di David French*
Se il passato farà ancora una volta da guida, c'è da scommettere che le crescenti ostilità a Gaza saranno seguire da pressioni internazionali affinché Israele si contenga, da accuse infondate di crimini di guerra da parte dello stato ebraico, e forse anche da minacce di ricorso alla Corte Penale Internazionale. Prima che i clamori montino, è ben ricordare cosa sancisce il Diritto di Guerra (LOAC: Law of Armed Conflict) per Gaza.
Il principio fondamentale del LOAC è di impedire vittime non necessarie e distruzioni che non siano connesse allo scontro militare. Onde perseguire questo principio, sono espressi tre elementi cardine: necessità, distinzione e proporzionalità. In generale, la "necessità" impone ai contendenti di colpire soltanto gli obiettivi necessari al conseguimento degli scopi militari; la "distinzione" impone ai combattenti non solo di distinguere fra civili e militari, ma anche di distinguere essi stessi dai civili (mediante l'impiego di uniformi, di veicoli militari chiaramente identificabili, eccetera). Infine, la "proporzionalità" richiede ai combattenti di usare soltanto la forza necessaria per conseguire l'obiettivo militare. Non prescrive di utilizzare la stessa forza del nemico. Applicando con scrupolosa oggettività questi principi al conflitto di Gaza, emerge che:
1) ogni missile sparato da Hamas rappresenta un crimine di guerra. Gli attacchi missilistici di Hamas, diretti intenzionalmente verso la popolazione civile, chiaramente violano le regole della necessità e della distinzione. Difatti, non è possibile scorgere una finalità militare in un attacco che è destinato a colpire scuole o abitazioni. Peggio ancora, non si è mai dimostrato che Hamas intendesse realmente colpire un obiettivo militare. E c'è un modo diretto e meno immediato con cui questi missili rappresentano un crimine di guerra: essi sono lanciati da aree densamente popolate, e da parte di terroristi in borghese, il che viola il principio di distinguersi dai non belligeranti. Indossare abiti civili e mescolarsi fra la gente per attaccare un nemico, è una violazione del diritto di guerra. E lo sarebbe anche se Hamas per ipotesi attaccasse soltanto obiettivi militari;
2) l'impiego di abitazioni ad uso civile da parte di Hamas muta la natura dell'obiettivo da civile a militare. E' fondamentale capire che le obbligazioni sotto il diritto di guerra non sono unilaterali e incondizionate: esse sono sovente reciproche e condizionali. Ad esempio, un obiettivo civile può essere convertito in legittimo obiettivo militare se usato per scopi militari. Anche immobili tutelati dal diritto internazionali - incluse moschee e ospedali - perdono la loro immunità se usati per scopi militari. Per cui quando Hamas spara un razzo da una scuola, o trasporta i suoi militanti in un'ambulanza, quella scuola e quell'ambulanza diventano legittimi obiettivi militari. Non sono più in alcun senso considerabili civili;
3) Hamas si assume la responsabilità giuridica per le morti di civili a Gaza. A meno che vi sia evidenza che Israele chiaramente e intenzionalmente colpisca di proposito civili, Hamas è responsabile per le morti che conseguono dalla sua decisione di indossare abiti civili e lanciare razzi e missili dal centro abitato; anche se Israele dovesse commettere dei tragici errori. In altre parole, non fosse stato per la decisione di Hamas di usare scudi umani, quei civili non si troverebbero nella zona di guerra o non sarebbero raggiunti dai colpi dell'esercito avversario. Ogni diversa interpretazione non fa altro che incoraggiare Hamas ha violare il diritto di guerra.
Da tempo la comunità internazionale ha considerato il diritto di guerra in senso unico: come modo per ostacolare Israele (o gli Stati Uniti), trascurando l'operato dei terroristi. E' il cosiddetto "lawfare": l'abuso delle norme del diritto internazionale per favorire obiettivi militari altrimenti irraggiungibili. Ma la nebbia della guerra non deve impedire che vi sia chiarezza, ed è chiaro che a Gaza l'entità criminale è Hamas, non certo l'esercito israeliano.
* Fonte: National Review.
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