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giovedì 5 marzo 2015

I palestinesi confidano nei (datori di lavoro) israeliani

Il checkpoint di Huwwar, al confine fra Israele e Nablus.
Un sondaggio condotto dalla Palestinian Central Bureau of Statistics (PCBS) fra ottobre e dicembre, con il contributo finanziario dell'Unione Europea, rivela che i lavoratori palestinesi impiegati nei territori sotto il controllo di Israele, percepiscono una retribuzione pari al doppio rispetto a quella versata ai lavoratori impegnati nel West Bank sotto il controllo dell'Autorità Palestinese.
Nelle aree controllate da Israele, la paga media giornaliera per i lavoratori palestinesi si attesta a 194.2 shekel (pari a 44 euro, NdT), mentre per i lavoratori nel West Bank palestinese la remunerazione media si attesta a 91.4 shekel; a 66.1 euro nella Striscia di Gaza.

lunedì 31 marzo 2014

Il boicottaggio europeo dei prodotti israeliani poggia su argomentazioni viziate

di Timon Dias*

In un mondo turbolento, governi e compagnie europee cercano ancora di boicottare i prodotti realizzati dalle società israeliane nel cosiddetto "West Bank". I boicottatori poggiano le loro argomentazioni sul fatto che il West Bank è un territorio occupato e che la presenza israeliana è un ostacolo ad una pace duratura. Entrambe le tesi sono completamente infondate.
In Occidente, si fa riferimento alla cosiddetta "Green Line" quando si discute del processo di pace. Alcuni sono soliti affermare che Israele dovrebbe ripiegare al di qua della Linea Verde, onde mantenere un profilo di legittimità e legalità. La Linea Verde è citata a proposito dei "confini del 1967"; ma si tratta di un'argomentazione errata. Sostenendo che la Linea Verde coincide con i confini del 1967, si fornisce l'impressione che questa linea sia stata varcata per porre in essere un'operazione militare espansionistica. La verità invece è opposta: la Green Line altro non è che la linea armistiziale del 1949; il punto dove la guerra di sterminio promossa dagli arabi si interruppe e dove Israele alla fine riuscì a neutralizzare il tentativo di genocidio del proprio popolo.
Anche la locuzione "territori occupati" sebbene non sia corretta, è sufficiente a mettere in difficoltà il sostenitore delle tesi di Israele, e ad esaltare progressisti e musulmani. È il caso di soffermarsi sulla fondatezza legale del termine "occupato", con riferimento al West Bank.

mercoledì 17 luglio 2013

L'odio ingiustificato della UE verso Israele

di Melanie Phillips*

C'è costernazione in Israele dopo la malevola decisione dell'Unione Europea di boicottare cittadini ed istituzioni situati ad est della "Linea Verde" fra Israele e i territori contesi. Ciò dovrebbe includere presumibilmente il boicottaggio dell'Università Ebraica che si colloca subito oltre quella linea o anche - grottesco - i cittadini ebrei residenti nella Città Vecchia di Gerusalemme, dove antichi insediamenti ebraici precedono l'arrivo di un solo arabo, a partire da quando il Re David iniziò a costruire la capitale del regno del popolo ebraico.
Secondo la UE gli insediamenti ebraici oltre la Linea Verde sarebbero illegali secondo il diritto internazionale. Nulla di nuovo: lo sostiene anche l'ONU e gli organismi ad essa associati. Peccato che siano in errore.

martedì 16 luglio 2013

Affamateli, e saranno più ragionevoli

Bizzarro. L'Unione Europea ha un modo davvero bislacco di concepire i negoziati di pace fra due parti: imponendo ad una delle due, dal comodo delle poltrone di Bruxelles, una conclusione nota in partenza. Un atteggiamento sprezzante che non si adotta nemmeno con un nemico di guerra, al quale quantomeno si concorda il formalismo onorevole della conferenza di pace. Se poi una delle due parti è Israele, ogni ragionevolezza può essere legittimamente calpestata; e poco importa se la controparte araba ha sottoscritto principi condivisi, che ora Eurabia vuole abbattere. Persino il mediocre Kerry, fra una capitale mediorientale e l'altra, sta salvando l'apparenza di una laboriosa tessitura diplomatica che conduca all'unico modo per dirimere una controversia: il negoziato.