Visualizzazione post con etichetta crisi umanitaria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta crisi umanitaria. Mostra tutti i post

lunedì 17 dicembre 2012

Idee regalo per il Natale

Decollano le vendite di M75, la fragranza per uomo e per donna disponibile da alcuni giorni nelle migliori profumerie e centri commerciali di Gaza, la città una volta sfregiata con l'orrenda quanto improbabile definizione di "prigione a cielo aperto" (ben altri odori si percepiscono nelle galere). Il profumo deve il suo nome al missile a lungo raggio che i terroristi palestinesi hanno sparato contro Tel Aviv e Gerusalemme durante le manovre dell'operazione Pillar of Defense: una gittata massima di 75 chilometri, che ha rappresentato una escalation del livello di minacciosità della fazione estremista che da oltre cinque anni controlla la Striscia.

mercoledì 17 ottobre 2012

A Gaza arrivano i dollari del Qatar

Le prospettive rosee dell'economia gazana, ben riflesse dal moltiplicarsi del numero di milionari, dal boom di importazioni di automobili di lusso, da centri commerciali sempre più affollati, e in ultimo dalle vendite alle stelle del nuovo quanto costosissimo iPhone 5 (oggi ne parla anche Reuters); stanno attirando investitori a caccia di opportunità.
Il fondo sovrano del Qatar - lo stato famoso per i Mondiali di calcio che qui si giocheranno nel 2022; ma prima ancora per il canale televisivo Al Jazeera, sponsor dell'islamizzazione radicale del mondo arabo nota inizialmente come "primavera araba" - ha reso noto ieri l'impegno per un piano di investimenti da 254 milioni di dollari: 1/3 del PIL prodotto annualmente.
Con questa mossa, Gaza entra sempre più nell'orbita sunnita dei Fratelli Musulmani - di cui Hamas è peraltro una costola - che detengono il potere nel vicino Egitto e nello stesso Qatar.
Resta da svelare il contenuto del progetto. Cemento, acciaio e materiali da costruzione entrano nella Striscia settimanalmente dai valichi israeliani di Eretz e Kerem Shalom; e diversi edifici pubblici sono stati riconvertiti negli ultimi sei anni da moschee e scuole a rampe di lancio per i missili che ogni giorno bersagliano un milione di persone nel sud di Israele. I ricchi investitori arabi dichiarano l'intenzione di costruire nuove zone residenziali, autostrade ed in definitiva ammodernare le infrastrutture. Staremo a vedere...

martedì 16 ottobre 2012

«Niente palloni e barche a vela. Portateci batterie»

L'imbarcazione Estelle, ripartita da Napoli e diretta verso le coste di Gaza, rischia di prendere un granchio. I pacifinti partiti dalla Scandinavia - una quindicina in tutto - hanno raccolto quel che potevano per tentare di violare il blocco marittimo israeliano al largo delle coste di Gaza, istituito per prevenire l'acquisizione di armi e munizioni da parte di Hamas, che controlla la Striscia dal 2006/2007. Struggente l'appello di qualche giorno fa: «servono vele, mascherine con respiratori, canotti e altro materiali velico». Invito prontamente raccolto: Estelle consegnerà palloni e barche a vela ai gazani. Una volta messa da parte la retorica della "emergenza umanitaria", a cui non crede più nessuno, le organizzazioni cosiddette "pacifiste" si preoccupano di riempire il tempo libero dei palestinesi che popolano la Striscia. Peccato che si disinteressino completamente dei milioni di siriani sotto la quotidiana minaccia del regime di Assad, e che non abbiano parole per le migliaia di palestinesi massacrati dal macellaio di Damasco. Ma questo è un altro discorso.
Il discorso di oggi è il grande successo dell'iPhone5. Le vendite a Gaza stanno decollando, malgrado prezzi davvero proibitivi: 4500 shekel israeliani per la versione da 16Gb e 5700 NIS per la versione da 64Gb. In dollari, sono rispettivamente 1170 e 1480 dollari: non poco, per un'area ritenuta povera, ma dove al contrario si stanno moltiplicando i milionari.
Addirittura l'iPhone5 arriverà soltanto a dicembre nel vicino Israele, mentre a Gaza è già venduto nei centri commerciali e nei negozi specializzati in telefonia. Il migliaio di tunnel illegali scavati al confine fra Egitto e Striscia di Gaza fa passare munizioni per i terroristi di Hamas, ma anche apparecchiature elettroniche e gadget tecnologici, provenienti questi ultimi da Dubai. Un rivenditore palestinese ha dichiarato al quotidiano libanese "Daily Star" di averne ordinato 30, di cui già 20 sono stati venduti all'esigente e facoltosa clientela palestinese.
Per i pacifinti della Estelle un appello urgente: «lasciate stare palloni e materiale velico. Niente cibo e farmaci: ne abbiamo in abbondanza. Ci arrivano tutte le settimane da Israele, assieme a materiali da costruzione, tessuti e ogni genere di prima (e seconda) necessità. E poi l'altra volta, due anni fa, era tutta roba scaduta. Piuttosto: procurateci batterie e caricabatterie per iPhone: 'che il Melafonino è notoriamente vorace di risorse»...

domenica 2 settembre 2012

I milionari di Gaza

C'era una volta un lembo di terra, talmente sottile da essere definito "striscia": la Striscia di Gaza. Una terra povera, sotto la dominazione egiziana, fino a quando la Guerra dei Sei Giorni del 1967 comportò il passaggio della Striscia sotto la giurisdizione israeliana. L'economia e il tenore di vita migliorarono: gli insediamenti ebraici avviarono nuove e fiorenti attività commerciali, che diedero lavoro e benessere a diecine di migliaia di arabi. Dove c'era il deserto fiorirono serre e vivai. Questo fino al 2000, quando scoppiò la Seconda Intifada che esasperò il terrorismo palestinese nei confronti della popolazione civile israeliana. Nel 2005 lo sgombero da Gaza, nel 2007 l'ascesa al potere da parte dei fondamentalisti islamici di Hamas, che trasformarono serre in trincee, e edifici pubblici in piattaforme di lancio missilistiche. L'economia precipitò, le risorse finanziarie furono destinate all'acquisto di armi e munizioni, e la popolazione sprofondò nella miseria.
Le aggressioni pressoché quotidiane indussero le autorità di governo di Gerusalemme a correre ai ripari, istituendo un blocco navale al largo delle coste di Gaza, finalizzato ad impedire l'arrivo di nuovi armamenti. Ciò non ha impedito il potenziamento degli arsenali di Hamas e di altre formazioni terroristiche, grazie alle centinaia di tunnel illegali scavati al confine fra la Striscia e l'Egitto, ma ha nondimeno alimentato la retorica della "crisi umanitaria", sapientemente alimentata da media simpatizzanti per l'opera di annichilimento sionista portata avanti da Hamas. Due anni fa il colpo di scena: dopo una approfondita indagine, l'ONU ha riconosciuto in un rapporto dettagliato che a Gaza non vi è alcuna crisi umanitaria: generi alimentari, medicinali, materiali da costruzione, abiti e tessuti, prodotti high-tech e persino beni di lusso, pervengono periodicamente a Gaza per il tramite dei valichi israeliani di Kerem Shalom e di Eretz, che spesso hanno sopperito alla improvvisa chiusura del valico egiziano di Rafah. Anzi, di generi di lusso ne arrivano sospettosamente sin troppi...
Si scopre oggi che i milionari a Gaza abbondano: sono circa 600. I centri commerciali sono sempre più affollati di acquirenti e di mercanzia, le concessionarie d'auto di lusso, sono aperte anche al sabato, si aprono sempre più ristoranti e alberghi di lusso e i mercatini rionali straripano di prodotti. La "denuncia" proviene da una fonte insospettabile di partigianeria: è il quotidiano in lingua araba "Asharq Al-Awsat" a sostenerlo, con dovizia di particolari. Casomai, rivela il quotidiano che cita un ex alto ufficiale dell'Autorità Palestinese, le condizioni di vita dei residenti sarebbero molto migliori se non vi fosse il regime autoritario e temuto di Hamas, salita al potere con un colpo di stato con cui ha esautorato brutalmente i rivali di Al Fatah, e che da anni non tiene libere elezioni nel timore di perderle (a favore, peraltro, di organizzazioni ancora più radicali).
Hamas ottiene 1/4 delle entrate proprio dal commercio illegale al confine con l'Egitto: ogni auto che entra nella Striscia paga un dazio di 2000 dollari e una sovrattassa pari al 25% del prezzo. Dazi sono imposti anche su cemento, su sigarette e sui combustibili di ogni tipo. Si capisce bene perché il primo ministro Ismail Haniyeh avversi la decisione del neo-presidente egiziano Morsi di sigillare i tunnel clandestini. Si capisce meno perché ancora oggi qualche giornali si ostina a parlare di crisi umanitaria in una terra dove il denaro abbonda: casomai, è (molto) mal distribuito. In effetti i palestinesi si libererebbero ben volentieri di Hamas, e molti avversano la sua aggressività nei confronti del vicino Israele; ma purtroppo da queste parti la democrazia è talmente avanzata che non c'è bisogno di tenere libere elezioni più di una volta...

martedì 29 maggio 2012

La "crisi umanitaria" a Gaza

Continua la crisi umanitaria a Gaza.
Questa foto, scattata stamattina da Avital Leibovich al valico di Kerem Shalom, mostra un carico di "beni essenziali" scaricati e destinati all'enclave palestinese.
Gli europei che si lamentano del fiume di denaro che inviano da quelle parti, si consolino pensando che una parte ritorna indietro...
Nulla di nuovo, per la verità. Ci si chiede come saranno alimentate queste vetture, dal momento che il regime di Hamas, che controlla la Striscia dal 2005 dopo lo sgombero israeliano ordinato da Sharon nel 2005, vieta l'importazione di combustibile da Israele, preferendo comprare benzina sottocosto dal vicino Egitto, potendovi praticare una lucrosa cresta, a costo di lasciare l'intera popolazione letteralmente al buio.