Apprendiamo dalle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno che l'Acquedotto Pugliese (AQP), società idrica partecipata al 100% dalla Regione Puglia, è in procinto di costruire un acquedotto di 7 chilometri in località Beit Ula, per «l’approvvigionamento idrico di 4.200 abitanti, attualmente sprovvisti di rete idrica». Nobile proposito, se non fosse che la cittadina in questione non si trova in Puglia ne' tantomeno in Italia; bensì in provincia di Hebron, nel West Bank, territori sottoposti all'amministrazione dell'Autorità Palestinese del corrotto Abu Mazen.
Non è ben chiaro se questo progetto sia finanziato direttamente dall'AQP, o dall'ente controllante; ne' l'entità dell'investimento previsto. Sfumature, formalismi, recriminazioni ragioneristiche, dal momento che la cassa esangue è rimpinguata in ogni caso dai contribuenti pugliesi. Ciò non ha rimosso il sorriso radioso di Nicola Costantino, amministratore unico della società idrica, volato in "Palestina", come riferisce l'estensore dell'articolo, assieme all'immancabile nutrita delegazione di politici.
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martedì 24 marzo 2015
domenica 22 marzo 2015
Israele: smontata la calunnia dell'acqua
Le Organizzazioni non governative (ONG) hanno incrementato la strumentalizzazione del problema dell'acqua nell'offensiva politica nei confronti di Israele. Si va dalle false accuse di «discriminazione» e di «sottrarre acqua», alle pressioni nei confronti di società internazionali affinché boicottino la compagnia israeliana idrica, la Mekerot; per giungere alla spudorata distorsioni degli accordi sottoscritti fra israeliani e palestinesi.
A seguito di queste campagne diffamatorie, la compagnia idrica olandese Vitens ha cancellato l'accordo di collaborazione pianificato con Mekerot; l'italiana Acea è stata indotta a fare altrettanto, e analoghe campagne hanno visto la luce nel Regno Unito e in Argentina.
Le questione e le dispute legate ai diritti sull'acqua non sono definite dai confini internazionali tracciati su una mappa. Una stretta collaborazione e cooperazione fra le parti è prescritta affinché i problemi siano risolti in modo creati e costruttivo, onde l'accesso ad acque pulite e sicure sia garantito in modo paritario e ottimale. Inoltre, la complessità e la centralità della questione delle acque nel conflitto arabo-israeliano sono esasperate dalla scarsità della medesima a livello locale. Infatti, in queso ambito è stato istituito un "Comitato Congiunto per l'acqua" israelo-palestinese" (JWC), allo scopo di «gestire tutte le problematiche relative all'acqua potabile e alle acque sporche nel West Bank». Il processo decisionale alla base del JWC è di tipo «consensuale, inclusa la pianificazione, le procedute e le altre problematiche». Analogamente, un principio cardine del Trattato di Pace fra Israele e Giordania del 1994 prevede che «la cooperazione nelle problematiche relative alle acque vada a beneficio di ambo le parti, e contribuirà ad alleviare la scarsità di acqua».
A seguito di queste campagne diffamatorie, la compagnia idrica olandese Vitens ha cancellato l'accordo di collaborazione pianificato con Mekerot; l'italiana Acea è stata indotta a fare altrettanto, e analoghe campagne hanno visto la luce nel Regno Unito e in Argentina.
Le questione e le dispute legate ai diritti sull'acqua non sono definite dai confini internazionali tracciati su una mappa. Una stretta collaborazione e cooperazione fra le parti è prescritta affinché i problemi siano risolti in modo creati e costruttivo, onde l'accesso ad acque pulite e sicure sia garantito in modo paritario e ottimale. Inoltre, la complessità e la centralità della questione delle acque nel conflitto arabo-israeliano sono esasperate dalla scarsità della medesima a livello locale. Infatti, in queso ambito è stato istituito un "Comitato Congiunto per l'acqua" israelo-palestinese" (JWC), allo scopo di «gestire tutte le problematiche relative all'acqua potabile e alle acque sporche nel West Bank». Il processo decisionale alla base del JWC è di tipo «consensuale, inclusa la pianificazione, le procedute e le altre problematiche». Analogamente, un principio cardine del Trattato di Pace fra Israele e Giordania del 1994 prevede che «la cooperazione nelle problematiche relative alle acque vada a beneficio di ambo le parti, e contribuirà ad alleviare la scarsità di acqua».
giovedì 19 febbraio 2015
L'ossessione per Israele miete vittime fra i palestinesi
di Evelyn Gordon*
Mi sono dilungato diverse volte su come ossessione occidentale per i rapporti fra israeliani e palestinesi finisca per perpetrare la miseria globale, distogliendo l'attenzione da situazioni umane di ben peggiore gravità: basti pensare al genocidio in Siria o nel Sud Sudan. Inoltre, questa ossessione non migliora le condizioni di vita di un gruppo che si vorrebbe aiutare. Tre articoli apparsi di recente sul Jerusalem Post chiariscono il perché.
Uno denuncia il rischio di chiusura da parte di un importante ospedale palestinesi, a causa di un debito accumulato pari a 30 milioni di dollari. Per anni, l'Autorità Palestinese (AP) ha mancato di versare fondi al Mokassed Hospital, malgrado i numerosi pazienti in cura. E questo non già perché l'AP difetti di liquidità, dal momento che per pagare generose retribuzioni alle migliaia di criminali ospiti delle carceri israeliani, i soldi certo non mancano. È una questione di priorità: nella scala dei valori palestinesi, il pagamento dei terroristi che attentano alla vita degli israeliani risulta evidentemente più importante del pagamento dei medici che cercano di curare i palestinesi.
Mi sono dilungato diverse volte su come ossessione occidentale per i rapporti fra israeliani e palestinesi finisca per perpetrare la miseria globale, distogliendo l'attenzione da situazioni umane di ben peggiore gravità: basti pensare al genocidio in Siria o nel Sud Sudan. Inoltre, questa ossessione non migliora le condizioni di vita di un gruppo che si vorrebbe aiutare. Tre articoli apparsi di recente sul Jerusalem Post chiariscono il perché.
Uno denuncia il rischio di chiusura da parte di un importante ospedale palestinesi, a causa di un debito accumulato pari a 30 milioni di dollari. Per anni, l'Autorità Palestinese (AP) ha mancato di versare fondi al Mokassed Hospital, malgrado i numerosi pazienti in cura. E questo non già perché l'AP difetti di liquidità, dal momento che per pagare generose retribuzioni alle migliaia di criminali ospiti delle carceri israeliani, i soldi certo non mancano. È una questione di priorità: nella scala dei valori palestinesi, il pagamento dei terroristi che attentano alla vita degli israeliani risulta evidentemente più importante del pagamento dei medici che cercano di curare i palestinesi.
venerdì 21 novembre 2014
Mi dicono che in Israele c'é l'apartheid: è vero?
Sono orgoglioso di proporre la trascrizione di un intervento che la maestra e amica - in ordine di tempo - Barbara ha tenuto ad Udine, nell'ambito di una conferenza patrocinata dalla locale università.
Sebbene si tratti di riflessioni note ai più, tutt'oggi il vecchio cliché dell'apartheid imperante in Israele è duro a morire. Una simile strampalata accusa incoraggia e compatta il fronte degli irriducibili antisemiti; e fa ridere chi vanta una minima conoscenza dei fatti. Ma non sempre si hanno sotto mano dati e informazioni che smentiscano questo assunto.
Come è noto, Israele è stato inizialmente osservato con tiepida positività dall'ambiente della Sinistra mondiale: l'URSS considerava lo stato ebraico un ostacolo all'influenza americana in Medio Oriente. L'atteggiamento dell'universo progressista è mutato dopo la guerra scatenata dalle potenze arabe nel 1967, conclusasi con la sorprendente affermazione schiacciante di Israele; e soprattutto all'indomani della vergognosa risoluzione ONU 3379 del 1975, poi ritirata.
Malgrado alcune aperture, larghi strati dell'opinione pubblica sono rimasti vincolati ad uno schema mentale viziato sotto diversi aspetti; condizionati da una propaganda facilmente smontabile. Mi fa piacere lasciare a Barbara lo spazio necessario a chiarire definitivamente come non vi sia altro stato al mondo dove la convivenza fra diverse razze, diverse culture, diverse lingue e diverse religioni sia pacifica, armoniosa e caratterizzata da gioiosa accettazione e convinta tolleranza.
Sebbene si tratti di riflessioni note ai più, tutt'oggi il vecchio cliché dell'apartheid imperante in Israele è duro a morire. Una simile strampalata accusa incoraggia e compatta il fronte degli irriducibili antisemiti; e fa ridere chi vanta una minima conoscenza dei fatti. Ma non sempre si hanno sotto mano dati e informazioni che smentiscano questo assunto.
Come è noto, Israele è stato inizialmente osservato con tiepida positività dall'ambiente della Sinistra mondiale: l'URSS considerava lo stato ebraico un ostacolo all'influenza americana in Medio Oriente. L'atteggiamento dell'universo progressista è mutato dopo la guerra scatenata dalle potenze arabe nel 1967, conclusasi con la sorprendente affermazione schiacciante di Israele; e soprattutto all'indomani della vergognosa risoluzione ONU 3379 del 1975, poi ritirata.
Malgrado alcune aperture, larghi strati dell'opinione pubblica sono rimasti vincolati ad uno schema mentale viziato sotto diversi aspetti; condizionati da una propaganda facilmente smontabile. Mi fa piacere lasciare a Barbara lo spazio necessario a chiarire definitivamente come non vi sia altro stato al mondo dove la convivenza fra diverse razze, diverse culture, diverse lingue e diverse religioni sia pacifica, armoniosa e caratterizzata da gioiosa accettazione e convinta tolleranza.
domenica 23 marzo 2014
Palestinesi: «acqua? no grazie!»
I palestinesi si confermano coloro che non perdono mai occasione per perdere un'occasione; questa volta, per togliere ogni dubbio circa il loro ottuso autolesionismo. Qualche giorno fa un'agenzia di stampa ha reso noto un progetto elaborato dall'UNICEF, che gode di ampie coperture finanziarie (fino a 10 milioni di euro) da parte dell'Unione Europea; e finalizzato alla costruzione di impianti di desalinizzazione presso la Striscia di Gaza.
Nobile il proposito: fornire acqua potabile a 75 mila palestinesi, che soffrono ogni giorno della carenza di acqua potabile. Le agenzie di stampa, si sa, forniscono una materia prima - la notizia nuda e cruda - senza fronzoli ne' cornici interpretative; salvo, aggiungiamo, quando le fonti da cui reperiscono la notizia sono di parte palestinese; la quale in questo caso fornisce già un "semilavorato" informativo, se non un prodotto del tutto finito. Peccato, perché AFP poteva indugiare sui motivi per cui una larga parte dei palestinesi che popolano la Striscia non dispone di acqua potabile: avrebbe scoperto facilmente che Hamas preferisce investire denaro nell'acquisto di costosi armamenti dall'Iran, anziché migliorare le infrastrutture fognarie ed idriche. Tanto, si sa già a chi addossare la responsabilità, no?
Nobile il proposito: fornire acqua potabile a 75 mila palestinesi, che soffrono ogni giorno della carenza di acqua potabile. Le agenzie di stampa, si sa, forniscono una materia prima - la notizia nuda e cruda - senza fronzoli ne' cornici interpretative; salvo, aggiungiamo, quando le fonti da cui reperiscono la notizia sono di parte palestinese; la quale in questo caso fornisce già un "semilavorato" informativo, se non un prodotto del tutto finito. Peccato, perché AFP poteva indugiare sui motivi per cui una larga parte dei palestinesi che popolano la Striscia non dispone di acqua potabile: avrebbe scoperto facilmente che Hamas preferisce investire denaro nell'acquisto di costosi armamenti dall'Iran, anziché migliorare le infrastrutture fognarie ed idriche. Tanto, si sa già a chi addossare la responsabilità, no?
giovedì 14 febbraio 2013
Chi sottrae l'acqua ai palestinesi?

La domanda che frequentemente si pone è: «se i loro fratelli arabi e musulmani nell'area si sentono così legati al popolo palestinese, come mai non sono stati investiti milioni in progetti di sviluppo finalizzati ad alleviare le condizioni di povertà nella Striscia di Gaza?» Al che qualcuno si lagna: «ma... ma... ma Israele?!"...». Una argomentazione futile sul piano teorico come nella pratica. Ma bisogna partire dall'inizio, perché la disinformazione propagandata dai delegittimatori dello stato ebraico spesso conduce ad errate convinzioni, che si radicano nella mente di giornalisti, attivisti e soprattutto politici. Nel frattempo, sarà utile dare un'occhiata a cosa entra a Gaza da Israele qui e qui.
Come è possibile che sia stata presentata al parlamento britannico una mozione che accusa il governo israeliano per una situazione che già nel 2009 era denunciata dalla Banca Mondiale come insostenibile? con la precisazione che la Banca Mondiale non biasimava Israele, mentre un rapporto delle Nazioni Unite affermava testualmente che mentre l'Operazione Piombo Fuso esasperava i problemi già esistenti, gli stessi erano «riconducibili a mancanza di investimenti nella tutela dell'ambiente e al collasso del meccanismo di governo».
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