di SHALOM WALD e GEDALIAH AFTERMAN
Se si seguissero i media israeliani in questi giorni, tutto sembrerebbe normale: scioperi, scandali, l'ennesima commissione statale, l'ennesimo maledetto rapporto del Controllore di Stato, Tzipi che ancora una volta becca Bibi, soldati arabi che macellano altri soldati arabi... insomma, nulla di nuovo.
Eppure c'è un tema che sta eclissando tutti gli altri, sebbene pochi israeliani l'abbiano notato: questa settimana per la prima volta un capo di stato maggiore cinese, Generale Chen Bingde, è in visita in Israele. Secondo il quotidiano ufficiale China Daily, la visita "evidenzia il restringimento dei legami". In realtà, la visita implica molto altro.
Da anni questa crescente superpotenza sta entrando in Medio Oriente in punta di piedi, rafforzando la sua presenza economica, politica e militare, mentre l'Europa in declino fa fatica a confermare la sua presenza. Ci sono diversi segni - alcuni dei quali ufficiali - secondo cui la Cina sta lavorando ad una posizione può equilibrata nella regione, allontanandosi dal tradizionale sostegno agli stati arabi. Ci sono pochi dubbi circa il fatto che la visita di Chen (il cui itinerario non comprende altre potenze regionali come l'Ucraina e la Russia) sia seguita con sospetto da Ankara, da Teheran, dal Cairo e anche da Ramallah.
Le relazioni fra cinesi ed ebrei e fra Cina e Israele sono molto antiche, e di solito abbastanza positive. Nel 1950 Israele fu il primo stato in Medio Oriente a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese. A novembre 1973, Mao Tze Tung confermò a Henry Kissinger che non aveva nulla contro gli ebrei; tutt'il contrario - una puntualizzazione notevole, in un periodo in cui i sentimenti antisemiti toccavano vette inesplorate nel blocco sovietico.
Dopo l'avvio di relazioni diplomatiche nel 1992, i rapporti bilaterali e le visite reciproche hanno raggiunto un ritmo serrato, con particolare riferimento al settore della Difesa. Queste relazioni hanno conosciuto un improvviso stop nel 2000, quando le consistenti pressioni americane indussero Israele a cancellare un contratto con cui si vendeva alla Cina un sistema di ricognizione aerea di produzione israeliana noto come Phalcon. Nel 2004 un incidente simile riguardò la vendita di un drone israeliano: questa volta gli Stati Uniti accompagnarono le pressioni con la minaccia di sanzioni. Israele non aveva scelta: l'amicizia con gli Stati Uniti è ancora indispensabile.
La visita di Chen giunge nel momento in cui Israele è sempre più preoccupata dei molteplici sforzi finalizzati al suo isolamento e delegittimazione. La visita invia un segnale: la Cina non condivide questi sentimenti. E' importante che questa opportunità di ripristinare la fiducia reciproca non sia sprecata. Il miglioramento dei legami con la Cina può avere un impatto positivo non solo su Israele ma sull'intera area. Può indicare agli iraniani e ai loro affiliazioni arabe Hamas e Hezbollah che nonostante essi abbiano ricevuto forniture dalla Cina, ciò non implica alcuna approvazione delle condotta violenta e genocida. La rapida ascesa della Cina e l'interesse nel mantenimento di stabilità in Medio Oriente può significare che la Cina è pronta a giocare un ruolo a livello regionale e nel processo di pace.
Detto questo, quando la Cina decide di porre in essere una svolta in un'area geopolitica, non lo fa mai per un solo motivo. E' virtualmente certo che Pechino è preoccupata per la diffusione dei disordini nel mondo arabo, la cui estensione ha colto essi stessi di sorpresa. Sotto questo profilo Israele rappresenta una certezza.
La reazione degli Stati Uniti all'approfondimento delle relazione fra Israele e Cina sarà cruciale. Dovranno essere effettuati tutti gli sforzi per convincere l'alleato più stretto di Gerusalemme che è nell'interesse degli Stati Uniti il consentire che la Cina fornisca una mano nello stabilizzare il Medio Oriente.
Gli arabi e l'Iran non possono non prestare ascolto a Pechino. La Cina è stato lo stato confinante più grande per migliaia di anni, da molto prima che gli Stati Uniti fossero formati, e prima che l'Europa abbia potuto dire la sua nell'area. Oggi la Cina è un partner strategico per la fornitura di energia, e fornisce copertura politica a patto che non si chieda lumi in merito alle concessioni politiche o sui diritti umani.
Nel suo libro più recente sulla Cina, Henry Kissinger continua ad interrogarsi circa i rapporti con una potenza globale crescente, e suggerisce che l'America può e deve fronteggiare la crescita pacifica della Cina, chiedendo al tempo stesso a Pechino di impegnarsi maggiormente nel conseguimento della pace e della stabilità globale. Ci si chiede se già conosca la posizione della Cina sul Medio Oriente, e se altrettanto abbiano fatto gli Stati Uniti...
Fonte: Jerusalem Post
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