domenica 5 maggio 2013

Il calcolo cinico di Assad

E' disperata ma intelligente la mossa di Assad in Siria.
A quanto pare, dopo 70.000 morti, fra cui diverse migliaia di bambini (non dimentichiamolo), il mondo si sta svegliando dal torpore. Non si capisce perché, ma se quella gente è uccisa a colpi di pistola in faccia, con i bombardamenti aerei, o scaraventata nei burroni, non tocca le coscienze; ma se si impiegano i gas o comunque le armi chimiche, la famosa "linea rossa" di Obama risulta superata. E si interviene per fermare il massacro.
Il Macellaio di Damasco non intende arrendersi. E, sinceramente, il mondo non desidera un nuovo regime integralista islamico in Medio Oriente dopo quelli insediatisi in Tunisia, in Egitto, in Libia, e - si teme - in futuro forse anche in Giordania.
Sta di fatto che per portare avanti il suo genocidio, Assad si sta facendo inviare armi dall'alleato iraniano; unico rimastogli (a parte i fascisti italiani di Forza Nuova; ma quelli, più che simpatizzare per il povero Arrigoni, non fanno). Sono armi a medio raggio, capaci di coprire 300 chilometri. Praticamente, di sorvolare Israele da nord a sud. Così, da Teheran le armi atterrano in Siria, e da qui partono verso il Libano, destinazione Hezbollah. Ora, a nessuno farebbe piacere avere alle porte di casa un movimento terroristico che non esita a finanziarsi con il contrabbando di droga (vietato dal Corano); men che meno al governo di Gerusalemme, dal momento che Haifa, importante centro industriale sul Mediterraneo, dista appena 30 chilometri dal confine libanese: dove il contingente internazionale UNIFIL dovrebbe proprio sorvegliare affinché Hezbollah non si riarmi, in ossequio alla Risoluzione del CS dell'ONU 1701 del 2006 (altri soldi buttati...).

Una volta entrato in possesso delle armi a medio raggio iraniane, Hezbollah - che invia ripetutamente uomini e rinforzi al regime siriano - non esiterebbe un istante a bombardare l'intero stato ebraico, scatenando l'inevitabile reazione e distogliendo l'attenzione internazionale dal massacro in Siria.
Il governo israeliano si è sempre tenuto lontano dalle tragiche vicende dello stato confinante ad est. Gli unici contatti sono avvenuti nei pressi delle alture del Golan, ma sono stati scambi di colpi occasionali ed episodici. Il tentativo siriano di architettare un'invasione servendosi di poveri disperati e ben pagati, spacciati per palestinesi, è stato ben gestito e contenuto. Oltretutto, è evidente il rischio che si corre appoggiando l'opposizione ad Assad: sempre più egemonizzata da organizzazioni radicali e vicine ad Al Qaeda. Ma il governo Netanyahu ha chiarito da sempre: non sarà tollerato l'invio di armi - convenzionali o chimiche - verso Hezbollah. Questa era la linea rossa, che sta facendo scattare una inevitabile quanto opportuna operazione di intercettazione di obiettivi militari.
Patetico il tentativo del governo di Damasco di accomunare l'opposizione interna agli interventi israeliani di queste ore: forte della cassa di risonanza offertagli da alcuni media, il ministro degli Esteri siriano è arrivato ad accusare Israele di essere «il beneficiario, il coordinatore e in alcuni casi l'esecutore degli atti terroristici che la Siria sta subendo»; non prima di essersi pulite le mani dal sangue di 70.000 innocenti, fra cui migliaia di bambini, e migliaia di palestinesi. Che non interessano a nessuno. Solidarietà è giunta dall'omologo ministro iraniano. Costernazione per un'emittente una volta nota per equilibrio e soprattutto verifica scrupolosa delle fonti.

Si accennava alle Nazioni Unite. Mentre il Palazzo di Vetro ha taciuto in questi due anni sui massacri di Assad, balbettando qualche censura a bassa voce, per non irritare o conoscere la disapprovazione di Cina e Russia, "soci di riferimento" dell'ONU e tendenzialmente filosiriani (la prima per motivi commerciali, la seconda per motivi geostrategici); dopo aver consentito alla teocrazia iraniana di costruire le sue bombe atomiche, è stata pronta, oggi, per bocca addirittura del segretario generale a deplorare la missione israeliana, esprimendo «grave preoccupazione», pur ammettendo di non essere nelle condizioni di verificare la portata dell'accaduto. Forse, se avessero messo l'UNIFIL nelle condizioni di disarmare effettivamente Hezbollah dopo la guerra del Libano del 2006, presidiando il territorio, non sarebbe stato necessario impedire che alle milizie di Nasrallah arrivassero gli armamenti iraniani tramite la Siria.
Nessun cenno agli attacchi dalla Striscia di Gaza verso l'Israele meridionale, ripresi in queste settimane malgrado il cessato il fuoco proclamato a novembre. C'è da scommettere che l'ONU sarà lesta a condannare l'impiego dello scudo difensivo "Iron Dome", disposto sul confine settentrionale, per impedire che gli attacchi colpiscano la popolazione. In occasione dell'operazione "Pillar of Defense" ci fu chi confuse le batterie di missili che intercettano gli attacchi nemici, con dispositivi dalle finalità offensive. Ignoranza o malafede? come sempre, entrambe...

2 commenti:

  1. Tecnicamente non è vero che Israele ha dichiarato guerra alla Siria, come sostiene il macellaio di Damasco: in guerra i due stati ci sono dal 1948, e mai da allora è intervenuto un trattato di pace (come occorso invece con l'Egitto).
    Inoltre, sempre "tecnicamente" Gerusalemme non ha attaccato la Siria: casomai, ha attaccato l'Iran, a cui appartenevano le armi colpite nei depositi aeroportuali siriani, destinate ad Hezbollah.

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  2. Il fatto è che hezbollah armi simili ce le ha già. Sul jpost c'è un analista che si chiede se sia stata una buona idea aprire un possibile fronte siriano per bloccare uno dei tanti trasferimenti di armi che ci sono stati e che ci saranno. È comd per il traffico di droga: per ogni carico intercettato ne passano dieci, se non di più.

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