venerdì 31 ottobre 2014

Se non è antisemitismo, che cos'é?

Tira una brutta aria a Pennsylvania Avenue. A pochi giorni dalle elezioni di medio termine che rinnovano una parte significativa dell'assemblea legislativa americana, i sondaggi sul gradimento dell'operato del presidente continuano a mantenere una parabola discendente: soltanto il 43% ne approva l'operato, stando a quanto reso noto da Gallup. Malgrado l'economia fornisca dati incoraggianti, la maggior parte degli americani volta le spalle all'ex senatore junior dell'Illinois; convinto che la delusione discenda dalla politica estera americana.
È per questo che nelle ultime ore si accavallano voci secondo cui sarebbe partente il segretario di Stato Kerry: nuova vittima sacrificale dell'ego del presidente, che due anni fa fece fuori una Hillary Clinton che iniziava a diventare troppo ingombrante. Più comoda una figura mediocre e a tratti grottesca come Joe Biden...
Vedremo se il titolare di una sciagurata politica estera americana cambierà di nuovo. Certo sarebbe difficile rimpiangere JFK (sono le iniziali di Kerry!), resosi protagonista nelle ultime ore di una clamorosa quanto sconsiderata dichiarazione: secondo il titolare degli Esteri americano, il Monte del Tempio di Gerusalemme, il sito più sacro dell'ebraismo, dovrebbe essere completamente bandito agli ebrei. Soltanto i musulmani avrebbero titolo per presenziarvi, essendo Gerusalemme (terzo) luogo sacro per l'Islam, pur non essendo mai citata nel Corano.

mercoledì 29 ottobre 2014

Le bizzarre preferenze del presidente Obama

Strana creazione, la democrazia. Un abito che si indossa in svariati modi, a seconda delle latitudini e delle stagioni. Due anni fa il presidente Obama, temendo per la sua rielezione, esortò il governo israeliano a desistere dal fermo proposito di garantire l'incolumità della sua popolazione colpendo le installazioni nucleari iraniane. Sarebbe stato un intervento risolutivo e già sperimentato con successo nel passato (Operazione Babilonia 1981); ma l'ex senatore junior dell'Illinois, già allora in calo di consensi, preferì non aprire uno nuovo spinoso fronte di politica estera, e riuscì a dissuadere il governo di Gerusalemme - con cui non è mai andato d'accordo - promettendo un intervento successivo. Puntualmente giunto: oggi Washington è sempre più alleato; del regime di Teheran, di cui di fatto garantisce la continuazione del programma di arricchimento dell'uranio.
Non soddisfatto di questo colpo basso, un alto esponente dell'amministrazione Obama ha trovato il modo di definire Netanyahu una "merda di gallina" (chickenshit), espressione alquanto sgradevole per definire una persona codarda e priva di attributi maschili. Il riferimento è sempre all'Iran, che ormai avrebbe collocato i propri impianti sufficientemente al riparo dai strike a sorpresa israeliani. Beffarda la dichiarazione fornita: «È troppo tardi per fare qualunque cosa. Due, tre anni fa, si poteva agire. Ma in ultima analisi, non era capace (Netanyahu, NdR) di prendere provvedimenti. È stata una combinazione del nostro intervento e della sua incapacità di assumere decisioni drammatiche. Adesso è troppo tardi».

domenica 26 ottobre 2014

I Paperoni del Medio Oriente

di Hillel Frisch*

Se le autorità di un qualsiasi Paese sviluppato al mondo, fornisse sussidi ai propri cittadini nel modo con cui la comunità internazionale dispensa aiuti ai palestinesi, sarebbe messa alla berlina per palese discriminazione, se non per razzismo. Sarebbe questa perlomeno la sentenza emessa da qualunque tribunale, chiamato ad esprimersi circa gli aiuti forniti a 4,2 milioni di palestinesi (stime Banca Mondiale), rispetto ai sussidi concessi all'Etiopia - un alleato dell'Occidente - o a qualsiasi altro stato africano.
Che ci sia una discriminazione è fuori discussione. Nel 2013 l'Etiopia ricevette 3,2 miliardi di dollari di aiuti finanziari. Nello stesso anno i palestinesi hanno beneficiato di circa 2 miliardi di dollari di donazioni; e questo prima dell'ultimo conflitto fra Israele e Hamas.
Apparentemente, questi dati non sembrano scandalosi: dopotutto gli etiopi ricevono il 50% di denaro in più rispetto ai palestinesi. Ma ci sono due aspetti, indispensabili per giudicare le modalità di assegnazione dei fondi, che modificano radicalmente il quadro.
Anzitutto, la popolazione etiope è venti volte superiore alla popolazione palestinese del West Bank e Gaza: stiamo parlando di 94 milioni di etiopi, rispetto a 4,2 milioni di palestinesi. Ciò vuol dire che in media un palestinese riceve 15 volte gli aiuti ottenuti dagli etiopi: 476 dollari, contro appena 35 dollari. Ma la discriminazione non finisce qui.

sabato 25 ottobre 2014

"Not in my name": campagna lodevole ma mistificatoria

di Jake Neuman*

In risposta agli atti barbarici dello Stato Islamico in Medio Oriente, nel Regno Unito i musulmani hanno avviato una campagna intitolata "Not in My Name" (Non a nome mio, NdT). Ad essere benevoli la si può definire una campagna di disinformazione per ingannare i non musulmani ignari circa gli insegnamenti macabramente violenti dell'Islam. Ecco alcune citazioni degli organizzatori:

«I musulmani britannici prendono posizioni contro lo Stato Islamico, lanciando una campagna sui sociale media per recapitare un importante messaggio: odio e violenza non rappresentano questa religione».

«In tanti ritengono che gli estremisti si nascondano dietro un falso Islam».

Qadir, uno degli organizzatori, si dichiara stanco come musulmano di essere etichettato come terrorista in quanto musulmano a causa di gruppi che commettono atti terroristici, afferma: «il mondo non comprende che tutto ciò non è consentito sotto l'Islam... noi vogliamo dichiarare al mondo che questi gruppi non rappresentano la nostra fede. Nell'Islam non c'è spazio per questi gruppi; essi si nascondono dietro la nostra fede per giustificare gli atti atroci che commettono».

giovedì 23 ottobre 2014

Uno stato palestinese?

di Louis René Beres*

Quando il presidente americano Barack Obama annuncia agli Stati Uniti che lavora ad una "soluzione per due stati", e quando il segretario di Stato Kerry ribadisce il concetto - e quando Svezia e Regno Unito (e presto Spagna e Francia) votano a favore di uno stato palestinese - dovrebbero stare attenti a ciò che auspicano.
Sebbene non vi sia una legittimazione formale per la consacrazione statuale, il leader palestinese Mahmoud Abbas, il 26 settembre 2014, ha sentenziato alle Nazioni Unite che «l'ora dell'indipendenza dello "stato di Palestina" è giunta». Due anni prima l'Autorità Palestinese (AP) ha conseguito il riconoscimento di stato non membro dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma ciò non equivale a piena sovranità.
Potrebbe anche non esserci giustificazione - che sia etica, legale o geopolitica - nel combattere una guerra contro lo Stato Islamico in Siria e Iraq; e allo stesso tempo sollecitare il riconoscimento statuale dell'area che comprende il West Bank (Giudea e Samaria) e la Striscia di Gaza, sotto il controllo dei terroristi dell'AP e di Hamas.
L'approccio al conflitto israelo-palestinese riassunto nella "soluzione dei due stati", sollecitato con forza da Stati Uniti, Svezia e Regno Unito, si basa su una serie di sviste. In primo luogo, sottoscrive la retorica araba della "occupazione" israeliana.
Atti di terrorismo e di violenza da parte degli arabi nei confronti degli ebrei - che vivono in questa area da quasi tremila anni - si sono verificati molti anni prima del riconoscimento formale di Israele come stato indipendente. Il Massacro di Hebron del 1929 è probabilmente l'esempio più noto, ma il terrorismo arabo si è manifestato per tutto il periodo del Mandato Britannico compreso fra il 1920 e il 1948.

mercoledì 15 ottobre 2014

I negatori dei diritti umani sullo scranno più alto dell'ONU

Il potere lorora chi non ce l'ha; sentenziava sornione qualcuno. E, in compenso, rafforza chi ce l'ha. In Turchia il partito di Erdogan è al potere ininterrottamente dal 2002, e progressivamente sta abbattendo la laicità dello stato fortemente voluta da Ataturk, dimostrando una crescente intolleranza verso l'opposizione politica, verso la magistratura e verso la libertà di stampa. La crescente islamizzazione della società e dei costumi, la repressione dei movimenti di protesta e il sadico cinismo con cui si sta affrontando la questione curda, dimostrano una intolleranza che colloca Ankara ai vertici delle violazioni internazionali dei diritti umani.
Non da meno è il Venezuela. La popolazione è allo stremo per le misure di politica economica che stanno massacrando i conti dello stato; quelli noti, dal momento che il governo si rifiuta da mesi di rilasciare le stime su crescita e inflazione. L'elezione di Nicolás Maduro, delfino e successore di Chavez, è stata fortemente contestata dall'opposizione, e le proteste di piazza hanno lasciato per terra nove morti e diecine di feriti. I media sono imbavagliati, l'opposizione è zittita e messa in condizione di non disturbare il regime, le forze di polizia sono note per gli abusi ai quali si abbandonano, e Freedom House colloca lo stato al penultimo posto per libertà di stampa nel continente americano, precedendo soltanto Cuba.

domenica 12 ottobre 2014

Il "genocidio" ignorato dei palestinesi

Il genocidio comincia sempre con il silenzio, è stato scritto da qualche parte, ad opera di gente che evidentemente ha a cuore le sorti di chi soffre inascoltato. Secondo un'organizzazione internazionale, sono oltre 2500 i palestinesi uccisi finora: 2512, per l'esattezza, decimati dall'aviazione e dall'artiglieria di Assad, che prende di mira deliberatamente i campi profughi di Yarmouk, in Siria.
Per essi non ci saranno paginoni a pagamento sul New York Times, non ci saranno denunce alle Nazioni Unite, nessun parlamentare presenterà interpellanze al governo, nessun consigliere regionale o comunale o circoscrizionale si prenderà la briga di prenotare un albergo nel Vicino Oriente per attestare la sua pelosa solidarietà, nessuna ONG di quelle che fanno notizia denuncerà la repressione brutale, nessuno strampalato comico o vignettista raffigurerà il sangue sparso e la tragedia ignorata dei palestinesi di questa terra funestata da una guerra civile che ha prodotto oltre 190.000 morti.

venerdì 10 ottobre 2014

La verità sulla morte dei "bambini che giocavano a pallone" a Gaza


di Thomas Wictor*

Parecchie persone mi hanno chiesto se possa creare una timeline delle operazioni condotte sulla spiaggia di Gaza che il 16 luglio 2014 portarono alla morte di Mohammed Bakr, Ahed Bakr, Zakaria Bakr e Mohammed Bakr. Sono abbastanza convinto che quanto riporterò riflette l'evoluzione degli eventi, ma se qualcuno ha rilievi da porre, lo faccia senza esitazioni.
Ho di proposito inserito tutte le affermazioni contrastanti e contraddittorie fornite dalla stampa, onde evidenziare quanto sia corrotta oggi l'informazione in Occidente. Si tratta ormai di fiancheggiatori non perseguiti di Hamas. So che ciò potrebbe ingenerare confusione, ma mi limiterò a riportare pari pari quanto pubblicato, onde evidenziare come i resoconti ufficiali siano stati inventati di sana pianta.

mercoledì 8 ottobre 2014

ANP beccata a costruire illegalmente nel West Bank israeliano


Ha del clamoroso la violazione del diritto internazionale da parte dell'Autorità Palestinese (ANP) di Abu Mazen, altrimenti sempre pronto ad invocare l'intervento dell'ONU da parte di pretese e presunte violazioni da parte avversa. Si apprende oggi che l'ANP, con l'appoggio addirittura dell'Unione Europea - quella che si fece garante della correttezza e buona volontà palestinesi ad Oslo nel 1993 - stanno edificando in un'area situata nella regione di Binyamin, lungo la Statale 60.
L'attività edilizia non va contrastata: dopotutto, genera posti di lavoro e migliora le condizioni di vita di chi andrà ad abitare nelle nuove abitazioni. Il problema qui sta nel fatto che la zona dove di soppiatto l'ANP sta edificando, ricade nella zona C del West Bank: quella che ricade sotto il pieno controllo israeliano. Una giurisdizione che va dalla pubblica sicurezza alla facoltà per l'appunto di edificare, come ben sappiamo.

lunedì 6 ottobre 2014

Gli 8 fallimenti epici più clamorosi (e diffusi) di Pallywood

Di tanto in tanto capita di ritrovarsi nella propria casella di posta elettronica, nella timeline di Facebook, o sotto forma di tweet, una immagine che "inequivocabilmente" testimonierebbe a turno la natura razzista di Israele, l'apartheid vigente nello stato ebraico, l'espansionismo colonialista di Gerusalemme, o la prova evidente che la Palestina sia realmente esistente; addirittura prima del 1948. Non è difficile sbugiardare queste manifestazioni di ignoranza o mala fede; ma dobbiamo essere grati al sito Israellycool per averne raccolte quelle più eclatanti, e al tempo stesso più gustose da smascherare.
Pronti per la hit parade degli scivoloni di Pallywood? partiamo!...


8) La lettera di Einstein


Ti ho beccato, sionista! La prova inconfutabile che lo scienziato più autorevole del Ventesimo Secolo, il professor Albert Einstein, egli stesso ebreo, fosse anti-israeliano. Biasima i terroristi ebrei «dei nostri stessi ranghi» per condannare la Palestina per sempre. Da notare che cita esplicitamente la "Palestina"!

Metodi e principi discutibili di B'Tselem

Neturei Karta è un gruppetto di circa 5.000 ebrei ultraortodossi animati da bizzarre idee: al punto da negare legittimità e la stessa esistenza dello stato di Israele. Costituiscono lo 0,06% della popolazione dello stato ebraico, eppure le loro rimostranze sono spesso indicate dalla stampa internazionale come testimonianza del reale sentimento degli israeliani; spazzando logica e buon senso che si soffermano inevitabilmente sulla infima rappresentatività di questi megalomani.
Esempi simili di strabismo giornalistico non mancano, quando si parla di Israele: Breaking the Silence, +972 Magazine, B'Tselem sono organizzazioni non governative, animate da una agenda apertamente ostile ad Israele, quando non manifestamente antisemita, che però riscuotono attenzione e consenso da parte dei media, lesti a propagandare accuse strampalate e inverosimili, a costo di rimettere il residuo di credibilità di cui godono.

venerdì 3 ottobre 2014

Dove si trova Gerusalemme?

Divertente siparietto del britannico Telegraph, che nella sezione Viaggi presenta la rassegna delle venti città più antiche al mondo. Splendide testimonianze di un passato remoto, come Cadice (Spagna), Tebe (Grecia), Atene (Grecia), Kirkuk (Iraq) e via discorrendo. La certezza manifestata in principi di geografia, si sbriciola miseramente quando si giunge alla decima posizione: Gerusalemme, abitata già tre millenni prima della comparsa di Cristo, è collocata in... "Medio Oriente"!
HonestReporting, che per primo ha rilevato la grottesca svista, ha contattato la redazione del quotidiano britannico, che si è celata dietro una imbarazzata spiegazione: la capitale israeliana non sarebbe pacificamente tale per le Nazioni Unite, e per ciò essi preferiscono un atteggiamento terzo e distaccato.
Ma la rassegna intendeva disquisire di geografia, non di politica, per cui appare patetico confermare la macroscopica scarsa conoscenza dei fatti: Gerusalemme è la capitale dello stato ebraico, malgrado una sua porzione sia pretesa dagli arabi. Ciò non toglie che la Città Santa sia sempre stata riconducibile agli ebrei: perlomeno dal 2800 A.C., e in ultimo dal 1980, quando la Knesset approvò la legge che riconosceva Gerusalemme come capitale "una e indivisibile" dello Stato di Israele.


giovedì 2 ottobre 2014

Sì, sono un colono israeliano

di Paula R. Stern*

Lo sono. Vivo in una città situata oltre la "Linea Verde", per essa intendendosi una linea sulla mappa esistita per 19 anni dopo la guerra scatenataci contro da cinque potenze arabe, il cui obiettivo era di distruggere lo stato di Israele ancor prima che nascesse. Non ci sono riusciti: hanno perso. Hanno iniziato a piagnucolare; e il mondo, la Sinistra e gli orbi hanno concluso che meritassero una seconda opportunità: e gliel'hanno concessa.
Nel 1956, quando ci attaccarono nuovamente. E poi ancora nel 1967, quando avviarono una marcia per chiudere lo Stretto di Tiran, mobilitando i loro eserciti verso i nostri confini. E di nuovo nel 1973, quando ci aggredirono in occasione del giorno più sacro del calendario ebraico. Ogni anno, ogni mese e talvolta ogni giorno cercano di replicare ciò in cui non sono riusciti dal 1948 in poi.
Gli obiettivi non sono mai mutati: solo i metodi, e le convinzioni di troppi israeliani, che sono talmente ansiosi di cessare questo conflitto da abbandonarsi al delirio. E così facendo deludono essi stessi, mettono in pericolo l'intero Israele, pensando che tutto questo dipende dagli insediamenti. Non è così: non lo è mai stato dal primo istante successivo alla fine della Guerra dei Sei Giorni, ne' prima e neanche dopo.