È un momentaccio per gli odiatori di Israele. Non possono accusare lo stato ebraico di torcere un capello ai palestinesi, senza che sia rinfacciato loro l'agghiacciante silenzio di fronte alle 140.000 vittime della guerra civile in Siria; fra cui si stima non meno di 1.600 palestinesi (un'ecatombe, al confronto del centinaio di palestinesi rimasti vittima dell'Operazione Pillar of Defense di fine 2012).
Non possono recitare la vecchia storia dell'"occupazione" israeliana del West Bank, peraltro in alcune aree popolato densamente da ebrei, e oltretutto assegnato al controllo israeliano dagli Accordi di Oslo del 1993; ora che dagli stessi ambienti si legittima una effettiva occupazione militare di una porzione di stato straniero da parte della Russia.
Si rischia di fare brutte figure denunciando un improbabile apartheid in Israele, ora che è definitivamente perso l'appoggio alla "causa palestinese" da parte di rockstar e divi del cinema che - si sa - fanno molta più tendenza di quanto lo possa fare uno sfigato blog come questo. Ma gli odiatori professionali a tempo pieno non si rassegnano: nonostante stiano perdendo rilevanti fonti di informazione, come la famosa Infopal, che curiosamente ha chiuso i battenti per mancanza di fondi in concomitanza con il collasso politico dei Fratelli Musulmani; la disponibilità di mezzi finanziari smisurati da parte dell'ONG multinazionali che contano permette di diffondere ancora un po' di sana diffamazione antisemita.
È il caso di Amnesty International, sempre in prima linea nel denigrare gratuitamente Gerusalemme e dintorni; si sospetta, condizionata dai generosi finanziamenti qatarioti. Per non dimenticarsi del mandato ricevuto, che non limita l'indagine ai 20 mila chilometri quadrati di Israele, di tanto in tanto "Amnesy" ficca timidamente il naso in altre vicende. Così, qualche giorno fa, ha pubblicato un documento di censura nei confronti del regime di Assad, che in Siria ha macellato diecine di civili innocenti, loro malgrado residenti nel campo profughi di Yarmouk. Palese la disparità di trattamento rispetto ai resoconti da Israele (si vede che questo tema eccita in modo particolare gli attivisti della ONG): quando i palestinesi muoiono in Siria, essi sono semplicemente numeri, statistiche, da stilare frettolosamente per dedicarsi immediatamente ad altro; quando sono vittime della inevitabile reazione israeliana agli attacchi palestinesi, hanno un nome e cognome, una storia, una immancabile mamma dolorosa e dolorante, una collezione di foto che potrebbe far schiattare di invidia i più celebrati agenti cinematografici. Insomma, sono umanizzati in modo estremo, e talvolta grottesco; ma sufficiente per orientare il giudizio del lettore, deformando la realtà a proprio piacimento e ovviamente astraendo dal contesto: si omette di rilevare che le vittime palestinesi sono da un lato oggetto di deliberato e brutale assalto; dall'altro il risultato drammatico di una inevitabile reazione che non si manifesterebbe se lo stato ebraico non fosse quotidianamente e impunemente aggredito.
Il blog Elder of Ziyon (questa sì un'ottima fonte informativa) si è cimentato in un istruttivo confronto fra gli ultimi due rapporti partoriti da Amnesty International; con riferimento all'attività israeliana nel West Bank, e ai bombardamenti degli inermi profughi palestinesi da parte dell'aviazione di Assad. Spropositata l'attenzione: malgrado le vittime riportate dalla ONG siano 22 nel primo caso e 194 nel secondo, il primo documento si sviluppa lungo 87 pagine, nelle quali sono riportate 14 foto e non meno di 18 minuziose descrizioni delle vite dei malcapitati; nel secondo caso, nessuna foto, nessuna biografia, e soltanto in una circostanza si è deprecata l'impunità degli autori. Una, contro 14 denunce analoghe contenuto nel documento redatto con riferimento ad Israele, malgrado la foliazione più ridotta. Non manca un video a supporto, mentre contributi filmati non sono disponibili per il rapporto di "condanna" delle quasi 200 vittime palestinesi della efferata repressione di Assad.
È davvero un brutto momento, per gli odiatori di Israele: rimasti in compagnia di militanti talmente parziali da essere completamente privi di credibilità. Così non si fa altro che danneggiare la "causa palestinese".
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martedì 11 marzo 2014
È un momentaccio per gli odiatori di Israele
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martedì 10 settembre 2013
Obama in Medio Oriente è tenuto in grande considerazione...
Da destra a sinistra:
Obama: «L'impiego di armi chimiche è la nostra linea rossa».
(in seguito) «L'impiego di armi nucleari è la nostra linea rossa».
(in seguito) «L'impiego di armi nucleari è la nostra linea rossa».
mercoledì 8 maggio 2013
Arabi che ammazzano altri arabi: non fa notizia

domenica 5 maggio 2013
Il calcolo cinico di Assad
A quanto pare, dopo 70.000 morti, fra cui diverse migliaia di bambini (non dimentichiamolo), il mondo si sta svegliando dal torpore. Non si capisce perché, ma se quella gente è uccisa a colpi di pistola in faccia, con i bombardamenti aerei, o scaraventata nei burroni, non tocca le coscienze; ma se si impiegano i gas o comunque le armi chimiche, la famosa "linea rossa" di Obama risulta superata. E si interviene per fermare il massacro.
Il Macellaio di Damasco non intende arrendersi. E, sinceramente, il mondo non desidera un nuovo regime integralista islamico in Medio Oriente dopo quelli insediatisi in Tunisia, in Egitto, in Libia, e - si teme - in futuro forse anche in Giordania.
Sta di fatto che per portare avanti il suo genocidio, Assad si sta facendo inviare armi dall'alleato iraniano; unico rimastogli (a parte i fascisti italiani di Forza Nuova; ma quelli, più che simpatizzare per il povero Arrigoni, non fanno). Sono armi a medio raggio, capaci di coprire 300 chilometri. Praticamente, di sorvolare Israele da nord a sud. Così, da Teheran le armi atterrano in Siria, e da qui partono verso il Libano, destinazione Hezbollah. Ora, a nessuno farebbe piacere avere alle porte di casa un movimento terroristico che non esita a finanziarsi con il contrabbando di droga (vietato dal Corano); men che meno al governo di Gerusalemme, dal momento che Haifa, importante centro industriale sul Mediterraneo, dista appena 30 chilometri dal confine libanese: dove il contingente internazionale UNIFIL dovrebbe proprio sorvegliare affinché Hezbollah non si riarmi, in ossequio alla Risoluzione del CS dell'ONU 1701 del 2006 (altri soldi buttati...).
Israele e l’enigma siriano
Più volte il governo di Gerusalemme, per voce di alcuni funzionari del ministero della difesa o degli esteri, aveva avvertito, sia direttamente sia tramite i canali internazionali, che non sarebbero stati tollerati spostamenti di armi strategiche come quelle chimiche in dotazione all’esercito siriano o di missili a lunga gittata di fabbricazione iraniana nelle mani della milizia sciita Hetzbollah. Già nei mesi scorsi l’aeronautica militare israeliana aveva colpito, alla periferia di Damasco, il centro di ricerche per la guerra chimica dell’esercito siriano. Si trattò comunque di un’azione mirata e di basso profilo, più che un vero e proprio atto di guerra un serio avvertimento, niente a che vedere con quello che sta succedendo in queste ore. Ultimamente c’erano stati diversi cambiamenti ai confini fra la Siria e lo Stato ebraico, e questo non era certamente sfuggito agli esperti e agli osservatori internazionali. La prima avvisaglia si era avuta nei giorni scorsi con l’improvviso spostamento e schieramento di tre delle cinque batterie antimissile “Iron Dome”, le stesse che difesero il sud di Israele durante l’operazione “Colonna di nuvola”. Inizialmente si era pensato, o meglio si era voluto far credere, che l’azione fosse legata a delle non meglio precisate esercitazioni che avrebbero dovuto interessare reparti della brigata del Golan, alcuni squadroni di mezzi corazzati e decine di riservisti richiamati proprio per aggiornamento e addestramento, ma le ultime notizie che arrivano dai canali internazionali, e che stranamente vengono confermate nel giro di poche ore, hanno completamente cambiato le carte in tavola mettendo in luce il fatto che Israele segue gli eventi siriani come la massima attenzione e quando lo ritiene necessario interviene.
sabato 6 aprile 2013
Hamas gioca su due fronti

lunedì 4 marzo 2013
Più di mille palestinesi morti ammazzati. Che facciamo?
Mille palestinesi uccisi in Siria in meno di due anni; 1038, per l'esattezza. La denuncia proviene da fonte insospettabile di simpatie sioniste: le bridate Ezzedin Al Qassam, braccio armato di Hamas, che oltretutto fino a poco tempo fa aveva quartier generale proprio a Damasco, prima che la repressione di Assad decimasse centinaia di palestinesi "ospitati" (confinati) in luridi campi profughi, costringendo il movimento integralista islamico a prendere le distanze dal regime siriano, abbandonando in fretta e furia la sede principale, ora vacante.
Più di mille palestinesi, inoffensivi, uccisi spietatamente. Il macabro conteggio equivale ad oltre dieci volte le vittime palestinesi della recente operazione Pillar of Defense, considerando anche i terroristi, prevalenti, le vittime del "fuoco amico", le morti per esplosione accidentale di munizioni a Gaza e dintorni, e le vittime perite in altri conflitti, contabilizzate come palestinesi per ingigantire il conteggio e influenzare l'opinione pubblica.
Adesso chissà quanti titoloni sui giornali, quante bandiere della pace, quante ambasciate assediate, quante flottiglie salpate, quanti extraparlamentari indignati, quanti centri sociali mobilitati, quanto commissioni ONU allertate...
Più di mille palestinesi, inoffensivi, uccisi spietatamente. Il macabro conteggio equivale ad oltre dieci volte le vittime palestinesi della recente operazione Pillar of Defense, considerando anche i terroristi, prevalenti, le vittime del "fuoco amico", le morti per esplosione accidentale di munizioni a Gaza e dintorni, e le vittime perite in altri conflitti, contabilizzate come palestinesi per ingigantire il conteggio e influenzare l'opinione pubblica.
Adesso chissà quanti titoloni sui giornali, quante bandiere della pace, quante ambasciate assediate, quante flottiglie salpate, quanti extraparlamentari indignati, quanti centri sociali mobilitati, quanto commissioni ONU allertate...
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mercoledì 27 febbraio 2013
La Siria paladina dei diritti umani?

Bizzarra decisione, quella del Palazzo di Vetro: lo stesso che condanna il regime di Assad per i 70.000 morti provocati in meno di due anni di genocidio. Un riconoscimento, quello appena fornito, che rappresenta un premio che legittima gli omicidi di massa, denuncia la ONG "UN Watch", di stanza a Ginevra.
La Siria, ricorda UN Watch, siede ancora in due comitati dell'UNESCO per i diritti umani, senza che nessuno abbia trovato il coraggio di denunciarlo.
giovedì 7 febbraio 2013
I palestinesi che non interessano a nessuno
L'ostilità di Hamas nei confronti degli israeliani è cosa ben nota. Ciò non impedisce allo stato ebraico di difendersi dai continui attacchi, e di prestare soccorso alle famiglie palestinesi in difficoltà. Domenica scorsa l'esercito israeliano (IDF) ha gestito il transito attraverso i valichi di 286 camion, trasportanti 9260 tonnellate di generi alimentari, combustibili, materiali da costruzione e beni di prima necessità. Lunedì, la replica: 293 autoarticolati, con oltre 9000 tonnellate di beni. Idem martedì: 9234 camion diretti verso Gaza attraverso i valichi israeliani, di cui ben 280 trasportavano frumento.
Nel solo 2012, gli ospedali israeliani hanno fornito assistenza e trattamento sanitario e medico ad oltre 28000 palestinesi; di cui oltre 21 mila erano bambini.
Nel solo 2012, gli ospedali israeliani hanno fornito assistenza e trattamento sanitario e medico ad oltre 28000 palestinesi; di cui oltre 21 mila erano bambini.
giovedì 31 gennaio 2013
La guerra (mediatica) è ri-cominciata
Ricomincia la guerra mediatica contro Israele. Il regime di Assad è allo stremo e cerca di trafugare tutte le armi in suo possesso prima della caduta. Destinatario obbligato la formazione terroristica sciita di Hezbollah, di stanza nel sud del Libano nonché nella stanza dei bottoni dell'Esecutivo di Beirut, per la gioia dell'ex ministro degli Esteri italiano D'Alema che cerca di convincere l'opinione pubblica italiana che con Hezbollah bisogna parlarci; perché sono politici, e non "militanti" (giammai terroristi!), poiché siedono al governo.
Ragionamento bizzarro, poiché su questa falsariga dovremmo salutare come benvenuti i governi democraticamente eletti di Hitler in Germania e di Ahmadinejad in Iran, fra gli altri. Ma non divaghiamo...
Il regime siriano, in combutta con quello iraniano, sta cercando di distogliere l'opinione pubblica, servendosi dei mezzi che la povera democrazia gli mette a disposizione. Il Consiglio Onu per i diritti umani, in cui siedono campioni delle libertà individuali del calibro di Cuba, Arabia Saudita, Cina, ha denunciato le presunte violazioni dei diritti umani da parte di Israele; sorvolando sul massacro in corso da quasi due anni in Siria: «Un Consiglio talmente ossessionato da Israele che di recente ha reso possibile una conferenza del leader di Hamas Ismail al Ashqar nel quadro di un evento organizzato all’interno dell’agenzia Onu a Ginevra», annota tristemente questa mattina il Foglio, che ricorda come per 39 risoluzioni adottate nei confronti dello stato ebraico, ve ne siano soltanto tre che riguardino la Siria e una l'Iran: insomma, massacrate pure, ma non fate troppo rumore...
Ragionamento bizzarro, poiché su questa falsariga dovremmo salutare come benvenuti i governi democraticamente eletti di Hitler in Germania e di Ahmadinejad in Iran, fra gli altri. Ma non divaghiamo...
Il regime siriano, in combutta con quello iraniano, sta cercando di distogliere l'opinione pubblica, servendosi dei mezzi che la povera democrazia gli mette a disposizione. Il Consiglio Onu per i diritti umani, in cui siedono campioni delle libertà individuali del calibro di Cuba, Arabia Saudita, Cina, ha denunciato le presunte violazioni dei diritti umani da parte di Israele; sorvolando sul massacro in corso da quasi due anni in Siria: «Un Consiglio talmente ossessionato da Israele che di recente ha reso possibile una conferenza del leader di Hamas Ismail al Ashqar nel quadro di un evento organizzato all’interno dell’agenzia Onu a Ginevra», annota tristemente questa mattina il Foglio, che ricorda come per 39 risoluzioni adottate nei confronti dello stato ebraico, ve ne siano soltanto tre che riguardino la Siria e una l'Iran: insomma, massacrate pure, ma non fate troppo rumore...
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sabato 8 settembre 2012
I palestinesi ammazzati che non fanno notizia
Il regime di Assad continua a colpire. Suoi simili. Ieri un attacco dell'esercito siriano ha colpito il campo profughi di Yarmouk, vicino Damasco. Lo riporta l'agenzia Reuters. Sono riportati 10 morti e non meno di 70 feriti. Tutti palestinesi. Secondo alcune fonti, la brutale aggressione serviva per "ripulire" la zona e poter così più facilmente colpire gli oppositori al regime. Disperazione per le vittime. Rabbia per il silenzio oltraggioso dei movimenti "filo-palestinesi". Questi morti si aggiungono alle centinaia di vittime palestinesi della carneficina di Assad; ma poiché non possono essere imputati allo stato di Israele, essi non fanno notizia.
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venerdì 3 agosto 2012
Mobilitazione a favore dei palestinesi
Continuano le sofferenze del popolo palestinese. Otto civili, fra cui due bambini, residenti nel campo profughi di Yarmouk, sono stati uccisi questa mattina da colpi di artiglieria dell'esercito. Diversi i feriti: 25, secondo una fonte; molti in condizioni gravi. Inutili gli appelli alle Nazioni Unite per proteggere i profughi palestinesi dai continui attacchi.
L'auspicio è che ciò induca l'opinione pubblica a condannare l'ennesima aggressione. Anche questa volta, da parte araba: infatti il campo profughi di Yarmouk si trova in Siria, e l'esercito in questione è quello fedele ad Assad, e macchiatosi negli ultimi 15 mesi del sangue di centinaia di palestinesi. Uno dei motivi per cui il quartiere generale degli estremisti islamici di Hamas è stato trasferito in fretta e furia da Damasco all'Egitto e poi nel Qatar.
Qualche cinico sostiene che i palestinesi morti non fanno notizia quando cadono per mano degli stessi arabi. Non ci credo: sono sicuro che presto arriveranno i titoli di condanna dei giornali europei, e che ciò non impedirà a chi sinceramente desidera la pace in Medio Oriente di sventolarne le bandiere, di manifestare davanti all'ambasciata siriana, e in ultimo di allestire presto una "freedom flotilla"...
H/t: Elder of Ziyon
L'auspicio è che ciò induca l'opinione pubblica a condannare l'ennesima aggressione. Anche questa volta, da parte araba: infatti il campo profughi di Yarmouk si trova in Siria, e l'esercito in questione è quello fedele ad Assad, e macchiatosi negli ultimi 15 mesi del sangue di centinaia di palestinesi. Uno dei motivi per cui il quartiere generale degli estremisti islamici di Hamas è stato trasferito in fretta e furia da Damasco all'Egitto e poi nel Qatar.
Qualche cinico sostiene che i palestinesi morti non fanno notizia quando cadono per mano degli stessi arabi. Non ci credo: sono sicuro che presto arriveranno i titoli di condanna dei giornali europei, e che ciò non impedirà a chi sinceramente desidera la pace in Medio Oriente di sventolarne le bandiere, di manifestare davanti all'ambasciata siriana, e in ultimo di allestire presto una "freedom flotilla"...
H/t: Elder of Ziyon
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sabato 21 aprile 2012
Uno spiraglio di serenità nel futuro della Siria?
L'esperienza tragica dei movimenti passati infelicemente alla storia come "primavera araba" induce alla cautela: i paesi del Nord Africa hanno spazzato via regime tirannici, dispotici, corrotti, ma in discreti rapporti con il mondo occidentale e con Israele; sostituendoli progressivamente con regimi oscurantisti, fondamentalisti, in mano a teocrazie autoproclamatesi, che negano ogni dignità per la donna, per le opposizioni, per chi professa una religione diversa da quella islamica, e che spesso usano parole di fuoco nei confronti dello stato ebraico (passando in queste settimane ai fatti; per il momento, fortunatamente blandi).
E' notizia di queste ore che le Nazioni Unite invieranno in Siria 300 osservatori, onde accertare il mantenimento di una fragilissima tregua fra il regime di Bashar Assad e le masse in rivolte. In poco più di un anno la repressione ha fatto diecimila vittime; in gran parte civili. Il desiderio di defenestrare il sanguinario dittatore di Damasco contrasta con la cautela: si teme il peggio, si teme l'instraurazione di un regime ancora più brutale e sanguinario. Non a caso Gerusalemme non ha mai preso posizioni ufficiale sulla rivolta in Siria: uno stato con cui non sono mai stati sottoscritti accordi di pace, dopo gli ultimi conflitti che hanno portato alla conquista provvidenziale delle Alture del Golan, dalle quali partivano gli attacchi siriani nei confronti della popolazione israeliana.
Ma un'intervista rilasciata da Nofal Al-Dalawibi farebbe ben sperare. Il figlio dell'ex primo ministro di Damasco, ritenuto da molti il collegamento fra i rivoltosi siriani e l'Occidente, ha dichiarato in un'intervista al Times of Israel il desiderio del popolo siriano di pagare con il bagno di sangue di questi mesi la conquista di una pace duratura con tutti. Incluso lo stato di Israele. Come rileva il ToI, lo stesso fatto che un alto esponente siriano appaia ben disponibile verso un cronista israeliano induce ad un moderato ottimismo: «i siriani sono in sospensione dalla vita politica da oltre 40 anni, e non vogliono altro che pace». Al-Dalawibi ha aggiunto che la popolazione in rivolta non è interessata ad alcun accordo con Assad, definito un "batterio mafioso".
Malgrado la tregua, secondo un quotidiano arabo a Londra 75 siriani sono rimasti vittima venerdì degli scontri fra le forze fedeli al regime e l'opposizione. Vani gli inviti alla cessazione delle ostilità da parte dell'inviato dell'ONU Kofi Annan.
giovedì 19 aprile 2012
Per qualcuno il macellaio Assad è un galantuomo...
Il redivivo Assange ha intervistato lo sceicco Nasrallah, guida spirituale (e non solo) di Hezbollah, il "partito di Dio" di ispirazione sciita, diretta emanazione del regime iraniano in Libano. Hezbollah è responsabile dell'omicidio di Rafik Hariri, primo ministro libanese fino all'attentato del 14 febbraio 2005. A Rafik è succeduto il figlio Saad, durante il cui governo l'ONU ha istituita una commissione (il Tribunale Speciale per il Libano), presieduta dal nostro Antonio Cassese, che ha accertato le responsabilità dell'organizzazione terroristica islamica localizzata nel sud del Libano, e che la missione delle Nazioni Unite "UNIFIL" avrebbe dovuto disarmare e disperdere. Saad Hariri ha subito le forti pressioni di Hezbollah, che naturalmente osteggiava i risultati dell'inchiesta del TSL, e tanto più si rifiutava di riconoscerne le risultanze e di consegnare i propri uomini alla giustizia. Al punto tale da aver costretto il governo alle dimissioni, onde evitare una nuova, sanguinosa guerra civile. Il nuovo Esecutivo di Beirut vede ora gli uomini di Nasrallah sulle poltrone del governo libanese.
Questa premessa per identificare quale specie di canaglia abbia intervistato l'ex fondatore di Wikileaks. E' una delusione per chi ha festeggiato l'ispiratore della rivelazione di "scomodi segreti" di stato, rilevare l'accondiscendenza con cui Assange ha assistito alle dichiarazioni di Nasrallah. Particolarmente oltraggiosa l'intervista concessa al canale Russia Times dal minuto 1'17" in poi: il regime di Assad, il macellaio di Damasco, autore dell'uccisione di oltre 10 mila civili in poco più di un anno, sarebbe un regime di "resistenza". Pur avendo massacrato un numero considerevole di palestinesi "ospitati" nei campi profughi - al punto da aver provocato l'abbandono indignato di Hamas, che a Damasco aveva sede ufficiale, avrebbe supportato la "resistenza palestinese". E vanta l'ostinazione di Assad, che non avrebbe fatto alcuna concessione, malgrado le pressioni degli americani e degli israeliani (aggiungo io: di tutto il mondo civile, disgustato delle stragi compiute in questi luridi 13 mesi).
Se questo regime (di Assad, NdR) ha fornito "un eccellente servigio alla causa e al popolo palestinese", come mai Hamas è scappata da Damasco e ha rotto le relazioni con l'Iran, che finanzia e arma Assad? Che ha da dire lo sceicco delle migliaia di civili rimasti sull'asfalto, delle torture inflitte ai prigionieri dell'esercito siriano, delle persecuzioni persino negli ospedali, del mancato rispetto del "piano di pace" concordato con Kofi Annan, inviato dell'ONU?
mercoledì 28 marzo 2012
Hamas si prepara ad aggredire Israele
Secondo il giornale libanese al-Mustaqbal, vicino alle posizioni dell'ex premier di Beirut Saad Hariri, defenestrato per le pressioni di Hezbollah, timorosa di un giudizio negativo da parte del tribunale speciale per il Libano, che indaga sull'assassinio dell'ex primo ministro libanese, padre di Saad Hariri; lo scopo della recente visita di Ismail Haniyeh in Iran è stato quello di concordare una strategia fra Hamas e la repubblica islamica in caso di strike israeliano sulle installazioni nucleari iraniane. Lo rivela il quotidiano Yediot Ahronot nella sua versione online.
Hamas, l'organizzazione terroristica palestinese che governa Gaza dal 2006, ha perso posizioni dopo la crisi siriana. Dopo aver sgomberato da Damasco per timore di essere colpita dal collasso del regime di Assad, Hamas ha cercato invano una nuova sede definitiva, trovando ospitalità nel Qatar. Ci sono stati stridenti tensioni con l'Iran, che chiedeva all'enclave palestinese il pieno appoggio della brutale politica repressiva di Assad, ma il massacro di palestinesi nei dintorni di Damasco ha indotto Hamas a ritirare la sponsorizzazione del responsabile di oltre 9.000 morti (stime ONU). Così, Hamas ha perduto preziosi fondi, e la possibilità di una intesa con i rivali dell'ANP non ha migliorato la situazione finanziaria, vista anche la minaccia dell'Occidente di ritirare il supporto finanziario in caso di matrimonio fra l'entità nata dagli Accordi di Oslo e i terroristi che governano la Striscia.
Così, Hamas si è recata due volte in visita a Teheran, ottenendo subito preziosi fondi (33 milioni di dollari, tanto per incominciare), e concedendo l'impegno a trafugare a Gaza armi e munizioni, da impiegare nei confronti di Israele qualora lo stato ebraico dovesse decidere nelle prossime settimane di passare all'azione, superando i tentennamenti americani. Ma c'è tensione allo stesso interno dell'organizzazione terroristica: mentre Khaled Mashaal sostiene la strada diplomatica, ed esclude il ricorso alla ritorsione nei confronti di Israele, Ismail Haniyeh sono orientati ad accettare il legame con l'Iran e conseguentemente con la Siria; questo, anche per non essere scavalcati dagli ultrafondamentalisti della Jihad Islamica, che comincia a prendere piede nella Striscia, anche nel tentativo di cavalcare il crescente malcontento della popolazione, stremata dalla crisi energetica aggravata proprio dall'intransigenza di Hamas, che a Gaza fa entrare soltanto il combustibile di provenienza egiziana - su cui fa una lucrosa cresta - snobbando il gasolio provieniente da Israele, su cui non può imporre alcun pedaggio.
domenica 18 marzo 2012
Che fine ha fatto il governo unitario palestinese?
Ennesima delusione, per chi davvero credeva che il popolo palestinese fosse prossimo ad un governo unitario. Le premesse c'erano tutte, ma le distanze fra la fazione "moderata" (neanche tanto, per la verità) di Al Fatah, che governa il West Bank, e la parte estremista di Hamas, che governa la Striscia di Gaza, si vanno sempre più allargando, malgrado la firma di un ennesimo accordo nel Qatar. Intanto Hamas non ha dichiarato di rinunciare alla lotta armata, al disconoscimento di Israele e degli Accordi di Oslo che hanno dato vita all'Autorità Palestinese, embriano di un futuro stato, e subito portatore di cospicui finanziamenti occidentali a Ramallah. Ma è dall'esterno che questa unione viene vista con disappunto.
Al di là di una comoda propaganda a cui sembrano credere sempre più in pochi, la realtà è che da parte israeliana c'è la piena disponibilità a pervenire ad accordi di pace, anche con generose concessioni territoriali, come fatto in passato con l'Egitto di Sadat e poi con la Giordania di Re Hussein. Viceversa, il mondo arabo vede con irritazione la normalizzazione della questione palestinese: i "fratelli arabi" che vivono in "Cisgiordania" e a Gaza sono più utili se prostrati, provati, privati di ogni prospettiva futura. Per cui un governo unitario, che in qualche modo anticipi un futuro stato, va contro i loro interessi.
Un esponente di Al Fatah, Azzam al- Ahmed, ha appena denunciato il tentativo dell'Iran di sabotare l'unione fra il movimento di Abu Mazen e l'organizzazione terroristica di stanza a Gaza. Le visite prima di Mahmoud Zahar, poi di Ismail Haniyeh a Teheran, sarebbero servite per raccogliere fondi che rappresentano prezioso ossigeno per un'organizzazione recentemente in difficoltà: di consensi, precipitati dopo lo sterminio di palestinesi da parte del regime amico di Assad in Giordania; poi per lo sgombero della sede di Damasco e il rifiuto di appoggiare il genocidio siriano, malgrado le pressioni dell'alleato iraniano. Le visite degli esponenti di Hamas ha Teheran avrebbero appianato le incomprensioni, consentendo lo stacco di un assegno che fornisce nuova linfa al movimento terroristico palestinese. Con buona pace per l'abbozzato governo unitario palestinese.
sabato 25 febbraio 2012
Anche Hamas molla Assad

Il siriano Assad deve proprio puzzare di carogna, se un alleato come Hamas l'ha abbandonato. E' successo che il macellaio di Damasco, fra i 7000 morti ammazzati, non ha esitato ad includere anche parecchi palestinesi e moltissimi sunniti, "fratelli" degli abitanti della Striscia di Gaza. Che si sono un pochino incazzati, costringendo Hamas a reprimere violentemente la rivolta che stava scoppiando nella Striscia.
Ora che ormai la testa dell'organizzazione terroristica si è spostata da Damasco al Qatar (sede di Al Jazeera, supporter della "primavera araba" e amichevole con la Fratellanza Musulmana), dove una labiorosa ricerca di sede alternativa, i sunniti di Hamas possono mollare al suo destino la minoranza sciita che governa la Siria.
Per la verità, i rapporti fra Khaled Mashaal e il sanguinario regime siriano sono deteriorati da tempo. Damasco ha concesso ospitalità ad Hamas - espulsa a suo tempo dalla Giordania - non per simpatia verso la causa palestinese, ma per minare alle fondamenta l'OLP di Arafat. Le ruggini sono cominciate alcun mesi fa, quando Assad ha fatto richiesta di pubblico appoggio alla politica di decimazione della popolazione civile, ottenendone un rifiuto, al contrario di quanto palesata dal movimento sciita Hezbollah in Libano. Ciò ha indotto il leader di Hamas - che a Gaza non mette piede da anni - a cercare sede altrove: in Egitto, in Turchia, in Giordania, addirittura in Sudan; ed infine, a Doha.
Ora però che la testa dell'organizzazione terroristica non è più basata in Siria, pur godendo ancora dell'appoggio finanziario e bellico dell'Iran, si sente libera di manifestare aperta opposizione al regime di Assad. Come a dire, "da quale pulpito..."
venerdì 24 febbraio 2012
Questo pollo è sionista

Tu vedi questo bel pollo e ti viene da sorridere. Te lo immagini arrosto, o alla cacciatora. Non penseresti mai che possa nuocerti. Sbagliato!
Il governo egiziano ha accusato Gerusalemme di attentare alla sua popolazione. Israele introdurrebbe vaccini per polli che provocano la loro malattia, riducendo il numero delle uova, e causando la fame degli egiziani.
Un altro funzionario ha sostenuto che i jeans importati da Israele stringono talmente tanto le parti intime da provocare infertilità dei maschietti, riducendo la gloriosa popolazione araba.
Qualche tempo il Mossad fu accusato di introdurre clandestinamente squali nel Mar Rosso, con l'intento di provocare la fuga dei turisti da Sharm el Sheik (non centra niente il fatto che quella località sia ormai in mano ad Al Qaeda...). In precedenza l'accusa riguardava aquile e pennute, assoldate come spie dello stato ebraico.
La satira è morta dopo Berlusconi. Ma in Egitto far ridere è facile come non mai...
Scherzi a parte, l'ex segretario generale dell'ONU Kofi Annan è stato nominato inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria. Si tratta della stessa persona che durante l'ultima guerra del Libano fra Hezbollah e Israele, si recò in visita di cortesia ad Ahmadinejad. E ditelo che non vi bastano sette mila morti...
La stessa ONU comunque (clamoroso!) ha appena approvato una risoluzione di "ferma condanna" degli attentati terroristici ai danni di diplomatici israeliani in India e in Georgia: «il terrorismo è una delle maggiori minacce alla pace e alla sicurezza. Gli atti terroristici sono criminali e ingiustificabili».
E' la prima volta che succede dal 2005.
L'Iran è dietro entrambi gli attentati, ma nega, sostenendo che sia stato lo stesso Israele a far saltare in aria i suoi diplomatici.
Chissà perché tutti gli altri attentati avvenuti sul suolo ebraico in tutti questi anni non hanno ricevuto pari attenzione...
venerdì 17 febbraio 2012
Troppo denaro da' alla testa

Oliver Stone e figlio difendono il negazionista e bellicoso Ahmadinejad. Il secondo addirittura abbraccia la religione musulmana, mentre del primo sono note le posizioni radicali.
Sean Penn, per non essere da meno, corre a Caracas per abbracciare Hugo Chavez, non a caso amichetto del "segretario" del regime iraniano.
Assad è attualmente senza patrocinio. C'è qualche attore o cantante che si vuole fare avanti?
No, Gad Lerner, Lei no: pur avendo chiesto la raccomandazione di Repubblica, non potrà andare a far visita al macellaio siriano. E' un pagliaccio, non un attore...
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domenica 5 febbraio 2012
Che la carneficina continui

350 morti e oltre 1300 feriti nel distretto di Homs, ieri, in Siria (secondo alcuni fonti poco più di 200; secondo altre oltre 400), a seguito del più pesante bombardamento dell'esercito di Assad ai danni della popolazione civile; non sono bastati per indurre le potenze mondiali a fermare questa carneficina. Un'autentica e sanguinosa guerra civile scatenata dal dittatore siriano Assad, il quale ora può proseguire indisturbato, contando sul fatto che in Occidente si combatte una battaglia contro un fenomeno ancor più tragico ed eccezionale: il freddo in inverno. I media sono occupati in altro...
La risoluzione proposta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) prevedeva il pieno sostegno all'iniziativa della Lega Araba, che puntava alla defenestrazione di Assad, con il passaggio di poteri al vicepresidente, e ad un governo "di unità nazionale" che avrebbe condotto il paese a nuove elezioni; le quali auspicabilmente avrebbero posto fine a quarant'anni di dittatura della famiglia Assad.

13 membri su 15 dell'UNSC hanno votato a favore della risoluzione; ma Cina e Russia hanno opposto il veto, facendo saltare la proposta, e fornendo una licenza al regime di Assad a perpetrare ulteriori crimini verso la popolazione. Lo stesso segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, solitamente ponderato, si è detto profondamente deluso, confermando le parole di sdegno dell'ambasciatrice USA alle Nazioni (dis)Unite. Il ministro degli Esteri russo, che ha lamentato la minaccia alla sovranità siriana, si recherà a Damasco martedì per colloqui con Assad, assieme al capo dell'Intelligence di Mosca.
Proprio la Russia sembra il perno centrale della rimozione del regime sanguinario siriano. Al di là delle affermazione di facciata, Mosca è ancora irritata per l'evoluzione della crisi libica, sfociata nella esecuzione di Gheddafi e in una evoluzione superiore al mandato faticosamente concesso inizialmente in sede ONU. Soprattutto, però, entrano in gioco interessi commerciali - al pari della Cina - e strategici: la Russia dispone di una base navale a Tartus, in Siria, sulla base di un accordo risalente ad oltre 40 anni fa, quando in piena Guerra Fredda l'ex URSS abbisognava di un prezioso sbocco sul Mediterraneo. E' irragionevole pensare che Putin rinunci ad uno sbocco di rilevanza cruciale, nel momento in cui monta la tensione in Medio Oriente.
Il timore a questo punto è che la carneficina prosegua, guadagnando intensità. Al tempo stesso, è commovente constatare come l'opposizione siriana, lungi dal cedere a sconforto e rassegnazione, guadagni consistenza, con defezioni anche da importanti esponenti delle forze armate una volta fedeli in blocco al regime. Probabilmente Assad alla fine sarà costretto a cedere il potere e a riparare all'estero (Iran?). Ma nel frattempo, ulteriori morti si aggiungeranno alle oltre sei mila vittime giacenti sull'asfalto delle città siriane.

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