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giovedì 4 aprile 2013

Lanciare pietre è pericoloso e censurabile; ma non quando le vittime sono israeliane

Ieri il quotidiano arabo in lingua ebraica Haaretz, pubblicato in Israele e disponibile anche in versione inglese, ha ospitato un articolo ripugnante in cui una specie di giornalista ha fornito patente di legittimità a coloro che bersagliano autoveicoli in transito per i territori palestinesi; meglio se condotti da israeliani. Questo, a poche ore dalla condanna di Waal al-Arja of Halhoul, che un anno e mezzo fa ha colpito con una pietra l'auto di Asher Palmer, nei pressi dell'insediamento di Kiryat Arba nel West Bank, cagionando la morte del conducente e di suo figlio di un anno; e a tre settimane dal tragico incidente in cui un veicolo pesante, colpito da un'altra pietra, ha travolto il mezzo su cui viaggiava Adva Bitton, la cui figlia, Adele, di tre anni, lotta tuttora con la morte in un letto di ospedale.

mercoledì 13 febbraio 2013

La pace si scorge dai piccoli gesti

«Attenzione caduta sassi», è un avviso ricorrente nelle strade di montagna. Per fortuna questi incidenti sono rari, e dopotutto bisogna sempre procedere con cautela quando si affrontano percorsi impervi: la natura non guarda in faccia a nessuno. Ma chi lancia sassi, il bersaglio lo guarda in faccia eccome!
Questa dolorosa consapevolezza ha spinto le autorità locali della Samaria, in Cisgiordania, ad allestire un cartello che segnalerà agli automobilisti la presenza di teppisti e terroristi intenti a scagliare pietre e bottiglie incendiarie all'indirizzo dei malcapitati; ebrei, s'intende. I primi cartelli saranno situati sulla statale 55, che costeggia il villaggio arabo di Azzun, dove diversi "incidenti" di questo genere sono stati registrati. Venerdì scorso una donna, incinta di sette mesi, è stata aggredita da una roccia che si è conficcata nel parabrezza, il quale fortunosamente non si è disintegrato. La donna ha riportato ferite ma non è morta.
Queste manifestazioni di aperta ostilità non impediscono che fra israeliani e palestinesi si registrino episodi di pace e di serenità. Nell'ultima settimana è stata irrobustito il cablaggio che da Israele fornisce (gratuitamente) energia elettrica alla parte settentrionale della Striscia di Gaza, dove risiedono oltre 70 mila abitanti. I nuovi impianti forniscono 12.5 megawatt al giorno e sono stati allestiti da una squadra di 15 tecnici della Israeli Electric Corporation (IEC), assistita dall'esercito che ha prevenuto episodi di teppismo se non di accesa ostilità: malgrado questo generoso sforzo, non pochi palestinesi nel passato hanno assaltato le cabine mobili dell'IEC con pietre ed altri oggetti contundenti.
Attendiamo fiduciosi che simili episodi di altruismo siano registrati sull'altro fronte. Qualche giorno fa ha commoso la fotografia che ritraeva un soldato dell'IDF intento ad aiutare in un centro commerciale una donna palestinese, non vedente. Gli odiatori di Israele invece ci vedono benissimo.

giovedì 28 giugno 2012

Metti Israele e i bambini in un titolo...


...e otterrai il massimo dell'attenzione del lettore. E' una tecnica consolidata: non c'è niente di più remunerativo per un giornale, di un articolo confezionato per diffamare l'intero stato israeliano; non un carcere, o un secondino, particolarmente carogneschi; e nemmeno un intero ministero della Giustizia. No, è Israele che maltratta i detenuti, è Israele che odia i bambini. Come se l'Italia fosse accusata da un quotidiano straniero di seviziare sistematicamente i bambini, dopo il caso (i numerosi casi...) della mamma che ha lasciato il figlio morire all'interno di un'auto parcheggiata al sole cocente a finestrini alzati, prima di recarsi in una sala scommesse.
Un quotidiano britannico ieri ha battuto tutti i record di malafede. Si trattava di puntare il dito contro il presunto trattamento riservato ai terroristi detenuti presso le carceri israeliane, di età inferiore ai 18 anni. Brutale e da togliere il fiato l'immagine: si vedono braccia di bambini dietro massicce sbarre di ferro. Il volto sorridente di uno di essi, sulla destra, non smorza il sentimento di rabbia e frustrazione del lettore. Condanna unanime e inappellabile.
Peccato che quell'immagine non si riferisca ad un carcere, e non sia certo di ieri. Si riferisce alla barriera doganale fra la Striscia di Gaza e Israele, ed è stata scattata oltre due anni fa (h/t: HonestReporting). Ma chi osserva non si interroga sulla fondatezza di una simile strampalata accusa: l'immagine vale più di mille parole, e come è noto soltanto un lettore su cinque prosegue nella lettura dopo aver letto il titolo e osservato l'immagine che lo accompagna. La diffamazione raggiunge il suo effetto, e a nulla servono eventuali precisazioni nel corpo dell'articolo.
Senza contare che i minorenni che si trovano a scontare condanne presso le carceri, sono responsabili spesso di atroci delitti. E' il caso per esempio di uno dei tre responsabili della strage di Itamar, la località dove un'intera famiglia ebrea fu sgozzata nel sonno; inclusa una bambina di appena tre mesi: costoro non solo confessarono l'atroce delitto, ma ammisero che l'avrebbero commesso nuovamente, se ne avessero avuto l'oppportunità. O del ragazzino che colpì con una pietra un'auto a bordo della quale viaggiava un uomo, perito con suo figlio dopo aver perso il controllo del mezzo. Per non parlare dei proclami deliranti che bambini ancora poppanti sono costretti a recitare da genitori entusiasti: promesse di farsi saltare in aria per uccidere quanti più ebrei possibili, rafforzate da cinture esplosive che quasi fanno fatica a reggersi su quei corpicini ancora gracili.
E fino a pochi anni fa, queste missioni spesso erano portate a segno. Ismail Tsabaj, Azi Mostafa, e Yousuf Basam, rispettivamente di 12, 13 e 14 anni, hanno tentato una strage simile a quella dei loro più "fortunati" coetanei ad Itamar, ma furono provvidenzialmente intercettati dalle forze di sicurezza. Simili iniziative non destano mai l'attenzione dei media occidentali, e suscitano di rado la riprovazione dell'opinione pubblica. Strano.
Naturalmente, non pochi media nostrani resistono alla tentazione di una facile rendita. Quasi mai si verifica la fondatezza dell'accusa. Non occorre: Israele - non il governo israeliano; Israele, come stato - è responsabile sempre, e comunque. «Lo sanno tutti». Gli arabi devono essere orgogliosi del lavaggio del cervello svolto in questi decenni.
Il giornalismo scivola sempre più in una profonda crisi di credibilità. Ma fino a quando è ben sovvenzionato, si può permettere il lusso di ingannare il lettore, spacciando la verità che più gli aggrada, anche se palesemente falsa o distorta.

Qualcuno a questo punto, disgustato da tanta disinformazione e da plateali omissioni in malafede, si chiederà indignato: ma l'UNICEF che fa?
bella domanda: quando può, raccoglie fondi per promuovere iniziative di boicottaggio dello stato ebraico, come quella ben raffigurata dall'ascia palestinese - con su inciso l'imperativo "Boicotta!" - che spacca la stella sionista, con tratteggi della bandiera americana (il "piccolo satana" e il "grande satana"). La speranza è rimasta isolata nel vaso di Pandora...
Nota: il manifestino, prodotto dall'organizzazione giovanile palestinese "PYALARA", finanziata dall'UNICEF, si riferisce ad un'iniziativa di due anni fa. Ma al quotidiano vagamente citato all'inizio non dispiacerà: dopotutto, è una pratica consolidata e tollerabile...

domenica 26 febbraio 2012

Giochi innocui?



Uno dei passatempi preferiti della gioventù araba a Gerusalemme: lanciare sassi contro le auto israeliane, specie se a guidarle sono le "impure" (in Occidente le chiamiamo ancora donne).
Danni consistenti, qualche ferito, e di tanto in tanto ci scappa il morto.

Molto meno "innocue" le violenze subite ieri da due soldati israeliani, in borghese, nei pressi di un ospedale di Haifa, il porto commerciale sul Mediterraneo. I soldati sono stati avvicinati da un gruppo di venti arabi, i quali dopo essersi accertato della razza ebraica dei malcapitati, hanno colpito ripetutamente i due con pietre, bastoni e coltelli. L'arrivo delle guardie di sicurezza ha evitato un sicuro linciaggio.



Le forze di sicurezza hanno arrestato quattro facinorosi. Molti dei violenti hanno promesso ai due malcapitati di tornare presto ad aggredirli.
Di questo passo, gli spazi liberatisi nelle carceri israeliane dopo la liberazione dei mille detenuti terroristi palestinesi, in seguito allo scambio con il povero Gilad Shalit, si riempiranno molto presto.