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giovedì 25 gennaio 2018

Abu Mazen si compra l'aereo privato e ringrazia l'Europa


Le suppliche di Abu Mazen hanno sortito gli effetti sperati. Dopo il clamoroso gesto degli Stati Uniti, che hanno dimezzato gli stanziamenti annuali al bilancio dell'UNRWA, l'agenzia ONU appositamente creata dall'ONU per perpetuare la questione dei profughi palestinesi; Svezia, Olanda e Belgio hanno generosamente messo mano al portafoglio, coprendo il disavanzo venutosi a creare in un ente fondamentale per il benessere dei palestinesi.
Be', per l'esattezza del capo dei palestinesi: Abu Mazen. È notizia di ieri che il corteggiatore seriale della signora Mogherini, a suo agio nelle stanze di Bruxelles come nella repressione dell'opposizione palestinese, ha ordinato uno sfavillante jet privato del valore di 50 milioni di dollari. Il velivolo non è stato ancora consegnato, ma è questione di settimane. L'anziano leader dell'OLP sarà però costretto a recarsi ad Amman, in Giordania, per mettere a tacere le malelingue che lo accusano di corruzione e di sfruttamento delle sofferenze dei palestinesi per il proprio tornaconto personale.

mercoledì 23 agosto 2017

In Europa il terrorismo si combatte con le barzellette

Qualcuno perfidamente ha commentato: «Europa, un gigante economico, un nano politico, un verme militare». Ciò non toglie che nel Vecchio Continente gli umoristi non difettino. Si vive la vita alla leggera, malgrado le crescenti minacce del terrorismo islamico, che ha appreso egregiamente la lezioni degli omologhi palestinesi degli ultimi due anni. Colpito dal terrorismo palestinese, incitato dalle quotidiane esortazioni di Abu Mazen - e incoraggiato dalle generose disponibilità delle casse palestinesi, alimentate con contributi occidentali - Israele ha affrontato l'emergenza con lucido pragmatismo: rafforzando l'intelligence, prevedendo il crimine e salvaguardando le fermate dei bus, le aree pedonali e gli accessi a negozi e centri commerciali. L'Europa ha inizialmente stigmatizzato la decisione di Gerusalemme di non lasciare che i propri cittadini si immolassero ad Eurabia, in nome del politicamente corretto. Non a casa la sindaca di Barcellona è stata fra la più entusiasta sostenitrice di un patrocinio in Catalogna del BDS, lo sfortunato movimento di boicottaggio dello stato ebraico.

mercoledì 16 marzo 2016

L'UE usa l'immunità diplomatica per occupare illegalmente Israele

Ambasciata degli Stati Uniti a Roma

Quello raffigurato in alto è Palazzo Margherita: è la sede dell'ambasciata americana in Italia. Si trova a Roma, in Via Veneto, e gode come noto del requisito dell'extraterritorialità: al pari di tutte le ambasciate e consolati del mondo, è di fatto territorio sottratto alla giurisdizione nazionale. In parole povere, è un pezzettino di Stati Uniti a Roma. Sono le consuetudini internazionali a renderlo tale: un principio universalmente accettato e rispettato.
Ora, Via Veneto è uno degli scorci più iconici della nostra capitale. Nessuno mette in dubbio la giurisdizione italiana su una strada che ha fatto la storia d'Italia. Tutti hanno il diritto di passeggiarvi sopra, di calpestarne il suolo, di sostarvi senza arrecare danno o nocumento ad alcuno; nel rispetto delle normative vigenti. Il piacere di sorseggiare un cappuccino in uno dei suoi bar è con pochi eguali.

Passeggiata in Via Veneto

Adesso, poniamo per un momento che gli americani si mettano in testa di sistemare alcune migliaia di profughi siriani, requisendo un ampio tratto di Via Veneto per costruirvi degli edifici più o meno provvisori. Escono dall'ambasciata, dotati di cemento, tubolari, mattoni e altri materiali da costruzione, con l'intento di edificare centri di accoglienza per rifugiati, abbattendo le costruzioni esistenti con le ruspe, e prendendo possesso per le proprie esigenze. Piazzando delle belle bandierine a stelle e strisce sulle costruzioni edificate. Alla prevedibile reazione indignata del governo, seguirebbe l'opposizione di una eccezione di immunità diplomatica da parte dei responsabili: insomma, «siamo diplomatici, non ci potete fermare, non potete farci niente. Continueremo a costruire capannoni e a piazzare prefabbricati sul vostro suolo, che diventerà nostro suolo». Una palese colonizzazione e occupazione illegale e illegittima.
Quale sarebbe la vostra reazione? Stupore? incredulità? rabbia? indignazione per la prevaricazione e l'abuso di potere subiti? bene, siete in ottima compagnia. Il Daily Mail ha pubblicato un dettagliato resoconto circa gli abusi perpetrati dall'Unione Europea nell'area C del West Bank: un'area che gli Accordi di Oslo, sottoscritti anche da Bruxelles, assegnano a Gerusalemme, in attesa che i negoziati fra palestinesi e israeliani ne sancisca la destinazione definitiva.

mercoledì 27 gennaio 2016

È di nuovo scontro fra Bruxelles e Gerusalemme


È di nuovo scontro fra Israele e l'Unione Europea. La contesa verte all'apparenza su una questione di poco conto: una strada sconnessa e poco praticabile di circa quattro chilometri, che corre alla periferia di un villaggio nei pressi di Betlemme, nel West Bank. Ma su questa strada si scontra una differente concezione del Diritto internazionale.
L'Unione Europea sta finanziando la realizzazione di strade ed edifici nel West Bank, nel lodevole tentativo di dotare i palestinesi di efficienti infrastrutture, nel momento in cui dovessero essere conseguite le condizioni per la proclamazione di uno stato indipendente. Sfortunatamente, numerose iniziative di questo tipo sono platealmente realizzate nell'area C: quella che gli Accordi di Oslo, sottoscritti in Norvegia fra israeliani e palestinesi con il patrocinio della stessa Unione Europea, assegna alla piena giurisdizione di Gerusalemme. Israele dunque ha il diritto - e, secondo il diritto internazionale, anche e soprattutto il dovere - di garantire sicurezza e ordine pubblico in questa area, e di amministrarla al meglio.
Ciò include la facoltà di concedere licenze edilizie. Non essendoci uno stato a cui sono riconducibili queste aree, qualunque soggetto - sia esso privato, pubblico o sovranazionale - che desideri piantare anche soltanto una tenda, deve ottenere il preventivo benestare di Gerusalemme. Altrimenti, compie un illecito amministrativo, e viola il diritto internazionale sancito nel 1993, e ratificato a Parigi nel 1995.

domenica 6 settembre 2015

Europa pronta a misure punitive nei confronti di Israele: «applichiamo soltanto la legge»

È in dirittura d'arrivo il complesso di misure penalizzanti che l'Europa sta adottando, dietro l'impulso della signora Mogherini - reduce dalle radiose strette di mano con gli esponenti del regime iraniano - nei confronti delle produzioni israeliane. I provvedimenti per ora riguarderanno soltanto le merci prodotte dalle aziende israeliane nei territori contesi del West Bank: sono le aree dove prima operavano le aziende come Sodastream, ora trasferitasi nel deserto del Negev, dopo aver chiuso un efficiente stabilimento che dava occupazione e reddito a 900 famiglie palestinesi.
Jean Asselborn, presidente di turno dell'Unione Europea, si è schermito osservando «dobbiamo assicurarci che i consumatori europei sappiano distiguere i prodotti provenienti dai territori "occupati" (sic!) da Israele. Stiamo soltanto applicando il diritto internazionale».
In effetti l'uomo della strada non si capacita di come, in tempi di crisi economica internazionale e con il genocidio siriano che bussa alle nostre porte, i burocrati di Bruxelles abbiano come massima priorità quella di sanzionare le aziende israeliane che operano in territori (Area C) che per ultimo gli Accordi di Oslo del 1993 - sottoscritto sotto il patrocinio dell'UE - assegnano alla piena giurisdizione civile e militare di Gerusalemme.

giovedì 23 luglio 2015

L'UE si oppone alla demolizione dell'insediamento illegale di Susya


Khirbet Susiya (Susya), originariamente antico villaggio ebraico a sud delle montagne della Giudea, sede di una antica sinagoga; è oggi situato nella zona C del West Bank, che gli Accordi di Oslo sottoscritti nel 1993 fra israeliani e palestinesi assegnano alla piena giurisdizione di Gerusalemme. Che è pertanto responsabile della pubblica sicurezza e dell'amministrazione civile; che include la possibilità di edificarvi, in virtù delle esigenze della popolazione.
Susya ospita oggi circa 1000 individui: 250 palestinesi e circa 750 coloni ebraici, ivi insediativisi nel 1983. Nel tempo parte del villaggio ha conosciuto un'espansione caotica ed incontrollata, a causa della componente araba della popolazione che ha edificato senza disporre dei necessari permessi. Il governo israeliano ha disposto la demolizione delle costruzioni abusive, malgrado l'opposizione di diversi governi, fra cui quelli di Stati Uniti ed Unione Europea; e il trasferimento della popolazione nell'insediamento di Yatta, vicino Hebron. Il mese scorso una delegazione europea ha visitato Susya, accompagnata dal capo del governo di Ramallah.

mercoledì 17 giugno 2015

Non fate sapere a Bruxelles che i palestinesi comprano israeliano...

L'offensiva del BDS rischia di afflosciarsi in tempi brevi. Il governo di Gerusalemme sta studiano azioni legali finalizzate al riconoscimento di congrui risarcimenti in denaro da parte dei boicottatori dello stato ebraico. Il neoministro della Giustizia sta approvando una serie di provvedimenti che inchioderà i militanti del BDS alle loro responsabilità civili e penali. Ma forse non sarà necessario adottare questa determinazione.
Il fatto è che il movimento di boicottaggio sovente si annulla da se', con iniziative che finiscono per penalizzare la parte che si presume voglia essere tutelata: basti pensare alle manifestazioni che hanno indotto la chiusura della fabbrica SodaStream di Maale Adumin, con conseguente perdita di impiego da parte di diverse centinaia di palestinesi. O agli innumerevoli esempi di innovazione scientifica e tecnologica di cui godono gli stessi odiatori di Israele. Presi da soli, i militanti del BDS sono sterili se non grotteschi; è quando ci si mette di mezzo la politica e l'ideologia, che i danni si avvertono.

mercoledì 10 giugno 2015

L'Occidente affila le armi nei confronti di Israele

Mentre si lavora febbrilmente alla concessione dello stato di potenza nucleare all'Iran degli ayatollah, al contempo si prepara l'offensiva diplomatica nei confronti di Israele. Il piccolo stato ebraico deve fronteggiare la minaccia bellica esistenziale del regime di Teheran, ma anche quella non meno minacciosa del regime di Bruxelles.
Fonti diplomatiche hanno reso noto oggi che una volta definito il quadro normativo che in breve tempo consentirà al fondamentalismo islamico sciita di dotarsi di ordigni nucleari, gli sforzi dell'Europa saranno coordinati con quelli delle Nazioni Unite, per costringere Gerusalemme ad una resa diplomatica che si tradurrà in traumatici sacrifici territoriali.

giovedì 12 febbraio 2015

L'Europa accusata di colonialismo nel West Bank

di Ari Soffer*

Una nota ONG israeliana ha accusato l'Unione Europea per il suo presunto ruolo nel finanziare la costruzione di insediamenti illegali arabi in Giudea e Samaria, dichiarando che questo tentativo sovverte gli affari interni dello stato ebraico, e rappresenta una forma di colonialismo.
Le argomentazioni giungono sulla scia di un articolo apparso sul britannico Daily Mail, secondo il quale l'UE ha impiegato il denaro dei contribuenti europei per costruire circa 400 abitazioni e altre costruzioni illegalmente nell'area C di Giudea e Samaria.
Alla luce degli Accordi di Oslo del 1993 - sottoscritti non solo da israeliani e palestinesi, ma anche dalla stessa Unione Europea, fra gli altri - mentre l'Autorità Palestinese mantiene il controllo pieno o parziale delle aree "A" e "B" del West Bank (o Giudea e Samaria); Israele detiene il controllo civile e militare esclusivo dell'area C: il che include la possibilità di pianificazione e costruzione edilizia.
Se fossero confermate, le rivelazioni - anticipate alcuni mesi fa dalla ONG Regavim e riportate da Aruyz Sheva - costituirebbero una flagrante violazione del diritto internazionale da parte dell'Unione Europea.
«Non bastava che l'Europa finanziasse le organizzazione di boicottaggio di Israele, che lavorano attivamente all'annichilimento dell'identità ebraica e democratica dello stato dal suo interno; ora l'UE è apertamente schierata per combattere lo stato ebraico, finanziando la costruzione abusiva di abitazioni», dichiara il direttore della ONG Tirzu Matan Peleg ad Arutz Sheva.
«Il sovvertimento degli affari interni dello Stato di Israele da parte dell'Unione Europea è un attentato alla democrazia ed è colonialista», rincara la dose, aggiungendo che questo atteggiamento «mina la legittima integrazione della comunità beduina nella società israeliana», incoraggiando a violare la legge.

venerdì 6 febbraio 2015

L'Occidente nei confronti dei palestinesi adotta una strategia sciaguratamente sbagliata


Il caso che deflagra nuovamente oggi non è nuovo per i nostri quattro lettori. Ce ne siamo occupati giusto quattro mesi fa: in violazione degli accordi interinali che seguirono la sottoscrizione del Trattato di Oslo del 1993, l'Autorità Palestinese sta costruendo illegalmente nell'area C del West Bank; quella sotto il pieno e legittimo controllo israeliano, sulla base delle intese sottoscritte all'epoca dall'OLP. Aspetto forse ancor più grave, l'attività edilizia beneficia del patrocinio addirittura dell'Unione Europea, che impiega un giorno sì e l'altro pure a puntare il dito contro presunte irregolarità israeliane nei territori contesi.
Siamo a febbraio e l'illecito non è stato sanato; al contrario: come riporta oggi il Jerusalem Post, centinaia di strutture abitative sono state costruite non lontano da Gerusalemme, fra Ma’aleh Adumim e la zona E1. Il governo israeliano è al corrente di questa attività, ma nicchia nel denunciare l'abuso, nel tentativo di non inasprire i già tesi rapporti con Bruxelles.

sabato 8 novembre 2014

Al posto di uno stato, otto emirati palestinesi

In concomitanza con la morte di Yasser Arafat, venerdì una serie di esplosioni ha colpito a Gaza abitazioni e proprietà appartenenti ad Al Fatah, il partito di Abu Mazen. Dopo aver apparentemente accantonato una sanguinosa rivalità, che culminò nel 2007 con il colpo di Stato con cui Hamas si è insediata a Gaza, eliminando fisicamente diecine di appartenenti alla fazione rivale; il governo unitario palestinese traballa. Secondo testimonianze raccolte dalla stampa, le denotazioni sarebbero state innescate proprio da uomini di Hamas, che tiene tuttora in pugno l'enclave palestinese, e ha affermato a chiare lettere di non accettare la titolarità esclusiva dell'ANP nella gestione della massa di denaro (5,4 miliardi di dollari) che sta per piovere sulla Striscia.
L'Alto rappresentante per la politica estera, signora Mogherini, ha auspicato entusiasticamente di vedere la nascita di uno stato palestinese al termine del mandato conferitole. Ignorando la realtà locale, e trascurando tutti gli sforzi finalizzati al conseguimento di una pace duratura, profusi dal governo israeliano prima che lo stesso Abu Mazen rovesciasse clamorosamente il tavolo delle trattative, replicando un atteggiamento sprezzante non nuovo per il fondatore di Al Fatah di cui si "celebra" oggi il decimo anniversario della scomparsa.
La signora Mogherini finge di non sapere che lo stato di fatto palestinese costituitosi nella Striscia di Gaza, ha dichiarato sostanzialmente guerra a Gerusalemme dal giorno successivo allo sgombero unilaterale dello stato ebraico, avvenuto nell'estate 2005; e che un disimpegno definitivo da Giudea e Samaria (West Bank, o Cisgiordana, secondo l'accezione giordana), sarebbe verosimilmente preceduto da una assunzione di potere da parte di Hamas ad est del Giordano, con la concreta possibilità di schierare missili e razzi ad una manciata di chilometri da Tel Aviv. Facile fare diplomazia con il sangue degli altri.
Quanto più la diplomazia europea si sforza di evocare la mitica soluzione dei "due stati per due popoli" (antipasto di uno stato solo per un solo popolo; e pazienza per l'altro...), tanto più questa soluzione appare irrealizzabile. Sul tema si è espressa intelligentemente Mordechai Kedar, direttore del Center for the Study of the Middle East and Islam, in un'intervista concessa a Russia Today, di cui il Borghesino propone qui la libera traduzione.

mercoledì 8 ottobre 2014

ANP beccata a costruire illegalmente nel West Bank israeliano


Ha del clamoroso la violazione del diritto internazionale da parte dell'Autorità Palestinese (ANP) di Abu Mazen, altrimenti sempre pronto ad invocare l'intervento dell'ONU da parte di pretese e presunte violazioni da parte avversa. Si apprende oggi che l'ANP, con l'appoggio addirittura dell'Unione Europea - quella che si fece garante della correttezza e buona volontà palestinesi ad Oslo nel 1993 - stanno edificando in un'area situata nella regione di Binyamin, lungo la Statale 60.
L'attività edilizia non va contrastata: dopotutto, genera posti di lavoro e migliora le condizioni di vita di chi andrà ad abitare nelle nuove abitazioni. Il problema qui sta nel fatto che la zona dove di soppiatto l'ANP sta edificando, ricade nella zona C del West Bank: quella che ricade sotto il pieno controllo israeliano. Una giurisdizione che va dalla pubblica sicurezza alla facoltà per l'appunto di edificare, come ben sappiamo.

lunedì 8 settembre 2014

L'Europa stacca la spina alla Palestina?

di Donna Rachel Edmunds*

La frustrazione europea per la mancanza di passi in avanti verso la soluzione dei due stati per israeliani e palestinesi ha indotto alcuni commenti da parte delle massime autorità, secondo cui gli aiuti comunitari verso l'Autorità Palestinese potrebbero essere drasticamente ridotti entro 3-4 anni: «È evidente che la nostra politica non è sostenibile nel medio periodo in assenza di progressi sul fronte politico; e certo il denaro non basta per conseguirli», ha ammesso un funzionario dell'Unione ad EurActiv. «Si sperava che (i generosi finanziamenti, NdT) avrebbero incoraggiato un processo sul piano politico; ma così non è stato».
Il provvedimento scaverebbe un profondo solco nelle finanze palestinesi, dal momento che l'Europa risulta attualmente il principale donatore, con circa  milioni di euro erogati ogni anno (a cui si devono
aggiungere le elargizioni nei confronti di ONG che fiancheggiano l'ANP, NdT). Un consistente numero di funzionari di Ramallah sono pagati con fondi europei.

domenica 16 febbraio 2014

Cessare l'occupazione della Striscia di Gaza!

È emergenza a Gaza, dove secondo la denuncia dell'agenzia di stampa palestinese Ma'an News, l'esercito straniero sta distruggendo tunnel, radendo al suolo abitazioni, devastando il territorio per creare un "cuscino di sicurezza" che in alcuni punti raggiungerà i 500 metri di larghezza (300 metri nelle zone abitate dai palestinesi). Abbattuti gli alberi di ulivo, che secondo gli occupanti servivano per celare i terroristi, i quali continuamente assaltavano le località di frontiera. Secondo gli osservatori, si tratta della mobilitazione militare più vasta dal 1973.
Secondo Ma'an, la distruzione sistematica ed estesa dei tunnel clandestini priverà la popolazione locale di una linfa vitale. Si ritiene che oltre 800 tunnel siano stati distrutti nel corso del 2013; altri osservatori suggeriscono che l'operazione sistematica di distruzione abbia rimosso il 95% dei tunnel esistenti.
Prevedibile sgomento e rabbia della comunità internazionale, che punterà fermamente il dito contro l'esercito responsabile di questa devastazione, occupazione e assedio della Striscia di Gaza. Quello d'Egitto. I maliziosi sospettano che, non essendo coinvolto Israele, la notizia, seppur grave, passerà inosservata: «No jews, no news», argomentano.

giovedì 25 luglio 2013

L'occupazione di cui in pochi parlano

Si sente molto discutere di "occupazione", di questi tempi. Il segretario di Stato americano John Kerry sta facendo del suo meglio per convincere i leader palestinesi a riprendere a dialogare di pace con Israele; ma essi chiedono che i negoziati si basino sulle linee armistiziali del 1949.
Di recente l'Unione Europea ha rilasciato le linee guide per gli investimenti per i 28 stati membri. Anche di questo si è parlato molto negli ultimi tempi. Ecco cosa ha riferito l'agenzia France Press: «le linee guida vietano di intraprendere relazioni o finanziare entità israeliane che si collochino al di là della cosiddetta Green Line del 1967: vale a dire, nel West Bank, a Gerusalemme est, a Gaza e sulle Alture del Golan. Esse esplicitamente prevedono che ogni futuro accordo preveda che queste zone non siano parte dello stato ebraico. Ciò crea un dilemma per Israele: continuare ad occupare il West Bank, a rischio di compromettere le relazioni con la comunità internazionale (per non parlare dei rapporti commerciali); o disimpegnarsi appieno».

mercoledì 17 luglio 2013

L'odio ingiustificato della UE verso Israele

di Melanie Phillips*

C'è costernazione in Israele dopo la malevola decisione dell'Unione Europea di boicottare cittadini ed istituzioni situati ad est della "Linea Verde" fra Israele e i territori contesi. Ciò dovrebbe includere presumibilmente il boicottaggio dell'Università Ebraica che si colloca subito oltre quella linea o anche - grottesco - i cittadini ebrei residenti nella Città Vecchia di Gerusalemme, dove antichi insediamenti ebraici precedono l'arrivo di un solo arabo, a partire da quando il Re David iniziò a costruire la capitale del regno del popolo ebraico.
Secondo la UE gli insediamenti ebraici oltre la Linea Verde sarebbero illegali secondo il diritto internazionale. Nulla di nuovo: lo sostiene anche l'ONU e gli organismi ad essa associati. Peccato che siano in errore.

martedì 16 luglio 2013

Affamateli, e saranno più ragionevoli

Bizzarro. L'Unione Europea ha un modo davvero bislacco di concepire i negoziati di pace fra due parti: imponendo ad una delle due, dal comodo delle poltrone di Bruxelles, una conclusione nota in partenza. Un atteggiamento sprezzante che non si adotta nemmeno con un nemico di guerra, al quale quantomeno si concorda il formalismo onorevole della conferenza di pace. Se poi una delle due parti è Israele, ogni ragionevolezza può essere legittimamente calpestata; e poco importa se la controparte araba ha sottoscritto principi condivisi, che ora Eurabia vuole abbattere. Persino il mediocre Kerry, fra una capitale mediorientale e l'altra, sta salvando l'apparenza di una laboriosa tessitura diplomatica che conduca all'unico modo per dirimere una controversia: il negoziato.

lunedì 29 ottobre 2012

Che bello fare i terroristi a carico del contribuente

Ha suscitato un certo clamore la denuncia riporta nell'edizione di giovedì del Wall Street Journal, secondo cui il governo britannico versa cospicui fondi all'Autorità Palestinese, affinché essa provveda a elargire generosi sussidi alle famiglie dei terroristi palestinesi che scontano condanne per gravi omicidi. Il quotidiano americano cita un rapporto di Palestinian Media Watch, secondo cui ogni mese dalle casse europee sono versati quasi 4 milioni di euro, come contributo al bilancio dell'AP destinato al finanziamento dei "salari" dei reclusi nelle carceri israeliane.
La notizia provoca la comprensibile indignazione da parte di chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese, mentre a qualche migliaio di chilometri di distanza c'è chi percepisce un reddito anche di 2500 euro al mese per aver avuto il merito di far esplodere un autobus, o per aver fatto deflagrare una bomba in una piazza, o per aver attentato alle vite di civili innocenti.
Rocambolesca la mezza smentita fatta pervenire dal ministero britannico per lo sviluppo internazionale (Department for International Development): «i versamenti non erano salari, ma piuttosto "programmi di assistenza sociale per fornire erogazioni al welfare"». Già, e quelli che hanno ucciso deliberatamente diecine e diecine di israeliani non erano terroristi, ma operatori sociali dediti al completamento del lavoro lasciato interrotto da un certo Adolf Hitler...
Sconcertante la rivelazione di PMW, riportata dal WSJ: ogni anno il solo ministero britannico per lo sviluppo internazionale eroga 86 milioni di sterline verso i territori palestinesi; dei quali 30 milioni sono iscritti nel bilancio dell'Autorità Palestinese come "retribuzioni mensili". L'entità delle erogazioni nei confronti dei detenuti e delle rispettive famiglie è connessa alla lunghezza della pena detentiva: non è funzione quindi della consistenza delle famiglie o di particolari condizioni di disagio economico; bensì alla gravità del reato: insomma, più ammazzi e più guadagni.