di Melanie Phillips*
C'è costernazione in Israele dopo la malevola decisione dell'Unione Europea di boicottare cittadini ed istituzioni situati
ad est della "Linea Verde" fra Israele e i territori contesi. Ciò dovrebbe includere presumibilmente il boicottaggio
dell'Università Ebraica che si colloca subito oltre quella linea o anche - grottesco - i cittadini ebrei residenti nella
Città Vecchia di Gerusalemme, dove antichi insediamenti ebraici precedono l'arrivo di un solo arabo, a partire da quando
il Re David iniziò a costruire la capitale del regno del popolo ebraico.
Secondo la UE gli insediamenti ebraici oltre la Linea Verde sarebbero illegali secondo il diritto internazionale. Nulla di
nuovo: lo sostiene anche l'ONU e gli organismi ad essa associati. Peccato che siano in errore.
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mercoledì 17 luglio 2013
L'odio ingiustificato della UE verso Israele
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mercoledì 13 giugno 2012
Le priorità dell'Europa in Medio Oriente

Per esempio, qual è il problema più grave in Medio-Oriente?
fino ad un anno e mezzo fa, molti avrebbero risposto, con lo stesso automatismo con cui blaterano i pappagalli, "il conflitto arabo-israeliano". Risolvete quel conflitto, era l'argomentazione - a volta in buona fede, spesso no - e il Medio Oriente vedrà ridurre la tensione che lo affligge. La "primavera araba" si è manifestata in diverse forme e con differenti intensità. Ma in Tunisia, in Libia, in Egitto, nel Bahrein e nello Yemen, bisogna dirlo, è apparso subito evidente che gli israeliani non c'entravano proprio nulla.
Qual è oggi il problema principale in Medio Oriente? vediamo, ce ne sono tanti:
- un dittatore in Siria che ha ammazzato quasi 16 mila connazionali (per la verità di etnia diversa dalla minoranza shiita-alawita che regna a Damasco), con il supporto finanziario e le armi della Russia? no.
- Un ciclo di elezioni in Egitto che finalmente sta giungendo ad epilogo, con una maggioranza parlamentare schiacciante in mano ai fondamentalisti islamici, assistiti da "ultra-fondamentalisti", e con un probabilissimo presidente iscritto alla "loggia" dei Fratelli Musulmani? nemmeno.
- Una sanguinosa guerra civile in Libia, con tanto di regolamento di conti fra bande rivali? macché.
- Un autunno islamico in Tunisia, dove gradualmente si sta imponendo la shaaria? figuriamoci...
- Un Libano lacerato da una presenza non più simbolica ma anche formale di Hezbollah, il "partito di Dio" finanziato dall'Iran, presente ora nel governo dopo le dimissioni di Hariri, resesi necessarie dopo che il Tribunale Speciale per il Libano, istituito dall'ONU, sta per rivelare la responsabilità di Hezbollah nell'assassinio del padre di Hariri, a sua volta primo ministro? troppo poco...
- Un Iran che procede a passo spedito verso la bomba atomica, al punto da aver aperto una terza centrale, sotterranea, dove le centrifughe lavorano a pieno ritmo, mentre in superficie i delegati ONU brancolano nel buio? e che sarà mai...
Il problema più urgente, in Medio Oriente, è l'espansione delle comunità ebraiche in Giudea e Samaria. Prima che qualcuno chiami il servizio di sanità mentale, sappiate che a pronunciare questa affermazione è stata nientepopodimeno che "Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea", baronessa Catherine Ashton. Lo smantellamento degli insediamenti ebraici nei territori conquistati da Israele dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967, e mai restituiti per il rifiuto da parte araba di avviare negoziati finalizzati ad una pace - come fatto in altri tempi, e con successo, con Egitto e Giordania - e la riunificazione di Gerusalemme, occupata nei quartieri orientali dall'esercito giordano nel 1948, e liberata 19 anni dopo; sono queste le priorità fondamentali dell'Unione Europea, afferma la ministra degli Esteri.
Che dire... speriamo solo che sia abbastanza nobile e benestante da non aver bisogno di ritirare il gettone di presenza...
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martedì 20 marzo 2012
Anche oggi la funzione intestinale è salva

Non ci siamo ancora ripresi dallo shock per il tragico attentato terroristico di ieri davanti ad una scuola di Tolosa, in cui quattro cittadini ebrei - di cui tre bambini - hanno perso la vita per mano di un fanatico antisemita; che subito il "nostro" ministro degli Esteri (per fortuna che non è ancora così: si tratta soltanto di un commissario per gli Affari Esteri) ha sollecitato la nostra funzione intestinale paragonando la tragedia consumatasi 24 ore fa alla condizione dei bambini a Gaza.
La Ashton parlava davanti ad un gruppo di giovani palestinesi in visita a Bruxelles, e questo probabilmente avrà condizionato le sue riflessioni, ma non si capisce cosa leghi le sorti degli abitanti a Gaza, oppressi da ormai cinque anni di pesante dittatura di Hamas, con la lucida decisione a sangue freddo di sterminare quanti più ebrei possibile. Clamoroso come la Ashton non abbia avuto alcuna parola per i 200 mila bambini israeliani che per una settimana sono stati costretti a vivere in rifugi antimissili, al riparo dalla aggressione senza precedenti dei terroristi palestinesi di stanza a Gaza.
Immediate le critiche nei confronti della singolare (ma non nuova) macabra esternazione della Ashton. Da più parti si sono levate richieste di dimissioni. Ci piacerebbe tanto essere rappresentati da una diplomazia meno schiacciate su insostenibili posizioni filo-arabe, ma così non sarà. La funzione intestinale è salva. Grazie anche alle macchinazioni della propaganda palestine, che a cadenza quotidiana ci propina immagini ad effetto, ma prive di veridicità.

Non è che prima "Pallywood" non sparasse balle. E' che le sparava, ma erano in pochi a sbugiardarle. Oggi i giornali occidentali se le bevono tutte, senza preoccuparsi di verificare (specie quando ci sono di mezzo certe fonti...). Ma per fortuna ci sono i blog , sempre pronti a smontare ogni messinscena, che finisce per ritorcersi contro gli autori.
Così, l'immagine del 2011 di un bambino, palestinese, che ripulisce la stalla dal sangue di una mucca appena macellata, diventa il bambino che ripulise la casa dal sangue del fratello, appena morto - ovviamente - per mano israeliana.
Toccante, lacerante, ma naturalmente falso. Quasi commovente questa sistematica mistificazione della realtà. Ormai, a queste diffamazioni non crede più nessuno.
Ma si prova sempre una enorme motilità intestinale quando, nello stesso giorno in cui sono massacrati quattro innocenti, poco lontano, a Ginevra, un'organizzazione terroristica come Hamas, responsabile di enormi nefandezze, beneficia della ribalta dalla quale gettare fango su uno stato democratico e assolutamente rispettoso - fino all'autolesionismo - della vita altrui come Israele. Ma d'altro canto, le Nazioni Unite sono quel consesso che nelle varie diramazioni accoglie ancora stati come la Siria (e la Libia fino a poco tempo fa), che si ergevano a paladini dei diritti umani. La credibilità di Hamas è quantomeno dubbia; ma la reazione intestinale è a questo punto impellente e obbliga a chiudere.
lunedì 3 ottobre 2011
Perché a Gerusalemme non si può costruire?

Continuano a far discutere le prese di posizioni della leadership palestinese, del "ministro degli esteri" europeo Catherine Ashton e del primo ministro tedesco, contro l'attività edilizia nei sobborghi di Gerusalemme.
La capitale israeliana ha chiesto e ottenuto dal ministero competente l'autorizzazione per la costruzione di 1100 unità abitative nel sobborgo di Gilo. Evidentemente, come ogni città, Gerusalemme fa registrare un'attività edile in linea con la crescita della popolazione: dal 1967, da quando i quartieri orientali della città sono stati strappati all'occupazione giordana successiva alla guerra di aggressione del 1948, il municipio ha autorizzato la costruzione di nuovi alloggi. Da 44 anni, come in ogni città del mondo.
Ieri il vice ministro degli Esteri di Israele ha convocato i giornalisti internazionali sul cantiere dove saranno costruiti alloggi, negozi e altre attività commerciali, per evidenziare la assoluta normalità di un progetto che riguarda un quartiere a cinque minuti dal centro città. Casomai, si tratta di un'attività che si svolge in tutti gli altri quartieri della capitale israeliana, proprio in risposta alle legittime rimostranze della popolazione (ebraica, araba e cristiana) che recentemente ha manifestato per protestare contro la crescita delle quotazioni immobiliari prodotto di una scarsità di offerta.
Il timore è che la leadership palestinese colga questa situazione come pretesto per disdegnare l'invito del Quartetto a riprendere i negoziati con il governo israeliano, senza condizioni di sorta. E' il tempo di sedersi ad un tavolo, senza accampare pretesti poco credibili.
Non è una questione di territori. Lo dimostra il fatto che le proposte del governo Barak e del governo Olmert, arrivate a riconoscere la sovranità palestinese sul 100% dei territori "occupati" (o contesi) sono state rispedite al mittente senza alcuna motivazione che non fosse quella di rifiutare la pace. Da questo punto di vista, le dichiarazioni secondo cui il futuro stato palestinese sarà "jewsfree" francamente mettono i brividi, e ricordano simili propositi che pensavamo di aver seppellito sotto la tragedia dei totalitarismi nazifascisti del secolo scorso. Un proposito di pulizia etnica di stampo razzista, che stride enormemente in contrasto alla libertà di cui gode il 20% della popolazione israeliana di origine araba (non dimentichiamo che Israele è uno stato grande quanto la Puglia, attorniato da stati molti più grandi, popolati e meno tolleranti).
Nel frattempo Abbas Zaki, un esponente di spicco di Al Fatah (il partito di Abu Mazen) ha profetizzato in una intervista all'emittente Al Jazeera che se Israele si ritirerà da Gerusalemme, evacuando i suoi 650 mila abitanti, ciò rappresenterà la fine di Israele; e ha aggiunto: "inizialmente non sarà possibile raggiungere l'obiettivo più grande (la distruzione di Israele, NdR), e non è saggio dichiararlo. Non è politicamente accettabile sentir dire che vogliamo cancellare Israele. Meglio non rivelare queste cose al mondo: teniamocele per noi".
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sabato 3 settembre 2011
L'Europa di nuovo spaccata di fronte all'unilateralismo palestinese

Per bocca di Sarkozy, l'Europa si loda e si imbroda per aver cacciato (!?!?) Gheddafi dalla Libia, senza il concorso degli Stati Uniti (che però hanno agito dietro le quinte, e addestrando i ribelli), e ora si vanta di poter sviluppare una politica estera comune e autonoma.
Ma sta per spaccarsi sulla prossima richiesta unilaterale di riconoscimento come stato da parte dei palestinesi, che sarà avanzata all'Assemblea Generale (n.b. non al Consiglio di Sicurezza, dove è scontato il veto degli Stati Uniti) fra poche settimane.
Svezia, Belgio, Spagna, Irlanda, Cipro, Portogallo sono favorevoli; alcuni sono addirittura entusiasti. Regno Unito e Francia sono perplessi ma propendono per l'assenso, mentre Germania, Olanda e Italia sono contrari.
Un veto al Consiglio di Sicurezza non solo ridimensionerebbe le pretese palestinesi, ma rappresenterebbe uno schiaffo in faccia all'Europa, che sicuramente arriverà ancora una volta divisa sulla faccenda.
Se io fossi Catherine Ashton, responsabile della politica estera europea, andrei dai miei amichetti palestinesi e chiederei loro di fare un passo indietro, proponendo la riapertura dei negoziati con Israele, in ossequio agli Accordi di Pace di Oslo. In caso contrario, mi preparei a presentare le dimissioni di fronte ad una imbarazzante e insanabile spaccatura...
mercoledì 30 marzo 2011
L'Europa sta per finanziare Hamas

L'Europa sta per staccare un assegno annuale di 480 milioni di dollari a favore dell'organizzazione terroristica palestinese Hamas. Hamas - che con un colpo di stato governa Gaza da giugno 2007 - infatti sta per raggiungere un accordo con il "moderato" (secondo l'Occidente miope e pigro) Abu Mazen, che governa la Cisgiordania (a proposito, quando si terranno le elezioni?).
Obama ha già chiarito che se Abu Mazen raggiungerà un accordo con i terroristi, non invierà più i finanziamenti in Cisgiordania. Ma a quanto pare, l'Europa è desiderosa di essere politicamente corretta, e fornirà il denaro rifiutato dagli USA. Senza parole...
Da notare che Arabia Saudita ed Emirati Arabi non finanziano più i loro "fratelli" palestinesi da tempo. Da quando hanno scoperto i loschi traffici e la corruzione dilagante del "governo" di Abu Mazen.
"Da quale pulpito viene la predica", si potrebbe dire. Vero.
Come è vero che se c'è un popolo che disprezza i palestinesi, esso è quello arabo. Non a caso migliaia di palestinesi vivono in condizioni pietose, senza diritti, senza dimora, senza lavoro, in campi profughi allestiti da decenni nei paesi arabi che confinano con Israele (Libano, Giordania, Egitto). Furono convinti nel 1948 dai governi arabi a lasciare Israele (fu fatto loro credere che avrebbero avuto vita difficile nello stato ebraico), dietro promessa di un rapido ritorno. Ancora oggi vivono in condizioni drammatiche nei campi profughi, e nessuno stato pensa lontanamente di dar loro un alloggio, un lavoro, un piatto di minestra, dei diritti. Meglio affamati. Bello spirito di fratellanza...

A proposito delle "drammatiche" condizioni degli arabi in Israele:
George Cara è il presidente della giuria di tre giudici che recentemente hanno processato e condannato per stupro un ex presidente di Israele.
Al di là del fatto che la' la d...emocrazia sembra funzionare (al punto da processare e condannare un ex presidente...)... George Cara è arabo.
E Valid Badir, capitano e stella della squadra di calcio di Tel Aviv... è arabo.
E Mira Awad, che nel 2009 ha rappresentato Israele all'Eurofestival della canzone, è araba.

Tagliare completamente i fondi?
Con la "nostra" "responsabile" della politica estera europea, baronessa Catherine Ashton, dichiaratamente filopalestinese? impossibile?...
Mi sa che quei 480 milioni di dollari, all'anno, finiremo per sborsarli.
Andranno spesi per una buona causa: l'acquisto di armi e munizioni, con cui i terroristi palestinesi bombarderanno Israele, lasciando nella fame, miseria e prostrazione il popolo palestinese. Che non ha nemmeno più la forza per opporsi alla tirannide di Hamas
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