giovedì 28 febbraio 2013

Questo è apartheid?

E' di origine etiope la bellissima Yityish Aynaw, 21 anni, di Nethanya, la nuova Miss Israele 2013. Commessa in un negozio di scarpe, ha fatto aliyah ed è arrivata con la sua famiglia in Israele quando aveva dodici anni.
Splendida visione per gli occhi. Brutto colpo per i detrattori dello stato ebraico, e per i residui sostenitori della strampalata accusa di apartheid. Bisognerà inventarsi qualche altra frottola. Ma tanto, ormai, chi ci crede più?
Nel filmato, i momenti finali del concorso di bellezza, con la premiazione della vincitrice a 1h20' del filmato.

mercoledì 27 febbraio 2013

La Siria paladina dei diritti umani?

L'agenzia di stato siriana SANA ha ben motivo di esultare: il delegato di Damasco è appena stato confermato, con un voto all'unanimità, quale membro del comitato per la decolonizzazione in seno alle Nazioni Unite. Scopo del comitato è quello di sradicare la sottomissione, il dominio e lo sfruttamento dei popoli.
Bizzarra decisione, quella del Palazzo di Vetro: lo stesso che condanna il regime di Assad per i 70.000 morti provocati in meno di due anni di genocidio. Un riconoscimento, quello appena fornito, che rappresenta un premio che legittima gli omicidi di massa, denuncia la ONG "UN Watch", di stanza a Ginevra.
La Siria, ricorda UN Watch, siede ancora in due comitati dell'UNESCO per i diritti umani, senza che nessuno abbia trovato il coraggio di denunciarlo.

lunedì 25 febbraio 2013

Soffiare sul fuoco delle rivolte orchestrate

Ancora oggi è abbastanza diffusa la convinzione che la cosiddetta "Seconda Intifada" del 2000, scoppiò spontaneamente in seguito alla visita del leader del partito di opposizione al governo, Ariel Sharon, al Monte del Tempio, che i musulmani chiamano "spianata delle moschee" perché ospita fra l'alto la moschea della Cupola della Roccia, dalla quale Maometto sarebbe asceso al cielo in sella ad un cavallo alato dalla testa di donna e coda di pavone. In realtà, quella visita - una "provocazione" che avrebbe indotto la "sollevazione spontanea" dei palestinesi - era programmata da tempo: qualche giorno fa l'emittente televisiva Channel 10 ha mandato in onda un documentario in cui è stato testimoniato il consenso fornito da Jibril Rajoub, ministro allora dell'Autorità Palestinese, al ministro degli interni israeliano. Inoltre, Arafat aveva già deciso a luglio, quando fece saltare il tavolo di Camp David attorno al quale si discuteva di pace, di imbracciare la lotta armata come unico mezzo per perpetrare il suo potere mantenendo uno stato di perenne tensione. Era l'unico mezzo per custodire ricchezze e potere, e al tempo stesso evitando l'assalto dell'opposizione interna e dei rivali storici di Hamas; e pazienza se ciò comportava l'accantonamento dell'ipotesi di uno stato palestinese...

giovedì 21 febbraio 2013

I palestinesi meritano uno stato?

di Dan Calic*

Con il presidente Obama atteso presto in Israele, mi permetto di formulare quella che per molti è una domanda retorica: ma i palestinesi, lo meritano uno stato autonomo? Obama e buona parte della comunità internazionale ritengono di sì. Ma se diamo un'occhiata da vicino alla situazione, scopriamo diversi aspetti che non vanno ignorati. Ad esempio, si tratterebbe di un vicino pacifico per Israele? migliore risposta non può che sopravvenire esaminando alcune linee guida dell'OLP e del Fatah, il partito dominante di cui Mahmoud Abbas è presidente.
Dallo stato dell'OLP in effetti apprendiamo: "...la fondazione dello stato di Israele è illegale" (articolo 19); "gli ebrei non costituiscono un singolo stato con un'identità autonoma" (articolo 20). Nello stato di Fatah leggiamo: "...la completa liberazione della Palestina, e lo sradicamente dell'esistenza economica, politica, militare e culturale sionista" (articolo 12); "la rivoluzione popolare armata è il metodo ineluttabile per liberare la Palestina" (articolo 17); "la lotta non si esaurirà fino a quando lo stato sionista sarà demolito, e la Palestina liberata completamente" (articolo 19). Sono questi obiettivi e finalità di uno stato pacifico?

lunedì 18 febbraio 2013

Dove sono finiti tutti i miliardi versati ai palestinesi?

di Barry Rubin*

Il primo ministro dell'Autorità Palestinese (AP) Salam Fayyad ha dichiarato che il regime è a corto di liquidità. Un lettore nel frattempo mi chiede: «mi puoi spiegare perché a 20 anni dagli Accordi di Oslo e con miliardi di dollari di aiuti internazionali, l'AP non dispone di moderni ospedali? perché i paesi donatori versano contributi a pioggia senza manco aspettarsi qualche minimo risultato che salvi la faccia?»
E' una buona domanda. La risposta breve è: conti in Svizzera. In altre parole, una consistente quantità di denaro è stata distratta. Non c'è niente di peggio di governanti - specie un popolo povero - che da un lato lamentano le condizioni misere del proprio popolo, e dall'altro ne approfittano. Ovviamente, un osservatore che vede i palestinesi in condizioni di povertà, tende a biasimare per questo Israele, in tal modo esacerbando la causa effettiva di questa situazione: la politica intransigente dei leader palestinesi.
La ricchezza personale del "presidente" Mahmoud Abbas è stimata in 100 milioni di dollari. Per avere un'idea delle cifre in ballo, si sommi a questa somma i milioni di dollari di esponenti di primo e secondo piano dell'AP e del partito Al Fatah, assieme alle centinaia di milioni di dollari che Arafat ha trafugato all'estero. Una cifra di mezzo miliardo di dollari destinata in vent'anni ad un'entità che governa poco più di due milioni di anime.

domenica 17 febbraio 2013

Continuano le vessazioni dei palestinesi

Fra Israele e Striscia di Gaza c'é una condizione di guerra cronica permanente. Ne abbiamo avuto prova lo scorso anno, con le migliaia di razzi e missili sparati dai terroristi di Hamas verso le città meridionali dello stato ebraico; al punto di indurre l'IDF ad un'operazione militare che ha ridimensionato nel breve periodo la costante minaccia dell'organizzazione terroristica che controlla l'enclave palestinese dal 2007. Nessuna meraviglia che in virtù di questo stato, il transito di persone e cose fra i due territori sia controllato e centellinato (ma ciò non impedisce che da Israele a Gaza giungano ogni settimana tonnellate di generi alimentari e beni di prima necessità).
Ciò che sorprende e rattrista, è che le restrizioni avvengano anche sul versante meridionale della Striscia di Gaza.

sabato 16 febbraio 2013

La farsa è finita, andate in pace

Hai voglia tu a credere che il percorso di pace tracciato dagli Accordi di Oslo - riconoscimento di Israele, riconoscimento dei trattati di pace precedentemente sottoscritti, rinuncia alla lotta armata e al terrorismo - stia producendo dopo vent'anni i suoi sudati frutti; hai voglia ad insistere nel giudicare "Abu Mazen" un interlocutore moderato, altro che i terroristi di Hamas; hai voglia a credere che il riconoscimento dell'autorità nazionale palestinese come stato osservatore non membro alle Nazioni Unite possa rappresentare un primo passo verso un futuro stato palestinese; hai voglia a versare fiumi di denaro, e pazienza se nel frattempo ad arricchirsi sono soltanto i clan e le consorterie legate al successore di Arafat: la realtà è che la pace rappresenta una chimera che si avvicina soltanto nella mente degli ingenui. Che poi uno ci crederebbe pure che esistono i moderati, oltre agli integralisti, e che sì, insomma, si possa tollerare un po' di corruzione, i toni razzisti («il futuro stato palestinese sarà judenrein»), l'indisponibilità ad impegnarsi seriamente in un negoziato bilaterale, fatto di sacrifici e di concessioni reciproche; ma poi capisce che la brama di conservare il potere personale - se le elezioni a Ramallah e dintorni si tenessero oggi, Al Fatah (il partito di Abu Mazen) le perderebbe drammaticamente - e il peso ormai schiacciante di Hamas nei rapporti fra le due fazioni palestinesi, finiscono per chiarire inesorabilmente cosa ci aspetta.

giovedì 14 febbraio 2013

Chi sottrae l'acqua ai palestinesi?

di Raheem Kassam*

La domanda che frequentemente si pone è: «se i loro fratelli arabi e musulmani nell'area si sentono così legati al popolo palestinese, come mai non sono stati investiti milioni in progetti di sviluppo finalizzati ad alleviare le condizioni di povertà nella Striscia di Gaza?» Al che qualcuno si lagna: «ma... ma... ma Israele?!"...». Una argomentazione futile sul piano teorico come nella pratica. Ma bisogna partire dall'inizio, perché la disinformazione propagandata dai delegittimatori dello stato ebraico spesso conduce ad errate convinzioni, che si radicano nella mente di giornalisti, attivisti e soprattutto politici. Nel frattempo, sarà utile dare un'occhiata a cosa entra a Gaza da Israele qui e qui.
Come è possibile che sia stata presentata al parlamento britannico una mozione che accusa il governo israeliano per una situazione che già nel 2009 era denunciata dalla Banca Mondiale come insostenibile? con la precisazione che la Banca Mondiale non biasimava Israele, mentre un rapporto delle Nazioni Unite affermava testualmente che mentre l'Operazione Piombo Fuso esasperava i problemi già esistenti, gli stessi erano «riconducibili a mancanza di investimenti nella tutela dell'ambiente e al collasso del meccanismo di governo».

mercoledì 13 febbraio 2013

La pace si scorge dai piccoli gesti

«Attenzione caduta sassi», è un avviso ricorrente nelle strade di montagna. Per fortuna questi incidenti sono rari, e dopotutto bisogna sempre procedere con cautela quando si affrontano percorsi impervi: la natura non guarda in faccia a nessuno. Ma chi lancia sassi, il bersaglio lo guarda in faccia eccome!
Questa dolorosa consapevolezza ha spinto le autorità locali della Samaria, in Cisgiordania, ad allestire un cartello che segnalerà agli automobilisti la presenza di teppisti e terroristi intenti a scagliare pietre e bottiglie incendiarie all'indirizzo dei malcapitati; ebrei, s'intende. I primi cartelli saranno situati sulla statale 55, che costeggia il villaggio arabo di Azzun, dove diversi "incidenti" di questo genere sono stati registrati. Venerdì scorso una donna, incinta di sette mesi, è stata aggredita da una roccia che si è conficcata nel parabrezza, il quale fortunosamente non si è disintegrato. La donna ha riportato ferite ma non è morta.
Queste manifestazioni di aperta ostilità non impediscono che fra israeliani e palestinesi si registrino episodi di pace e di serenità. Nell'ultima settimana è stata irrobustito il cablaggio che da Israele fornisce (gratuitamente) energia elettrica alla parte settentrionale della Striscia di Gaza, dove risiedono oltre 70 mila abitanti. I nuovi impianti forniscono 12.5 megawatt al giorno e sono stati allestiti da una squadra di 15 tecnici della Israeli Electric Corporation (IEC), assistita dall'esercito che ha prevenuto episodi di teppismo se non di accesa ostilità: malgrado questo generoso sforzo, non pochi palestinesi nel passato hanno assaltato le cabine mobili dell'IEC con pietre ed altri oggetti contundenti.
Attendiamo fiduciosi che simili episodi di altruismo siano registrati sull'altro fronte. Qualche giorno fa ha commoso la fotografia che ritraeva un soldato dell'IDF intento ad aiutare in un centro commerciale una donna palestinese, non vedente. Gli odiatori di Israele invece ci vedono benissimo.

martedì 12 febbraio 2013

I palestinesi assediati e i prodotti israeliani

Sconcerto ed irritazione per l'abbondanza di generi alimentari, beni di prima e seconda necessità, e insomma tutto ciò che popola gli scaffali di un comune supermercato, in quel di Gaza. Una terra che nell'immaginario collettivo ancora è associata a miseria, a stenti, ma che da anni conosce un relativo benessere. E le foto dei centri commerciali stracolmi, dei lussuosissimi alberghi, delle auto di grossa cilindrata che solcano le strade, e delle centinaia di milionari palestinesi stanno lì a testimoniarlo.
Tutto ciò provoca comprensibilmente appunto l'irritazione della militanza filopalestinese, sempre più in difficoltà nel proporre la figura romantica ma lontana dalla realtà del palestinese sofferente per l'"assedio" israeliano; che in effetti c'è, ma si limita al blocco di armi e munizioni al largo delle coste di Gaza. Ciò ovviamente non impedisce ai terroristi di Hamas di armarsi, mediante i rifornimenti che dall'Iran arrivano in Egitto; ma almeno si complica loro la vita, ritardando i nuovi approvvigionamenti.

lunedì 11 febbraio 2013

Ma come sono amati questi palestinesi...

Il rifiuto di Abu Mazen di negoziare una pace con gli israeliani sta costando caro al popolo palestinese. Secondo l'agenzia di stampa Quds Net, diversi stati arabi di grosse dimensioni si stanno rifiutando di inviare a Ramallah i promessi aiuti finanziari pari a circa 100 milioni di dollari al mese, a fronte dell'indisponibilità del presidente dell'autorità palestinese di incontrare il primo ministro israeliano per discutere concretamente di pace (in realtà Abu Mazen ha posto un lungo elenco di precondizioni per iniziare un dialogo, che è cosa ben diversa da un negoziato vero e proprio; ma le condizioni imposte sono evidentemente assurde e irricevibili).

domenica 10 febbraio 2013

Abu Mazen: chiedere molto per chiedere niente

Tutti sanno che uno stato palestinese avrebbe potuto sorgere nel 1947, quando l'assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la partizione del mandato britannico palestinese in due stati indipendenti: uno ebraico, l'altro arabo. Gli ebrei accettarono, e a maggio dell'anno successivo fu proclamato lo stato d'Israele. Gli arabi rifiutarono, indotti in tal senso dagli stati confinanti, e poco dopo la nascita del nuovo stato ebraico gli mossero guerra, dando luogo alla tragedia di un popolo che si trascina tutt'oggi, facendo la felicità della stessa burocrazia onusiana, che - soltanto a livello di UNRWA - occupa 25000 persone, e dispone di un budget annuale di 1230 milioni di dollari.
Uno stato autonomo palestinese poteva nascere anche prima della Seconda Guerra Mondiale, quando la tragedia dell'Olocausto poteva essere prevista dal crescente antisemitismo, ma era lungi dall'essersi manifestata. Nel 1937 il movimento sionista accettò - mentre il Gran Muftì di Gerusalemme, il nazi-islamico Haj Al Husseini respinse - una proposta di pace in base alla quale lo stato ebraico avrebbe dovuto estendersi su appena il 20% del territorio mandatario britannico, e perdipiù avrebbe dovuto versare allo stato arabo una sovvenzione annuale. Una proposta ancora più vantaggiosa fu formulata nel 1939, quando si ventilò la possibilità di uno stato unico per arabi ed ebrei; ma anche allora il Gran Muftì e il Consiglio Supremo arabo rifiutarono.

venerdì 8 febbraio 2013

Difficile la vita dei giornalisti mediorientali

Che tristezza fanno i giornalisti italiani che si occupano di Medio Oriente. Lesti a celebrare prematuramente i fasti di una "primavera araba", salvo tacere imbarazzati ora che gli stessi arabi manifestano il loro dissenso nei confronti della nuova leadership islamica e salafita che ha preso il posto dei dittatori nazionalisti panarabi, in una riedizione in chiave moderna della Fattoria degli animali.
Quando poi dal Nord Africa ci si sposta propriamente verso il Mediterraneo Orientale, non può essere trattenuto il sorriso di commiserazione. Si tengono elezioni in Israele? bene, cioé male: anziché celebrare il rinnovo periodico degli organismi democratici, unico esempio nel Medio Oriente, si individuano gli elementi di colore, rimanendo spiazzati quando il parlamento si sposta verso il cento anziché verso la temuta destra. Israele compie passi da gigante nell'economia - è l'unica economia avanzata ad aver beneficiato negli ultimi cinque anni di un upgrade da parte dell'agenzia di rating Standard&Poor's - ha visto il reddito pro-capite dei cittadini (di tutti: anche quelli arabi) salire mediamente del 21.6% negli ultimi otto anni, passando da 18800 a 22900 dollari; compie progressi eccezionali nella desalinizzazione delle acque, nelle biotecnologie, nella ricerca sulle cellule staminali, nella medicina; ma in Italia i giornali si accorgono indignati soltanto della procace scollatura della signora Netanyahu, o della ragazzina prodigio che canta malgrado il parere contrario dei religiosi. Insomma, non potendo criticare il successo economico e sociale dello stato ebraico, si scende ai livelli di Cronaca Vera. E pazienza se qualche lettore si indigna e cerca di repirire altrove l'informazione.

giovedì 7 febbraio 2013

I palestinesi che non interessano a nessuno

L'ostilità di Hamas nei confronti degli israeliani è cosa ben nota. Ciò non impedisce allo stato ebraico di difendersi dai continui attacchi, e di prestare soccorso alle famiglie palestinesi in difficoltà. Domenica scorsa l'esercito israeliano (IDF) ha gestito il transito attraverso i valichi di 286 camion, trasportanti 9260 tonnellate di generi alimentari, combustibili, materiali da costruzione e beni di prima necessità. Lunedì, la replica: 293 autoarticolati, con oltre 9000 tonnellate di beni. Idem martedì: 9234 camion diretti verso Gaza attraverso i valichi israeliani, di cui ben 280 trasportavano frumento.
Nel solo 2012, gli ospedali israeliani hanno fornito assistenza e trattamento sanitario e medico ad oltre 28000 palestinesi; di cui oltre 21 mila erano bambini.

mercoledì 6 febbraio 2013

Tenetevi a distanza dalle tette!

Il seno delle donne provoca la diarrea. E' la rivoluzionaria tesi esposta da Hisham Qandil, anonimo primo ministro dell'Egitto del fratello musulmano Morsi. Il titolare del governo del Cairo, distintosi per essersi fatto raggirare dall'omologo gazano nella sua visita di novembre in cui baciò un bambino morto, spacciato per vittima israeliana; ha offerto la sua testimonianza diretta: osservando un lattante avere un attacco di diarrea subito dopo essersi nutrito dal seno materno in un villaggio rurale dell'Egitto. La scoperta scientifica (scienza islamica, s'intende) ho provocato l'imbarazzata levata di sopraccigli da parte delle donne presenti al consiglio dei ministri presieduto da Qandil.
Trattasi dello stesso brillante solutore della crisi energetica egiziana: basta indossare abiti di cotone, e vivere in più persone nella stessa camera, onde risparmiare sull'energia elettrica. Nella speranza che non siano presenti donne dal seno infetto.
La notizia sta già facendo il giro del mondo. Panico e sconcerto fra i poppanti di tutte le razze, agitazione fra i frequentatori di locali notturni specializzati nella somministrazione di cibo e alcolici direttamente sulle chiappe e tette di disponibili ragazze.
«Diamoci un taglio», propongono dal Pakistan. Dove militanti talebani hanno sorpreso una donna alimentare al seno il proprio figlio. I "combattenti per il progresso" le hanno amputato il seno, ordinando alle altre donne presenti di mangiarne i resti, riporta un quotidiano del posto.

La gioventù hitleriana palestinese si prepara al Jihad

Quasi 10.000 bambini palestinesi hanno ricevuto un addestramento militare da Hamas, allo scopo di prepararsi al jihad nei confronti di Israele. Gli esponenti di Hamas riportano che circa 9.000 bambini si sono iscritti nei 36 campi dislocati in tutta la Striscia di Gaza, dove hanno appreso l'uso di diverse armi, e a maneggiare esplosivi.
I campi sono stati intitolati "Al Futuwwa": è il nome del movimento giovanile nazionalista panarabo di simpatie naziste, esistente in Iraq durante gli anni '30 e '40. Nel 1938, il movimento Al Futuwwa inviò un delegato alle celebrazioni del partito nazista a Nuremberg, e ricevette in seguito la visita del leader della gioventù hitleriana Baldur von Schirach. Hamas afferma che lo scopo di questi campi è di preparare i bambini palestinesi, sia dal punto di vista militare che da quello psicologico, a «liberare la Palestina dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo)", rispecchiando le ambizioni di Hamas di sradicare lo stato ebraico nella sua interezza.

martedì 5 febbraio 2013

Dove puoi trovare delle armi? in una scuola, ovvio!...

Cosa ti aspetteresti negli edifici che ospitano una scuola materna o elementare? banchi e sgabelli, palloni e corde per saltare, costruzioni tipo Lego; al massimo attrezzi ginnici leggeri. Non certo materiale bellico...
Non così in Medio Oriente. In una scuola materna ed elementare di un villaggio della Galilea, un'operazione di polizia dell'IDF ha scoperto questa mattina, ben nascosti, missili anticarro e granate, oltre ad esplosivo e centinaia di proiettili per pistole d'assalto.
Le armi, rubate di recente dai depositi dell'esercito israeliano, sono state rinvenute in un canale di drenaggio e nei pressi di uno stagno vicino alla scuola di Abu Sanaan, un villaggio la cui popolazione è in prevalenza musulmana e drusa. Le armi e munizioni potevano essere utilizzate per lotte fra bande rivali, o vendute ai terroristi (un missile anticarro si riesce a vendere sul mercato nero per circa 13500 dollari).

Fonte: Jerusalem Post.

lunedì 4 febbraio 2013

Il fratello musulmano Morsi sa godersi la vita

Morto un Mubarak se ne fa un altro. Il presidente deposto della repubblica araba d'Egitto è ancora in vita, anche se non se la deve passare molto bene, malgrado le preghiere e i rimpanti dei suoi concittadini, passati dalla pentola del nazionalismo arabo blando del vice della presidenza Sadat, che condusse alla pace con Israele, alla brace del fondamentalismo islamico in grisaglia.
Così, mentre il paese è allo sbando, mentre gli oppositori sono messi in condizioni di tacere, mentre l'economia è al collasso, con i resort deserti e la lira egiziana in caduta libera; il presidente in carica, espressione dei Fratelli Musulmani, ha pensato bene di varare una misura di stimolo del turismo locale, prenotando non una, ma ben dodici suite del prestigiosissimo Hilton Hotel di Taba; la località balneare situata sul Mar Rosso, a pochi metri dal confine con lo stato abitato secondo Morsi tuttoggi da scimmie e maiali.

domenica 3 febbraio 2013

Come sconfiggere l'influenza aviaria

Gli ebrei, si sa, sono responsabili di tutti i mali di questo mondo. La povertà, la calvizie e la forfora, il buco nell'ozono, la fame da sovraffollamento ma anche la desertificazione e la sterilità, tutte le crisi economiche e tutti i boom economici, a cosa sono riconducibili, se non all'esistenza stessa degli ebrei?
Fortunatamente la scienza islamica, così sapientemente miscelata con la dottrina, ci indica la strada per la salvezza e la liberazione dai mali (i cristiani sono ancora fermi alle invocazioni celesti dalla liberazione dei medesimi). Ma non si può sempre fare affidamento sull'aldilà, e al di qua non sempre gli studiosi di precetti coranici hanno tempo di dedicarsi alla cura del cancro o dell'AIDS. Così bisogna adottare alcuni saggi accorgimenti...

sabato 2 febbraio 2013

Il Mali suggerisce l'orientamento anti-israeliano dei media

di Noah Beck*

Personalmente appoggio l'iniziativa militare francese nel Mali. Ma l'orientamento dei media, che stride fortemente in confronto alla copertura delle operazioni militari israeliane a Gaza, rivela un evidente doppiopesismo. Ma prima vorrei spiegare perché sono a favore dell'intervento francese.
Gli islamici, come quelli che hanno preso il potere a marzo, hanno rovesciato il progresso e condotto alla miseria coloro i quali hanno sottomesso: donne, minoranze religiose, musulmani moderati, laici, gay e tutti quelli che non accettano la loro visione primitiva della vita. I fondamentalisti distorcono l'Islam, ne stravolgono il significato per perseguire il loro reale intento: la forza bruta. A tal proposito violano a loro piacimento tutte le leggi, cimentandosi in traffico di droga, sequestri, traffico di organi umani, perseguendo i presunti oppositori e assassinando persone innocenti.
Non hanno alcuna pietà per la vita umana, per la proprietà e per la cultura. Al Qaeda ha mandato all'altro mondo 3000 americani, con l'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001. I talebani aggrediscono con l'acido il volto delle donne che cercano di perseguire un'istruzione. Ansar Dine, il nome della compagine islamica nel Mali, la scorsa estate ha distrutto buona parte del tesoro archeologico di Timbuctu dopo averlo definito "idolatra". Hanno imposo la sharia, messo al bando la musica e flagellando le donne che mostrano i capelli, amputando le mani dei sospettati di furto, lapidando fino alla morte i fornicatori. I fondamentalisti islamici conquistano e governano nel terrore, e distruggono senza costruire nulla.