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venerdì 21 agosto 2015

Del boom economico israeliano possono beneficiare tutti

L'economia israeliana continua a presentare segni di estrema vitalità e stabilità. Il Credit Default Swap, che misura il grado di rischiosità finanziaria di un governo, è sceso a meno di 70 punti base: è il costo che occorre sostenere per assicurarsi dal rischio di insolvenza sovrana. A titolo di riferimento, tre anni fa il CDS di Gerusalemme sfiorava i 200 punti base. In Italia oggi il CDS è pari a 115 punti base.
L'elevata solvibilità del piccolo stato ebraico è testimoniata dai "parametri di Maastricht": il deficit di bilancio è inferiore al 3% del PIL, mentre il debito pubblico, in continuo calo in termini relativi grazie alla crescita economica, quest'anno si attesterà al 67.5% del prodotto interno lordo. Israele avrebbe tutti i requisiti per chiedere di entrare a far parte dell'Unione Monetaria Europea.
Si parlava dei prodigi dell'economia israeliana. Dopo il boom nel primo trimestre, il PIL è cresciuto dello 0.5% nel secondo quarto del 2015 (più della Germania, per intenderci). Negli ultimi vent'anni il PIL ha ostentato un'espansione annualizzata del 3.8%: un boom su cui non si è scritto a sufficienza.

venerdì 22 novembre 2013

Israele, paradiso del venture capital

Israele, culla dell'high tech mondiale. Il 2013 non sarà ricordato soltanto per l'acquisizione miliardaria (966 milioni di dollari, per l'esattezza) di Waze da parte di Google. Secondo un articolo apparso ieri sul Wall Street Journal, nei primi nove mesi di quest'anno sono state concluse ben 1183 transazioni, per un controvalore di 8,64 miliardi di dollari. È un dato impressionante sotto diversi punti di vista:
  • rispetto ad una popolazione di meno di 8 milioni di abitanti, le operazioni di fusione e acquisizione (M&A) hanno rappresentato un controvalore di oltre mille dollari pro-capite: un dato sensibilmente maggiore di quello relativo agli Stati Uniti, fermi ad "appena" 660 dollari pro-capite;
  • in relazione alle dimensioni dell'economia, le operazioni di M&A in Israele sono state pari al 3.5% del prodotto interno lordo; negli USA, il turnover non ha superato l'1.3% del PIL;
  • l'articolo del WSJ celebrava l'Irlanda come il paese dalla più spinta imprenditorialità dell'area Euro, con 311 transazioni complessive nei primi tre trimestri del 2013, per un controvalore di 1.3 miliardi di dollari. Spettacolare il gap rispetto al piccolo stato ebraico, che fa della ricerca e innovazione il suo punto di forza.

Come puntualizza il quotidiano finanziario americano, soltanto negli ultimi cinque anni, per ogni dollaro raccolto in Europa dai fondi di venture capital, ne sono stati raccolti ben 10 negli Stati Uniti e addirittura 23 in Israele. Nessuno stato europeo è riuscito a far meglio in questo arco di tempo: nemmeno la Germania.
L'inovazione tecnologica favorisce aumenti di produttività, che tengono sotto controllo l'inflazione e aumentano la ricchezza complessiva. Non è un caso che il PIL pro-capite sia passato dai 18200 dollari del 2004, ai 22129 dollari del 2012 (+22%); nel medesimo arco di tempo, il PILpc è cresciuto del 13.9% in Germania, del 4.1% in Francia, mentre è sceso del 6% in Italia.
Ricerca, innovazione, eccellenza nell'istruzione, lancio di nuovi prodotti e processi fanno del piccolo stato ebraico un punto di riferimento globale. Non a caso l'agenzia di rating americana Standard&Poor's assegna a Gerusalemme un rating elevato (A+) e stabile.
Chissà come mai le relazioni scarseggiano fra il mondo accademico, scientifico e industriale italiano, e lo stato ebraico. Che oltretutto, si accinge a sperimentare un boom energetico grazie agli immensi giacimenti di gas naturale rinvenuti al largo delle proprie coste.