martedì 31 luglio 2012

Continuano i maltrattamenti dei palestinesi

Continuano i maltrattamenti dei palestinesi ad opera di Hamas, che con metodi brutali controlla la Striscia di Gaza dopo il colpo di stato del 2007. Challah Hu Akbar ieri ha diffuso una notizia, resa nota dal Palestinian Center for Human Rights (PCHR), e risalente allo scorso 25 luglio, quando Abu Latifa, giudice della Corte d'Appello, è stato raggiunto nella sua abitazione in un villaggio di Khan Yunis (sud della Striscia di Gaza) da un gruppo di violenti appartenenti alle brigate Izziddin al-Qassam, braccio armato di Hamas. Gli aggressori - una diecina di uomini armati di pistole ad aria compressa e mazze - hanno ripetutamente offeso e poi picchiato l'uomo, accusato di collaborare con Israele. La prova? il giudice stava abbattendo degli alberi che aveva in precedenza piantato nel suo giardino, e che avevano ormai assunto dimensioni tali da disturbare il vicinato.
Considerazioni futili, da parte di sgherri di un regime che al suo arrivo dopo lo sgombero unilaterale israeliano del 2005 ha estirpato tutte le serre e i vivai, trasformandole in trincee. Più verosimilmente una assurda vendetta, dal momento che i balordi erano soliti oziare all'ombra degli alberi del giudice palestinese.
Il quale ha perso conoscenza, dopo una dose di botte ricevuta nel tentativo di difendere la moglie, malata e sofferente, per ritrovarsi detenuto in una cella della stazione di polizia, dove è stato costretto a firmare un verbale dal contenuto non rivelato. Stessa sorte è toccata ai membri della sua famiglia.
Incredibilmente, nessun giornale europeo fa notizia delle continue umiliazioni, vessazioni e maltrattamenti subiti dai palestinesi ad opera di altri palestinesi. Non se la passa meglio chi vive a Ramallah e nel West Bank, dopo il regime di Abu Mazen, sempre più agonizzante, sottopone a detenzione giornalisti, blogger e semplici cittadini che osano mettere in discussione il governo corrotto dell'Autorità palestinese.

lunedì 30 luglio 2012

Alla fine è stato osservato il silenzio

Sollievo per la decisione del CIO di osservare un momento di silenzio in occasione della cerimonia inaugurale della XXX Edizione delle Olimpiadi moderne. Rincrescimento per il fatto che non è stato fatto in memoria delle undici vittime dell'attentato terroristico palestinese che insanguinò le Olimpiadi di Monaco del 1972.
Slate riporta che in due momenti la cerimonia inaugurale è stata interrotta: per ricordare le vittime delle due guerre mondiali e degli altri conflitti combattuti sulla terra (legittime le proteste dei familiari delle vittime del cielo, dello spazio e degli abissi marini); e per "coloro che non possono essere qui in questo momento".
Smentito il principio ipocrita della presidenza Rogge, secondo cui la cerimonia non si prestava alla rimembranza. Il CIO si è ritagliato due momenti per ricordare. Per ricordarci quanto i morti possano essere differenti. Specie se vittime di un terrorismo che gode ancora di giustificazioni e coperture.
Dal presidente di un organismo internazionale, immortalato con i vessilli palestinese, era proprio quello che ci si poteva aspettare.

La pavida BBC, timorosa di indispettire una parte dell'utenza araba (mi rifiuto di credere che TUTTI gli arabi siano fiancheggiatori del terrorismo. Sono sicuro che diversi arabi avrebbero approvato un momento di rispetto per le vittime della brutalità e dell'odio), continua a rimestare la cloaca dell'ipocrisia e del politically correct. La famosa scheda informativa dello stato israeliano è stata ancora una volta emendata: la superficie è immutata: 22072 chilometri quadrati: quanto una regione italiana come la Puglia o il Piemonte (e questa dovrebbe essere la minaccia per il mondo arabo?!). Ma adesso campeggia una precisazione: quest'area include la capitale Gerusalemme e le alture del Golan, strappate alla Siria dopo la Guerra dei Sei Giorni. Ho controllato la scheda dell'Italia, attendendomi una simile precisazione a proposito della capitale Roma, strappata allo stato del Vaticano nel 1870, e di Trento e Trieste, notoriamente vinte all'Austria dopo un sanguinoso conflitto; senza successo. Fiducioso che giungerà puntuale la precisazione nei prossimi giorni. O vogliamo irritare i neoborbonici e non solo essi, che da sempre denunciano l'annesione forzosa del Mezzogiorno d'Italia da parte del regno sabaudo?

(H/t: Israellycool.com)

Malgrado l'ottuso rifiuto del CIO, le iniziative a sostegno della commemorazione delle vittime del brutale attentato a Monaco si sono andate moltiplicando nei giorni: domenica la delegazione italiana alle Olimpiadi di Londra ha ricordato i caduti dell'attentato terroristico palestinese del 1972 davanti alla sede israeliana presso il villaggio olimpico di Londra, mentre giovedì il capitano e i membri dell'equipaggio di un volo Easy Jet diretto a Tel Aviv, hanno osservato in volo un minuto di silenzio in onore degli atleti israeliani trucidati quarant'anni fa.

E adesso la barriera difensiva israeliana è studiata...

Le continue e crescenti minacce allo stato israeliano hanno spinto il ministero della difesa e l'esercito a rafforzare i confini con una barriera difensiva finalizzata ad evitare incursioni terroristiche e penetrazioni illegali nello stato ebraico. Dopo la caduta di Mubarak il Sinai egiziano è infestato da bande di terroristi legati ad Al Qaeda, che organizzano attentati ai danni della popolazione civile dello stato ebraico, le aggressioni da Gaza procedono a ritmo quotidiano, e le stragi perpetrate dal West Bank sono state ridimensionate negli anni proprio grazie alla barriera difensiva al confine con Israele.
La costruzione di questa barriera - una "strada" di filo spinato di cinque metri, e altamente tecnologica, procede alacremente sul confine meridionale con l'Egitto. A giugno, un operaio - arabo israeliano - è rimasto vittima di un attentato mentre lavorava alla costruzione della barriera, lunga ormai 150 chilometri, e che proteggerà Israele sul confine con l'Egitto entro la fine dell'anno.
L'efficacia contenitiva di questa barriera ha spinto ora diversi stati a studiarne le caratteristiche e ad implementarla al proprio interno. L'India, che ha pagato un prezzo di sangue elevatissimo prima e dopo l'attentato di Mumbai del 2008 - sta valutando una soluzione simile al confine con il Pakistan. E anche gli Stati Uniti, alle prese con un confine messicano solcato sistematicamente illegalmente, meditano di adottare una soluzione simile a quella israeliana. Fatta di filo spinato, ma anche di un sistema di radar che segnalano le potenziali minacce e le eventuali violazioni in tempo per evitare che esse provochino nuove vittime.
Facile ipotizzare che il successo di questa iniziativa, e il favorevole riscontro internazionale, attirino gli strali degli odiatori di Israele, frustrati da questa efficace misura contenitiva delle aggressioni terroristiche.

Fonte: Jerusalem Post

lunedì 23 luglio 2012

Non è Pallywood, ma fa ridere lo stesso

La radicata abitudine dei media orientali a diffondere immagini taroccate e filmati fasulli, con l'allestimento di veri e propri set cinematografici e tanto di comparse, allo scopo di denigrare e diffamare gli israeliani, è valsa a questa industria il nome di "Pallywood". Su Youtube ci sono diversi filmati che svelano le messinscena, girate davvero con tanto impegno professionale e profusione di mezzi. Bisogna ringraziare i volenterosi internauti che smascherano queste bufale, facendo fare ai mistificatori delle figure barbine. Il pensiero corre subito a Mohammed Al Dura, il bambino palestinese spacciato per ucciso dall'esercito israeliano; in realtà vivo e vegeto: miccia però di una deflagrazione di violenze gratuite da parte dei palestinesi. Casi simili sono all'ordine del giorno.
MEMRI è in prima linea nello smantellamento di queste patacche. Non sempre di gran qualità; anzi, spesso grossolane. Ma a quanto pare c'è chi ci crede, e ci casca con tutti i piedi. Un lavoro paziente, pregevole, che chiaramente non piace ad alcuni: un ex comico, che quando era in attività faceva ridere pochi, ha guadagnato una fragorosa risata quando ha sostenuto che MEMRI traduce male gli spaccati di vita quotidiana in Medio Oriente, a beneficio degli ignari occidentali.
Non vale la pena di replicare. Ma se proprio si ha un dubbio, si possono osservare le immagini senza necessariamente avvalersi dei sotto-titoli. La globalizzazione porta i format televisivi in giro per il mondo: e così capita di vedere l'equivalente de La Ruota della Fortuna in Olanda, o Scommettiamo che in Germania, o Chi vuol essere milionario in Francia; chi si reca in viaggio ad Amsterdam, a Monaco, o a Parigi, sentirà di essere a casa.


In Egitto adesso va di gran moda una trasmissione grosso modo simile a "Candid Camera": si invita un ignaro personaggio pubblico, e gli si tira uno scherzo, osservando la reazione grottesca. E significativa.
In una puntata, un attore ha concesso un'intervista a quella che credeva fosse una emittente tedesca. Sfortunatamente per la sua (presunta) onorabilità, l'emittente era israeliana. Per scherzo. Ma le botte che sono volate sono vere. E quelle, non hanno bisogno di sottotitoli.
A fare le spese della purezza delle "celebrità" egiziane una conduttrice - poverina - e un producer.
In Italia durante il fascismo per lavorare bisognava mostrare il proprio attaccamento religioso e talvolta mistico alla causa, indossando la cimice al petto, o esibendosi in buffi saluti, o in improbabili imprese ginniche. In Egitto sono più impegnati: come cani fedeli, corrono avanti al regime dimostrando il loro ardore disprezzando ardentemente Israele. Tutto sommato non fanno così ridere queste Candid Camera; ma gli attori invitati sono sin troppo espressivi. Anche se facessero del cinema muto.

venerdì 20 luglio 2012

Meglio tardi che mai

Una testata giornalistica autorevole, sebbene per il tramite della redazione sportiva, non poteva incappare in un incidente così grossolano. Così ora, pagina sportiva della versione online della BBC riporta correttamente la capitale di Israele, grottescamente omessa in precedenza, e seppur con il bisogno di una precisazione. La valanga di e-mail che hanno raggiunto l'emittente britannica sono servite per farla rinsavire. Meglio tardi che mai.
A proposito di iniziative lodevoli, si segnala che la petizione con cui il mondo civile chiede l'osservazione di un minuto di silenzio per le vittime israeliane dell'attentato terroristico di quarant'anni fa alle Olimpiadi di Monaco, ha superato l'incredibile cifra delle cento mila firme. Una adesione di massa che speriamo indurrà il Comitato Olimpico Internazionale dal recedere dal proposito di non onorare le vittime di questa ignobile carneficina, mai ricordata a sufficienza.

mercoledì 18 luglio 2012

Qual è la capitale di...?

Sapete quel giochetto che si fa ai ragazzini per stimolarne l'intelligenza? mio papà me lo faceva sempre da piccolo; il che conferma l'inefficacia di quei giochi. Insomma, si chiedono le capitali degli stati, e i bimbi si affrettano a fornire la risposta, a volte storpiando il nome, altre confondendo gli stati, e via dilettando...
Poi si cresce, ma ad alcuni i traumi infantili restano. Uno di questi sfortunati deve essere il responsabile della sezione sportiva del sito della BBC. Quella emittente tanto politically correct che pur di non definire terroristi chi fa saltare locali pubblici e autobus con bombe e granate, escogita espedienti piuttosto patetici, tipo "combattenti per la libertà" (la libertà di ammazzare, NdR), o "attivista bombo-dotati", o "diversamente pacifici", e via dicendo.
Insomma: tutte gli stati hanno una capitale. Per definizione. Se non c'è una capitale, non c'è uno stato, e viceversa. L'Italia prima non aveva Roma come capitale, e così puntò provvisoriamente su Torino, poi su Firenze, e se il muro a Porta Pia non avesse ceduto, chissà i corrispondenti esteri da dove si sarebbero collegati con le emittenti straniere.
Israele non ha una capitale. Almeno secondo la BBC, che propone delle comode schede informative su tutti gli stati che partecipano alle imminenti Olimpiadi. Una capitale ce l'hanno tutti in Medio Oriente: ce l'ha l'Iran, la Siria. Ce l'hanno altri stati canaglia: una capitale non si nega a nessuno, no? No: Israele la capitale non ce l'ha. Persino alla Palestina, che non risulta essere uno stato (a meno che si ammetta che anche la Padania sia uno stato; magari con capitale Milano), è stata assegnata una capitale: Gerusalemme Est. Una capitale un po' strana, usurpata da un'altra città.
Uno potrebbe pensare che "Gerusalemme Ovest" sia capitale di un altro stato. O che questo stato abbia pure una città rappresentativa, sede di istituzioni - parlamento, ministeri, ambasciate. Niente. Non è capitale Gerusalemme (Est o Ovest; Nord o Sud, Alta o Bassa; Nuova o Vecchia), non è capitale Tel Aviv, o Haifa, o qualche villaggio di beduini del deserto del Negev. Niente. Questo stato non ha capitale.
Per estensione, si dovrebbe concludere forse che uno stato senza capitale, non è uno stato?
Se fosse così, sarebbe legittimo il rifiuto del Comitato Olimpico di rispettare un minuto di silenzio, durante le prossime Olimpiadi, in segno di rispetto per le vittime israeliane del terrorismo che insanguinò quarant'anni fa Monaco: se non esiste uno stato israeliano, non esistono nemmeno vittime israeliane, non è vero?

Poveri bambini

L'indottrinamento deve cominciare da giovani. Possibilmente da piccoli, quando le giovani menti sono ancora plasmabili e incapaci di distinguere la verità dalla manipolazione. Non sorprende che da adulti i destinatari di queste "attenzioni" coltivino il desiderio di rinunciare al bene supremo della vita per assecondare le aspirazioni terroristiche: morte per morte.
Così, mentre a Ramallah il governo di Abu Mazen intitola un campo estivo giovanile a Dalal Mughrabi, terrorista che nel 1978 intercettò un bus, uccidendo 37 israeliani, fra i quali 12 bambini; a Gaza l'ONU alza bandiera bianca, cedendo completamente ad Hamas l'organizzazione dei summer camp giovanili.
Come riporta l'Associated Press, la mancanza di fondi ha costretto l'agenzia delle Nazioni Unite a chiudere i propri campi estivi, in passato peraltro ostracizzati e oggetto di intimidazioni e minacce da parte dell'organizzazione terroristica che governa Gaza da cinque anni. Duecentocinquanta mila bambini non potranno più accedere a queste strutture per giocare, per divertirsi, per studiare.
Potranno però servirsi delle strutture di Hamas, dove si apprende l'odio, la discriminazione, le marce militari, l'indottrinamento ideologico e politico; persino l'uso delle armi (giocattolo, si spera). Triste la testimonianza riportata di Emad Abdullah, 42 anni, padre di tre bambini: «quest'anno li abbiamo tenuti a casa perché non volevamo che fossero indottrinati. Ma se il campo dell'ONU non riaprirà il prossimo anno, saremo costretti a mandarli al campo estivo di Hamas per consentire loro un po' di svago».

Compagni, quanto siete neri!

Diffamatori di professione, negazionisti dell'Olocausto, antisemiti travestiti con neanche troppo impegno da antisionisti, ammiratori della Soluzione Finale di Hitler e tutti coloro che piangono i sei milioni di ebrei ma disprezzano ottusamente gli abitanti di Israele; hanno trovato un modo comodo ed efficace per portare avanti la loro opera, senza incontrare alcuna resistenza.
E' Facebook ad offrire loro una comoda vetrina, un mezzo di indottrinamento popolare e a basso costo. La propaganda antisemita non deve essere necessariamente documentata e veritiera. Niente prove, basta qualche argomentazione basata su frammenti di notizie, sapientemente manipolate; su immagini ad effetto, vistosamente deformate; su ragionamenti superficiali, che spesso si rivelano delle diffamazione alterazioni della verità vere e proprie. Su bufale vere e proprie, che un pizzico di intelligenza smaschererebbe immediatamente.
Pagine di Facebook dedicate alla cucina, alla musica e ad altre manifestazioni del sociale, apparentemente "innocua", sono sfruttate per la loro ribalta e per il basso livello di "autodifesa" degli utenti per spacciare per verità clamorose mistificazioni, che trovano subito pronte un attivo gruppetto inside, abile a manipolare l'opinione della maggioranza. Pressoché impossibile smascherare questo sabotaggio della verità, questa diffamazione bella e buona. Qualcuno ci prova, ma l'impresa è disperata. Qualcuno realizza l'inganno, ma è la minoranza.
Bando alle ciance. Il blog "Bugie dalle gambe lunghe" sta facendo un grandioso lavoro di smascheramento di queste frottole, e descrive un caso esemplare di pseudogiornalismo, di inchiesta, il cui fine neanche tanto velato è di gettare fango sugli israeliani, manipolando senza scrupoli una notizia vecchia di 11 anni fa, e per giunta parziale e incompleta. Obiettivo tristemente raggiunto, si direbbe...


Esiste, come qualcuno forse saprà, tutto un filone di pagine web che si spacciano per “sinistra”, più o meno radicale, ma che in realtà nascondono contenuti che sono molto più vicini alle ideologie naziste, fasciste e negazioniste. E’ il caso della pagina facebook che ha pubblicato questa foto, spacciandola per “notizia recentissima”.

La notizia, in ogni caso, sarebbe buona: una persona salva la vita a un’altra donando i suoi organi. Se poi i protagonisti sono un palestinese e un israeliano, ancora meglio. Se non fosse che questa storia, avvenuta in uno spazio temporale completamente diverso da quello “dell’attualità”, è servita soltanto a “mostrare” quanto i palestinesi siano “pieni di buon cuore”. Infatti, l’assassinio del presunto 18enne è stato attribuito, tout court, all’esercito israeliano. Ho anche trovato altre pagine che, invece, l’attribuivano ai “coloni”. Come sappiamo, ormai il giornalismo è un mestiere abusato: chiunque decida di attribuirsi il titolo di “giornalista” puo’ andare su google, digitare due o tre parole chiave, magari in italiano per fare prima, prendere i primi risultati che gli appaiono e farci un bell’articolino. Puo’ sembrare un passatempo innocuo, ma lo è meno di quel che si direbbe. Ogni notizia di questo tipo scatena reazioni velenose da parte di quei lettori che non vedono l’ora di manifestare al mondo il loro schifo per gli ebrei, a volte subdolamente nascosti sotto le spoglie di israeliani. E’ il caso anche della pagina in questione, naturalmente. Cosi’, quella che doveva essere “una buona notizia” serve a mettere in luce commenti come questo: “quel cuore sobbalzerà nel petto ogni volta che si commetterà un delitto contro i palestinesi…” Ma anche come questo: “col cazzo ke un ebreo donava qcs a qcn!!!!!!” o questo: “Io non sarei stato così generoso verso chi ha invaso la mia terra”; o questo: “É un bel gesto umano… Ma sono sicura che gli ebrei non sono nemmeno commossi”. Tutto nel silenzio condiscendente degli admin, ben lieti di “movimentare” un po’ la loro pagina.

Per inciso, la notizia è del 2001. Il Corriere della Sera la riporto’ il 5 giugno 2001, con un articolo di Lorenzo Cremonesi: “Mazen, «assassinato a 32 anni -non 18 come riportato- da una squadraccia di fanatici, lascia una moglie e tre piccoli orfani. Ma ha donato il suo corpo per salvare le vite di un bambino palestinese, un arabo israeliano e tre ebrei israeliani». La famiglia di Mazen Joulani ha sempre addossato l’omicidio del figlio a “coloni” senza peraltro mai averne avuto uno straccio di prova. Riporta il Corriere: “Racconta Totah Kalil, il proprietario del «Biliardo», un piccolo bar all’ entrata del campo profughi palestinese di Shuafat, dove venerdì notte Mazen è stato trapassato alla nuca da un proiettile: «Mezzanotte era trascorsa da un pezzo. Un’ ora prima avevamo sentito la notizia del massacro compiuto da un giovane palestinese, che si era fatto saltare in aria davanti a una discoteca sul lungomare di Tel Aviv. Noi stavamo giocando a carte ai tavolini di fronte al locale. Quando abbiamo sentito uno sparo, tutti siamo corsi dentro. Poi abbiamo visto Mazen a terra con il collo insanguinato. Senza dubbio era stata la vendetta dei coloni ebrei. Non è la prima volta che sparano verso Shuafat». Secondo la polizia israeliana, sarebbe invece stato «un regolamento di conti tra criminali locali».

Il The Telegraph pubblica la notizia un giorno dopo il Corriere, il 6 giugno 2001. Sebbene d’abitudine non tenero nei confronti della politica israeliana, il Telegraph non se la sente di dare per scontata la responsabilità né dei coloni né dell’esercito e scrive: “The circumstances of his brother’s death in East Jerusalem on Thursday night are disputed. The Israeli police say Mr Joulani was shot by another Palestinian in a dispute. The family insists it was a revenge attack.” Nell’articolo del The Telegraph, il “ricevente” si chiama Ygal Cohen.

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