giovedì 16 giugno 2016

La soluzione definitiva ai tunnel del terrore: un muro (sotterraneo)

Gerusalemme costruirà un muro in cemento al confine con la Striscia di Gaza, onde prevenire le sanguinose incursioni dei terroristi di Hamas in territorio israeliano. Onde prevenire le reprimende dei benpensanti, pacifisti con il corpo degli altri, i vertici militari dello stato ebraico precisano: il muro sarà invisibile, perché sotterraneo. Lo rivela il quotidiano Yediot Ahronot, secondo il quale la barriera difensiva sarà profonda diverse diecine di metri, e costerà poco più di due miliardi di dollari shekel.
La decisione segue a ruota la clamorosa rivelazione di ieri, secondo cui un alto esponente di Hamas si sarebbe consegnato alle autorità israeliane con moglie e figli al seguito; ma soprattutto, con una dettagliata mappa di tutte le gallerie scavate e in realizzazione da parte dell'organizzazione terroristica islamica che governa la Striscia di Gaza da quasi dieci anni. Da tempo i residenti nell'Israele meridionale denunciano insistenti rumori del sottosuolo, che lascerebbero intendere un'incessante attività poco distante dall'abitazione dei civili israeliani, e che ha cagionato finora la morte di oltre 160 bambini palestinesi: periti per soffocamento, o per il collasso di costruzioni precarie. Una tragedia denunciata soltanto da parte israeliana: tacciono le organizzazioni per i diritti umani. I dirigenti di Hamas e del Fatah sono nel frattempo riuniti nel Qatar per discutere di riappacificazione: dati i lutti cagionati fra la popolazione palestinese, hanno optato per una colazione di lavoro sobria ed essenziale.

mercoledì 15 giugno 2016

La bufala degli insediamenti ebraici che ostacolerebbero la pace in Medio Oriente

Da anni un tema ricorrente sulla stampa, consiste nel dipingere come un "ostacolo alla pace" l'attività edilizia israeliana presso le comunità ebraiche in Giudea e Samaria e nei quartieri periferici di Gerusalemme. Di recente il corrispondente della BBC per il Medio Oriente Jeremy Bowen ha commentato che «l'idea della soluzione dei due stati è in grave pericolo [...] a causa della colonizzazione dei territori occupati da parte degli israeliani; con gli insediamenti che crescono a ritmo forsennato».
Inoltre: «molti in questi giorni ritengono che a causa della crescita degli insediamenti- quelli israeliani sui territori occupati; illegalmente, secondo il diritto internazionale - sarà materialmente molto difficile per i palestinesi pervenire ad uno stato indipendente».
Chi legge è indotto a ritenere che ci sia stata di recente un'impennata dell'attività edilizia in Giudea e Samaria, e a concludere che mai negoziati di pace potranno essere condotti, fino a quando gli israeliani continueranno a costruire abitazioni in un luogo ove secondo la BBC ciò non sarebbe consentito. Il problema di queste posizioni ideologizzate è che celano una serie di fatti rilevanti, e decisivi per la formazione dell'opinione pubblica.

domenica 5 giugno 2016

A Gaza «la vita è bella»


«La vita a Gaza è bella. Siamo tutti felici. Gaza è sicura e non ci sono ne' oppressori, ne' oppressi».
Lo ha dichiarato venerdì non un sospettato di simpatie per l'hasbara, ne' un ministro oltranzista di Gerusalemme; bensì, nel corso di un sermone, addirittura il leader di Hamas Ismail Haniyeh. E poiché il consumo di alcool da queste parti è ufficialmente bandito, c'è da ritenere che credesse sinceramente in ciò che ha affermato.
Per cui delle due, una: o chi si lagna per le condizioni difficili in cui versano gli abitanti della Striscia di Gaza dispone di informazioni fasulle o quantomeno datate (la popolazione palestinese è tristemente ai primi posti al mondo per tasso di obesità, e di nuovi invitanti ristoranti se ne aprono a cadenza settimanale); o Haniyeh si è divertito a prendere biecamente per i fondelli la popolazione che vive sotto il regime terrorista da ormai dieci anni.
E infatti le reazioni non hanno tardato a manifestarsi; se "reazione" può definirsi una sommessa lamentela circolata in modo carsico in queste ore. Su Twitter un gruppo di oppositori al regime ha lanciato una campagna dall'hashtag #WhatIsWonderful?, sottolineando il profondo distacco fra il benessere vissuto e ostentato dal regime terrorista e da gerarchi e gerarchetti che orbitano attorno ad Hamas; e le condizioni non drammatiche ma certamente dure in cui tuttora versa la maggior parte della popolazione, nonostante le massicce donazioni finanziarie - oltre 16 miliardi di dollari, soltanto negli ultimi sette anni - giunte da Europa e Stati Uniti (e piovute sistematicamente nelle solite tasche).

venerdì 3 giugno 2016

Il BDS è stato un fallimento economico

di Sangwon Yoon*

Il fisico Stephen Hawking che annulla la partecipazione ad una conferenza a Gerusalemme dove avrebbe incontrato il presidente israeliano; la cantante Lauryn Hill che cancella un concerto previsto a Tel Aviv, e un fondo pensione olandese che include in una black list cinque banche dello stato ebraico. Tutte in apparenza prove che dimostrano il successo delle iniziative internazionali finalizzate ad isolare Israele.
Tuttavia, un esame dei flussi di investimento internazionali in entrata provano l'opposto: gli investimenti stranieri in Israele l'anno scorso hanno raggiunto un nuovo massimo storico a 285 miliardi di dollari. Il triplo rispetto al 2005, quando un gruppo di palestinesi fondò il movimento noto come "Boycott, Divestment and Sanctions" (BDS).
Il movimento include chi nega l'esistenza dello stato ebraico, al pari di chi pretende un cambiamento di politica nei confronti dei palestinesi in Giudea e Samaria, nonché nel West Bank. Ma anche l'obiettivo minimale di penalizzare le compagnie israeliane operanti nel West Bank ha conseguito risultati discutibili: negli ultimi tre anni il valore degli azionisti non residenti i nove fra banche e società israeliane quotate in borsa, è cresciuto vistosamente. «Non abbiamo un problema di investimenti stranieri in Israele; tutto il contrario», gongola in un'intervista Yoel Naveh, capo economista del Ministero della Finanze di Gerusalemme.