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mercoledì 13 giugno 2012

Le priorità dell'Europa in Medio Oriente

Bisogna ammettere che della politica internazionale non capiamo niente. E dobbiamo essere tutti grati dell'esistenza dell'Unione Europea, che partorisce menti brillanti che illuminano e agevolano il nostro cammino verso la Conoscenza.
Per esempio, qual è il problema più grave in Medio-Oriente?
fino ad un anno e mezzo fa, molti avrebbero risposto, con lo stesso automatismo con cui blaterano i pappagalli, "il conflitto arabo-israeliano". Risolvete quel conflitto, era l'argomentazione - a volta in buona fede, spesso no - e il Medio Oriente vedrà ridurre la tensione che lo affligge. La "primavera araba" si è manifestata in diverse forme e con differenti intensità. Ma in Tunisia, in Libia, in Egitto, nel Bahrein e nello Yemen, bisogna dirlo, è apparso subito evidente che gli israeliani non c'entravano proprio nulla.
Qual è oggi il problema principale in Medio Oriente? vediamo, ce ne sono tanti:
- un dittatore in Siria che ha ammazzato quasi 16 mila connazionali (per la verità di etnia diversa dalla minoranza shiita-alawita che regna a Damasco), con il supporto finanziario e le armi della Russia? no.
- Un ciclo di elezioni in Egitto che finalmente sta giungendo ad epilogo, con una maggioranza parlamentare schiacciante in mano ai fondamentalisti islamici, assistiti da "ultra-fondamentalisti", e con un probabilissimo presidente iscritto alla "loggia" dei Fratelli Musulmani? nemmeno.
- Una sanguinosa guerra civile in Libia, con tanto di regolamento di conti fra bande rivali? macché.
- Un autunno islamico in Tunisia, dove gradualmente si sta imponendo la shaaria? figuriamoci...
- Un Libano lacerato da una presenza non più simbolica ma anche formale di Hezbollah, il "partito di Dio" finanziato dall'Iran, presente ora nel governo dopo le dimissioni di Hariri, resesi necessarie dopo che il Tribunale Speciale per il Libano, istituito dall'ONU, sta per rivelare la responsabilità di Hezbollah nell'assassinio del padre di Hariri, a sua volta primo ministro? troppo poco...
- Un Iran che procede a passo spedito verso la bomba atomica, al punto da aver aperto una terza centrale, sotterranea, dove le centrifughe lavorano a pieno ritmo, mentre in superficie i delegati ONU brancolano nel buio? e che sarà mai...

Il problema più urgente, in Medio Oriente, è l'espansione delle comunità ebraiche in Giudea e Samaria. Prima che qualcuno chiami il servizio di sanità mentale, sappiate che a pronunciare questa affermazione è stata nientepopodimeno che "Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea", baronessa Catherine Ashton. Lo smantellamento degli insediamenti ebraici nei territori conquistati da Israele dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967, e mai restituiti per il rifiuto da parte araba di avviare negoziati finalizzati ad una pace - come fatto in altri tempi, e con successo, con Egitto e Giordania - e la riunificazione di Gerusalemme, occupata nei quartieri orientali dall'esercito giordano nel 1948, e liberata 19 anni dopo; sono queste le priorità fondamentali dell'Unione Europea, afferma la ministra degli Esteri.

Che dire... speriamo solo che sia abbastanza nobile e benestante da non aver bisogno di ritirare il gettone di presenza...

venerdì 9 dicembre 2011

La propaganda filo-araba di Reuters



Se vi stanno simpatici i palestinesi e in generale gli arabi; se ritenete che non sia definibile "terrorismo" il lancio di razzi teleguidati verso la popolazione civile (se israeliana), l'attentato a scuolabus e lo sgozzamento di una famiglia inerme colta nel sonno; se invece vi stanno sulle scatole Israele, gli ebrei e quelli che solidarizzano con loro, il consiglio è di tenervi informati con le news di Reuters.
Uno studio accademico rivela la copertura sistematicamente deformata, parziale e in malafede degli eventi in Medio Oriente: in barba al codice deontologico interno, le tesi arabe sono offerte sotto una buona luce, quelle israeliane sempre e comunque distorte e sovente false.
Per fortuna le agenzie Reuters sono distribuite da diversi media, per cui le immagini, le notizie e i dispacci ci sono propinati anche dai comuni TG e giornali, per cui non c'è il rischio che l'opinione pubblica non sia alla fine deformata da questa agenzia partigiana. Il cui operato è stato ritenuto tale da meritarsi la nomination a "Dishonest Reporter" da parte dell'organizzazione Honest Reporting, che monitora e denuncia il comportamento fraudolento e deformante dei media internazionali.

sabato 15 ottobre 2011

Cristiani in Medio Oriente

"Cristiani cacciati dal Medio Oriente. Europa e Usa scelgono di lasciar fare"
tratto da "Il Giornale" di venerdì 14 Ottobre 2011


I Paesi musulmani, per la maggioranza, non vogliono i cristiani, o sono preda di chi non li vuole: in Arabia Saudita il cristianesimo è proibito, in Iraq l'anno scorso proprio in questo mese 58 cattolici furono sterminati in una chiesa, dieci anni fa c'erano 800mila cristiani, oggi sono 150mila. In Iran, sotto lo Scià la vita era possibile, poi i cristiani sono stati dichiarati, con i bahai, gli ebrei e chiunque non sia sciita «in guerra contro Dio» e sono soggetti a arresti, torture, morte. Solo dal giugno 2010 sono stati arrestati 250 cristiani. A Betlemme i cristiani da quando nel '94 l'Autorità Palestinese governa, dall'80 per cento sono scesi al 20. A Gaza dove sono solo 3000, ci sono omicidi, i luoghi di culto vengono bruciati, la persecuzione è piena. Un po' più lontano in Pakistan i cristiani vengono aggrediti ogni giorno.
Come reagiamo noi europei? Malissimo se si pensa che il patriarca maronita cattolico Bechara Rai, recatosi da Sarkozy per dire di essere preoccupato per i cristiani di Siria nel caso Assad venga deposto (non è una difesa del rais, ma l'annuncio di una presenza islamista attiva sul campo) è stato trattato come un paria e quando è andato in America Obama non l'ha ricevuto. L'Europa, gli Usa dove sono?


Fiamma Nirenstein

mercoledì 24 agosto 2011

Nessuna speranza per la pace in Medio Oriente



Ripugnante. Come si può perseguire la pace in Medio Oriente, se a bambini di tre anni e mezzo (!!!) viene insegnato che il dovere del buon musulmano è quello di ammazzare gli ebrei?
E' tutto perso, non c'è speranza...

La Cina sbarca in Medio Oriente



China enters the Middle East


di SHALOM WALD e GEDALIAH AFTERMAN

Se si seguissero i media israeliani in questi giorni, tutto sembrerebbe normale: scioperi, scandali, l'ennesima commissione statale, l'ennesimo maledetto rapporto del Controllore di Stato, Tzipi che ancora una volta becca Bibi, soldati arabi che macellano altri soldati arabi... insomma, nulla di nuovo.
Eppure c'è un tema che sta eclissando tutti gli altri, sebbene pochi israeliani l'abbiano notato: questa settimana per la prima volta un capo di stato maggiore cinese, Generale Chen Bingde, è in visita in Israele. Secondo il quotidiano ufficiale China Daily, la visita "evidenzia il restringimento dei legami". In realtà, la visita implica molto altro.

Da anni questa crescente superpotenza sta entrando in Medio Oriente in punta di piedi, rafforzando la sua presenza economica, politica e militare, mentre l'Europa in declino fa fatica a confermare la sua presenza. Ci sono diversi segni - alcuni dei quali ufficiali - secondo cui la Cina sta lavorando ad una posizione può equilibrata nella regione, allontanandosi dal tradizionale sostegno agli stati arabi. Ci sono pochi dubbi circa il fatto che la visita di Chen (il cui itinerario non comprende altre potenze regionali come l'Ucraina e la Russia) sia seguita con sospetto da Ankara, da Teheran, dal Cairo e anche da Ramallah.
Le relazioni fra cinesi ed ebrei e fra Cina e Israele sono molto antiche, e di solito abbastanza positive. Nel 1950 Israele fu il primo stato in Medio Oriente a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese. A novembre 1973, Mao Tze Tung confermò a Henry Kissinger che non aveva nulla contro gli ebrei; tutt'il contrario - una puntualizzazione notevole, in un periodo in cui i sentimenti antisemiti toccavano vette inesplorate nel blocco sovietico.
Dopo l'avvio di relazioni diplomatiche nel 1992, i rapporti bilaterali e le visite reciproche hanno raggiunto un ritmo serrato, con particolare riferimento al settore della Difesa. Queste relazioni hanno conosciuto un improvviso stop nel 2000, quando le consistenti pressioni americane indussero Israele a cancellare un contratto con cui si vendeva alla Cina un sistema di ricognizione aerea di produzione israeliana noto come Phalcon. Nel 2004 un incidente simile riguardò la vendita di un drone israeliano: questa volta gli Stati Uniti accompagnarono le pressioni con la minaccia di sanzioni. Israele non aveva scelta: l'amicizia con gli Stati Uniti è ancora indispensabile.

La visita di Chen giunge nel momento in cui Israele è sempre più preoccupata dei molteplici sforzi finalizzati al suo isolamento e delegittimazione. La visita invia un segnale: la Cina non condivide questi sentimenti. E' importante che questa opportunità di ripristinare la fiducia reciproca non sia sprecata. Il miglioramento dei legami con la Cina può avere un impatto positivo non solo su Israele ma sull'intera area. Può indicare agli iraniani e ai loro affiliazioni arabe Hamas e Hezbollah che nonostante essi abbiano ricevuto forniture dalla Cina, ciò non implica alcuna approvazione delle condotta violenta e genocida. La rapida ascesa della Cina e l'interesse nel mantenimento di stabilità in Medio Oriente può significare che la Cina è pronta a giocare un ruolo a livello regionale e nel processo di pace.
Detto questo, quando la Cina decide di porre in essere una svolta in un'area geopolitica, non lo fa mai per un solo motivo. E' virtualmente certo che Pechino è preoccupata per la diffusione dei disordini nel mondo arabo, la cui estensione ha colto essi stessi di sorpresa. Sotto questo profilo Israele rappresenta una certezza.

La reazione degli Stati Uniti all'approfondimento delle relazione fra Israele e Cina sarà cruciale. Dovranno essere effettuati tutti gli sforzi per convincere l'alleato più stretto di Gerusalemme che è nell'interesse degli Stati Uniti il consentire che la Cina fornisca una mano nello stabilizzare il Medio Oriente.
Gli arabi e l'Iran non possono non prestare ascolto a Pechino. La Cina è stato lo stato confinante più grande per migliaia di anni, da molto prima che gli Stati Uniti fossero formati, e prima che l'Europa abbia potuto dire la sua nell'area. Oggi la Cina è un partner strategico per la fornitura di energia, e fornisce copertura politica a patto che non si chieda lumi in merito alle concessioni politiche o sui diritti umani.
Nel suo libro più recente sulla Cina, Henry Kissinger continua ad interrogarsi circa i rapporti con una potenza globale crescente, e suggerisce che l'America può e deve fronteggiare la crescita pacifica della Cina, chiedendo al tempo stesso a Pechino di impegnarsi maggiormente nel conseguimento della pace e della stabilità globale. Ci si chiede se già conosca la posizione della Cina sul Medio Oriente, e se altrettanto abbiano fatto gli Stati Uniti...

Fonte: Jerusalem Post

venerdì 13 maggio 2011

Siete cristiani? andate a vivere in Israele!



Se proprio avete voglia di cambiare vita e di prediligere usi e costumi del fascinoso Medio Oriente, e se per caso siete di religione cristiana, l'unico stato (peraltro l'unica democrazia) di quell'area geografica dove la popolazione cristiana è in aumento, è appunto lo stato con capitale Gerusalemme.
In tutti gli altri stati dell'area, infatti, i cristiani sono vittima di persecuzioni, discriminazioni, privazione di diritti, maltrattamenti e violenze; e uccisioni. La triste novità infatti è che oggi non è più loro concesso di praticare la propria religione, a patto di accettare la condizione di inferiorità che va sotto il nome di "dhimmi". Se in Turchia i cristiani sono ora appena 85 mila, a fronte dei due milioni di qualche tempo fa, il problema ci deve essere, e serio pure. In Libano, i cristiani erano maggioranza; ora sono 1/3 della popolazione. In Siria rappresentano soltanto il 4%; in Giordania, il 2%. In Iraq la popolazione di religione cristiana ammontava a 1.4 milioni di coraggiosi individui; oggi risulta dimezzata.
Quello che stanno subendo i cristiani in Medio Oriente - malgrado l'oltraggioso silenzio del Vaticano - è quanto già sperimentato sulla propria pelle dagli ebrei residenti nel Nord Africa e in MO nei vent'anni successivi alla costituzione dello stato di Israele: un esodo biblico, frutto delle persecuzioni di stato.
C'è un solo stato, nel Medio Oriente, in cui la popolazione cristiana è aumentata, dal Dopoguerra ad oggi: ed è lo stato di Israele. I cristiani erano 34 mila nel 1949; ammontano oggi a 163 mila, e cresceranno a 187 mila per la fine del decennio.

Fonte.

mercoledì 20 aprile 2011

La miopia degli "esperti" sulla questione israelo-palestinese



Il giudice sudafricano Goldstone, incaricato due anni fa dall'ONU di redigere un rapporto dettagliato sulle responsabilità degli eserciti di Hamas (Gaza) e Israele nell'ambito delle morti di civili durante la guerra di Gaza, è tornato agli onori della cronaca di recente ammettendo dalle colonne dell Washington Post - il New York Times era stato interpellato per pubblicare l'Op-Ed di Goldstone, ma il giornale liberal americano si è rifiutato... - che sulla base delle conoscenze attuali non avrebbe mai scritto quel rapporto, in cui si mettevano sullo stesso piano l'IDF (l'esercito israeliano) e i miliziani di Hamas per aver colpito deliberatamente i civili.

Goldstone ha ammesso - meglio tardi che mai? - che l'esercito israeliano non ha mai inteso colpire delibertamente i civili palestinesi, raggiunti in parte peraltro molto ridotta. Successe che molti miliziani palestinesi non indossarono divise militari, il che gonfiò artificiosamente il numero delle vittime civili; si confusero fra la folla, costringendo i civili a presenziare ai combattimenti dal campo di battaglia e lanciarono i loro attacchi da piazze, moschee, ospedali, abitazioni e addirittura cimiteri. Il ministero della Difesa israeliano avviò un'inchiesta dopo l'operazione Piombo Fuso che anticipò quello che solo ora è "di dominio pubblico" (si fa per dire: i media occidentali sono rapidi a rilanciare le accuse provenienti da ambienti filopalestinesi, anche se infondate, senza nemmeno verificare le fonti; salvo dimenticarsi di fornire smentita equivalente per visibilità quando la notizia originaria si rivela palesemente falsa). Non altrettanto è stato fatto da Hamas a Gaza.



Ma c'è qualcun altro che dovrebbe recitare il mea culpa. Nessuno fra i cosiddetti esperti ha previsto i tumulti e le rivolte nel Nord Africa e in Medio Oriente. Questo perché essi hanno sempre spiegato al mondo occidentale che la radice dei problemi di quell'area risiedeva nel conflitto israelo-palestinese, e che una volta risolto esso (mediante imposizione di nuovi e ulteriori sacrifici ad una parte, e nuove ed ulteriori concessioni all'altra), tutto sarebbe stato risolto, e il Medio Oriente sarebbe tornato a vivere in pace e prosperità.

Ma i giovani che affollano le strade e le piazze di Damasco, del Cairo e delle città mediorientali non bruciano bandiere con la stella di David. Non urlano contro l'imperialismo o l'espansionismo di Israele. La causa del loro malessere non è residente a Gerusalemme. La stessa Al Jazeera - che l'amministrazione Bush non esitava a giudicare fiancheggiatrice di Al Quaeda, e che certo non può definirsi di simpatie sioniste - negli ultimi giorni ha proposto a più riprese le immagini di politici di alto livello dell'unica democrazia del Medio Oriente processati e incarcerati per reati commessi. Il messaggio è stato: "vedete? in Israele chi si comporta male paga, non viene salvato". Lanciando un segnale neanche tanto velato di desiderio di emulazione di un sistema politico che può funzionare anche ad est del Giordano.

La speranza è che l'Occidente finalmente rinsavisca e riconosca i propri errori di valutazione, come fatto recentemente dal giudice i cui atti di condanna negli ultimi due anni sono stati amplificati e strumentalizzati in tutto il mondo, al punto da consigliare ai politici israeliani di evitare di compiere viaggi in paesi apparentemente democratici come il Regno Unito, pena l'arresto e la detenzione. Non ci si aspetta che i sedicenti esperti di questioni mediorientali raccolgano le loro ammissioni di colpa sulle colonne dei giornali; sarebbe sufficiente che cessassero di avvelenare l'opinione pubblica con una visione che i fatti hanno dimostrato essere miope, se non distorta e in malafede.

martedì 22 marzo 2011

MONA: come tutto ebbe inizio



Spettacolare ricostruzione temporale degli eventi degli ultimi tre mesi in Medio Oriente - Nord Africa:

The Path of Protest

Medio Oriente, Israele e scudi umani



Il 2011 ha evidenziato inoppugnabilmente un aspetto: la "crisi" del Medio Oriente non ha alcuna attinenza con il conflitto fra Israele e palestinesi. Le bandiere con la stella di David bruciate negli anni ad uso e consumo dei media occidentali non sono mai stati viste in questi primi tre mesi dell'anno nelle piazze delle capitali nordafricane e mediorientali. Chi dice: "risolviamo la questione israelo-palestinese e il Medio Oriente vivrà felice" non capisce niente o è in malafede.

Un altro aspetto per molti originale (ma bastava non farsi infinocchiare dai media orientati da un lato) e tragico, è quello della brutalità e dell'aggressività dei terroristi di Hamas, e della natura difensiva della reazione dell'esercito israeliano. Strano perché a leggere le agenzie (Ansa), Israele fa vittime e feriti; ma poi, leggendo, si scopre soltanto alla fine che i colpi sparati dall'IDF sono in risposta ai lanci provenienti dalla Striscia di Gaza.

E persino Fabio Scuto di Repubblica, oggi, ammette il gioco sporco dei palestinesi di Hamas. Meglio tardi che mai. Soltanto ora si ammette che Hamas usa i civili come scudi umani, lanciando razzi Qassam dai tetti degli ospedali, o delle scuole, o delle abitazioni dei civili, onde provocare la risposta dall'altro lato che inevitabilmente cagiona conseguenze dolorose (ma imprevedibili).

Ecco una parte del pezzo di Scuto di questa mattina:

Che dire degli Hezbollah libanesi che nella guerra del 2006 con Israele, piazzavano le loro batterie di lancio nelle zone più densamente abitate di Beirut e Sidone per evitare il bombardamento di risposta, che invece puntuale è sempre arrivato? Dei qaedisti afghani che mascherano le loro riunioni dietro matrimoni e feste che si tengono nei villaggi sulle montagne del Waziristan? Una trappola in cui i droni dell´esercito americano sono caduti troppo spesso prima di capire appieno «lo sporco gioco». O dell´Operazione "Piombo Fuso" a Gaza alla fine del 2008?

Milleduecento palestinesi uccisi ma solo quattrocento erano miliziani di Hamas. Il resto civili, "scudi umani" inconsapevoli perché gli integralisti come i loro "colleghi" libanesi sparavano dal cuore dei centri abitati della Striscia, quasi convinti che la reazione alla morte dei civili avrebbe suscitato la reazione dell´opinione pubblica mondiale e portato più benefici politici che non la battaglia in campo aperto.