martedì 24 novembre 2015

La schizofrenia dei (filo)palestinesi e del mondo arabo

Un esame neanche troppo approfondito delle farneticazioni del mondo arabo e dei sostenitori della cosiddetta "causa palestinese", rivela incongruenze palesi e contraddizioni stridenti, fatte scivolare via dai media ufficiali per non turbare il sonno dei filopalestinesi, e non agevolare (quando mai!) la controparte ebraica. Esemplare il chiacchiericcio seguito alla strage di Parigi: da un lato i cospiratori hanno puntato il dito contro l'onnipresente Mossad; dall'altro hanno denunciato come l'assassinio perpetrato sia stata la conseguenza inevitabile delle "sofferenze" patite dai musulmani ad opera dell'Occidente "colonialista" e di Israele "occupante".
Il blogger Edgar Davidson ha realizzato una tabella che evidenzia le affermazioni più ricorrenti nel mondo arabo. Ciascuna di esse rivela opinioni diffuse e ricorrenti, sullo stesso tema. Peccato che l'una escluderebbe l'altra. Ma non importa: evidenziarlo farebbe correre il rischio di essere tacciato di islamofobia...

11 Settembre
- «L'attentato alle Torri Gemelle è stato organizzato dal Mossad»
- «L'11 Settembre è stata una grande affermazione dell'Islam»

Osama Bin Laden
- «Osama Bin Laden era una spia sionista»
- «Osama Bin Laden è stato un grande eroe dell'Islam»

Olocausto
- «L'Olocausto non è mai avvenuto»
- «Hitler è stato un grande uomo che ha punito gli ebrei»

mercoledì 18 novembre 2015

Abu Mazen confessa: «così ho abortito lo stato palestinese»

Il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas per la prima volta ha ammesso in pubblico che nel 2008 ha respinto una proposta di pace che avrebbe dato luogo alla nascita di uno stato palestinese che avrebbe incluso tutta la Striscia di Gaza, quasi tutto il West Bank (mediante scambi territoriali) e un corridoio che avrebbe collegato i due territori.
Abbas lo ha riconosciuto nell'ambito di un'intervista concessa al canale televisivo israeliano Channel 10, che ha mandato in onda un documentario in tre puntate sui negoziati di pace del 2000 e del 2008 (la mission della TV pubblica è evidentemente ben diversa in Israele rispetto ai territori palestinesi, NdT). Secondo Abu Mazen e Ehud Olmert, primo ministro di Gerusalemme nel 2008, Israele presentò al leader palestinese una mappa dettagliata che definiva i confini del futuro stato di Palestina. Abbas affermò che la respinse, perché sosteneva di non essere un esperto di mappe, e perché gli scandali che lo coinvolsero promettevano una fine prematura del mandato di Olmert. In passato l'ex Primo Ministro israeliano e diversi dirigenti palestinesi hanno dichiarato che Abbas all'epoca respinse il piano di pace, ma questa è la prima volta che il presidente dell'ANP lo ammette esplicitamente.
Al minuto 24'05" del filmato, il giornalista di Channel 10 Raviv Drucker chiede ad Abbas: «nella mappa che Olmert sottopose alla Sua attenzione, Israele avrebbe annesso il 6.3% del West Bank, offrendo in cambio il 5.8% dei territori israeliani al di qua della Linea Verde: cosa rispose a questa proposta?». «Non ero interessato», ha replicato Abbas; al che l'intervistatore lo incalza: «seriamente, perché non ha accettato l'offerta di Olmert?»

martedì 10 novembre 2015

Quelle volte in cui siamo andati vicini alla nascita di uno stato palestinese...

Come una volta ebbe a dire il leggendario negoziatore israeliano Abba Eban a proposito delle relazioni fra lo stato ebraico e il mondo arabo: «gli arabi non perdono mai l'opportunità di perdere un'opportunità»; e in effetti si contano diverse occasioni in cui la leadership palestinese ha dato un calcio all'opportunità di pervenire finalmente ad uno stato.
Perché i palestinesi si rifiutano di intavolare negoziati di pace? perché una pace concordata implicherebbe la fine del conflitto. I palestinesi invece vogliono uno stato che comporti la continuazione del conflitto, ma da posizioni di forza: ecco perché insistono in questo preteso "diritto al ritorno".
Al margine dovrebbe essere notato come una eventuale dichiarazione statuale unilaterale da parte dei palestinesi, o il portare la questione alle Nazioni Unite, costituirebbe una grave violazione degli Accordi di Oslo sottoscritti fra OLP e Israele; che esplicitamente escludono questa scappatoia, nonché il ricorso a terze parti. Questi accordi fra l'altro sono stati sottoscritti con il patrocinio di Stati Uniti, Russia, Norvegia e Unione Europea; per cui se qualcuno di questi stati dovesse contravvenire agli accordi supremamente controfirmati, solleverebbero forti dubbi circa la credibilità della loro firma.
Si contano almeno tre volte in cui i palestinesi hanno respinto la prospettiva di pervenire ad uno stato; in due casi in tempi recenti.

mercoledì 4 novembre 2015

Tesoro, mi si sono ristretti gli insediamenti!

Il profilo minaccioso di un insediamento ebraico.
Per qualche istante abbiamo temuto che Haaretz, il quotidiano arabo stampato in Israele in lingua ebraica ed inglese, avesse cambiato mission, sotto i colpi degli hacker che ieri hanno preso possesso del suo profilo Twitter. Ma una rapida occhiata ha confermato il mantenimento dello status quo: permane l'atmosfera di acredine, di sentimenti antisionisti, di manipolazione della verità, di vagheggiamenti elitari e proliferano le ospitate di odiatori di Israele.
Non c'era bisogno che un gruppo di buontemponi alterasse la home page di Twitter: bastava lasciarvi le considerazioni di Lara Friedman e Hagit Ofran, attiviste di Peace Now, che ivi riversavano tutta la loro frustrazione per le recenti dichiarazioni del primo ministro israeliano il quale, dati alla mano, ha dimostrato come l'attività edilizia nei territori contesi del West Bank non possa essere la causa delle violenze palestinesi, poiché la costruzione degli insediamenti in realtà si è ridotta durante il mandato di Netanyahu, rispetto a quello dei sui predecessori (laburisti inclusi).

martedì 3 novembre 2015

Come investire sulla StartUp Nation

Importante novità per gli investitori che desiderano puntare sul boom della tecnologia Israele.
Grazie ad un accordo fra il NASDAQ, la borsa di Tel Aviv e la BlueStar Indexes, presto sul tabellone di Times Square comparirà il primo ETF (Exchange Traded Fund) che replica l'andamento di un paniere di società tecnologiche israeliane, o collegate ad Israele. Lo strumento sarà denominato "BlueStar TA-BIGITech Israeli Technology exchange traded fund (ETF)", e sarà scambiato sul Nasdaq con il ticker symbol "ITEQ".
Ma che cos'é un ETF e quali saranno in vantaggi per gli investitori?
Un ETF è una popolare forma di investimento, a metà strada fra un fondo di investimento e un'azione. Come il primo, rappresenta un paniere diversificato di società, selezionato da uno o più gestori. Come un'azione, non necessita dell'intermediazione di un promotore finanziario per essere acquistato: è sufficiente inserire la denominazione o il simbolo nel motore di ricerca della propria piattaforma di trading online per essere acquistato.

I 36 stati che non riconoscono Israele


Ostentando una abbondante dose di ingenuità, l'opinione pubblica generalmente ritiene che sarebbe sufficiente sottoscrivere un accordo definitivo fra israeliani e palestinesi per conseguire addirittura la pace in Medio Oriente. Obiettivo tanto ambizioso quanto irrealistico, in un'area martoriata da guerre civili ed estremismo islamico in cui il piccolo stato ebraico non c'entra per nulla. Ma tant'é: si indicano gli accordi con l'Egitto (1979) e con la Giordania (1994) come testimonianze della possibilità di voltare pagina in quest'area.
Ma c'è un "ma": gli accordi di pace sottoscritti fra Gerusalemme e Il Cairo e poi Amman, presupponevano una condizione preliminare cogente: il mutuo riconoscimento. E questo è uno degli aspetti tuttora latitanti: sia il governo di Ramallah di Abu Mazen, sia il governo di Hamas a Gaza, si rifiutano di riconoscere la legittimità dello stato di Israele. Fino a spingersi in enunciazioni grottesche: come quando l'altro giorno "Abu Mazen" ha sostenuto che la presunta occupazione israeliana perdura dal 1948; sottintendendo che non di West Bank si tratti, ma di tutto il territorio compreso fra il Giordano e il Mediterraneo. Allineandosi così' alle ambizioni più estremiste, che vorrebbero cancellare Israele con un tratto di penna, e con la complicità occidentale.

lunedì 2 novembre 2015

Clamoroso all'ONU: l'Egitto vota a favore di Israele!


È passato un po' inosservato l'ingresso di Israele nella prestigiosa agenzia ONU incaricata di promuovere la cooperazione internazionale per l'impiego pacifico dello spazio extraterrestre: la United Nations Office for Outer Space Affairs (UNOOSA). Al di là dei compiti di questa agenzia del Palazzo di Vetro, e del significativo apporto tecnologico che il piccolo stato ebraico potrà ora fornire, ciò che colpisce di questa cooptazione è il voto con cui è stata approvata alle Nazioni Unite: dove diversi stati arabi e musulmani - Qatar, Tunisia, Siria, Arabia Saudita, Yemen, Kuwait, Iraq e Algeria - si sono astenuti; e dove addirittura l'Egitto ha votato a favore dell'ingresso di Gerusalemme nell'organismo internazionale.
Il voto di venerdì da parte del Cairo costituisce un precedente assoluto, sin dalla creazione del moderno stato di Israele del 1948. Prima del voto, il portavoce del ministro degli Esteri egiziano si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni. In seguito all'ingresso di Israele nell'UNOOSA, ha minimizzato rilevando che la decisione si rendeva necessaria per favorire il contestuale ingresso di altri stati arabi nell'Agenzia. Diversi politici in Egitto hanno aspramente contestato la decisione, presumibilmente benedetta invece dal presidente al-Sisi.