martedì 30 luglio 2013

Palestina futuro stato razzista?

Se le premesse sono queste, non c'è motivo per ritenere che questi negoziati di pace si risolveranno diversamente dai tentativi infruttuosi del passato.
In un'intervista alla Reuters, il presidente dell'OLP, dell'ANP, del Fatah, e insomma il padre-padrone dei palestinesi, sponda West Bank ('che nella Striscia di Gaza proprio non ci pensa a mettervi piede. A proposito? si parlerà di Gaza nei colloqui a Washington? o lo consederiamo di fatto un nuovo stato, come testimoniato dalle recenti visite - di Stato - di alcuni leader arabi alla corte di Hamas?), ha dichiarato testualmente che non un solo israeliano metterà piede nel futuro stato palestinese. Non solo: secondo Abu Mazen tutti i territori contesi dopo la Guerra dei Sei Giorni sarebbero illegittimamente occupati: dunque anche la città vecchia di Gerusalemme, strappata dopo 19 anni dagli israeliani all'occupazione giordana. Tutti i territori al di là della famosa Linea Verde, insomma. In spregio agli accordi armistiziali del 1949, che chiarirono inequivocabilmente che quei territori sarebbero stati assegnati dopo negoziati fra Gerusalemme e le potenze arabe che all'epoca aggredirono il neonato stato ebraico (all'epoca, come noto, i palestinesi ancora non esistevano).

lunedì 29 luglio 2013

Dal Giordano al mare

Quella è in alto è la "copertina" che introduce alla home page su Facebook del negoziatore palestinese che domani sera discuterà di "pace" a Washington con l'omologo di Gerusalemme.
Si nota purtroppo un particolare aberrante: lo stato israeliano non esiste più. E' tutto coperto da un neonato stato palestinese, come suggerisce anche la scritta in arabo ("filastin", dai filistei, gli acerrimi nemici degli ebrei che popolavano questa terra ai tempi dei romani, dai quali furono deportati, prima che Galilea, Giudea e Samaria fossero appunto ribattezzate "Palestina" in spregio ai suoi abitanti nativi).
Cosa c'è di peggio? liberare 102 criminali che hanno ucciso, brutalizzato, violentato e ferito centinaia di persone innocenti? o stringere la mano ad un soggetto che manifesta la volontà di distruggere un'intera nazione?
Cosa direbbe il mondo se il negoziatore israeliano addobbasse la home page del suo profilo Facebook con una dichiarazione con cui si intende prendere possesso del West Bank?
Sulla pagina di Mohammad Shtayyeh, che rappresenta i palestinesi, si legge «Pretendiamo di negoziare per la pace, ma solo come mezzo per raggiungere un fine: la distruzione di Israele, e la creazione al suo posto di uno stato palestinese sull'intero territorio» (H/t: Israellycool).
Può andare peggio? certo che può andare peggio. Smarrita per la defenestrazione di Morsi e il ridimensionamento in Egitto della Fratellanza Musulmana, esule da Damasco e lontana dalla protezione di Assad, Hamas è rimasta temporaneamente senza punti di riferimento, con il Qatar allontanatosi nelle ultime settimane. Come rileva Khaled Abu Toameh, nelle ultime settimane si sono di nuovo intensificati i contatti fra l'organizzazione terroristica palestinese e l'Iran, che per la verità manteneva rapporti con una corrente di Hamas, finora minoritaria. La crescente ostilità da parte dei militari che guidano ora l'Egitto ha indotto il regime di Gaza ad accettare la corte interessata degli ayatollah. Che in questo modo minacciano di insediarsi anche fisicamente nell'enclave palestinese. Una brutta notizia per Abu Mazen. Ma, purtroppo, anche per lo stato israeliano.

Finirà come sempre

Ma noi già sappiamo che finirà come le altre volte: come nel 1949 dopo la guerra scatenata dagli stati arabi confinanti, che ha prodotto quella vergognosa arma di pressione psicologica che si chiama "rifugiati", con lo strascico di un carrozzone costoso, sclerotizzato e burocratizzato dal nome di UNRWA; come nel 1967, dopo la Guerra dei Sei Giorni che impedì ancora una volta agli stati confinanti condotti dall'Egitto di Nasser di annientare lo stato ebraico (la proposta di pace israeliana, con restituzione di tutti i terrotori conquistati nella guerra difensiva, fu rispedita al mittente con i famosi "tre no" di Khartoum); come nel 1993, dopo gli sciagurati Accordi di Oslo che non hanno portato nulla all'infuori di nuovo terrorismo; dopo i falliti accordi di pace di Camp David del 2000, con Arafat che si alzò dal tavolo dei negoziati perché la pace appariva finalmente a portata di mano; dopo la clamorosa e unica proposta di pace di Olmert del 2008, che lasciò sconcertati gli stessi Bush e Rice, e che un imbarazzatissimo Abu Mazen fece cadere perché dimostrava il reale interesse degli israeliani alla pace, tanto era generosa quella proposta; anche questa volta, dopo aver compiuto il primo passo, liberando 100 criminali della peggiore specie, rei confessi e autori compiaciuti di stragi nei confronti di civili, i palestinesi fingeranno di meditare, festeggeranno le canaglie tornate a casa, resteranno in silenzio fino all'ultimo, e poi dopo ogni ragionevole lasso di tempo pretenderanno altre concessioni, accusando uno stremato e amareggiato Israele del fallimento dei negoziati a fronte del rifiuto di tagliarsi ulteriori appendici.

venerdì 26 luglio 2013

E' allarme ora per il falco-spia sionista

Si arrichisce di una nuova specie animale lo zoo sionista al servizio del Mossad. Israele assalta la vicina Turchia per vie aeree. E lo fa servendosi di una temibile arma: nientepopodimeno che... un falco!
niente sorrisini di compatimento. Dopo gli squali liberati nel mar Morto per colpire il turismo egiziano, dopo il pollo sionista che affama le popolazioni arabe, dopo una serie di varietà del mondo animale con cui il sionismo minaccia l'ordine globale; è la volta del falco. La denuncia proviene dalle islamicissime autorità della Mezzaluna, che hanno catturato uno splendido esemplare di rapace, accusato di lavorare per i servizi segreti israeliani. I valorosi residenti dell'area sorvolata dal malcapitato si sono immediatamente insospettiti osservando la fascetta metallica, recante la scritta "24311 Tel Avivunia Israel", che cingeva la zampa dell'uccello, e lo hanno immediatamente consegnato alle autorità locali.

giovedì 25 luglio 2013

L'occupazione di cui in pochi parlano

Si sente molto discutere di "occupazione", di questi tempi. Il segretario di Stato americano John Kerry sta facendo del suo meglio per convincere i leader palestinesi a riprendere a dialogare di pace con Israele; ma essi chiedono che i negoziati si basino sulle linee armistiziali del 1949.
Di recente l'Unione Europea ha rilasciato le linee guide per gli investimenti per i 28 stati membri. Anche di questo si è parlato molto negli ultimi tempi. Ecco cosa ha riferito l'agenzia France Press: «le linee guida vietano di intraprendere relazioni o finanziare entità israeliane che si collochino al di là della cosiddetta Green Line del 1967: vale a dire, nel West Bank, a Gerusalemme est, a Gaza e sulle Alture del Golan. Esse esplicitamente prevedono che ogni futuro accordo preveda che queste zone non siano parte dello stato ebraico. Ciò crea un dilemma per Israele: continuare ad occupare il West Bank, a rischio di compromettere le relazioni con la comunità internazionale (per non parlare dei rapporti commerciali); o disimpegnarsi appieno».

martedì 23 luglio 2013

Ti difendi dagli attacchi? paga la multa!

C'è ancora chi crede che le Nazioni Unite siano state istituite per garantire la pace nel mondo, meglio di quanto sia stato fatto fino ad allora dalla defunta e poco rimpianta Società delle Nazioni. Fantasie. L'ONU è un organismo, in cui i cosiddetti "paesi non allineati" (esponenti di primo piano della tolleranza, della democrazia e del rispetto delle libertà individuali del calibro di Afghanistan, Bielorussia, Cuba Iran, Libia, Pakistan, Arabia Saudita, Sudan, Siria, Venezuela; in rigoroso ordine alfabetico), oggi maggioranza, impongono un'agenda piuttosto discussa.
Ma non polemizziamo. Il Palazzo di Vetro sforna alacremente risoluzioni o pronunciamenti, che danno lavoro a 5 mila persone; a 50 mila dipendenti, in tutto il mondo. Una bella macchina che crea posti di lavoro; e pazienza se in questa operosa frenetica smania produttiva, finisca di mezzo il solito capro espiatorio: quello stato talmente piccolo - esteso quanto la Puglia - e talmente ostracizzato dagli stati confinanti; che può essere benissimo sacrificato sull'altare del politicamente corretto.

sabato 20 luglio 2013

Saluti da Gaza

Mentre John Kerry cerca prodigiosamente di portare a casa una promessa di riapertura di dialogo fra israeliani e palestinesi, conseguendo apparentemente il primo successo della politica estera americana di Obama; poco lontano da Amman, dove il consorte della signora Heinz ha faticosamente triangolato fra Gerusalemme e Tel Aviv, si continua a morire per impiccagione. A Gaza, qualche giorno fa, il boia ha eseguito la sesta sentenza di condanna a morte di questo sanguinoso 2013. Costa carissimo, fino alla vita, essere sospettati di collaborare con il nemico. Un mese fa un palestinese ha subito la stessa sorte poiché sospettato vagamente di collaborare con lo stato israeliano.
A questo punto, Ismail Haniyeh starà sudando freddo. Il leader di Hamas infatti, nel tentativo di rispolverare la sua immagine pubblica piuttosto appannato, ha visitato una scuola elementare della Striscia di Gaza, dove ha dispensato bevande e snack ai bambini ivi ospitati. Non si è accorto, il tapino, che gli yogurt somministrati sono prodotti proprio da una ditta isr... oops, sionista, come evidenzia bene la foto. Una evidente manifestazione di collaborazionismo con il nemico che potrebbe costar cara al boss di Hamas.

giovedì 18 luglio 2013

Un aeroporto a Ramallah per rilanciare la pace?

Il povero John F. Kerry, il JFK de noantri, avrà pure subito l'onta di essere stato sconfitto nel 2004 da George Bush nella corsa verso la Casa Bianca che a momenti si interrompeva per un bretzel andato di traverso. Però, grazie alla sua tenacia, e forse ai miliardi della moglie, non si è mai dato per vinto, ed è riuscito a succedere ad un pezzo da novanta come Hillary Clinton alla guida della politica estera americana. Che in tutto il Medio Oriente ha colto insuccessi e fallimenti agghiaccianti; ma che proprio per questo sta puntando tutte le sue carte e la residua credibilità di cui gode, nella soluzione dello storico conflitto fra israeliani e palestinesi.

mercoledì 17 luglio 2013

L'odio ingiustificato della UE verso Israele

di Melanie Phillips*

C'è costernazione in Israele dopo la malevola decisione dell'Unione Europea di boicottare cittadini ed istituzioni situati ad est della "Linea Verde" fra Israele e i territori contesi. Ciò dovrebbe includere presumibilmente il boicottaggio dell'Università Ebraica che si colloca subito oltre quella linea o anche - grottesco - i cittadini ebrei residenti nella Città Vecchia di Gerusalemme, dove antichi insediamenti ebraici precedono l'arrivo di un solo arabo, a partire da quando il Re David iniziò a costruire la capitale del regno del popolo ebraico.
Secondo la UE gli insediamenti ebraici oltre la Linea Verde sarebbero illegali secondo il diritto internazionale. Nulla di nuovo: lo sostiene anche l'ONU e gli organismi ad essa associati. Peccato che siano in errore.

martedì 16 luglio 2013

Affamateli, e saranno più ragionevoli

Bizzarro. L'Unione Europea ha un modo davvero bislacco di concepire i negoziati di pace fra due parti: imponendo ad una delle due, dal comodo delle poltrone di Bruxelles, una conclusione nota in partenza. Un atteggiamento sprezzante che non si adotta nemmeno con un nemico di guerra, al quale quantomeno si concorda il formalismo onorevole della conferenza di pace. Se poi una delle due parti è Israele, ogni ragionevolezza può essere legittimamente calpestata; e poco importa se la controparte araba ha sottoscritto principi condivisi, che ora Eurabia vuole abbattere. Persino il mediocre Kerry, fra una capitale mediorientale e l'altra, sta salvando l'apparenza di una laboriosa tessitura diplomatica che conduca all'unico modo per dirimere una controversia: il negoziato.

Un riconoscimento immeritato

No, dico, uno non si può assentare manco per un paio di settimane, che ti appioppano addirittura una nomination. Che poi non si capisce bene cos'é, ma di questi tempi essere nominato deve pur sempre essere meglio che Innominato; sarà una cosa buona, insomma. Soprattutto se è a nominarmi è proprio Lei, sempre pungente, incazzata al punto giusto e disarmante nella sua capacità di mettere a nudo le ipocrisie e le meschinità di una parte ben precisa del genere umano.
Non so bene cosa ci faccia fra le sue nomine, io, insignificante borghesino, ma insomma forse qualcosa di buono in questi tre anni devo averla realizzata. Mi conviene stare al gioco...
Allora, le regole sono:
- pubblicare il logo del riconoscimento: fatto. Non me lo merito, ma spero che sia necessario scrollare molto le pagine di questo blog, nei prossimi giorni, per rinvenirlo;
- Rispondere a 11 domande. Lo faccio in coda. E' più importante la terza regola;
- Passare il premio ad altri 11 blogger. Molto volentieri:

1) Ilblogdibarbara. Senza esitazione. E' lei che mi ha aperto gli occhi, trasmesso la passione. La trovi dappertutto, e ti senti confortato.
2) Cartoline dall'Eurabia. L'appuntamento (quasi) quotidiano con Ugo Volli. Vuoi apprendere la questione arabo-israeliana? leggi Ugo Volli e capirai.
3) Bugie dalle gambe lunghe. Se non sbaglio, è approdato soltanto di recente nella Blogosfera. Ma ha riempito un vuoto: adoro i suoi approfondimenti pazienti, le ricerche articolate, la selezione delle immagini.
4) Focus on Israel. Più un sito che un blog, ma la segnalazione non può mancare.
5) Israellycool. Curato da "Aussie Dave", è una bella fonte di sbufalamento di calunnie antisioniste, e denuncia del comportamento grottesco dei calunniatori.
6) Dry Bones. Il vecchio "Bones"... sono quarant'anni che con una vignetta dice tutto, coprendo di ridicolo eurarabi e loro amichetti.
7) Avi Mayer, che da Israele cerca di "riparare il mondo", dice lui. Spesso fornisce degli scoop in anteprima.
8) Zionist Shark. Sapete, questi israeliani sono capaci di tutto. Anche di spedire squali, addestrati dal Mossad, per infestare le acque del Mar Rosso e mettere fuga i turisti. Ora che l'Egitto è sprofondato da solo, in crisi, come ritorna(no) a casa?
9) Muqata. Quando la tensione aumenta, quando gli israeliani decidono di essersi un pochino stancati dei missili sparati da Gaza, è un'ottima fonte di informazione. Ne faremmo volentieri a meno... dopotutto, come sospira la mamma di Zohan, «sono in guerra da duemila anni; prima o poi dovranno finire?!»
10) Elder Of Ziyon. Hai detto niente. Le bufale sui bambini palestinesi colpiti (da Hamas), sui omoni apparentemente privi di vita e poi miracolosamente ripresisi, sulle foto scattate in Siria e spacciate per gazane, sono state denunciate quasi sempre da lui. Gli altri sono arrivati dopo. Spesso, senza menzionare...
11) Pal Media Watch. Fate vedere i suoi filmati ai vostri amici: voi abbozzerete un sorriso, essi trasaliranno e degluttiranno rumorosamente, alla visione del reale universo palestinese.
12 CiF Watch. Mitici! quante volte hanno sbugiardato il Guardian, con le sue ossessioni antisemite.