di IPT News*
2) Hamas è interessata alla pace
Hamas, correntemente definita come organizzazione terroristica da Stati Uniti ed Unione Europea, non fa distinzione fra West Bank, Striscia di Gaza e Israele con confini precedenti al 1967. Per essi, tutta la “Palestina” è occupata. Lo statuto di Hamas indica esplicitamente la distruzione dello stato ebraico come elemento prioritario. Infatti, Hamas con orgoglio si vanta di essere il principale movimento di “resistenza” (leggasi: terrorismo) contro Israele: «tutte le energie della gente e la ummah (nazione) sono necessari per sradicare l’entità oppressiva». L’ha affermato Muhammad al Deif, delle Brigare Al-Qassam, poco prima del cessate il fuoco.
Un riconoscimento di qualunque tipo del diritto di Israele ad esistere è fuori discussione per la leadership di Hamas. Questo convincimento è alla radice del conflitto. Alla luce dell’attentato bomba del 21 novembre su un autobus di Tel Aviv, il membro di Hamas Ezzat Rishq ha confermato che l’aggressione è una «ripercussione dell’aggressione israeliana della Striscia di Gaza». Rishq ha anche aggiunto che «l’entità sionista deve essere a conoscenza che la continuazione dell’aggressione contro il nostro popolo indifeso raddoppierà lo stato di collera, l’aggressività e il malumore della nostra gente, e ciò porterà i sionisti ad aspettarsi il peggio».
3) Il problema è l’assedio israeliano di Gaza
Con lo sgombero unilaterale di Israele da Gaza nel 2005, con cui ogni singolo israeliano – fosse esso soldato o civile – ha lasciato il territorio, i palestinesi hanno avuto la piena opportunità di autogovernarsi. Tuttavia, anziché migliorare gli standard di vita della Striscia, Hamas è rimasta concentrata sul manifestare ostilità nei confronti di Israele, lanciando attacchi ripetuti subito dopo il disimpegno. Da quando Hamas ha assunto il controllo nel 2006, 6109 missili hanno colpito il territorio israeliano. Essa assunse il pieno comando nel 2007, dopo una sanguinosa lotta fratricida con cui fu esautorata la fazione rivale di Al Fatah. In risposta, Israele ha allestito un blocco navale su Gaza, nel tentativo di prevenire l’arrivo di armi ai terroristi. Soltanto quest’anno, 1822 missili sono piovuti su Israele. Fra il 10 e il 13 novembre, prima dell’operazione Pillar of Defense, Hamas ha colpito 121 volte Israele, e 1500 missili sono stati sparati dal 14 novembre, quando sono iniziate le operazioni del Pilastro di Difesa.
Il blocco di Israele non è certo una “occupazione”. Piuttosto, è una risposta doverosa per impedire che a Gaza pervengano armi a vantaggio di Hamas, che pertanto attenterebbe alla sicurezza degli israeliani. Non si tratta di nulla di nuovo: gli Stati Uniti hanno imposto un analogo blocco su Cuba dopo la crisi dei missili del 1962, mentre il Regno Unito ha fatto altrettanto nei confronti delle isole Falckland dopo la guerra con l’Argentina del 1982. Un rapporto del 2011 dell’ONU conclude che il blocco israeliano al largo delle coste di Gaza è pienamente legittimo sul piano del diritto internazionale.
4) Israele colpisce deliberatamente i civili
Israele ha compiuto uno sforzo straordinario per minimizzare le perdite fra la popolazione civile palestinese, in seguito agli attacchi subiti dai terroristi. Prima di ogni missione, i militari israeliani hanno lanciato migliaia di volantini scritti in arabo, in cui si avvisavano i gazani degli attacchi imminenti. Questa iniziativa ha consentito alla popolazione civile di evacuare le aree interessate. I danni collaterali si sono verificati perché Hamas intenzionalmente si è fatta scudo con la popolazione civile, in palese spregio del diritto internazionale. Se Israele volesse intenzionalmente colpire i civili, la sua tecnologia militare consentirebbe di infliggere perdite ben più consistenti. Un pilota dell’aviazione ha abortito la missione consistente nel distruggere una piattaforma di lancio missilistica, perché situata nei pressi di un parco giochi in cui in quel momento si trovavano dei bambini. Alla fine da lì è stato sparato un missile, verso Tel Aviv, che ha costretto altri bambini a trovare ripario in un rifugio anti-missile. Immaginarsi cosa farebbe il governo americano se il cartello dei narcotrafficanti messicani sparasse migliaia di missili verso le città di San Diego, di Phoenix, o altre località situate a sud degli Stati Uniti, al confine con il Messico.
5) C’è un’equivalenza morale nel comportamento israeliano e di Hamas
Israele si sforza di minimizzare le vittime civili. Hamas cerca di massimizzare le vittime israeliane e colpisce deliberatamente la popolazione. Ciò si desume dal fatto che l’esercito israeliano individua gli obiettivi terroristici con accuratezza. Hamas, d’altro canto, spara indiscriminatamente missili mortali verso le città israeliane, con il chiaro intento di uccidere o ferire civili. Hamas di proposito spara dai centri abitati palestinesi per sollecitare la reazione israeliana che fatalmente può comportare vittime civili, che poi saranno usate a scopo di propaganda. Il gruppo terrorista utilizza anche scudi umani per proteggere obiettivi militari: un crimine di guerra, secondo il diritto internazionale.
«Hamas ha una strategia mediatica», ha scritto l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Michael Oren la settimana scorsa. «L’obiettivo è di ritrarre lo sforzo asimmetrico di minimizzare le perdite fra i civili a Gaza come attacco indiscriminato nei confronti dei bambini, e di trasformare il legittimo atto di auto-difesa in crimine di guerra. L’intento è di isolare Israele a livello internazionale, di legarne le mani, impedendone la reazione quando ne sono colpiti i cittadini, nonché di delegittimare lo stato ebraico».
Sfortunatamente, molti fra i media fanno riferimento ad una equivalenza morale fra Hamas e Israele, insinuando che entrambe le parti sono responsabili per la recente escalation. Ad esempio, Ethan Bronner del New York Times ha affermato il 17 novembre che «quando Israele ha colpito il capo militare terrorista di Hamas, dando vita ad una spirale di combattimenti…», omettendo che Hamas ha sparato più di cento fra missili e razzi prima delle operazioni. Non vi può essere affatto una equivalenza morale fra l’operato di Hamas ed Israele: questa escalation non avrebbe avuto luogo se Hamas non avesse aggredito la popolazione civile dell’Israele meridionale.
* Fonte: The Investigation Project on Terrorism.
Legga la prima parte.
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