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giovedì 25 gennaio 2018
Voltiamo pagina: basta parlare di "soluzione dei due stati"
Abu Mazen ha ragione: è tempo di cestinare gli Accordi di Oslo del 1993, che per la prima volta nella storia hanno generato un embrione di stato palestinese, oltre ad un vistoso solco nelle casse statali delle democrazie mondiali: febbrilmente impegnate a foraggiare copiosamente un nuovo stato, mai nato, in buona parte per la cinica riluttanza del ceto dirigenziale palestinese.
Quegli Accordi, che contemplavano alfine la creazione di uno stato palestinese, come punto di arrivo di negoziati bilaterali; hanno generato aspettative malriposte da ambo le parti, frustrazione, lutti, arricchimenti dei clan legati prima ad Arafat, poi ad Abu Mazen; copiosi investimenti in sicurezza da parte di Gerusalemme, e fiumi e fiumi di stantia retorica nel resto del mondo.
La diplomazia deve realizzare il mutamento avvenuto sul campo. Isolato e privo di argomenti, Abu Mazen è sempre più determinato ad avventurarsi lungo il sentiero integralista di Hamas, rivendicando tutto Israele, partendo dalla negazione dei legami fra la sua capitale e la storia trimillenaria degli ebrei, e arrivando ad inventare di sana pianta una "storia del popolo palestinese", ignorando l'assenza di qualsivoglia testimonianza vagamente storicizzata che risalga a prima del 1967.
Si potrà dubitare della buona fede della dirigenza israeliana, qualsiasi colore politico si sia avvicendato alla guida dello stato ebraico; ma è innegabile che tutte le offerte provenute da Gerusalemme - incluse quelle generosissime, imperdibili del 2000-2001 e del 2007-2008 - sono state fermamente rimandate al mittente. Paradossalmente, siamo giunti alla conclusione che gli israeliani potrebbero consegnare ai palestinesi le chiavi di tutte le rispettive case, ottenendone uno sgarbato diniego, derivante dalla consapevolezza che il giorno successivo per la corrotta burogerontocrazia palestinese non ci sarà più alcuna offensiva da scatenare.
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lunedì 11 dicembre 2017
Gerusalemme è ebraica da sempre (sai che notizia...)
Circola in questi giorni una statistica rilasciata nel Dopoguerra da una delle tante agenzie ONU (che eclissa nel confronto sulla prolificità la mamma degli stupidi), secondo cui nel 1946 la popolazione di Gerusalemme era equamente divisa fra ebrei (100 mila abitanti) e una combinazione di cristiani, musulmani e altre minoranze (105 mila). Ora, prescindendo dal fatto che la popolazione ebraica costituiva all'epoca maggioranza quantomeno relativa, se non assoluta; occorre riflettere sulla circostanza determinante per cui diverse migliaia di giovani ebrei combatterono in Europa e altrove il nazifascismo sotto le bandiere della Brigata Ebraica e di altre formazioni militari: ciò sacrificava in modo decisivo le statistiche ufficiali.
Al di là di quel preciso momento, rimane un dato storico inoppugnabile: la popolazione ebraica a Gerusalemme è sempre stata maggioranza: relativa, quando non assoluta. Di sicuro lo è stata in tutto il secolo che precedette la guerra che cinque stati arabi scatenarono contro il neonato moderno Stato di Israele, letteralmente poche ore dopo la sua proclamazione solenne.
Al di là di quel preciso momento, rimane un dato storico inoppugnabile: la popolazione ebraica a Gerusalemme è sempre stata maggioranza: relativa, quando non assoluta. Di sicuro lo è stata in tutto il secolo che precedette la guerra che cinque stati arabi scatenarono contro il neonato moderno Stato di Israele, letteralmente poche ore dopo la sua proclamazione solenne.
mercoledì 6 settembre 2017
L'occupazione illegale di Gerusalemme Est
Sentenza storica - è il caso di dire - quella pronunciata ieri da un tribunale israeliano. Dopo una lunghissima battaglia legale, gli eredi di una famiglia vissuta in una abitazione di Sheikh Jarrah, sobborgo a nord-est di Gerusalemme, hanno ottenuto lo sfratto nei confronti della famiglia Shamasneh, che quella casa ha occupato dal 1964.
I quartieri orientali di Gerusalemme furono occupati all'indomani della guerra scatenata nel 1948 dagli stati arabi nei confronti del neonato stato ebraico. Il conflitto si concluse nel giro di pochi mesi; ma la Giordania occupò illegalmente "Gerusalemme Est" per 19 lunghi anni, disponendo la distruzione di sinagoghe e luoghi di culto, e praticando una dolorosa pulizia etnica nei confronti della popolazione ivi residente da secoli. L'abitazione in questione, di proprietà di una famiglia ebrea fino al 1948, fu assegnata dalla potenza occupante ad una famiglia araba, che vi si insediò senza alcun titolo legale.
I quartieri orientali di Gerusalemme furono occupati all'indomani della guerra scatenata nel 1948 dagli stati arabi nei confronti del neonato stato ebraico. Il conflitto si concluse nel giro di pochi mesi; ma la Giordania occupò illegalmente "Gerusalemme Est" per 19 lunghi anni, disponendo la distruzione di sinagoghe e luoghi di culto, e praticando una dolorosa pulizia etnica nei confronti della popolazione ivi residente da secoli. L'abitazione in questione, di proprietà di una famiglia ebrea fino al 1948, fu assegnata dalla potenza occupante ad una famiglia araba, che vi si insediò senza alcun titolo legale.
mercoledì 1 marzo 2017
Gerusalemme è ebraica da sempre
Il 1917 è un anno cruciale nella travagliata storia di Gerusalemme: appena meno di un secolo fa, la capitale eterna del popolo ebraico era liberata dalle truppe inglesi, che il 10 dicembre 1917 scacciavano l’esercito turco da Gerusalemme, portando la metà meridionale della Palestina sotto il controllo britannico. Alla fuga dei turchi, il generale Allenby, comandante delle forze inglesi, entrava a Gerusalemme e rilasciava una proclamazione in inglese, ebraico ed arabo: l’Inghilterra avrebbe rispettato i diritti di tutti i cittadini, incluse le minoranze.
Ma qual'era la scomposizione della popolazione residente a Gerusalemme, un secolo fa? Ci viene in gradito aiuto un quotidiano dell'epoca, il l'Irish Standard che, nell'edizione del 22 dicembre 1917, così riportava ai suoi lettori: «Gerusalemme ha una popolazione di circa 70.000 persone, di cui i due terzi sono ebrei; il resto della popolazione è composta da cristiani e musulmani, in ragione approssimativamente di due ad uno».
Ma qual'era la scomposizione della popolazione residente a Gerusalemme, un secolo fa? Ci viene in gradito aiuto un quotidiano dell'epoca, il l'Irish Standard che, nell'edizione del 22 dicembre 1917, così riportava ai suoi lettori: «Gerusalemme ha una popolazione di circa 70.000 persone, di cui i due terzi sono ebrei; il resto della popolazione è composta da cristiani e musulmani, in ragione approssimativamente di due ad uno».
venerdì 16 dicembre 2016
Israele stringe le mani, mentre l'ANP è alle corde
Sta per chiudersi un anno orribile per l'Autorità nazionale palestinese. E il 2017 non si preannuncia migliore, per le casse esangui del fallimentare embrione di stato palestinese nato dagli Accordi di Oslo del 1993. Scioccati dall'incoraggiamento e supporto al terrorismo, gli Stati Uniti di Obama quest'anno hanno completamente tagliato le donazioni finanziarie a Ramallah: lo rivela il primo ministro palestinese Rami Hamdallah in un'intervista sconsolata ai media locali.
Secondo l'Esecutivo palestinese, i donatori stranieri hanno tagliato le contribuzioni in misura compresa fra il 62 e il 70% rispetto ad appena cinque anni fa; costringendo Abu Mazen a ridurre gli stanziamenti a favore delle famiglie dei terroristi palestinesi. Non a caso gli attentati ai danni della popolazione civile e militare israeliana quest'anno hanno subito un vistoso ridimensionamento.
Secondo l'Esecutivo palestinese, i donatori stranieri hanno tagliato le contribuzioni in misura compresa fra il 62 e il 70% rispetto ad appena cinque anni fa; costringendo Abu Mazen a ridurre gli stanziamenti a favore delle famiglie dei terroristi palestinesi. Non a caso gli attentati ai danni della popolazione civile e militare israeliana quest'anno hanno subito un vistoso ridimensionamento.
martedì 20 settembre 2016
Chi decide la capitale di Israele?
Nel 2012 HonestReporting costrinse il Guardian ad una rettifica, successiva ad un articolo in cui si stabiliva che la capitale di Israele non era in effetti Gerusalemme, bensì Tel Aviv. Non si trattò di una semplice svista: quando sollecitati a correggere l'errore, Il Guardian inizialmente si rifiutò, argomentando che Israele era in errore nell'individuare il luogo della propria capitale. In seguito il quotidiano tornò sui propri passi e porse le proprie scuse soltanto di fronte all'eventualità di una citazione in giudizio.
Grazie agli sforzi di HonestReporting la Ofcom - all'epoca l'autorità di vigilanza sulla stampa - modificò le proprie norme mentre Il Guardian aggiornò il manuale operativo usato dai propri giornalisti, che correttamente citano Gerusalemme quando parlano della capitale di Israele.
Qualche giorno fa la repubblica ceca si è piegata alle pressioni di gruppi filopalestinesi, annunciando che i libri di testo distribuiti ai ragazzi avrebbero contemplato lo stesso errore: indicando Tel Aviv come la capitale di Israele. La decisione di lì a breve è stata rivista, dopo una ferma lettera recapitata da Nir Barkat, sindaco di Gerusalemme.
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lunedì 12 ottobre 2015
Il solito strabismo dell'opinione pubblica internazionale
Che la si chiami o meno "intifada", la recente ondata di violenze e di azioni terroristiche da parte dei palestinesi è stata da alcuni ricondotta alle recriminazioni circa lo status quo relativo al Monte del Tempio di Gerusalemme, che ospita anche due moschee. Non entriamo nel merito delle recriminazioni strumentali del re di Giordania, che ha denunciato il mancato rispetto degli accordi sottoscritti dopo la fine dell'occupazione giordana del 1967; salvo essere contraddetto dal leader dell'opposizione di Amman, che denuncia l'attivo sostegno di Abd Allah II a favore dei facinorosi che nei giorni passati hanno messo a ferro e fuoco la Città Vecchia di Gerusalemme, inducendo l'intervento delle forze di sicurezza, e l'inevitabile intensificarsi della tensione. E non discutiamo la reale fondatezza delle argomentazioni di Gerusalemme, che non avrebbe alcun motivo a modificare la destinazione dei luoghi sacri; incluso il Muro Occidentale, che prima del 1967 era sistematicamente dissacrato e di fatto ridotto ad un orinatoio.
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giovedì 30 luglio 2015
La truffa delle "due" Gerusalemme
I governi occidentali dovrebbero smetterla di incoraggiare gli arabi a credere che un giorno Israele abbandonerà mezza Gerusalemme, a favore di un futuro stato palestinese. Non succederà mai. E più i nostri politici condannano Israele quando costruisce nella periferia della capitale, più mantengono le ambasciate a Tel Aviv; e più gli arabi si persuadono di poter rovesciare la creazione del moderno stato di Israele.
Ecco cosa ha da dire sul tema Eli E Hertz, presidente di "Myths and Facts", una organizzazione dedicata alla ricerca e alla divulgazione di informazioni sul Medio Oriente.
I palestinesi hanno maturato la convinzione che storicamente sono esistite due Gerusalemme: una "Gerusalemme Est", araba; e una "Gerusalemme Ovest", ebraica. Ma Gerusalemme non è mai stata una città araba: gli ebrei vi costituiscono la maggioranza dal 1870, e la scomposizione fra Est e Ovest è prettamente geografica; non politica.
Ecco cosa ha da dire sul tema Eli E Hertz, presidente di "Myths and Facts", una organizzazione dedicata alla ricerca e alla divulgazione di informazioni sul Medio Oriente.
I palestinesi hanno maturato la convinzione che storicamente sono esistite due Gerusalemme: una "Gerusalemme Est", araba; e una "Gerusalemme Ovest", ebraica. Ma Gerusalemme non è mai stata una città araba: gli ebrei vi costituiscono la maggioranza dal 1870, e la scomposizione fra Est e Ovest è prettamente geografica; non politica.
domenica 21 giugno 2015
Nazioni Unite: mentitori seriali
Il Consiglio dei Diritti Umani dell'ONU ha emesso venerdì un comunicato stampa, dal quale si apprende che «Makarim Wibisono, relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi "occupati" dal 1967, ha espresso oggi profonda preoccupazione per la situazione dei diritti umani dei palestinesi che vivono sotto un'occupazione che perdura da 48 anni. I dati dimostrano che le politiche dell'occupazione condizionano la vita dei palestinesi, costringendo loro ad abbandonare terreni e case, in special modo nell'area C del West Bank e a Gerusalemme Est», dichiara l'esperto dopo aver concluso la sua seconda missione nell'area.
mercoledì 3 giugno 2015
Quel giorno in cui il Muro Occidentale fu liberato
Ricorre il 48° anniversario della liberazione di Gerusalemme Est, occupata illegalmente dall'esercito giordano nel 1948, e ricollegata alla capitale israeliana con la Guerra dei Sei Giorni del 1967.
Quella che segue è la testimonianza del capitano Yoram Zamosh, comandante di compagnia nel 71° Battaglione Paracadutisti di Israele, resa con l'intervista raccolta nel libro ""The Lion's Gate: On the Front Lines of the Six Day War".
Il 7 giugno 1967, terzo giorno del conflitto, Zamosh combatte una battaglia che avrebbe ridisegnato il Medio Oriente dei tempi moderni. Dopo tre giorni di combattimenti a Gerusalemme Est e Ovest, Zamosh è fra i primi soldati a raggiungere il Muro Occidentale: ciò che resta del Secondo Tempio di Gerusalemme.
La sua testimonianza fa luce sul sentimento che lega molti israeliani alla loro antica capitale, si sofferma sul concetto di "confini del 1967", rivendicati dal futuro stato palestinese, e discute delle modalità con cui si potrà conseguire una pace definitiva, se e quando finalmente arriverà.
Quando noi della "Compagnia A" attraversammo la Porta del Leon la mattina del 7 giugno, l'obiettivo principale era quello di raggiungere il Muro Occidentale, malgrado il fuoco incessante e il pericolo dei cecchini nemici. Nel frattempo ci raggiunse Moshe Stempel, mio caro amico e vicecomandante della brigata.
Insieme avevamo ripulito il Monte del Tempio, e avevamo attraversato la Porta dei Marocchini. Eravamo a pochi passi dal Muro, ma non ne avevamo ancora acquisito il possesso.
Stempel mi ordinò di inviare laggiù uno dei miei uomini, mentre gli altri lo avrebbero seguito sopra, alla ricerca di un punto sul Muro ove issare la bandiera che custodivamo scrupolosamente da giorni.
Scelsi un giovane sergente, dal nome di Dov Gruner.
Una volta un giornalista chiese a Moshe Stempel: «perché hai scelto Dov Gruner come primo a dirigersi al Muro?»
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martedì 28 aprile 2015
Israele e Giordania: amici o nemici?
Malgrado gli Accordi di Pace del 1994, i rapporti fra Israele e Giordania sono sempre stati altalenanti. Da qualche mese la prospettiva di una partnership strategica basata sulla fornitura di gas naturale da Gerusalemme ad Amman, è stata messa in discussione dalla costante opera di disturbo del partito ideologico palestinista, ostile alla prospettiva di una definitiva normalizzazione fra i due stati bagnati dal Giordano.
Schizofrenia e alti e bassi non sono venuti meno di recente. Nelle ultime ore sono sopraggiunte due notizie fra esse contrastanti. Una testata giornalistica rivela come lo scorso 12 aprile Maher Abu Tair, autorevole editorialista del quotidiano giordano Al-Dustour, abbia stigmatizzato l'atteggiamento gelido da parte degli stati arabi nei confronti del regno hashemita. Al punto da spingere la Giordania nelle braccia di Israele: «la pura verità è che la Giordania non vanta più alcun alleato arabo, e al giorno d'oggi l'unico partner è Israele. Se gli arabi avessero voluto una Giordania forte, autonoma rispetto ad Israele, non l'avrebbero economicamente abbandonato, assediandolo politicamente al punto che la sua politica estera è diventata evanescente.
Schizofrenia e alti e bassi non sono venuti meno di recente. Nelle ultime ore sono sopraggiunte due notizie fra esse contrastanti. Una testata giornalistica rivela come lo scorso 12 aprile Maher Abu Tair, autorevole editorialista del quotidiano giordano Al-Dustour, abbia stigmatizzato l'atteggiamento gelido da parte degli stati arabi nei confronti del regno hashemita. Al punto da spingere la Giordania nelle braccia di Israele: «la pura verità è che la Giordania non vanta più alcun alleato arabo, e al giorno d'oggi l'unico partner è Israele. Se gli arabi avessero voluto una Giordania forte, autonoma rispetto ad Israele, non l'avrebbero economicamente abbandonato, assediandolo politicamente al punto che la sua politica estera è diventata evanescente.
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martedì 18 novembre 2014
A Gerusalemme uccisi quattro israeliani e l'obiettività della stampa
È bancarotta morale per l'informazione. Oggi a Gerusalemme è stato raggiunto il culmine, ma si fa sempre in tempo a scivolare ancora più in basso. A quest'ora i principali giornali online hanno riportato la notizia del grave attentato a Gerusalemme, dove due arabi sono penetrati all'interno della sinagoga di HarNof armati di pistole, coltelli e asce, uccidendo all'urlo di "Allah hu Akbar" quattro fedeli raccolti in preghiera, e ferendone 13, di cui almeno quattro gravemente. Sopraggiunte, le forza di polizia si sono cimentate in un conflitto a fuoco, che ha lasciato per terra i due terroristi.
Vediamo come stanno commentando i principali giornali l'attentato; ennesimo di una lunga e drammatica sequenza, documentata clamorosamente soltanto in minima misura.
«Attentato in sinagoga, strage a Gerusalemme», titola La Stampa, che aggiunge: «Morti quattro fedeli ebrei, uccisi anche i due attentatori. La rivendicazione di Hamas». Titolazione neutrale, per cogliere la provenienza palestinese degli attentatori bisogna il primo rigo della corrispondenza. Ma tutto sommato è una proposta ragionevole, in confronto ad altre scellerate.
Vediamo come stanno commentando i principali giornali l'attentato; ennesimo di una lunga e drammatica sequenza, documentata clamorosamente soltanto in minima misura.
«Attentato in sinagoga, strage a Gerusalemme», titola La Stampa, che aggiunge: «Morti quattro fedeli ebrei, uccisi anche i due attentatori. La rivendicazione di Hamas». Titolazione neutrale, per cogliere la provenienza palestinese degli attentatori bisogna il primo rigo della corrispondenza. Ma tutto sommato è una proposta ragionevole, in confronto ad altre scellerate.
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venerdì 3 ottobre 2014
Dove si trova Gerusalemme?
Divertente siparietto del britannico Telegraph, che nella sezione Viaggi presenta la rassegna delle venti città più antiche al mondo. Splendide testimonianze di un passato remoto, come Cadice (Spagna), Tebe (Grecia), Atene (Grecia), Kirkuk (Iraq) e via discorrendo. La certezza manifestata in principi di geografia, si sbriciola miseramente quando si giunge alla decima posizione: Gerusalemme, abitata già tre millenni prima della comparsa di Cristo, è collocata in... "Medio Oriente"!
HonestReporting, che per primo ha rilevato la grottesca svista, ha contattato la redazione del quotidiano britannico, che si è celata dietro una imbarazzata spiegazione: la capitale israeliana non sarebbe pacificamente tale per le Nazioni Unite, e per ciò essi preferiscono un atteggiamento terzo e distaccato.
Ma la rassegna intendeva disquisire di geografia, non di politica, per cui appare patetico confermare la macroscopica scarsa conoscenza dei fatti: Gerusalemme è la capitale dello stato ebraico, malgrado una sua porzione sia pretesa dagli arabi. Ciò non toglie che la Città Santa sia sempre stata riconducibile agli ebrei: perlomeno dal 2800 A.C., e in ultimo dal 1980, quando la Knesset approvò la legge che riconosceva Gerusalemme come capitale "una e indivisibile" dello Stato di Israele.
HonestReporting, che per primo ha rilevato la grottesca svista, ha contattato la redazione del quotidiano britannico, che si è celata dietro una imbarazzata spiegazione: la capitale israeliana non sarebbe pacificamente tale per le Nazioni Unite, e per ciò essi preferiscono un atteggiamento terzo e distaccato.
Ma la rassegna intendeva disquisire di geografia, non di politica, per cui appare patetico confermare la macroscopica scarsa conoscenza dei fatti: Gerusalemme è la capitale dello stato ebraico, malgrado una sua porzione sia pretesa dagli arabi. Ciò non toglie che la Città Santa sia sempre stata riconducibile agli ebrei: perlomeno dal 2800 A.C., e in ultimo dal 1980, quando la Knesset approvò la legge che riconosceva Gerusalemme come capitale "una e indivisibile" dello Stato di Israele.
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martedì 24 settembre 2013
Come combattere le offese
Ce n'é per tutti. L'altro giorno il famigerato Ahmad Tibi, deputato arabo del parlamento israeliano (circostanza che maledettamente toglie
molte argomentazioni a chi sostiene che da queste parti vi sia apartheid) e acceso antisionista, sostiene che la presenza di ebrei sul
Monte del Tempio di Gerusalemme sia intollerabile per la contaminazione che essi producono ai danni del terzo luogo sacro dell'Islam, dopo
la Mecca e Medina, e subito prima di Roma. E pazienza che il Monte del Tempio sia il luogo sacro per eccellenza dell'ebraismo, che da
queste parti si trova da qualche secolo prima della comparsa sulla Terra di Maometto...
Dal punto di vista dell'esponente arabo della Knesset, è giusto accogliere i fedeli in visita al Tempio con lancio di sassi e oggetti contundenti da parte di disponibilissimi giovanotti palestinesi. Un modo energico di combattere una manifestazione del proprio credo religioso.
Dal punto di vista dell'esponente arabo della Knesset, è giusto accogliere i fedeli in visita al Tempio con lancio di sassi e oggetti contundenti da parte di disponibilissimi giovanotti palestinesi. Un modo energico di combattere una manifestazione del proprio credo religioso.
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lunedì 23 settembre 2013
Alla Apple non conoscono la geografia
Dov'é Ittoqqortoormiit? non lo sa nessuno. Ci sono pochi dubbi sulla collocazione geografica e politica di Jakarta (Indonesia), o di Johannesburg (Sudafrica), ma la città dal nome impronunciabile citata è situata in Groenlandia: lo afferma con sicurezza il nuovo sistema operativo (iOS7) della Apple, che elenca le città di tutto il mondo per consentire i settaggi internazionali. Salvo rimediare una magra figura quando deve collocare Gerusalemme: non sa dove sia.
Alcuni fanno oggi ancora confusione, indicando in Tel Aviv anziché Gerusalemme come capitale dello stato ebraico. L'occupazione giordana, proceduta ininterrottamente dal 1948 fino alla Guerra dei Sei Giorni del 1967, ha inciso significativamente sui libri scolastici di storia e geografia, se è vero che molti anziani appaiono in tal modo confusi. Eppure la sede del governo israeliano è a Gerusalemme, qui si svolge l'attività legislativa della Knesset, il parlamento israeliano; e sempre qui risiede la Corte Suprema di Giustizia, la Banca Centrale di Israele e la maggior parte dei ministeri. Non dovrebbe essere così difficile stabilire in quale stato si collochi Gerusalemme.
Alcuni fanno oggi ancora confusione, indicando in Tel Aviv anziché Gerusalemme come capitale dello stato ebraico. L'occupazione giordana, proceduta ininterrottamente dal 1948 fino alla Guerra dei Sei Giorni del 1967, ha inciso significativamente sui libri scolastici di storia e geografia, se è vero che molti anziani appaiono in tal modo confusi. Eppure la sede del governo israeliano è a Gerusalemme, qui si svolge l'attività legislativa della Knesset, il parlamento israeliano; e sempre qui risiede la Corte Suprema di Giustizia, la Banca Centrale di Israele e la maggior parte dei ministeri. Non dovrebbe essere così difficile stabilire in quale stato si collochi Gerusalemme.
martedì 16 luglio 2013
Affamateli, e saranno più ragionevoli
Bizzarro. L'Unione Europea ha un modo davvero bislacco di concepire i negoziati di pace fra due parti: imponendo ad una delle due, dal comodo delle poltrone di Bruxelles, una conclusione nota in partenza. Un atteggiamento sprezzante che non si adotta nemmeno con un nemico di guerra, al quale quantomeno si concorda il formalismo onorevole della conferenza di pace. Se poi una delle due parti è Israele, ogni ragionevolezza può essere legittimamente calpestata; e poco importa se la controparte araba ha sottoscritto principi condivisi, che ora Eurabia vuole abbattere. Persino il mediocre Kerry, fra una capitale mediorientale e l'altra, sta salvando l'apparenza di una laboriosa tessitura diplomatica che conduca all'unico modo per dirimere una controversia: il negoziato.
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giovedì 25 aprile 2013
La metropolitana di Gerusalemme è pienamente legittima

Ma proprio per questo, è significativo il recente pronunciamento di un tribunale francese, a proposito di una querelle sorta attorno al treno ultramoderno che dovrebbe collegare la capitale israeliana ai territori contesi del West Bank. Un mezzo di trasporto agile, moderno ed economico, che dovrebbe agevolare la mobilità anche delle comunità palestinesi da e verso Gerusalemme; guardato con ostilità perché "violerebbe" la sovranità territoriale dell'ANP.
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lunedì 22 aprile 2013
Sempre più palestinesi diventano israeliani
sabato 29 dicembre 2012
Due stati per due popoli? non funzionerà mai
di Barry Shaw*
C'è da spiegare qualcosa? Per decenni siamo stati bombardati da presunti esperti, che ci volevano spiegare perché il paradigma dei due stati (per due popoli: arabo e israeliano, NdT) era l'unica soluzione plausibile per un'intesa con i palestinesi, e affinché sopravvivesse uno stato ebraico. Avendo impiegato tutto questo tempo nello studiare e analizzare i percorsi postulati da questa road map, e dopo aver analizzato le personalità e le intenzioni degli avversari degli israeliani, sono giunto alla conclusione, definitiva e irrevocabile, che ciò non avverrà mai. E se mai arrivassimo a questo, sarebbe una tragedia per Israele: sarebbe la condanna a morte per lo stato ebraico.
Sarebbe una condanna a morte perché sarebbe l'ultimo atto, in cui Israele sarebbe ridotto ad uno scheletro di uno stato strategicamente indebolito, impossibilitato a difendersi o a proteggeri dagli attacchi di un gruppo minaccioso di stati islamici radicali. Uno stato palestinese non agirebbe affatto da cuscinetto nei confronti di questa ostilità; piuttosto, sarebbe l'avanguardia di un consistente attacco generalizzato.
Quando discuto questa questione con i politici israeliani, con gli esperti, con i diplomatici europei e con i giornalisti, i quali coltivano l'utopia di una soluzione di due stati sulla base dei confini del 1967 (di fatto: le linee armistiziali del 1949, che le parti belligeranti chiarirono fossero assolutamente non definitive, NdT), con una parte di Gerusalemme consegnata ai palestinesi come capitale del loro stato; pongo loro una domanda, molto importante, che mi angoscia: mi angoscia perché non ricevo mai risposta che plachi le mie ansie e i miei timori.
- «Non c'è posto per gli ebrei fra di noi, e non avete un futuro fra le nazioni del mondo. Siete destinati alla cancellazione» (Mahmoud Zahar).
- «Morte ad Israele» (slogan ricorrente nelle dimostrazioni antisioniste).
- «Non riconoscerò mai uno stato ebraico, ne' oggi ne' fra mille anni!» (Mahmoud Abbas).
- «Dal fiume (Giordano, NdT) al mare, da nord a sud, questa è la nostra terra, la nostra patria. Non rinunceremo nemmeno ad un pollice di essa. Israele è illegittimo e lo sarà per sempre. E' roba nostra, e non dei sionisti» (Khaled Mashaal).
- «Oggi Gaza. Domani Ramallah. Dopo ci prenderemo Gerusalemme, e poi Haifa e Jaffa» (Ismail Haniyeh).
C'è da spiegare qualcosa? Per decenni siamo stati bombardati da presunti esperti, che ci volevano spiegare perché il paradigma dei due stati (per due popoli: arabo e israeliano, NdT) era l'unica soluzione plausibile per un'intesa con i palestinesi, e affinché sopravvivesse uno stato ebraico. Avendo impiegato tutto questo tempo nello studiare e analizzare i percorsi postulati da questa road map, e dopo aver analizzato le personalità e le intenzioni degli avversari degli israeliani, sono giunto alla conclusione, definitiva e irrevocabile, che ciò non avverrà mai. E se mai arrivassimo a questo, sarebbe una tragedia per Israele: sarebbe la condanna a morte per lo stato ebraico.
Sarebbe una condanna a morte perché sarebbe l'ultimo atto, in cui Israele sarebbe ridotto ad uno scheletro di uno stato strategicamente indebolito, impossibilitato a difendersi o a proteggeri dagli attacchi di un gruppo minaccioso di stati islamici radicali. Uno stato palestinese non agirebbe affatto da cuscinetto nei confronti di questa ostilità; piuttosto, sarebbe l'avanguardia di un consistente attacco generalizzato.
Quando discuto questa questione con i politici israeliani, con gli esperti, con i diplomatici europei e con i giornalisti, i quali coltivano l'utopia di una soluzione di due stati sulla base dei confini del 1967 (di fatto: le linee armistiziali del 1949, che le parti belligeranti chiarirono fossero assolutamente non definitive, NdT), con una parte di Gerusalemme consegnata ai palestinesi come capitale del loro stato; pongo loro una domanda, molto importante, che mi angoscia: mi angoscia perché non ricevo mai risposta che plachi le mie ansie e i miei timori.
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mercoledì 10 ottobre 2012
I pericoli per gli ebrei in visita al Monte del Tempio
Un non ebreo farà sempre fatica a capire perché il Monte del Tempio, luogo sacro per eccellenza della religione ebraica, sia affidato alle cure del WAQF, sorta di fondazione islamica il cui compito fondamentale è quello di amministrare e gestire la moschea di Al Aqsa nella città vecchia di Gerusalemme. Dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967 che finalmente ricongiunse la parte orientale della città a quella occidentale, ponendo termine a 19 anni di occupazione giordana, il governo israeliano acconsentì che il WAQF conservasse questa sorta di antica giurisdizione sui luoghi sacri dell'Islam; che finiscono per combaciare con i luoghi sacri dell'ebraismo.
Il fatto è che le "autorità" sono assolutamente intransigenti. Così, non solo è vietato agli ebrei pregare; ma anche soltanto chiudere gli occhi, raccogliendosi in meditazione; o, a discrezione delle guardie, semplicemente restare immobili davanti al Muro Occidentale (cioé che resta dell'antico Tempio di Gerusalemme). La reazione può essere dura e il WAQF ha l'autorità di denunciare i contravventori alla polizia municipale, che a sua volta è costretta a prendere formali provvedimenti.
Queste immagini sono state rese note da Israel National News, e testimoniano il maltrattamenti subiti da un ebreo, in visita sul Monte del Tempio, ad opera di un soggetto riconducibile al WAQF. Il video è stato girato da in occasione della festività del Sukkot, celebrata sin dalla distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C.
Il gruppetto di fedeli è stato scortato a distanza ravvicinata da una pattuglia di quattro poliziotti, e due agenti del WAQF. Alla fine del pellegrinaggio, il gruppo è stato affrontato con crescente aggressività da uno di questi due agenti, che ha sferrato calpi e pugni all'indirizzo dei malcapitati. La piccola comitiva è stata di lì a breve circondata da altri arabi, con intenti tutt'altro che amichevoli.
La polizia locale, come in altre circostanze simili, è apparsa debole e balbettante rispetto all'aggressione, alle minacce subite e alle intimidazioni; limitandosi a portare fortunosamente in salvo i malcapitati. Simili episodi qui sono all'ordine del giorno, risultano tollerati dalle autorità, e prima di tutto trascurati dal governo; in ossequio ad una concessione che è stata accolta in termini decisamente più estensivi del ragionevole.
Il fatto è che le "autorità" sono assolutamente intransigenti. Così, non solo è vietato agli ebrei pregare; ma anche soltanto chiudere gli occhi, raccogliendosi in meditazione; o, a discrezione delle guardie, semplicemente restare immobili davanti al Muro Occidentale (cioé che resta dell'antico Tempio di Gerusalemme). La reazione può essere dura e il WAQF ha l'autorità di denunciare i contravventori alla polizia municipale, che a sua volta è costretta a prendere formali provvedimenti.
Il gruppetto di fedeli è stato scortato a distanza ravvicinata da una pattuglia di quattro poliziotti, e due agenti del WAQF. Alla fine del pellegrinaggio, il gruppo è stato affrontato con crescente aggressività da uno di questi due agenti, che ha sferrato calpi e pugni all'indirizzo dei malcapitati. La piccola comitiva è stata di lì a breve circondata da altri arabi, con intenti tutt'altro che amichevoli.
La polizia locale, come in altre circostanze simili, è apparsa debole e balbettante rispetto all'aggressione, alle minacce subite e alle intimidazioni; limitandosi a portare fortunosamente in salvo i malcapitati. Simili episodi qui sono all'ordine del giorno, risultano tollerati dalle autorità, e prima di tutto trascurati dal governo; in ossequio ad una concessione che è stata accolta in termini decisamente più estensivi del ragionevole.
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