrebbero dovuto incontrarsi con coetanei israeliani in comunità residenti nei pressi del confine con la Striscia di Gaza, avrebbero dovuto visitare uno zoo, e per essi era prevista un'audizione a Ramallah al cospetto del presidente dell'Autorità Palestinese. Il governo di Gerusalemme aveva rilasciato i permessi di ingresso per i bambini e per cinque accompagnatori adulti, e la visita era stata coordinata con le autorità israeliane.
Stamattina, mentre le associazioni israeliane attendevano i bambini con regali e dolcetti, il gruppo è stato bloccato poco prima della frontiera da Hamas, che ha sostenuto di aver disposto la revoca del viaggio perché esporrebbe i bambini a "normalizzazione"; un modo per definire il mutuo riconoscimento e la comprensione fra israeliani e palestinesi.
«Questi bambini un giorno potrebbero governare Gaza. A quel punto avrebbero ricordato questo viaggio e compreso che potremmo vivere in pace, fianco al fianco», ho sospirato uno degli organizzatori. «Questo viaggio avrebbe potuto rappresentare un enorme abbraccio per essi».
L'odiosa crudeltà di Hamas - che non risparmia i bambini orfani dei padri ad essi affiliati - è sconcertante, ma non sorprendente. La differenza fra noi ed essi non potrebbe essere più lampante.

Dalla pagina Facebook di Avi Mayer.

sabato 6 dicembre 2014

Perché uno stato palestinese diventerà fonte di instabilità in Medio Oriente

di Khaled Abu Toameh*

I palestinesi sanno bene che se e quando avranno un loro stato, non potranno più contare sui loro fratelli arabi. Gli stati arabi hanno la fama di aver sempre voltato le spalle ai palestinesi: non solo dal punto di vista finanziario, ma anche per bisogni basilari come i trattamenti sanitari.
Che cosa succederà dopo la creazione di uno stato palestinese? i palestinesi sanno da ora che non potranno contare sulle nazioni arabe per costruire il loro stato. Oggi è molto più facile per un palestinese ottenere assistenza sanitaria in Israele, o in Turchia o in Germania, che in qualunque stato arabo. La tragica vicenda di Razan al-Halkawi, la ragazzina di 11 anni proveniente dalla Striscia di Gaza, è uno dei tanti pro-memoria del disinteresse degli arabi verso i palestinesi.
Al-Halkawi, malata da mesi, è morta questa settimana dopo che le autorità egiziane le hanno rifiutato l'ingresso alle strutture sanitarie locali. Al pari di centinaia di palestinesi, alla bambina non è stato concesso l'uscita dalla Striscia di Gaza a causa della permanente chiusura del valico di Rafah, chiuso un mese fa dalle autorità del Cairo dopo che un attacco terroristico nel Sinai ha prodotto 30 morti fra i soldati egiziani.
Il giorno successivo alla morte della bambina di Gaza, l'Egitto ha finalmente riaperto il valico, ma solo per due giorni, onde consentire ai palestinesi che si trovavano in Egitto di ritornare a casa. Migliaia di palestinesi attendevano da quattro mesi questo momento. Diversi residenti a Gaza hanno lamentato ai giornalisti il duro trattamento nelle mani degli egiziani: «preferivamo i missili che ci cadevano in testa (durante la guerra di questa estate, NdT)», ha esclamato una donna.

giovedì 4 dicembre 2014

Quei "giornalisti" e "politici" al servizio del terrorismo palestinese

Col passare delle settimane si ridimensiona inevitabilmente il conteggio delle vittime civili del conflitto della scorsa estate a Gaza. Il numero complessivo dei moti rimane immutato; si modifica la composizione: prevalgono militari e militanti, si riducono i civili, fra cui purtroppo spiccano gli scudi umani adottati da Hamas in spregio alla Convenzione di Ginevra. Un crimine di guerra che sarà fatto pesare, quando finalmente i territori palestinesi saranno riconosciuti come stato.
Nel frattempo tardano ad asciugarsi le lacrime versate da Irina Bokova, direttore generale dell'UNESCO, che ad agosto denunciava l'uccisione di Abdullah Murtaja, di professione giornalista. L'agenzia ONU sottolineava il ruolo insostituibile della stampa nella società moderna. Il fatto che il reporter in questione fosse dotato di un moderno fucile non ne sminuisce la missione: chi non possiede un'arma da fuoco?