Giace in Commissione Giustizia del Senato un disegno di legge, originariamente depositato ad agosto 2015, che porrebbe l'Italia all'avanguardia e in prima linea nella lotta al moderno antisemitismo: quello goffamente mascherato da «innocuo e pacifico» antisionismo. Il DDL, dal titolo "Norme contro le discriminazioni" - primo firmatario Luigi Compagna - si compone di tre articoli, e vede fra i promotori autorevoli legislatori del calibro di Emma Fattorini, senatrice PD, membro della Commissione per la protezione e promozione dei diritti umani; nonché Paolo Corsini, già relatore della legge di ratifica dell'Accordo tra Italia e Israele in materia di pubblica sicurezza.
Il DDL punta il dito contro il movimento definito «Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni» (BDS); che, accantonando il proposito di supportare e incoraggiare il cammino del popolo palestinese verso la democrazia, bersaglia direttamente lo stato ebraico: nelle sue istituzioni scientifiche, accademiche, commerciali ed istituzionali.
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martedì 21 novembre 2017
Che fine ha fatto la legge italiana "anti BDS"?
martedì 29 agosto 2017
You don't mess with Israel (brutto colpo per il BDS)
Non è bizzarro? Due anni fa, qui sul Borghesino, si segnalava una serie di iniziative ostili nei confronti di Israele da parte del piccolo stato artico, improntate ad una patetica ottusità: dal bando di tutti i prodotti israeliani, al voto favorevole all'esposizione della bandiera palestinese davanti al Palazzo di Vetro. Un acuto osservatore faceva facilmente rilevare che quell'iniziativa, tanto clamorosa quanto velleitaria, avrebbe dovuto essere accompagnata per essere credibile, dal boicottaggio di telefoni cellulari e personal computer: tutti alimentati da tecnologia Made in Israel.
Non è stato necessario attendere molto per ottenere una comprova di quelle riflessioni. In questi giorni in Islanda fa notizia il lancio del primo servizio commerciale al mondo di consegna di generi alimentari, realizzato esclusivamente mediante droni (UAV). Flytrex, è il nome della società, rifornirà i quattro angoli della capitale, di prodotti provenienti da AHA (strana assonanza con la Ahava israeliana...), il più grande e noto marketplace di Reykjavík. Data l'orografia del territorio islandese, i tempi di consegna saranno drasticamente abbattuti: da 20-25 minuti, a non più di quattro minuti, per una riduzione fino al 60% dei costi di consegna. E con il completo abbattimento delle emissioni tossiche: i droni sono elettrici al 100%.
Non è stato necessario attendere molto per ottenere una comprova di quelle riflessioni. In questi giorni in Islanda fa notizia il lancio del primo servizio commerciale al mondo di consegna di generi alimentari, realizzato esclusivamente mediante droni (UAV). Flytrex, è il nome della società, rifornirà i quattro angoli della capitale, di prodotti provenienti da AHA (strana assonanza con la Ahava israeliana...), il più grande e noto marketplace di Reykjavík. Data l'orografia del territorio islandese, i tempi di consegna saranno drasticamente abbattuti: da 20-25 minuti, a non più di quattro minuti, per una riduzione fino al 60% dei costi di consegna. E con il completo abbattimento delle emissioni tossiche: i droni sono elettrici al 100%.
venerdì 24 marzo 2017
Il Walled Off Hotel conferma che la "Palestina" è una patacca
Continua la buffa vicenda dell'albergo voluto e finanziato da Bansky a Betlemme, fra l'entusiasmo iniziale e la cautela successiva dei filopalestinesi. Su Facebook e qui su Blogspot abbiamo immediatamente segnalato come il costoso albergo dell'eccentrico artista, costituiva un clamoroso autogol per la "causa". Non a caso nei forum antiisraeliani si leggono parole di fuoco all'indirizzo della struttura ricettiva; l'ennesima, peraltro, nei territori palestinesi. Il recente resoconto fotografico di Daily Beast aggiunge ulteriore benzina sul fuoco, rivelando testimonianze visive che abbiamo già avuto modo di apprezzare negli anni passati; è solo che non era mai capitato di scorgere, nel museo di una istituzione sulla carta filopalestinese, una chiara prova della presenza millenaria del popolo ebraico in quella che oggi i benpensanti chiamano "Palestina".
La Palestina è sempre esistita: perlomeno da quando Adriano così ribattezzò ("Syria Palaestina"), in spregio agli ebrei che la popolavano, nel 135 dopo Cristo, le province giudaiche dell'impero romano. Le stesse disposizioni cambiarono il nome di Gerusalemme in Aelia Capitolina, sancendo il divieto per il popolo ebraico di risiedere nella Capitale Eterna.
Ma torniamo al nostro simpatico alberghetto, e lasciamo la parola all'imprescindibile Elder of Ziyon, del cui resoconto ci prendiamo la licenza di tradurre.
Diamo dunque un'occhiata a questi famosi poster ospitati nel Museo Bansky palestinese.
La Palestina è sempre esistita: perlomeno da quando Adriano così ribattezzò ("Syria Palaestina"), in spregio agli ebrei che la popolavano, nel 135 dopo Cristo, le province giudaiche dell'impero romano. Le stesse disposizioni cambiarono il nome di Gerusalemme in Aelia Capitolina, sancendo il divieto per il popolo ebraico di risiedere nella Capitale Eterna.
Ma torniamo al nostro simpatico alberghetto, e lasciamo la parola all'imprescindibile Elder of Ziyon, del cui resoconto ci prendiamo la licenza di tradurre.
Diamo dunque un'occhiata a questi famosi poster ospitati nel Museo Bansky palestinese.
lunedì 13 marzo 2017
Gaza adesso esporta le kippah: agli israeliani!
Cosa c'è di più gustoso di un fallimento epico del movimento internazionale che cerca in tutti i modi di screditare, danneggiare e colpire lo stato ebraico?
Uno delle consuetudini più simpatiche, per chi visita per la prima volta Israele, consiste nell'acquistare una kippah, il famoso copricapo ebraico. Le kippot sono disponibili ovunque e per tutte le tasche. Nei luoghi sacri, come il Muro Occidentale di Gerusalemme, sono prestate gratuitamente in occasione della visita; ma vale la pena di comprarne una nei tanti negozietti dei vicoli della capitale per portarla a casa come ricordo di questa straordinaria esperienza.
Succede talvolta che la produzione domestica è insufficiente a soddisfare la domanda; sicché Gerusalemme si rivolge all'estero, da cui importa una parte considerevole delle kippah. Fin qui nulla di strano, se non fosse che una parte di esse proviene dalla vicina Striscia di Gaza. Proprio così: in un campo profughi di al-Shati, assurto due anni fa agli onori della cronaca, le macchine lavorano incessantemente per produrre kippot che saranno vendute al vicino Israele.
Uno delle consuetudini più simpatiche, per chi visita per la prima volta Israele, consiste nell'acquistare una kippah, il famoso copricapo ebraico. Le kippot sono disponibili ovunque e per tutte le tasche. Nei luoghi sacri, come il Muro Occidentale di Gerusalemme, sono prestate gratuitamente in occasione della visita; ma vale la pena di comprarne una nei tanti negozietti dei vicoli della capitale per portarla a casa come ricordo di questa straordinaria esperienza.
Succede talvolta che la produzione domestica è insufficiente a soddisfare la domanda; sicché Gerusalemme si rivolge all'estero, da cui importa una parte considerevole delle kippah. Fin qui nulla di strano, se non fosse che una parte di esse proviene dalla vicina Striscia di Gaza. Proprio così: in un campo profughi di al-Shati, assurto due anni fa agli onori della cronaca, le macchine lavorano incessantemente per produrre kippot che saranno vendute al vicino Israele.
lunedì 6 marzo 2017
La tragedia del BDS: dilaga la disoccupazione fra i palestinesi
di Eden Gorodischer*
Sul volto di Haytam lo sconcerto è evidente. Si capisce benissimo che sta cercando di metabolizzare ciò che ha appena appreso. Per Haytam l'occupazione è tutto: gli consente di vivere e di sostenere i suoi bambini. Senza di esso, non riesce ad immaginare che ne sarebbe della sua famiglia. Haytam è palestinese, e gli sono stati appena comunicati gli sforzi profusi per sabotare fino alla chiusura la fabbrica in cui lavora, situata nella cittadina israeliana di Ariel.
A minacciare di chiusura questa azienda non sono i proprietari. Ne' tantomeno le autorità. L'incitamento in tal senso giunge dagli Stati Uniti, dove da una diecina d'anni in alcuni università studenti e docenti antiisraeliani fanno pressione affinché sia sospesa la collaborazione con gli atenei israeliani. Dicono che lo fanno per assecondare le richieste della società palestinese. Mentre lo rivelo ad Haytam, scorgo dallo sgomento nei suoi occhi che la rivendicazione è grottesca.
Gli sforzi protesi all'isolamento culturale e soprattutto economico dello Stato di Israele non hanno fatto proseliti, negli Stati Uniti. Malgrado quanto si affanni a precisare la Palestine Solidarity Alliance (PSA) e la Students for Justice in Palestine (SJP), queste iniziative hanno lasciato indifferenti i campus americani. A dirla tutta, nessuna facoltà si è mai sognata di interrompere gli investimenti nelle aziende israeliane. Nel frattempo, qui all'Hunter College di New York il consiglio studentesco riceve pressioni affinché voti a favore di una normativa che metterebbe al bando Israele nelle aule dell'università. Se il provvedimento passasse, l'Hunter sarebbe un luogo poco sicuro per chiunque sostenga Israele e spero che un giorno arabi e israeliani possano lavorare fianco a fianco: nelle industrie di Ariel, come in tutta l'area.
Il boicottaggio di Israele non giova infatti ai palestinesi. quando mariti e padri restano a casa, senza lavoro, le famiglie palestinesi come quella di Haytam ne risentono enormemente. Si tratta di un caso tutt'altro che isolato: ci sono molte aziende israeliane che impiegano palestinesi in lavori qualificati, assicurando a tutti eque condizioni a prescindere dal credo religioso o dall'orientamento politico. In media, i palestinesi che lavorano per aziende israeliane portano a casa una remunerazione pari al doppio rispetto ai più sfortunati che lavorano per aziende arabe. Spesso i salari sono persino superiori a quelli dei colleghi israeliani della medesima azienda. Si stima che 120 mila palestinesi lavorano per aziende israeliana, e il governo di Gerusalemme è impegnato affinché la forza lavoro cresca fino a 300 mila unità.
Se gli atti di boicottaggio economico posti in essere dal movimento BDS avessero successo, tutta questa gente resterebbe senza lavoro, gettando sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie. Per molti, inclusi gli studenti qui dell'Hunter College, Israele non è soltanto un puntino sull'atlante. È la propria casa. È un luogo che ospita pacificamente cristiani e musulmani che godono di diritti civili come in nessun altro posto del Medio Oriente.
Gli sforzi di queste organizzazioni studentesche non arrecano giustizia alla società palestinese: colpire Israele danneggia soltanto i palestinesi. Non c'è nulla di filopalestinese in questi movimenti.
Io mi batto per i diritti umani qui e in tutto il mondo. Mi impegno a fondo affinché tutti abbiano le stesse opportunità. E sono perfettamente consapevole che questo tipo di provvedimenti non risolverà il conflitto in Medio Oriente: creerà soltanto ulteriori tensioni nelle aule universitarie.
* Studentessa di Psicologia all'Huter College
Fonte: The Observer.
venerdì 24 febbraio 2017
Il mondo accademico strizza l'occhio ad Israele (ma l'Italia si astiene)
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Dal 2000 la spesa in R&D si attesta in Israele a non meno del 4% del prodotto interno lordo |
In termini omogenei di "parità dei poteri d'acquisto", Israele impiega in ricerca e sviluppo il 4.1% del PIL; è il secondo stato al mondo, dietro alla Corea del Sud (4.3% del PIL) e davanti a Giappone, Singapore, Finlandia, Svezia e Danimarca. L'Italia, in questo classifica cruciale per la crescita economica di lungo periodo, si attesta 28esimo posto. Come è stato ampiamente dimostrato, un impegno costante su questo fronte garantisce opportunità di impiego qualificato alla popolazione, e crescita economica e benessere generalizzati.
domenica 5 febbraio 2017
La BBC continua a diffondere statistiche taroccate contro Israele
La settimana scorsa il giornalista israeliano Ben Dror Yemini ha pubblicato un articolo che svela un nuovo capitolo nella campagna diffamatoria anti-israeliana: «Il Consiglio Europeo, un organismo composto da tutti gli stati europei, più ampio pertanto dell'Unione Europea; ha adottato un rapporto redatto da Eva-Lena Jansson, membro del partito socialdemocratico svedese (SDP) che accusa Israele di essere coinvolto in un "terrificante schema di esecuzioni extragiudiziali apparentemente sistematiche" di civili innocenti. Il documento è basato sulle accuse della NGO Al-Mezan, sostenuta da Svezia, Svizzera, Danimarca, Norvegia e Olanda. La stessa NGO risulta sostenitrice del BDS, e parte della campagna di delegittimazione di Israele e di negazione del suo diritto all'esistenza.
Al solito, ci sono stati in Europa che finanziano organismi dediti in questa attività: all'apparenza di tutela dei "diritti umani", quando di fatto sono attivamente impegnati in una campagna di odio nei confronti di Israele».
Al solito, ci sono stati in Europa che finanziano organismi dediti in questa attività: all'apparenza di tutela dei "diritti umani", quando di fatto sono attivamente impegnati in una campagna di odio nei confronti di Israele».
venerdì 3 giugno 2016
Il BDS è stato un fallimento economico
di Sangwon Yoon*
Il fisico Stephen Hawking che annulla la partecipazione ad una conferenza a Gerusalemme dove avrebbe incontrato il presidente israeliano; la cantante Lauryn Hill che cancella un concerto previsto a Tel Aviv, e un fondo pensione olandese che include in una black list cinque banche dello stato ebraico. Tutte in apparenza prove che dimostrano il successo delle iniziative internazionali finalizzate ad isolare Israele.
Tuttavia, un esame dei flussi di investimento internazionali in entrata provano l'opposto: gli investimenti stranieri in Israele l'anno scorso hanno raggiunto un nuovo massimo storico a 285 miliardi di dollari. Il triplo rispetto al 2005, quando un gruppo di palestinesi fondò il movimento noto come "Boycott, Divestment and Sanctions" (BDS).
Il movimento include chi nega l'esistenza dello stato ebraico, al pari di chi pretende un cambiamento di politica nei confronti dei palestinesi in Giudea e Samaria, nonché nel West Bank. Ma anche l'obiettivo minimale di penalizzare le compagnie israeliane operanti nel West Bank ha conseguito risultati discutibili: negli ultimi tre anni il valore degli azionisti non residenti i nove fra banche e società israeliane quotate in borsa, è cresciuto vistosamente. «Non abbiamo un problema di investimenti stranieri in Israele; tutto il contrario», gongola in un'intervista Yoel Naveh, capo economista del Ministero della Finanze di Gerusalemme.
Il fisico Stephen Hawking che annulla la partecipazione ad una conferenza a Gerusalemme dove avrebbe incontrato il presidente israeliano; la cantante Lauryn Hill che cancella un concerto previsto a Tel Aviv, e un fondo pensione olandese che include in una black list cinque banche dello stato ebraico. Tutte in apparenza prove che dimostrano il successo delle iniziative internazionali finalizzate ad isolare Israele.
Tuttavia, un esame dei flussi di investimento internazionali in entrata provano l'opposto: gli investimenti stranieri in Israele l'anno scorso hanno raggiunto un nuovo massimo storico a 285 miliardi di dollari. Il triplo rispetto al 2005, quando un gruppo di palestinesi fondò il movimento noto come "Boycott, Divestment and Sanctions" (BDS).
Il movimento include chi nega l'esistenza dello stato ebraico, al pari di chi pretende un cambiamento di politica nei confronti dei palestinesi in Giudea e Samaria, nonché nel West Bank. Ma anche l'obiettivo minimale di penalizzare le compagnie israeliane operanti nel West Bank ha conseguito risultati discutibili: negli ultimi tre anni il valore degli azionisti non residenti i nove fra banche e società israeliane quotate in borsa, è cresciuto vistosamente. «Non abbiamo un problema di investimenti stranieri in Israele; tutto il contrario», gongola in un'intervista Yoel Naveh, capo economista del Ministero della Finanze di Gerusalemme.
mercoledì 11 maggio 2016
Cosa passa per la mente di un israelofobo?
di Steddyeddy*
Il BDS - acronimo di Boycott Divestment and Sanctions - è un movimento creato da un gruppo di esaltati sotto la guida di un qatariota del tutto spregevole e ripugnante dal nome di Omar Barghouti.
Spregevole, perché Omar Barghouti ha invocato il boicottaggio di Israele prima e durante la sua frequentazione dell'università di Tel Aviv, dove ha conseguito una laurea in filosofia; anziché completare gli studi in una università di Gaza, o del Qatar o di un altro stato arabo. Ma i principi del diritto e della democrazia si applicano a tutti in Israele; anche a coloro che ne invocano la distruzione. Immaginate se mai qualcuno lavorasse al boicottaggio del Qatar, dell'Arabia Saudita o degli Emirati, mentre fosse intento a frequentarne le università? bene che andasse, sarebbe incarcerato a vita; al peggio, sarebbe condannato a morte.
Ripugnante perché, da multimilionario, si gode la sua bella vita: o dal lussuoso appartamento che possiede a Tel Aviv (a proposito: ai palestinesi è vietato possiedere proprietà in quasi tutti gli stati musulmani) o da quello di Doha, mentre i palestinesi vivono con meno di 3000 dollari all'anno (eccezion fatta per coloro che hanno la fortuna di lavorare per aziende israeliane, e di godere di parità di trattamento retributivo rispetto ai lavoratori dello stato ebraico; ed ecco una ragione per cui gli odiatori di Israele insistono nel boicottaggio: ansimano di rendere disoccupati i lavoratori palestinesi mentre le aziende israeliane vanno avanti).
Il BDS - acronimo di Boycott Divestment and Sanctions - è un movimento creato da un gruppo di esaltati sotto la guida di un qatariota del tutto spregevole e ripugnante dal nome di Omar Barghouti.
Spregevole, perché Omar Barghouti ha invocato il boicottaggio di Israele prima e durante la sua frequentazione dell'università di Tel Aviv, dove ha conseguito una laurea in filosofia; anziché completare gli studi in una università di Gaza, o del Qatar o di un altro stato arabo. Ma i principi del diritto e della democrazia si applicano a tutti in Israele; anche a coloro che ne invocano la distruzione. Immaginate se mai qualcuno lavorasse al boicottaggio del Qatar, dell'Arabia Saudita o degli Emirati, mentre fosse intento a frequentarne le università? bene che andasse, sarebbe incarcerato a vita; al peggio, sarebbe condannato a morte.
Ripugnante perché, da multimilionario, si gode la sua bella vita: o dal lussuoso appartamento che possiede a Tel Aviv (a proposito: ai palestinesi è vietato possiedere proprietà in quasi tutti gli stati musulmani) o da quello di Doha, mentre i palestinesi vivono con meno di 3000 dollari all'anno (eccezion fatta per coloro che hanno la fortuna di lavorare per aziende israeliane, e di godere di parità di trattamento retributivo rispetto ai lavoratori dello stato ebraico; ed ecco una ragione per cui gli odiatori di Israele insistono nel boicottaggio: ansimano di rendere disoccupati i lavoratori palestinesi mentre le aziende israeliane vanno avanti).
martedì 26 aprile 2016
La strage del Bataclan poteva essere evitata
Chi di boicottaggio ferisce, di boicottaggio perisce. Secondo una ricostruzione del Times of Israel, dopo gli attentati alla redazione di Charlie Hebdo e all'Hyper Cacher di gennaio 2015, lo stato ebraico avrebbe offerto la sua tecnologia di tracciamento dei terroristi a Parigi e Bruxelles, che avrebbero declinato l'offerta. Sconcertante la motivazione addotta: un'azienda privata israeliana, di cui si ignorano le generalità, avrebbe offerto ai servizi segreti francesi il suo raffinato software di tracking dei terroristi dello Stato Islamico; ma un funzionario di Parigi avrebbe sollevato le braccia, ammettendo che «la tecnologia Made in Israel non può essere acquistata».
sabato 30 gennaio 2016
Con amici così, chi ha bisogno di nemici?
Nel giorno della commemorazione dell'Olocausto, ha fatto notizia la visita del presidente Obama all'ambasciata israeliana a Washington. Obama ha riconosciuto l'avanzata globale dell'antisemitismo e ha dichiarato solenne: «siamo tutti ebrei». Una dichiarazione forte, importante, che di solito si pronuncia dopo una carneficina; come fummo tutti americani dopo l'11 settembre, o tutti francesi dopo l'attentato a Charlie Hebdo.
Peccato che alle dichiarazioni di principio, seguano fatti che vadano in direzione opposta. Due episodi sono rivelatori dell'atteggiamento ipocrita delle autorità, pronte a compiangere gli ebrei morti, e al contempo ad ignorare la minaccia arrecata a quelli vivi.
Ieri mattina è stato rivelato un programma segreto di monitoraggio dell'attività dei droni israeliani da parte dei servizi segreti britannici ed americani. L'intrusione non autorizzata nell'architettura informatica degli aerei senza pilota di Gerusalemme, veniva condotta dalle basi militari a Cipro, e puntava a conoscere anzitempo le operazioni militari a Gaza, i propositi di attacco all'Iran, e a sorvegliare una tecnologia abbastanza raffinata da essere esportata nel resto del mondo.
Il governo di Gerusalemme si è dichiarato «amareggiato ma non sorpreso». Sono cose che si fanno, fra governi amici. Il monitoraggio delle attività militari di uno stato sovrano è sempre esistito, indigna ma non costituisce uno scoop.
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venerdì 30 ottobre 2015
Poveri palestinesi, vittime dei filopalestinesi
Alcuni anni fa un imprenditore, di nome Daniel Birnbaum, ebbe una folgorazione: volle creare opportunità e posti di lavoro per i palestinesi. Così acquisto uno stabilimento nel West Bank, dove la disoccupazione superava il 30%, e assunse ben 500 palestinesi; oltre a 350 arabi israeliani e 300 ebrei israeliani. Riconobbe loro una paga pari a quattro volte quella vigente nei territori palestinesi. E siccome i palestinesi non sono cittadini israeliani, e pertanto non godono della sanità pubblica, stipulò una copertura sanitaria privata, che consentì ai dipendenti palestinesi di garantire copertura e serenità a tutti i numerosi familiari. Nella sua fabbrica il culto delle diverse religioni sarebbe stato consentito dall'istituzione di cappelle, moschee e sinagoghe.
Diede a questa fabbrica il nome di SodaStream.
Birnbaum ha creato dal nulla una azienda che ha generato profitti per gli azionisti ed entrate fiscali. Ha creato posti di lavoro. Ha dimostrato che è possibile la convivenza fra arabi, palestinesi ed ebrei. Ha persuaso una celebrità mondiale come Scarlett Johansson a prestare il proprio volto per la campagna pubblicitaria di SodaStream.
Diede a questa fabbrica il nome di SodaStream.
Birnbaum ha creato dal nulla una azienda che ha generato profitti per gli azionisti ed entrate fiscali. Ha creato posti di lavoro. Ha dimostrato che è possibile la convivenza fra arabi, palestinesi ed ebrei. Ha persuaso una celebrità mondiale come Scarlett Johansson a prestare il proprio volto per la campagna pubblicitaria di SodaStream.
domenica 20 settembre 2015
L'Islanda erutta una colata di ottuso antisemitismo
La mite, fredda e lontana Islanda continua ancora a far parlare di se' in questi giorni. Come riportato su Facebook giovedì mattina, il Consiglio comunale di Reykjavik ha approvato una mozione che bandisce dal territorio cittadino tutti i prodotti israeliani. Tutti, senza alcuna esclusione: sia quelli realizzati nei Territori Contesi (al di là della "Linea Verde"), sia quelli prodotti a Tel Aviv, o ad Haifa, o a Gerusalemme. L'obiettivo, neanche tanto velato, è quello di fare del remoto stato artico la prima nazione europea "Israel Free". Immediata la condanna e l'indignazione per questo deprecabile atto, che ricorda un passato che si sperava non tornasse più. Giulio Meotti, sulle colonne de Il Foglio, ha suggerito all'establishment islandese - che mette sullo stesso piano Israele, Siria, Iran, Sudan e Corea del Nord - di «apporre anche una stella di Davide sulla merce».
Il gesto apparentemente scomposto ma in realtà ben ponderato della consigliera Björk Vilhelmsdóttir, è stato talmente eclatante da indurre ad una marcia indietro: parziale. Sabato mattina il sindaco della capitale islandese ha precisato che la mozione sarà ritirata; con esclusivo riferimento alle produzioni israeliane realizzate al di qua della Linea Verde. Si apprende che la mozione sarà ripresentata con riferimento alle merci prodotte nei "territori occupati", per adottare l'espressione riportata da Iceland Monitor.
Il gesto apparentemente scomposto ma in realtà ben ponderato della consigliera Björk Vilhelmsdóttir, è stato talmente eclatante da indurre ad una marcia indietro: parziale. Sabato mattina il sindaco della capitale islandese ha precisato che la mozione sarà ritirata; con esclusivo riferimento alle produzioni israeliane realizzate al di qua della Linea Verde. Si apprende che la mozione sarà ripresentata con riferimento alle merci prodotte nei "territori occupati", per adottare l'espressione riportata da Iceland Monitor.
sabato 19 settembre 2015
Boicottare l'economia israeliana è stupido e controproducente
Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo le stime di crescita per l'economia israeliana: al 2.5% per l'anno corrente, e al 3.3% nel 2016. In un recente rapporto, gli economisti del FMI hanno evidenziato come l'economia dello stato ebraico sia stata intoccata dalla Grande Recessione, grazie all'apertura agli scambi internazionali e alla consistente presenza del settore tecnologico, che costituisce più del 40% delle esportazioni industriali.
La robusta crescita economica consentirà ulteriori progressi sul fronte dell'occupazione, con il tasso di disoccupazione destinato a permanere sui minimi storici. Secondo gli studiosi del Fondo, si tratta di un autentico miracolo: negli ultimi 25 anni, gli occupati sono cresciuti del 3.5%; all'anno. Non a caso, non solo Israele ha realizzato la migliore performance economica del mondo occidentale dal 2007 ad oggi; ma allo stesso tempo, è l'unico membro OCSE ad aver battuto le previsioni di crescita complessive formulate dal Fondo otto anni fa.
La robusta crescita economica consentirà ulteriori progressi sul fronte dell'occupazione, con il tasso di disoccupazione destinato a permanere sui minimi storici. Secondo gli studiosi del Fondo, si tratta di un autentico miracolo: negli ultimi 25 anni, gli occupati sono cresciuti del 3.5%; all'anno. Non a caso, non solo Israele ha realizzato la migliore performance economica del mondo occidentale dal 2007 ad oggi; ma allo stesso tempo, è l'unico membro OCSE ad aver battuto le previsioni di crescita complessive formulate dal Fondo otto anni fa.
giovedì 27 agosto 2015
La Spagna dietro l'ostilità del BDS nei confronti di Israele?
Il governo di Madrid di centro-destra guidato da Mariano Rajoy continua a promuovere politiche ostili nei confronti di Israele: politiche ereditate dal precedente governo socialista di José Luis Rodríguez Zapatero, che in buona misura coincidono con gli obiettivi del movimento "BDS".
Sebbene il ministro degli Esteri spagnolo abbia più volte affermato che il governo non approva il boicottaggio di Israele, sotto la sua giurisdizione l'Agenzia spagnola per la cooperazione degli aiuti internazionali (AECID) - braccio operativo del Ministero degli Esteri iberico - ha continuato a sussidiare le organizzazioni al lavoro per la delegittimazione di Israele.
Fra il 2009 e il 2011, il governo Zapatero ha veicolato più di 15 milioni di euro di denaro dei contribuenti spagnoli verso le organizzazione non governative palestinesi e spagnole che conducono la campagna di delegittimazione e demonizzazione di Israele, stando ad una dettagliata inchiesta realizzata dalla NGO Monitor di Gerusalemme.
Sebbene il ministro degli Esteri spagnolo abbia più volte affermato che il governo non approva il boicottaggio di Israele, sotto la sua giurisdizione l'Agenzia spagnola per la cooperazione degli aiuti internazionali (AECID) - braccio operativo del Ministero degli Esteri iberico - ha continuato a sussidiare le organizzazioni al lavoro per la delegittimazione di Israele.
Fra il 2009 e il 2011, il governo Zapatero ha veicolato più di 15 milioni di euro di denaro dei contribuenti spagnoli verso le organizzazione non governative palestinesi e spagnole che conducono la campagna di delegittimazione e demonizzazione di Israele, stando ad una dettagliata inchiesta realizzata dalla NGO Monitor di Gerusalemme.
lunedì 20 luglio 2015
Qualcuno consoli Roger Waters e il BDS
Gli sforzi febbrili del movimento BDS risultano sempre più vani. Nonostante il tentativo incessante di boicottaggio dello stato ebraico, si apprende oggi di una nuova acquisizione di Facebook Inc. in Israele: è la volta di Pebbles Interfaces, una società che ha sviluppato una tecnologia che consente l'impiego di personal computer mediante il semplice movimento delle mani. Senza adoperare la tastiera, senza il contatto con alcun device. La società, pagata 60 milioni di dollari, rappresenta la quarta acquisizione israeliana per Zuckerberg e soci.
I boicottatori dovranno dunque coerentemente impiegare un altro social network per diffondere le loro farneticazioni, visto l'alto tasso di sionismo vantato ora da Facebook. Una impresa sempre più disperata, malgrado i consistenti sforzi finanziari messi in campo, e l'infruttuoso coinvolgimento di personaggi dello spettacolo (i quali, malgrado i contatti con l'universo degli odiatori di Israele, sono sempre più felici di toccare con le loro tournee Tel Aviv e dintorni).
I boicottatori dovranno dunque coerentemente impiegare un altro social network per diffondere le loro farneticazioni, visto l'alto tasso di sionismo vantato ora da Facebook. Una impresa sempre più disperata, malgrado i consistenti sforzi finanziari messi in campo, e l'infruttuoso coinvolgimento di personaggi dello spettacolo (i quali, malgrado i contatti con l'universo degli odiatori di Israele, sono sempre più felici di toccare con le loro tournee Tel Aviv e dintorni).
mercoledì 17 giugno 2015
Non fate sapere a Bruxelles che i palestinesi comprano israeliano...
L'offensiva del BDS rischia di afflosciarsi in tempi brevi. Il governo di Gerusalemme sta studiano azioni legali finalizzate al riconoscimento di congrui risarcimenti in denaro da parte dei boicottatori dello stato ebraico. Il neoministro della Giustizia sta approvando una serie di provvedimenti che inchioderà i militanti del BDS alle loro responsabilità civili e penali. Ma forse non sarà necessario adottare questa determinazione.
Il fatto è che il movimento di boicottaggio sovente si annulla da se', con iniziative che finiscono per penalizzare la parte che si presume voglia essere tutelata: basti pensare alle manifestazioni che hanno indotto la chiusura della fabbrica SodaStream di Maale Adumin, con conseguente perdita di impiego da parte di diverse centinaia di palestinesi. O agli innumerevoli esempi di innovazione scientifica e tecnologica di cui godono gli stessi odiatori di Israele. Presi da soli, i militanti del BDS sono sterili se non grotteschi; è quando ci si mette di mezzo la politica e l'ideologia, che i danni si avvertono.
Il fatto è che il movimento di boicottaggio sovente si annulla da se', con iniziative che finiscono per penalizzare la parte che si presume voglia essere tutelata: basti pensare alle manifestazioni che hanno indotto la chiusura della fabbrica SodaStream di Maale Adumin, con conseguente perdita di impiego da parte di diverse centinaia di palestinesi. O agli innumerevoli esempi di innovazione scientifica e tecnologica di cui godono gli stessi odiatori di Israele. Presi da soli, i militanti del BDS sono sterili se non grotteschi; è quando ci si mette di mezzo la politica e l'ideologia, che i danni si avvertono.
martedì 16 giugno 2015
I dieci modi con cui Israele è discriminato
di David Harris*
È sconcertante osservare come Israele sia trattato con un metro di paragone assolutamente diverso da quello adottato per altri stati. Ovviamente, lo stato ebraico è sottoponibile a giudizio; come tutti gli altri, d'altro canto. Ma meriterebbe pari trattamento, non diverso.
Tanto per incominciare, Israele è l'unico stato della comunità internazionale di cui è continuamente messa in discussione lo stesso diritto ad esistere.
Malgrado il fatto che Israele impersonifichi un antiche legame con il popolo ebraico, come ripetutamente citato nel libro più letto al mondo: la Bibbia, che sia stato istituito con una risoluzione ONU del 1947, e che sia membro pieno effettivo delle Nazioni Unite dal 1949; persiste un implacabile gruppetto di nazioni, istituzioni e soggetti che ne negano la legittimità politica.
Nessuno oserebbe discutere il diritto ad esistere di tutti gli altri stati, la cui legittimazione storica e legale è decisamente più discutibile: inclusi gli stati istituiti dopo atti di forza, occupazione o creati a tavolino. Diversi stati arabi, per dire, rientrano in almeno una di queste categorie. Perché allora soltanto nei confronti di Israele è continua caccia aperta? non ha niente a che fare con il fatto che trattasi di uno stato con maggioranza ebraica al mondo?
È sconcertante osservare come Israele sia trattato con un metro di paragone assolutamente diverso da quello adottato per altri stati. Ovviamente, lo stato ebraico è sottoponibile a giudizio; come tutti gli altri, d'altro canto. Ma meriterebbe pari trattamento, non diverso.
Tanto per incominciare, Israele è l'unico stato della comunità internazionale di cui è continuamente messa in discussione lo stesso diritto ad esistere.
Malgrado il fatto che Israele impersonifichi un antiche legame con il popolo ebraico, come ripetutamente citato nel libro più letto al mondo: la Bibbia, che sia stato istituito con una risoluzione ONU del 1947, e che sia membro pieno effettivo delle Nazioni Unite dal 1949; persiste un implacabile gruppetto di nazioni, istituzioni e soggetti che ne negano la legittimità politica.
Nessuno oserebbe discutere il diritto ad esistere di tutti gli altri stati, la cui legittimazione storica e legale è decisamente più discutibile: inclusi gli stati istituiti dopo atti di forza, occupazione o creati a tavolino. Diversi stati arabi, per dire, rientrano in almeno una di queste categorie. Perché allora soltanto nei confronti di Israele è continua caccia aperta? non ha niente a che fare con il fatto che trattasi di uno stato con maggioranza ebraica al mondo?
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lunedì 26 gennaio 2015
Gaza e il boicottaggio che non c'è
Ha fatto sorridere in molti la grottesca esternazione di Imad al-Baz, di professione funzionario del ministero dell'Economia di Gaza, che domenica ha annunciato trionfante la rimozione del bando alle merci che entrano nell'enclave palestinese dal vicino Israele. Il povero (si fa per dire) al-Baz è l'unico a non sapere che nella Striscia di Gaza, dal valico "sionista" di Kerem Shalom, entrano quasi tutti i giorni bevande analcoliche, snack dolci e salati, gelati, caffé e cioccolato, abiti e altri generi di prima e seconda necessità: da almeno cinque anni. Chissà quante patatine in sacchetto avranno ingurgitato i suoi figli, promessi alla guerra di stermino promossa da Hamas.
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giovedì 6 febbraio 2014
It's the economy, stupid!
È il denaro che fa girare il mondo; beh, per fortuna quasi tutto il mondo. Muhammad Rashid si è messo nei guai. Già consulente economico di Yasser Arafat, Rashid ha scatenato la rabbia ceca dell'Autorità Palestinese. La sua colpa? aver denunciato, sul canale satellitare arabo Al Arabiya, la corruzione dilagante della famiglia Abbas: una holding dal valore di 100 milioni di dollari. Ben investiti: oltre a partecipazioni in diverse società, detenute direttamente dai figli di "Abu Mazen" e indirettamente per il tramite di società riconducibili al boss palestinese; la "Abu Mazen SpA" sarebbe titolare di un conto corrente cifrato aperto presso un banca giordana, contenente quasi 40 milioni di dollari (dei quali 13 sarebbero giunti nientemeno che dagli Stati Uniti).
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