domenica 30 agosto 2015

Telegraph and Daily Mail ritrattano (Guardian e Times neanche ne parlano)

L'osservatorio britannico UK Media Watch ha qualcosa di interessante da aggiungere all'arcinota vicenda che ha scatenato gli antisionisti nostrani, complice l'orgasmo provocato nel fine settimana dalla masturbazione mentale delle versioni online dei principali giornali italiani. Il sito rileva come la città palestinese di Nabi Saleh, situata nei pressi della comunità ebraica di Neveh Tzuf, sia meta ogni settimana di giornalisti e fotoreporter, ansiosi di "documentare" gli scontri che puntualmente scoppiano fra palestinesi e attivisti internazionali, da una parte; e i soldati israeliani, dall'altra.
Star indiscussa della località è Ahed Tamimi, nota ormai a tutti come Shirley Temper, per le sue qualità recitative e di provocazione. Ahed è la figlia di Narimen e Bassem Tamimi, membri del Comitato di Resistenza Popolare, organizzazione terroristica attiva nel West Bank, e felici di esporre i propri figli a rischi derivanti dagli scontri alimentati ad arte.
A fronte dell'attivismo delle varie Repubblica, Il Fatto, Huffington Post; come stanno coprendo i media britannici l'evento? con grande scrollata di spalle: si conoscono bene i personaggi di questo circo mediatico e riportare questi fatti, senza un minimo di fact checking, esporrebbe per sempre al pubblico ludibrio, con grave nocumento per reputazione ed autorevolezza.

La Pallywood della famiglia Tamimi

di Thomas Wictor*


È chiarissimo ciò che è avvenuto: i palestinesi hanno spedito i loro bambini e le rispettive mamme per fabbricare una propaganda antiisraeliana. Hanno lanciato pietre contro un soldato israeliano, l'hanno privato della maschera antigas, e l'hanno assalito.
Quando questi ha intercettato un lanciatore di pietre, la massa lo ha assaltato, l'ha morso e immobilizzato.

Chi finanzia le ONG israeliane "filopalestinesi"?

di Evelyn Gordon*

È pacifico che tutti si preoccupino giustamente di stigmatizzare in questo momento l'intesa con l'Iran. Ma non si può fare a meno di rilevare come la seguente notizia abbia ricevuto scarsa attenzione: durante il conflitto della scorsa estate a Gaza, due organizzazioni israeliane "per i diritti umani" - B’Tselem and Breaking the Silence hanno chiesto e ottenuto consistenti coperture finanziarie da parte dei palestinesi per finanziare la stesura di rapporti che accusano Israele di crimini di guerra.
In circostanze normali, accettare denaro dal nemico in tempi di guerra per realizzare propaganda avversa alla propria parte, sarebbe considerato un tradimento. In questo caso, dal punto di vista strettamente legale, non lo è. Ma moralmente, non è che siamo al limite: quel limite l'abbiamo abbondantemente superato.
Questa notizia è stata riportata per primo dal sito informativo in ebraico "NRG", curato da Gidon Dokow. Ma non è necessario prendere per buone le parole di Dokow: che ha opportunamente reso disponibile il bilancio annuale sulle fonti di finanziamento dell'organizzazione.
Questa organizzazione vanta il nome un po' ingombrante di Human Rights and International Humanitarian Law Secretariat. Secondo il suo bilancio, è «un progetto implementato da NIRAS NATURA AB, Svezia, e dall'Institute of Law, Università di Birzeit, "Palestina", con il generoso sostegno dei governi di Svezia, Danimarca, Olanda e Svizzera».
In altre parole, il denaro proviene dall'Europa. Ma chi decide cosa farne è la Niras Natura, che si definisce una società internazionale di consulenza nel campo dello sviluppo sostenibile, e la facoltà di Birzeit. E dal momento che la gente di Birzeit è quella effettivamente sul campo, si presume che essi abbiano l'ultima parola sulla destinazione del denaro.

giovedì 27 agosto 2015

La Spagna dietro l'ostilità del BDS nei confronti di Israele?

Il governo di Madrid di centro-destra guidato da Mariano Rajoy continua a promuovere politiche ostili nei confronti di Israele: politiche ereditate dal precedente governo socialista di José Luis Rodríguez Zapatero, che in buona misura coincidono con gli obiettivi del movimento "BDS".
Sebbene il ministro degli Esteri spagnolo abbia più volte affermato che il governo non approva il boicottaggio di Israele, sotto la sua giurisdizione l'Agenzia spagnola per la cooperazione degli aiuti internazionali (AECID) - braccio operativo del Ministero degli Esteri iberico - ha continuato a sussidiare le organizzazioni al lavoro per la delegittimazione di Israele.
Fra il 2009 e il 2011, il governo Zapatero ha veicolato più di 15 milioni di euro di denaro dei contribuenti spagnoli verso le organizzazione non governative palestinesi e spagnole che conducono la campagna di delegittimazione e demonizzazione di Israele, stando ad una dettagliata inchiesta realizzata dalla NGO Monitor di Gerusalemme.

sabato 22 agosto 2015

Corbyn: tanto amico di Hamas, quanto nemico di Israele

Israellycool riporta una interessante osservazione compiuta dal blog britannico Harry's Place, a proposito del famigerato Jeremy Corbyn, che il mese prossimo si candida ad assumere la guida dello sventurato Labour Party, e nel 2020 addirittura potenzialmente la leadership del Regno Unito. Il blog citato ha effettuato una ricerca per parola chiave sul sito personale dell'attuale deputato laburista del distretto di Islington Nord, ottenendo 149 menzioni di "Israele", e soltanto 140 menzioni del collegio in di Corbyn è da sempre espressione.
Capito? l'aspirante guida della sinistra britannica è talmente ossessionata dal piccolo stato ebraico, da citarlo più spesso del territorio dove svolge attualmente la sua attività politica. Per chi non lo sapesse, al di là delle sue strampalate idee in materia di politica economica e internazionale, il più autorevole successore alla guida del partito retto finora da Miliband, vanta una ferrea amicizia con i terroristi di Hamas ed Hezbollah, che dichiaratamente adora, e da cui ha ottenuto cospicui finanziamenti per le sue campagne elettorali; e ha partecipato più volte a cicli di conferenze tenute da negazionisti dell'Olocausto e da movimenti antisemiti e di appoggio alla causa del terrorismo palestinese.

venerdì 21 agosto 2015

Del boom economico israeliano possono beneficiare tutti

L'economia israeliana continua a presentare segni di estrema vitalità e stabilità. Il Credit Default Swap, che misura il grado di rischiosità finanziaria di un governo, è sceso a meno di 70 punti base: è il costo che occorre sostenere per assicurarsi dal rischio di insolvenza sovrana. A titolo di riferimento, tre anni fa il CDS di Gerusalemme sfiorava i 200 punti base. In Italia oggi il CDS è pari a 115 punti base.
L'elevata solvibilità del piccolo stato ebraico è testimoniata dai "parametri di Maastricht": il deficit di bilancio è inferiore al 3% del PIL, mentre il debito pubblico, in continuo calo in termini relativi grazie alla crescita economica, quest'anno si attesterà al 67.5% del prodotto interno lordo. Israele avrebbe tutti i requisiti per chiedere di entrare a far parte dell'Unione Monetaria Europea.
Si parlava dei prodigi dell'economia israeliana. Dopo il boom nel primo trimestre, il PIL è cresciuto dello 0.5% nel secondo quarto del 2015 (più della Germania, per intenderci). Negli ultimi vent'anni il PIL ha ostentato un'espansione annualizzata del 3.8%: un boom su cui non si è scritto a sufficienza.

mercoledì 19 agosto 2015

Che uso hanno fatto i palestinesi del denaro americano?

di Khaled Abu Toameh*

Negli ultimi vent'anni gli Stati Uniti hanno impiegato 4.5 miliardi di dollari nel tentativo di promuovere la democrazia fra i palestinesi di West Bank e Gaza, incoraggiando il processo di pace con gli israeliani. È quanto rivelato dal primo ministro palestinese Rami Hamdallah durante un incontro a Ramallah con il deputato Kevin McCarthy, leader della maggioranza al Congresso americano. Hamdallah ha affermato che il denaro è stato investito in diversi progetti. I 4 miliardi e mezzo di cui Hamdallah ha parlato non includono i miliardi di dollari versati all'Autorità Palestinese sin dalla sua costituzione nel 1994: analisti economici stimano che l'AP ha ricevuto un totale di 25 miliardi di dollari da Stati Uniti e altri paesi negli ultimi vent'anni.
Non bisogna essere esperti di questione palestinese per riconoscere come tutti questi miliardi non abbiano ne' generato una democrazia palestinese, ne' migliorato le relazioni con gli israeliani. Tanto per incominciare, l'AP - nata in seguito agli Accordi di Oslo sottoscritti nel 1993 fra Israele e OLP - si è rivelato un regime tutt'altro che democratico. Al contrario: sin dall'inizio si è rivelata una specie di dittatura amministrata prima da Yasser Arafat e poi dai suoi sodali. Un regime corrotto, finanziato ed equipaggiato direttamente da Stati Uniti, Europa e altri stati. Chi ha sostenuto il regime autocratico di Arafat non si è mai curato di verificare la crescita della democrazia e la trasparenza dell'amministrazione palestinese. Sono stati versati svariati miliardi di dollari, senza neanche chiedere conto del loro impiego.
Il risultato per i palestinesi è stato quello di disporre di un regime che non solo ha progressivamente tagliato loro fuori dagli aiuti internazionali, ma che ha anche stroncato l'opposizione politica e la libertà di parola. L'AP alla fine si è rivelato un "one man show", finanziato dalle tasche dei contribuenti europei e americani.

mercoledì 5 agosto 2015

Obama parteggia per i palestinesi (sai che notizia...)

L'amministrazione USA tranquillizza sbrigativamente gli israeliani: l'accordo sottoscritto con l'Iran non costituirà il prologo di un Olocausto nucleare. Facile a dirsi, con l'ayatollah Khamenei che un giorno sì e l'altro pure si affanna a caldeggiare la rimozione dello stato ebraico dalla mappa geografica; e nel momento in cui un alto esponente del Pentagono precisa che è virtualmente impossibile assicurare che Gerusalemme non sia bersaglio di attacco atomico: a meno che si schierino sul territorio diecine di migliaia di soldati americani.
La triste verità è che la presidenza Obama si è schierata a favore del mondo arabo: un po' confusamente, avendo prima sostenuto la confessione sunnita (Fratelli Musulmani; ma ci si è messo di mezzo il generale al-Sisi), e ora quella sciita. Ma i palestinesi devono essergli rimasti nel cuore, se è vero che il presidente americano - la cui boria arriva al punto di pronosticare un nuovo successo nelle urne, qualora si presentasse clamorosamente per un terzo mandato - sacrifica i suoi stessi concittadini.