giovedì 31 marzo 2016

Belgio: resoconto di un delirio antisemita

Per l'unità di crisi belga, Israele non esiste; perlomeno, non per l'operatore che ha risposto alla richiesta di informazioni di un volontario per conto di una associazione ebraica. Gli attentati di Bruxelles hanno mietuto 35 vittime e prodotto circa 300 feriti; fra questi, molti stranieri, e non pochi israeliani.
Ma se si dovesse contattare il numero verde appositamente istituito dalle autorità, chiedendo come organizzare il trasferimento delle salme in Israele, vi verrebbe risposto che ciò non è possibile, perché «Israele non esiste». In suo luogo, i corpi privi di vita sarebbe trasferiti in una "Palestina" avente la stessa legittimazione formale del sedicente "Stato Islamico", autore della strage del 22 marzo scorso.
Ecco il resoconto della conversazione telefonica avuta luogo di recente:

- «Buongiorno, mi chiamo XXX e sono un volontario per il comitato di coordinamento ebraico di Anversa. Siamo stati contattati da alcune persone, che chiedono come ottenere i corpi di due membri della comunità ebraica, colpiti dagli attacchi in aeroporto».
- «Sì».
- «I corpi sono pronti per essere riportati in Israele. I nostri volontari li stanno preparando, e si stanno occupando di tutto; ma abbiamo saputo dall'ospedale che abbiamo bisogno di una speciale documentazione da parte della polizia, per ottenere le dimissioni. Me lo conferma? a chi mi devo rivolgere? posso avere ulteriori informazioni?»
- «È vero. Adesso controllo. Dunque sono diretti in palestina...»

Facciamo cessare questa occupazione illegittima!

È passata ai più inosservata la recente decisione del Palazzo di Vetro di riconoscere le rivendicazioni argentine sulle Isole Falkland. La decisione di estendere di 150 miglia nautiche le acque territoriali di Buenos Aires, in modo da includere quelle che bagnano le isole contese, ha colto di sorpresa il governo locale, che ha chiesto immediate spiegazioni. Grazie alla scellerata decisione dell'ONU, l'Argentina riceve in dono complessivamente 1,7 milioni di chilometri quadrati di spazio marittimo.
Attendiamo ora le reazioni di Londra. In particolare ci si chiede:

mercoledì 30 marzo 2016

Ban Ki-Moon (ONU) si scusa per aver parlato di "occupazione"

La notizia ha del clamoroso: il segretario generale delle Nazioni Unite ha espresso il suo rincrescimento per aver parlato, a suo dire, impropriamente di "occupazione". Ma non con riferimento alla millenaria presenza ebraica in Giudea e Samaria, che il politicamente corretto ha da alcuni decenni ribattezzato in "West Bank" o - in Italia - Cisgiordania. Ne' tantomeno con riferimento al Papua Occidentale, occupato da più di cinquant'anni dall'Indonesia. Bensì con riferimento al Sahara Occidentale, occupato - questo sì, illegalmente - dal Marocco, con cui l'Unione Europea arriva persino a stringere accordi commerciali per lo sfruttamento delle risorse ittiche dei territori occupati. Niente etichette e nessuna tutela per i consumatori, in questo caso...
I fatti. All'inizio del mese una delegazione del Palazzo di Vetro si è recata in visita presso i campi profughi di saharawi in Algeria. Le condizioni di questi rifugiati beninteso interessando poco o punto a nessuno. Ma all'incauto Ban scappano alcune dichiarazioni di sostegno per la causa di questo popolo; e ciò scatena le proteste di piazza in Marocco, il cui governo arriva ad espellere il minuscolo contingente di Caschi Blu di stanza nel Sahara Occidentale in qualità di forza di interposizione. Una misura drammatica, che secondo il governo saharawa, in esilio ad Algeri, minaccia di far deflagrare un nuovo conflitto regionale.

mercoledì 23 marzo 2016

L'agenda del terrorismo islamico


di Sohrab Ahmari*

Il terrorismo islamico giovedì ha colpito al cuore l'Unione Europea. I jihadisti dell'ISIS hanno architettato tre esplosioni nella capitale belga: due all'aeroporto di Bruxelles e uno in una stazione della metropolitana. Più di trenta le vittime accertate. Ciò comprova come lo Stato Islamico sia una minaccia permanente e onnipresente della vita di tutti i giorni, e a tutte le latitudini.
Nei prossimi giorni le autorità politiche si confronteranno a tutti i livelli per rinfacciarsi i segnali non ascoltati, le falle nella sicurezza e l'incapacità palesata di integrare la comunità islamica belga. Nel frattempo sui social network prolifereranno i meme di attestazione di solidarietà: siamo tutti belgi.
Questo andazzo è diventato tristemente familiare. Queste risposte istintive, da un lato comprensibili, mancano di affrontare una dura realtà: non passa un singolo giorno senza che si registri un attentato suicida, un bombardamento, un attacco missilistico, un accoltellamento o un sequestro, di matrice islamica, in qualche parte del mondo.
Consideriamo soltanto gli ultimi dieci giorni:

venerdì 18 marzo 2016

Breaking the Silence nella bufera


Sta facendo scalpore in queste ore il documentario, andato in onda ieri sera sull'emittente televisiva israeliana Channel 2, con cui si denuncia l'attività illecita compiuta dall'ONG di estrema sinistra "Breaking the Silence" ai danni dall'esercito e in generale della sicurezza israeliani.
Il video, ripreso di nascosto, mostra l'attività condotta da esponenti di una associazione, infiltratisi sotto copertura negli ultimi tre anni nella ONG da tempo al centro delle polemiche per la presunta attività di spionaggio condotta, e celata dalla pretesa di rivelare gli "abusi" delle forze di sicurezza dello stato ebraico.
Si nota come gli attivisti di BdS interroghino ripetutamente presunti ex militari (in realtà agenti dell'associazione che ha denunciato la condotta della ONG in questione), chiedendo loro le modalità con cui i tunnel di Hamas vengono rinvenuti, quali forze si occupino di questa attività, e che tipo di strumenti viene impiegato: domande che poco o punto hanno a che fare con la missione ufficiale di Breaking the Silence. Forte è il sospetto di attività di spionaggio a favore del terrorismo palestinese e di tradimento dello stato ebraico.

mercoledì 16 marzo 2016

L'UE usa l'immunità diplomatica per occupare illegalmente Israele

Ambasciata degli Stati Uniti a Roma

Quello raffigurato in alto è Palazzo Margherita: è la sede dell'ambasciata americana in Italia. Si trova a Roma, in Via Veneto, e gode come noto del requisito dell'extraterritorialità: al pari di tutte le ambasciate e consolati del mondo, è di fatto territorio sottratto alla giurisdizione nazionale. In parole povere, è un pezzettino di Stati Uniti a Roma. Sono le consuetudini internazionali a renderlo tale: un principio universalmente accettato e rispettato.
Ora, Via Veneto è uno degli scorci più iconici della nostra capitale. Nessuno mette in dubbio la giurisdizione italiana su una strada che ha fatto la storia d'Italia. Tutti hanno il diritto di passeggiarvi sopra, di calpestarne il suolo, di sostarvi senza arrecare danno o nocumento ad alcuno; nel rispetto delle normative vigenti. Il piacere di sorseggiare un cappuccino in uno dei suoi bar è con pochi eguali.

Passeggiata in Via Veneto

Adesso, poniamo per un momento che gli americani si mettano in testa di sistemare alcune migliaia di profughi siriani, requisendo un ampio tratto di Via Veneto per costruirvi degli edifici più o meno provvisori. Escono dall'ambasciata, dotati di cemento, tubolari, mattoni e altri materiali da costruzione, con l'intento di edificare centri di accoglienza per rifugiati, abbattendo le costruzioni esistenti con le ruspe, e prendendo possesso per le proprie esigenze. Piazzando delle belle bandierine a stelle e strisce sulle costruzioni edificate. Alla prevedibile reazione indignata del governo, seguirebbe l'opposizione di una eccezione di immunità diplomatica da parte dei responsabili: insomma, «siamo diplomatici, non ci potete fermare, non potete farci niente. Continueremo a costruire capannoni e a piazzare prefabbricati sul vostro suolo, che diventerà nostro suolo». Una palese colonizzazione e occupazione illegale e illegittima.
Quale sarebbe la vostra reazione? Stupore? incredulità? rabbia? indignazione per la prevaricazione e l'abuso di potere subiti? bene, siete in ottima compagnia. Il Daily Mail ha pubblicato un dettagliato resoconto circa gli abusi perpetrati dall'Unione Europea nell'area C del West Bank: un'area che gli Accordi di Oslo, sottoscritti anche da Bruxelles, assegnano a Gerusalemme, in attesa che i negoziati fra palestinesi e israeliani ne sancisca la destinazione definitiva.

lunedì 14 marzo 2016

Come è dura la vita del terrorista...

...ogni giorno costretto a scegliere la vittima da colpire (mica tutti gli ebrei sono dotati di naso adunco, sapete!), a percorrere chilometri per raggiungere la sede dove agire, a chiedere il permesso per assentarsi al datore di lavoro - non di rado, sionista - a rinunciare agli ozi che la condizione perenne ed ereditaria di profugo gli attribuisce.
Diciamoci la verità: fare il terrorista non è tutta questa comodità. Ci sono incentivi e riconoscimenti sociali. Se ti va bene, un giorno ti intitoleranno una piazza, o una scuola. Ma se non ammazzi - e che diamine! - nemmeno un ebreo, che figura ci fai con il tuo clan? Vediamoli, allora, questi incentivi e deterrenti. Partiamo da questi ultimi:

1) vedrai distrutta la casa dove abiti (ma vedi più in basso);
2) di tanto in tanto un parlamentare israeliano si guadagna il gettone di presenza invocando a gran voce che ti sia revocata la cittadinanza israeliana, che tanti benefici ti garantisce. Ma poi sopraggiunge la Corte Suprema, sempre israeliana, che chiarisce l'inapplicabilità di questo principio;
3) tutto qui. Non ci sono altri disincentivi. Vediamo adesso gli aspetti a favore:

sabato 12 marzo 2016

Ecco chi sono gli sponsor della "questione palestinese"


«Israele deve porre fine alla colonizzazione della Palestina», ha tuonato il presidente indonesiano Joko Widodo dal vertice dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica (OCI) tenutosi a Jakarta alcuni giorni fa. Aggiungendo: «Israele deve interrompere immediatamente le sue attività e le politiche illegali nei territori occupati».
Un paio di precisazioni spicce: L'Indonesia, paese a maggioranza islamica, detta l'agenda ad uno stato sovrano, di cui però non riconosce l'esistenza. Poco male: è in "buona" compagnia, e il fatto che Jakarta abbia accolto l'invito dell'Autorità Palestinese ad indire un vertice sul tema dei Territori contesi e dello stato di Gerusalemme - definita artificiosamente "al-Quds al-Sharif" - la dice lunga.
L’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) dal 1969 si pone come obiettivo la distruzione di Israele e la conquista dell’Occidente. Costituita da 56 paesi musulmani o a maggioranza musulmana, l’OCI è una emanazione della confraternita politico-religiosa dei Fratelli Musulmani. Come rileva Bat Ye'Or nel suo "Califfato Universale", l’OCI propone di rivedere in Occidente i manuali educativi a tutti i livelli, riconoscendo «l’immenso contributo» della cultura e della civiltà islamica, e conseguentemente minimizzando e cancellando la storia e la cultura europee.
Il 27 marzo 2008 l’OCI è riuscita a far votare dal Consiglio dei diritti umani una risoluzione che sottomette la libertà di espressione al rispetto delle religioni e dei credi, e sottrae le leggi della sharia a qualsiasi critica. Vi si afferma che la lotta al terrorismo rappresenta un fattore aggravante di discriminazione contro le minoranze musulmane.

venerdì 11 marzo 2016

Ma quanto è piccola la "piccola" Ahed Tamimi?

L'industria della propaganda e della contraffazione della verità palestinese (la cosiddetta "Pallywood") si serve estensivamente e senza scrupoli di adolescenti: soggetti minorenni pienamente maturi, addestrati all'odio e al disprezzo, dalla lacrima facile e dalla capacità di persuadere facilmente l'opinione pubblica occidentale, impreparata e indifesa nel cogliere la mistificazione prodotta dai fabbricanti d'odio.
In questo settore, la famiglia Tamimi vanta una tradizione pluriennale. Grazie alla pronta disponibilità dei media occidentali, che immediatamente mandano una troupe nei territori palestinesi quando allertati circa l'imminenza di "incidenti spontanei", i Tamimi hanno costruito una vera e propria casa di produzione, particolarmente lucrosa e fonte di prestigio e notorietà. Premi e inviti internazionali non sono mancanti, nel tempo.
Stella di questa famiglia di circensi mediatici è la "piccola" Ahed Tamimi, dai lineamenti graziosi al punto da essere stata definita tempo addietro la "Shirley Temper" palestinese. Una formidabile macchina di creazione di consenso, grazie anche alla sua giovane età. Ma, a proposito: quanti anni ha la piccola Ahed?

mercoledì 9 marzo 2016

Bernie Sanders, l'ebreo che odia Israele


In risposta ad un militante che gli rinfacciava la scarsa enfasi posta sulle sue origini, il rivale della signora Clinton nella corsa alla nomination democratica per la Casa Bianca ha fermamente ribattuto: «sono estremamente orgoglioso di essere ebreo. La famiglia di mio padre è stata spazzata va durante l'Olocausto, e sono perfettamente cosciente dei pericoli dell'estremismo politico». Una dichiarazione perentoria che ha tranquillizzato i simpatizzanti convenuti domenica nel Michigan.
Ma Sanders assomiglia vagamente a quei politici nostrani, sempre pronti ad indossare la casacca della città dove sono ospitati per la campagna elettorale. Ventiquattr'ore dopo la sua appassionata rivendicazione delle proprie radici, l'anziano senatore del Vermont, in visita a Dearborn, sempre nel Michigan, ha precisato: «da decenni in Medio Oriente imperano odio e ostilità. Vi assicuro che farò tutto quanto sarà in mio potere per indurre le parti - israeliani e palestinesi; il resto del Medio Oriente essendo notoriamente luogo pacifico e al riparo da estremismi, faide, lotte fratricide e decimazioni delle minoranze, NdR - a discutere. Sposando le tesi di Jimmy Carter, Sanders ha lamentato un trattamento delle parti a suo dire iniquo; lasciando intendere che il trattamento di presunto favore riconosciuto ad Israele sarà rivisto in futuro, se egli siederà alla Casa Bianca. E lasciando intendere che la responsabilità dello stallo è tutta da far ricadere sulle spalle dello stato ebraico.

martedì 8 marzo 2016

È in Israele la torre solare più grande del mondo

L'israeliana Megalim Solar Power sta realizzando nel deserto del Negev, quella che a fine 2017 dovrebbe risultare la torre solare più alta della Terra. Con la sua altezza di 240 metri, la torre solare produrrà fino a 121 MW di energia elettrica all'anno, fornendo l'1% del fabbisogno energetico di Israele. Lo stato ebraico è attivamente impegnato nelle fonti alternative e rinnovabili di energia, che entro il 2020 copriranno un decimo del fabbisogno nazionale.
L'impianto in costruzione si differenzia dai comuni impianti fotovoltaici per via degli enormi specchi - fino a 50.000, secondo il progetto; collegati in modalità WiFi - che concentrano l'energia solare, e che richiedono ampi spazi perlopiù deserti. L'Israele meridionale si presta benissimo allo scopo.

mercoledì 2 marzo 2016

L'influenza sta per essere debellata?


L'influenza, di qualunque tipo e minacciosità, sta per essere debellata. È questa la speranza che sorge all'indomani del deposito del brevetto di un promettente vaccino da parte di una compagnia israeliana, la BiondVax, fondata e diretta dal dottor Ron Babecoff. L'azienda, situata non distante da Tel Aviv, sta completando il secondo dei tre stadi previsti per l'autorizzazione alla commercializzazione del farmaco, e ha recentemente annunciato che l'agenzia governativa NATI (National Authority for Technological Innovation) finanzierà fino al 40% dell'investimento da quasi un milione di dollari, pianificato per portare a termine lo sviluppo del vaccino anti-influenzale.

martedì 1 marzo 2016

L'esecuzione di Mahmoud Ishtiwi spacca Hamas e divide Gaza


Sta facendo scalpore l'assassinio di Mahmoud Ishtiwi, esponente di spicco delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas; l'organizzazione terroristica che governa la Striscia di Gaza. Ishtiwi, 34 anni, proveniva da una famiglia nota nell'enclave palestinese per aver concesso ospitalità a pericolosi terroristi, ed era a capo di una milizia di mille uomini durante la guerra di Gaza del 2014. Ma ciò non gli ha risparmiato la vita: è stato ucciso, dai suoi stessi compagni, lo scorso mese. Freddato con tre colpi di arma da fuoco al petto.
Cosa ha commesso di così oltraggioso Ishtiwi? turpitudine morale, è la versione ufficiale. Insomma, Ishtiwi aveva la colpa grave di essere omosessuale. Un orientamento che nella Striscia di Gaza si paga caro: come ha appreso sulla sua pelle il nostro povero Vittorio Arrigoni; sequestrato, torturato e ucciso a Gaza da terroristi palestinesi salafiti.
Non che le esecuzioni di Hamas facciano notizia. Basta ben poco, da queste parti, talvolta anche un semplice sospetto; per essere passato per le armi. La novità è costituita dal fatto che se ne parli pubblicamente, in questi giorni, malgrado l'esecuzione sia stata annunciata lo scorso 7 febbraio. Nei taxi, nei caffè, nei ristoranti, nei centri commerciali, si discute sommessamente della condanna a morte impartita ad un soggetto che per quasi metà della sua esistenza ha servito a suo modo con lealtà e abnegazione la causa dell'estremismo islamico palestinese.