"Ha voluto vendicare i bambini palestinesi". Ecco a cosa serve la propaganda diffamatoria e menzognera: nessuno sano di mente crede che ai bambini palestinesi venga torto un solo capello, se non dalle loro stesse famiglie che li educano all'odio e al martirio. Ma poi un qualche fanatico prende per vere le immagini taroccate fatte girare da Pallywood e compie una strage. Quella, vera.
La saldatura fra neonazismo e islamismo radicale in chiave antisemita è sempre più evidente.
Niente di nuovo: negli anni '30 il gran muftì di Gerusalemme, guida spirituale dei musulmani, adorava Hitler, e si incontrò più volte con il capo del Nazismo, con il quale concordò la strategia di annientamento degli ebrei in Medio Oriente in caso di successo del Terzo Reich.
Hitler fu sconfitto, ma il gran muftì riuscì a sfuggire al suo destino, e negli anni '40 addestrò un altro criminale: Yasser Arafat.
A proposito: come mai le vittime franco-israeliane dell'assassino franco-algerino di Tolosa sono giustamente indicate come ebree; e l'attentatore non è indicato come musulmano?
Mai. Mai l'esercito israeliano ha colpito deliberatamente alcun bambino palestinese. Gli ospedali israeliani sono pieni di bambini arabi curati amorevolmente. I palestinesi frequentano le scuole israeliane, i luoghi di culto, i posti di svago. Se qualche bambino palestinese è morto per mano israeliana, è stato perché Hamas li ha usati vergognosamente come scudi umani, lanciando attacchi da scuole, mercati, moschee o luoghi abitati, dove sono sopraggiunte le reazioni della difesa israeliana, causando all'occorrenza morti e feriti.
Eppure, come Goebbels insegnava, il pronunciare ripetutamente, e spudoratamente, una menzogna, alla fine ha comportato la sua accettazione come verità. Almeno da parte dei fanatici. Nessuno pensa che i musulmani francesi siano come il criminale che ha aperto il fuoco davanti e dentro alla scuola ebraica a Tolosa. Ma dov'erano i musulmani quando la stampa in questi anni contrabbandava per verità le mistificazioni e le grottesche messinscene ad uso e consumo degli ingenui e creduloni europei?
Non dimentichiamo che la TV francese è quella che ha architettato la messinscena dell'uccisione di Al Dura, il bambino palestinese rimasto vittima degli scontri a fuoco a Gaza fra palestinesi e israeliani, con tanto di troupe sul posto.
Inizialmente la colpa ricadde sull'esercito israeliano, ma le verifiche dimostrarono l'opposto. Un giornalista francese denunciò France 2, che si rifiutò di mostrare il filmato integrale, che avrebbe scagionato l'IDF ed evidenziato la macrabra messinscena. Un tribunale in appello gli ha dato ragione (in primo grado era stato condannato per diffamazione) e alla fine è emersa la verità: Al Dura probabilmente non è nemmeno morto, chissà dove vive. E nel frattempo copioso è stato lo spargimento di sangue - civili innnocenti, vittime dell'odio antisionista - alimentato dalla propaganda filopalestinese.
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mercoledì 21 marzo 2012
Altro sangue sparso per le menzogne palestinesi
martedì 20 marzo 2012
L'eterno vizio di «minimizzare» e la solitudine dei bersagli dell'odio
Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera di oggi.
Leggere questa riflessione, ferma, pacata ma struggente, è un pugno allo stomaco, e un tentativo di risveglio di molte coscenze ancora sopite.
Il rischio peggiore della strage di Tolosa è la tendenza alla minimizzazione. Perché i giornali si interrogano solo sul dove ("Where") e sul quando ("When"), trascurando le altre fondamentali domande del loro mestiere, fra cui la più drammatica e angosciante (WHY)?
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Non solo in Francia. Anche in Italia hanno ucciso bambini ebrei solo perché erano bambini ebrei. Anche in Italia, su una nave italiana che è territorio italiano, hanno ucciso un vecchio ebreo in carrozzella, solo perché era un ebreo. Non nell'epoca nera dello sterminio. Non nella pagina più vergognosa della storia italiana. Ma negli ultimi trent'anni. Come in Europa, dove la caccia all'ebreo, l'ebreo come bersaglio da annientare, da schiacciare sotto il peso dell'odio, non ha mai conosciuto requie. Fino all'orrenda strage di Tolosa.
Si tende sempre a non crederci, a non prendere atto della realtà. A non evocare l'antisemitismo come veleno permanente, reso ancora più aggressivo quando si traveste da verbo antisionista. Contro l'ebreo si incontrano tutti gli estremisti, tutti i fanatici, tutti quelli che considerano la democrazia un vizio da sradicare. Quando nel 1982 vennero presi di mira in tutta Europa i cimiteri ebraici, le sinagoghe, le scuole israelitiche, i luoghi di culto degli ebrei, gli eredi del nazismo trovarono convergenze e appoggi tra chi, durante la guerra del Libano, predicava insieme la distruzione dello Stato di Israele e degli ebrei, fisicamente. Fu in quei giorni che in Italia, il 9 ottobre del 1984, un piccolo bambino ebreo, Stefano Gay Taché, venne assassinato da un commando di terroristi mediorientali mentre usciva insieme alla sua famiglia dalla sinagoga Maggiore di Roma per celebrare l'ultimo giorno della festa di Sukkot. Assassinato perché era un ebreo: vittima di un odio assoluto e inestinguibile. E altri bambini ebrei feriti, altri adulti ebrei tra la vita e la morte. Una ferita nella coscienza nazionale che non si è ancora rimarginata. Pochi anni dopo, sull' Achille Lauro , nave italiana, un vecchio signore paralitico di nome Leon Klinghoffer venne ucciso da un commando di terroristi palestinesi. Non stava bombardando Gaza, stava in crociera con sua moglie. Ma doveva essere «punito» perché ebreo. Tutta l'«epopea» di Sigonella che ne seguì, quanto tenne in conto che sul territorio italiano alcuni terroristi avevano trucidato un vecchio ebreo, e quanto venne considerato il fatto che lasciar andar via i terroristi significava lasciare impunito il gesto mostruoso di una banda di antisemiti?
E invece si tende sempre a minimizzare. Se non a giustificare, per carità, almeno a ridimensionare la portata simbolica di un delitto contro gli ebrei. Chiunque sia l'assassino: un fanatico nazi o un fanatico islamista che nella sua guerra santa contro «l'entità sionista» prevede anche il massacro degli ebrei, ovunque si trovino. Quando nel 2006 venne rapito a Parigi un giovane ebreo, Ilan Halimi, la polizia francese si affannava a non dare troppo credito alla pista antisemita. Poi si seppe che Ilan, durante i 24 giorni di prigionia, venne torturato, orrendamente seviziato mentre le sue urla, forse, potevano essere captate nella banlieue a maggioranza musulmana dove l'ostaggio era stato rinchiuso, prima di essere arso vivo e gettato come immondizia lungo la ferrovia. Poi, quando vennero scoperti gli aguzzini e gli assassini, si tenne un processo. E durante il processo il capo della banda, dopo aver iniziato il discorso con «Allah Akbar», definì gli ebrei «nemici da combattere per il bene dell'umanità». Perché la polizia francese non imboccò allora la pista giusta da subito, perché aveva tanta paura nel riconoscere che l'antisemitismo aveva assunto un nuovo volto nel cuore di Parigi e che un giovane ebreo poteva essere sottoposto a sevizie per giorni e giorni nel cuore popoloso della città?
Gli ebrei continuano a essere un bersaglio dell'odio razziale, religioso e politico nell'Europa degli ultimi decenni del Novecento e nei primi del Duemila. Quando negli anni Settanta i terroristi dirottarono l'aereo di linea Parigi-Tel Aviv dell'Air France e atterrarono a Entebbe, nell'Uganda del tiranno Idi Amin Dada, divisero gli ostaggi, dopo averne controllato l'identità e i passaporti, in due colonne: quella su cui si poteva trattare e quella da condannare senza indugi. La colonna senza speranza era composta da ebrei, da condannare perché ebrei. C'erano dei terroristi tedeschi, tra i dirottatori, e un vecchio ebreo mostrò a uno dei figli dei «volenterosi carnefici di Hitler» i numeri che gli avevano tatuato sul braccio nel campo di sterminio. Non ebbero pietà nemmeno di lui, e solo il tempismo del blitz israeliano impedì il massacro di ebrei che si stava preparando con scientifica precisione.
La violenza antisemita, punto di incrocio di deliri ideologici di matrice diversa ma di identica capacità di odio, ha conosciuto una recrudescenza significativa negli ultimi decenni. Con un'opinione pubblica impaurita e sgomenta, mai interamente solidale con gli ebrei colpiti dal fanatismo. Un'altra strage. Un altro massacro. Un'altra invocazione di «mai più». Un'altra volta, l'ennesima, disattesa.
Anche oggi la funzione intestinale è salva

Non ci siamo ancora ripresi dallo shock per il tragico attentato terroristico di ieri davanti ad una scuola di Tolosa, in cui quattro cittadini ebrei - di cui tre bambini - hanno perso la vita per mano di un fanatico antisemita; che subito il "nostro" ministro degli Esteri (per fortuna che non è ancora così: si tratta soltanto di un commissario per gli Affari Esteri) ha sollecitato la nostra funzione intestinale paragonando la tragedia consumatasi 24 ore fa alla condizione dei bambini a Gaza.
La Ashton parlava davanti ad un gruppo di giovani palestinesi in visita a Bruxelles, e questo probabilmente avrà condizionato le sue riflessioni, ma non si capisce cosa leghi le sorti degli abitanti a Gaza, oppressi da ormai cinque anni di pesante dittatura di Hamas, con la lucida decisione a sangue freddo di sterminare quanti più ebrei possibile. Clamoroso come la Ashton non abbia avuto alcuna parola per i 200 mila bambini israeliani che per una settimana sono stati costretti a vivere in rifugi antimissili, al riparo dalla aggressione senza precedenti dei terroristi palestinesi di stanza a Gaza.
Immediate le critiche nei confronti della singolare (ma non nuova) macabra esternazione della Ashton. Da più parti si sono levate richieste di dimissioni. Ci piacerebbe tanto essere rappresentati da una diplomazia meno schiacciate su insostenibili posizioni filo-arabe, ma così non sarà. La funzione intestinale è salva. Grazie anche alle macchinazioni della propaganda palestine, che a cadenza quotidiana ci propina immagini ad effetto, ma prive di veridicità.

Non è che prima "Pallywood" non sparasse balle. E' che le sparava, ma erano in pochi a sbugiardarle. Oggi i giornali occidentali se le bevono tutte, senza preoccuparsi di verificare (specie quando ci sono di mezzo certe fonti...). Ma per fortuna ci sono i blog , sempre pronti a smontare ogni messinscena, che finisce per ritorcersi contro gli autori.
Così, l'immagine del 2011 di un bambino, palestinese, che ripulisce la stalla dal sangue di una mucca appena macellata, diventa il bambino che ripulise la casa dal sangue del fratello, appena morto - ovviamente - per mano israeliana.
Toccante, lacerante, ma naturalmente falso. Quasi commovente questa sistematica mistificazione della realtà. Ormai, a queste diffamazioni non crede più nessuno.
Ma si prova sempre una enorme motilità intestinale quando, nello stesso giorno in cui sono massacrati quattro innocenti, poco lontano, a Ginevra, un'organizzazione terroristica come Hamas, responsabile di enormi nefandezze, beneficia della ribalta dalla quale gettare fango su uno stato democratico e assolutamente rispettoso - fino all'autolesionismo - della vita altrui come Israele. Ma d'altro canto, le Nazioni Unite sono quel consesso che nelle varie diramazioni accoglie ancora stati come la Siria (e la Libia fino a poco tempo fa), che si ergevano a paladini dei diritti umani. La credibilità di Hamas è quantomeno dubbia; ma la reazione intestinale è a questo punto impellente e obbliga a chiudere.
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