sabato 30 aprile 2016

Il test dell'antisemitismo

Abbiamo un problema. A cena, alla presentazione dell'ultimo libro di quell'autore tanto osannato, al concerto a teatro, al raduno degli appassionati di fotografia, alla lezione di tango argentino; purtroppo, per quanto ci si impegni, non si riuscirà ad evitare la presenza del(la) idiota che ci accuserà di essere antisemiti per qualche affermazione sfuggita via dopo il terzo mojito. E via a spiegare che, no, «io sono antisionista, non antisemita», che «dopotutto anche gli arabi sono semiti», che «ho amici fra gli ebrei, eppure...», che «alla base di tutti i problemi c'è il conflitto israelo-palestinese»: nonostante l'affannosa ricerca di una frase che riabiliti davanti agli occhi sconcertati degli amici, la sensazione di aver detto una cavolata persisterà.
Onde evitare di rinunciare alla propria vita sociale, e di essere espulsi dalle liste WhatsApp di tutto il mondo, sarà bene svolgere questo rapido test che chiarirà una volta per tutte la vostra reale natura.
Nel caso si risponda affermativamente ad almeno una dichiarazione, sì, siete antisemiti. Ma non c'è problema: il mondo è pieno di bastardi pronti a congratularvi con voi!

martedì 26 aprile 2016

La strage del Bataclan poteva essere evitata

Chi di boicottaggio ferisce, di boicottaggio perisce. Secondo una ricostruzione del Times of Israel, dopo gli attentati alla redazione di Charlie Hebdo e all'Hyper Cacher di gennaio 2015, lo stato ebraico avrebbe offerto la sua tecnologia di tracciamento dei terroristi a Parigi e Bruxelles, che avrebbero declinato l'offerta. Sconcertante la motivazione addotta: un'azienda privata israeliana, di cui si ignorano le generalità, avrebbe offerto ai servizi segreti francesi il suo raffinato software di tracking dei terroristi dello Stato Islamico; ma un funzionario di Parigi avrebbe sollevato le braccia, ammettendo che «la tecnologia Made in Israel non può essere acquistata».

martedì 19 aprile 2016

La barzelletta della "pulizia etnica" dei palestinesi

Una delle frodi dell'opinione pubblica più abitualmente perpetrate dai palestinisti, è rappresentata dalla conclamata "pulizia etnica" praticata dagli israeliani ai danni dei palestinesi. Come spesso accade, questa diffamazione è facilmente confutabile con i numeri; davanti ai quali gli spacciatori di patacche possono reagire o nascondendosi dietro la loro mediocrità; o rilanciando tesi ancora più assurde e strampalate, nel tentativo di tramortire il malcapitato osservatore all'oscuro dei fatti.
La menzogna della pulizia etnica nei territori palestinesi è facilmente sconfessabile ricorrendo alle statistiche:
- la popolazione palestinese nel West Bank è passata da 462.000 persone nel 1949 agli attuali 2,5 milioni di individui;
- a Gaza c'erano appena 82 mila palestinesi nel 1949. Oggi sono 1,75 milioni di individui;

È invece la popolazione ebraica a denunciare un sistematico ridimensionamento:

lunedì 18 aprile 2016

La questione pallestinese

La giornata della terra, il Nakba Day, il Naksa Day: sono iniziative concepite per rinvigorire il rivendicazionismo palestinista, stimolando la popolazione ad un'ostilità permanente con la retorica dell'"occupazione", e legittimando l'esistenza di costose strutture burocratiche sclerotizzate, inefficienti e corrotte. Ma di tanto in tanto si esagera con la retorica di grana grossa, scivolando nella banalità e nel paradosso. La questione palestinese si trasforma in divulgazione pallestinese; nel senso che le si spara talmente grosse, da suscitare nell'interlocutore una irrefrenabile risata.
È quanto si è letto ieri a proposito della "giornata del detenuto palestinese" (tranquilli: l'anno ne può contenere al massimo 366, di simili iniziative). Per l'occasione, un paio di agenzie palestinese hanno sfornato il dato aggiornato: dal 1967, sarebbero stati arrestati ben un milione di palestinesi. Il dato, seppur grottescamente inverosimile, è rimbalzato sui media internazionali, come sempre senza verifica preventiva.

venerdì 15 aprile 2016

La minaccia alla pace in Medio Oriente? qualche villaggio al confine fra Israele e territori palestinesi...

La vedete la mappa qui a destra? è stata proposta ieri sera su RaiTre, nell'ambito della trasmissione "L'Erba dei Vicini", sapientemente condotta da Beppe Severgnini.
Si discute dell'annosa questione dei territori contesi fra israeliani e arabi, e delle rivendicazioni palestinesi.
Una degli argomenti più triti e ritriti a proposito della questione israelo-palestinese, riguarda le "colonie" israeliane nel West Bank. Per i nemici dello stato ebraico, sarebbero un macigno che impedisce la nascita di uno stato palestinese, costituendo di conseguenza una «grave minaccia alla pace in Medio Oriente». Come se il caos in Libia, la guerra civile in Siria, il disordine in Iraq, le sommosse nello Yemen e la tensione in Egitto fossero bazzecole...
Ma a quanto ammontano questi territori contesi?
la mappa rivela una verità che per molti è risultata clamorosamente sconcertante: ben poco! I territori dell'area C - che gli Accordi di Oslo assegnano alla piena disponibilità di Gerusalemme, che ivi può anche costruire case, in attesa di accordi di pace definitivi; case che nel caso di passaggio ai palestinesi di questi territori, sarebbero smantellate come occorso nel 2005 a Gaza - su cui vivono le comunità israeliane che qui si sono insediate spontaneamente nei decenni; costituiscono poco più dell'1% (UN PERCENTO)!

giovedì 14 aprile 2016

L'ipocrisia della "risposta sproporzionata"

di Gavin Kadey*

Al termine dell'ultimo conflitto mondiale, le perdite fra gli americani furono considerevoli: circa 420.000 vittime, di cui dodici mila civili. Poco, in confronto alle vittime giapponesi: fra 2,6 e 3,2 milioni di persone. Ma questa è la guerra, e il fine giustifica i mezzi. Qualcuno ha mai denunciato la risposta sproporzionata degli americani?
Nel 1990 l'Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait e la coalizione guidata dagli Stati Uniti giunge in soccorso dei kuwaitiani. Restano per terra circa 28.000 iracheni, fra cui 3000 civili. La coalizione perde in tutto 500 anime. Qualcuno si spinse a denunciare la risposta sproporzionata del mondo libero?
Al termine della Guerra di Corea, gli americani persero 35.000 soldati; i coreani, nel complesso, più di un milione. C'è qualche libro di storia che punta il dito contro gli americani?
Durante la Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi persero 7 milioni e mezzo di vite, secondo le statistiche ufficiali; metà delle quali civili. Gli alleati nel complesso sacrificarono un milione di persone. Fu la loro azione sproporzionata? E sì che gli alleati deliberatamente colpirono le città e obiettivi civili, nel tentativo di porre fine quanto prima alle ostilità.

domenica 3 aprile 2016

Come potremmo vivere senza le messinscene di Pallywood?

Riecco la nostra adorata Shirley Temper! la quasi maggiorenne Ahed Tamimi, protagonista indiscussa delle produzioni di Pallywood tanto apprezzate dai media occidentali, ritorna con un nuovo video che siamo sicuri farà la felicità dei reporter giunti in massa a Nabi Saleh - dove risiede la famiglia Tamimi - per filmare "gli incidenti" spontanei manifestatisi. Pazienza che il costo di queste messinscene diventa sempre più esorbitante: il budget dei giornali europei se ne farà una ragione.
L'intento delle foto che oggi «faranno il giro del web» è chiaro: dimostrare la brutalità dell'esercito israeliano, che maltratta bambini e donne, una delle quali stramazza letteralmente al suolo per il dolore prodotto dalle "percosse" subite.
Il video che inopportunamente è disponibile a corredo delle immagini, mostra un nutrito gruppo, inclusivo di donne velate di nero e della nostra adorabile attrice, dirigersi baldanzosamente verso i gas lacrimogeni e la postazione dei militari; tutte dotate di telecamere e smartphone. Lo scopo come sempre è quello di catturare fotogrammi memorabili di una messinscena che produrrà tanti bei dollaroni.
Ad un certo punto una di queste donne si cimenta nel tentativo di mettere a dimora una pianticella da vivaio davanti alle telecamere e ai soldati, certa dell'effetto che indurrà. I soldati la invitano ad allontanarsi, e uno cerca di afferrarla. È a quel punto che le foto sono scattate.