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mercoledì 18 novembre 2015

Abu Mazen confessa: «così ho abortito lo stato palestinese»

Il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas per la prima volta ha ammesso in pubblico che nel 2008 ha respinto una proposta di pace che avrebbe dato luogo alla nascita di uno stato palestinese che avrebbe incluso tutta la Striscia di Gaza, quasi tutto il West Bank (mediante scambi territoriali) e un corridoio che avrebbe collegato i due territori.
Abbas lo ha riconosciuto nell'ambito di un'intervista concessa al canale televisivo israeliano Channel 10, che ha mandato in onda un documentario in tre puntate sui negoziati di pace del 2000 e del 2008 (la mission della TV pubblica è evidentemente ben diversa in Israele rispetto ai territori palestinesi, NdT). Secondo Abu Mazen e Ehud Olmert, primo ministro di Gerusalemme nel 2008, Israele presentò al leader palestinese una mappa dettagliata che definiva i confini del futuro stato di Palestina. Abbas affermò che la respinse, perché sosteneva di non essere un esperto di mappe, e perché gli scandali che lo coinvolsero promettevano una fine prematura del mandato di Olmert. In passato l'ex Primo Ministro israeliano e diversi dirigenti palestinesi hanno dichiarato che Abbas all'epoca respinse il piano di pace, ma questa è la prima volta che il presidente dell'ANP lo ammette esplicitamente.
Al minuto 24'05" del filmato, il giornalista di Channel 10 Raviv Drucker chiede ad Abbas: «nella mappa che Olmert sottopose alla Sua attenzione, Israele avrebbe annesso il 6.3% del West Bank, offrendo in cambio il 5.8% dei territori israeliani al di qua della Linea Verde: cosa rispose a questa proposta?». «Non ero interessato», ha replicato Abbas; al che l'intervistatore lo incalza: «seriamente, perché non ha accettato l'offerta di Olmert?»

martedì 10 novembre 2015

Quelle volte in cui siamo andati vicini alla nascita di uno stato palestinese...

Come una volta ebbe a dire il leggendario negoziatore israeliano Abba Eban a proposito delle relazioni fra lo stato ebraico e il mondo arabo: «gli arabi non perdono mai l'opportunità di perdere un'opportunità»; e in effetti si contano diverse occasioni in cui la leadership palestinese ha dato un calcio all'opportunità di pervenire finalmente ad uno stato.
Perché i palestinesi si rifiutano di intavolare negoziati di pace? perché una pace concordata implicherebbe la fine del conflitto. I palestinesi invece vogliono uno stato che comporti la continuazione del conflitto, ma da posizioni di forza: ecco perché insistono in questo preteso "diritto al ritorno".
Al margine dovrebbe essere notato come una eventuale dichiarazione statuale unilaterale da parte dei palestinesi, o il portare la questione alle Nazioni Unite, costituirebbe una grave violazione degli Accordi di Oslo sottoscritti fra OLP e Israele; che esplicitamente escludono questa scappatoia, nonché il ricorso a terze parti. Questi accordi fra l'altro sono stati sottoscritti con il patrocinio di Stati Uniti, Russia, Norvegia e Unione Europea; per cui se qualcuno di questi stati dovesse contravvenire agli accordi supremamente controfirmati, solleverebbero forti dubbi circa la credibilità della loro firma.
Si contano almeno tre volte in cui i palestinesi hanno respinto la prospettiva di pervenire ad uno stato; in due casi in tempi recenti.

martedì 20 maggio 2014

Israele guadagna popolarità nel mondo arabo

di Khaled Abu Toameh*

La decisione della Corte Distrettuale di Tel Aviv di condannare a sei anni di reclusione l'ex Primo Ministro israeliano Ehud Olmert ha suscitato nel mondo arabo dichiarazioni di approvazione per gli standard di credibilità, trasparenza e amore della giustizia del Sistema Israele. In seguito al pronunciamento della sentenza di condanna per corruzione, molti arabi hanno manifestato la speranza di vedere le rispettive nazioni di appartenenza trarre spunto dallo stato ebraico, dove nessuno è al di sopra della legge, che sia presidente o capo del governo.
Sufian Abu Zayda, alto esponente di Al Fatah ed ex ministro dell'ANP, ha elogiato la sentenza, rimarcando che in Israele nessuno è al di sopra della legge: «questo verdetto fornisce ulteriore prova che il sistema giudiziario in Israele è pienamente autonomo nell'ambito della separazione dei poteri fra legislativo, esecutivo e giudiziario; così come i media sono totalmente indipendenti», ha concluso Abu Zayda, ritenuto un esperto del mondo israeliano.
L'approvazione del sistema democratico vigente nello stato ebraico non implica che Abu Zayda e altri arabia siano diventati d'un tratto pro-Israele, disposti ad ammetterne il diritto all'esistenza. Ma se da un lato continuano ad odiare Israele e a desiderarne la distruzione; dall'altro molti arabi non esitano a manifestare la loro ammirazione per l'indipendenza del suo sistema giudiziario.
I commenti postati da arabi e musulmani su Internet in questi giorni rivelano l'aspirazione di vedere il proprio paese imitare la democrazia israeliana. Reazioni simili seguirono la condanna da parte di un altro tribunale dell'ex presidente della repubblica a 7 anni per molestie sessuali. Di seguito alcuni commenti postati sui media arabi e sui social network, all'indomani del pronunciamento del verdetto Olmert:

  • Ali Al-Kadi: «Lodiamo il giudice David Rosen (che ha emesso la sentenza di condanna, NdR). Vorremmo tanto che il mondo arabo avesse 22 giudici come lui».
  • Mohammed Akash: «Guardate l'equità di questo giudice, e guardate dove siamo. Dobbiamo imparare dal nostro nemico. Lunga vita all'equità del sistema giudiziario israeliano».
  • Manji Dalali: «È uno dei segreti dell'affermazione di Israele sugli arabi: dobbiamo apprendere dal nemico sionista i principi della giustizia giusta».
  • Ibrahim - Libya: «Noi musulmani abbisognamo enormemente di un sistema giudiziario decente che punisca ladri e politici corrotti. Che dio ci aiuti».
  • Hassan Jamal: «Spero tanto che le nazioni arabe facciano altrettanto nei confronti dei loro leader corrotti. Spero che il popolo arabo faccia altrettanto e si liberi dei politici corrotti, senza escludere re e presidenti».
  • Mohammed: «Senza dubbio l'Islam è la migliore religione esistente. Ma i regimi che sostengono di appoggiare l'Islam si abbandonano a repressione e corruzione. Nel frattempo, Israele si annovera fra le nazioni democratiche e si comporta molto meglio rispetto agli stati arabi e islamici quando si tratta di rispettare il popolo e combattere chi si appropria indebitamente delle risorse pubbliche».
  • Adel: «È questo il segreto del successo di Israele: è diventato il simbolo stesso della giustizia perché fa dell'equità uno dei cardini fondamentali del sistema. Noi, d'altro canto, facciamo il contrario: continuiamo ad insabbiare i casi di corruzione anziché combatterla».
  • Abu Zeid: «Vivo in Israele e conosco bene le loro leggi. In questo stato, nessuno è al di sopra della legge».
  • Sami Dirani: «Israele è il nemico, ma vi regna la democrazia: qualcosa che gli arabi neanche s'immaginano. Ecco perché è forte e più avanzato degli arabi, che perdono tempo a scannars l'un l'altro. E mentre alcuni muoiono di stenti, altri nuotano nei miliardi».
  • Hani: «Il profeta dice che dobbiamo perseguire l'istruzione, anche se si trova in Cina. E io dico ai musulmani: coltivate la giustizia, anche se si trova in Israele. Non vedo l'ora che giunga il giorno in cui i nostri capi siano condotti davanti ad un giudice, e ci restituiscano il denaro che hanno rubato.
  • Yasalam: «Se Olmert si fosse trovato in Kuwait, il suo processo sarebbe stato annacquato, e in premio avrebbe ricevuto una poltrona al governo».
  • Kabir al-Muhandiseen: «È così che si costruiscono gli stati. Questo è il segreto di Israele, della sua forza e della sua fermezza».
  • Muhasabah: «In Israele i capi di stato devono rendere conto del loro operato, altrimenti vanno in prigioni, mentre noi arabi osanniamo i corrotti».
  • Zuhear al-Karim: «Quanto leader arabi sarebbero stati condannati se in tribunale ne fosse stata accertata la corruzione e la vessazione?».
  • Abdo Shehatah: «Non passa giorno senza che gli ebrei dimostrino di essere l'unica vera democrazia in questo angolo del mondo».
  • Saad Sayad: «La Legge è sopra tutto: è questa la democrazia. E Israele è l'unica vera democrazia del Medio Oriente».

* Arabs: We Want Democracy - Like Israel
su Gatestone Institute.

sabato 4 febbraio 2012

L'Huffington Post metterà in imbarazzo "La Repubblica?"



Interessante analisi dell'Huffington Post (il colosso editoriale americano che sta per sbarcare in Italia in joint venture con l'Espresso-la Repubblica). "Abu Mazen" ad un certo punto ha ottenuto ciò che dichiarava di volere - lo stato palestinese - ma l'ha respinto: forse perché non era quello che realmente desiderava.
Me ne sono occupato diversi mesi fa. In effetti i palestinesi vivono da decenni in condizioni agghiaccianti e disumane negli stati arabi confinanti (in Siria, in Libano e in Giordania soprattutto); senza cittadinanza, senza diritto all'istruzioni o a svolgere attività lavorative. Sono i paria degli arabi. A cui interessa soltanto distruggere Israele. Dei palestinesi purtroppo a loro non frega niente...

mercoledì 26 ottobre 2011

Come nel 2008 è sfuggita la pace fra Israele e palestinesi


"No, no e ancora no". E' questa in estrema sintesi la strategia araba nei confronti di Israele e della prospettiva di una pace duratura. Tanto di cappello nei confronti di Hamas, che esplicitamente dichiara sin dal suo atto costitutivo la volontà di perseguire la distruzione di Israele, ed eventualmente l'eliminazione fisica degli israeliani non arabi (possibilmente): la coerenza consente di osservare la brutalità dell'organizzazione terroristica islamica che controlla la Striscia di Gaza, senza alcun filtro. Gli amici-nemici di Al Fatah, invece, di stanza in Cisgiordania, non disdegnano accordi tattici che però rappresentano obiettivi intermedi in vista dello stesso fine perseguito da Hamas. E così, quando la pace sembra vicina, ecco che un calcio la allontana irrimediabilmente: è successo nel 2000, quando davanti a Clinton Arafat strinse la mano a Barak, concordando una pace in cambio della sovranità palestinese sul 93% dei territori contesi; salvo tornare in patria e dichiarare una nuova sanguinosa intifada nei confronti della popolazione israeliana.

Stanno uscendo in questi giorni le memorie di Condoleeza Rice, segretario di Stato sotto l'amministrazione Bush. Il settimanale Newsweek ne fornisce alcune anticipazioni, riprese da Israel National News. Secondo la Rice, Olmert desiderava raggiungere un accordo definitivo con i palestinesi entro il 2008, e a maggio studiò un'intesa da proporre ad Abu Mazen. Secondo questa proposta, Israele avrebbe riconosciuto la sovranità palestinese sul 94% dei territori del West Bank, in alcuni casi mediante scambi territoriali, e la creazione di due capitali nella città di Gerusalemme: ovviamente, la parte occidentale capitale di Israele, e la parte orientale capitale dello stato palestinese, che avrebbe indicato il vice-sindaco della giunta cittadina. La proposta si spingeva fino al punto di prevedere un graduale ingresso in Israele di rifugiati palestinesi, lontani parenti di quelli che lasciarono lo stato ebraico nel 1949 su sollecitazione degli stati arabi confinanti e belligeranti; nonché un consiglio cittadino, composto da personalità di varie etnie e nazionalità, che si sarebbe pronunciato sui luoghi sacri della capitale mondiale delle religioni monoteiste.
I due leader politici, racconta la Rice, si incontrarono, ma Abu Mazen si rifiutò di sottoscrivere immediatamente l'accordo, adducendo il prestesto di necessitare prima del parere di alcuni fantomatici "esperti" (di cui il mondo intero ignora l'esistenza: davvero Abu Mazen ha mai sentito il bisogno di consultarsi con altri soggetti?). Naturalmente, la seduta fu aggiornata, ma non ci fu mai un seguito.
Rammaricata per l'occasione storica sfuggita, l'allora segretario di Stato suggerì a Bush di convocare il primo ministro israeliano e il leader dell'ANP a Washington per formalizzare la generosa intesa proposta da Olmert. I due esponenti giunsero separatamente nella capitale americana per un ultimo saluto al presidente in scadenza di mandato, ma nonostante le sollecitazioni di Bush, Abu Mazen si rifiutò di dare seguito ad una proposta eccezionale e senza precedenti per le concessioni riconosciute. E così la pace sfuggì di mano.