lunedì 31 marzo 2014

Il boicottaggio europeo dei prodotti israeliani poggia su argomentazioni viziate

di Timon Dias*

In un mondo turbolento, governi e compagnie europee cercano ancora di boicottare i prodotti realizzati dalle società israeliane nel cosiddetto "West Bank". I boicottatori poggiano le loro argomentazioni sul fatto che il West Bank è un territorio occupato e che la presenza israeliana è un ostacolo ad una pace duratura. Entrambe le tesi sono completamente infondate.
In Occidente, si fa riferimento alla cosiddetta "Green Line" quando si discute del processo di pace. Alcuni sono soliti affermare che Israele dovrebbe ripiegare al di qua della Linea Verde, onde mantenere un profilo di legittimità e legalità. La Linea Verde è citata a proposito dei "confini del 1967"; ma si tratta di un'argomentazione errata. Sostenendo che la Linea Verde coincide con i confini del 1967, si fornisce l'impressione che questa linea sia stata varcata per porre in essere un'operazione militare espansionistica. La verità invece è opposta: la Green Line altro non è che la linea armistiziale del 1949; il punto dove la guerra di sterminio promossa dagli arabi si interruppe e dove Israele alla fine riuscì a neutralizzare il tentativo di genocidio del proprio popolo.
Anche la locuzione "territori occupati" sebbene non sia corretta, è sufficiente a mettere in difficoltà il sostenitore delle tesi di Israele, e ad esaltare progressisti e musulmani. È il caso di soffermarsi sulla fondatezza legale del termine "occupato", con riferimento al West Bank.
In primo luogo, è importante comprendere che il West Bank non aveva alcun riconoscimento internazionale prima del 1948. Dopo la proclamazione dello stato di Israele, che all'epoca contava appena 660 mila abitanti ebrei; lo stato ebraico fu letteralmente aggredito dal giorno successivo, affrontanto una minaccia esistenziale scagliata da Egitto, Siria, Libano, Giordania e Iraq, rafforzati da forze arabe saudite che combattevano sotto il comando egiziano e quello yemenita.
Durante il tentativo di estirpare il neonato stato, le forze giordane presero il controllo di quell'area che all'epoca era conosciuta universalmente con i nomi biblici di Giudea e Samaria. Nel 1950 i giordani la ribattezzarono "West Bank" (del fiume Giordano) nell'apparente tentativo di rafforzare semanticamente la loro occupazione facendo apparire il territorio come parte del loro East Bank. La mossa rappresentava altresì il tentativo di delegittimare le rivendicazioni israeliane sull'area degiudeizzandone il nome: una strategia adottata dai tempi dell'imperatore Adriano, quando ne cambiò il nome da Giudea a Palestina, rifacendosi ad un popolo nomade, i filistei (nome biblico: Phelesht, NdT), perennemente in guerra con gli ebrei.
Oltretutto soltanto la Gran Bretagna - a parte Iraq e Pakistan - riconobbero l'occupazione giordana di Giudea e Samaria. Il resto del mondo, inclusi gli stessi alleati di Giordania, non riconobbero mai come legittima - ne' tanto meno legale - l'occupazione giordana di Giudea e Samaria. Lo stesso avvenne per la Striscia di Gaza, tranne per il fatto che furono gli egiziani ad occupare illegalmente l'area dopo la guerra del 1948.
Durante la Guerra dei Sei Giorni del 1967, Israele fu minacciato da una nuova guerra di sterminio scagliata dagli stati arabi confinanti. Onde sopravvivere ad un nuovo tentativo di genocidio, le forze militari israeliane condussero una guerra difensiva mediante la quale l'aviazione distrusse gli aerei nemici prima che potessero decollare per abbattere i fragili confini israeliani. Nell'ambito di questa nuova guerra difensiva, gli israeliani espulsero i giordani che occupavano i quartieri orientali di Gerusalemme, nonché la bancata occidentale (West Bank) del fiume Giordano: vale a dire, Giudea e Samaria.
Dal momento che esse non godevano di riconoscimento internazionale, se si esclude l'Impero Ottomano, prima dell'occupazione illegale giordana, la presenza israeliana in Giudea e Samaria non poteva in alcun modo essere considerata illegale. Dopotutto, ai danni di chi era esercitata quella occupazione? forse ai danni dell'estinto Impero Ottomano? L'area più propriamente può solo essere definita "contesa"; un po' come il Kashmir, il Sahara occidentale, Al Zubarah nel Qatar, le isole Thums al largo della California e una lunga serie di territori disputati.
È stato argomentato, inizialmente da diplomatici del mondo arabo e musulmano, e più ripetuto a pappagallo da una sprovveduta elite europea; che lasciare irrisolto questo problema non solo blocca il processo di pace ma mina la stabilità generale della regione. Tuttavia, qualunque valutazione distaccata dei fatti evidenzia che la presenza israeliana in Giudea e Samaria non ha alcuna relazione significativa ne' con il processo di pace, ne' con la stabilità regionale. Probabilmente è irresistibilmente conveniente per le autocrazie mediorientali persuadere i diplomatici a soffermarsi su Israele e sulla questione palestinese in modo da sollevare essi dal giudizio di una condotta quantomeno discutibile.

Se la presenza israeliana nel West Bank e gli insediamenti posti in essere dopo il 1967, sono la causa principale del conflitto fra Israele e palestinesi; come mai l'articolo 14 dello statuto istitutivo dell'OLP del 1964 invoca la completa distruzione di Israele? «La liberazione della Palestina, dal punto di vista arabo, è un dovere nazionale. La sua responsabilità ricade sull'intera nazione araba, sui governi e sulla gente; la popolazione palestinese essendo l'avanguardia. A questo fine, la nazione araba deve mobilitare le sue potenzialità militari, spirituali e materiali; nello specifico, deve fornire alla popolazione araba palestinese tutto il sostegno possibile, rendendo disponibile tutte le opportunità e i mezzi che possano rendersi funzionali allo scopo di liberare la loro madrepatria».
Ma nel 1964, non esisteva un israeliano che fosse uno in Giudea e Samaria, ma ciononostante l'OLP invocava la cancellazione completa di Israele. È questa mentalità del 1964 che ha permeato il vertice delle amministrazioni palestinesi da allora in poi. Con la sottoscrizione degli Accordi di Oslo del 1993, sebbene il leader dell'OLP Yasser Arafat rispose affermativamente alla pace, si inaugurò un periodo sanguinoso di attacchi terroristici, noti come Seconda Intifada. Nel 2000, l'allora Primo Ministro Ehud Barak fece ad Arafat una proposta che sconvolse il mondo. Barak offrì all'OLP praticamente tutto ciò che essa chiedeva: incluso un riconoscimento statuale con capitale Gerusalemme, il controllo del Monte del Tempio, la consegna di circa il 97% del West Bank e tutta la Striscia di Gaza, oltre ad un indennizzo di 30 miliardi di dollari per i rifugiati del 1948. Arafat rovesciò il tavolo.
Nel 2008 l'allora Primo Ministro Ehud Olmert offrì al presidente palestinese Mahmoud Abbast quasi il 98% del West Bank, e sottoscrisse praticamente tutte le richieste palestinesi. Ma anche Olmert si vide rifiutare la proposta. Sembra che nulla che Israele possa offrire, che non sia il 100% del suo intero territorio - la sua scomparsa, insomma - possa indurre l'Autorità Palestinese a sottoscrivere la pace. Gli arabi respinsero il piano per ripartire il territorio, non hanno voluto la pace quando non ci fu più neanche un israeliano a Gaza, nel West Bank o nei quartieri orientali di Gerusalemme occupati dai giordani; e hanno respinto più volte generose proposte di accordo.
Giudea e Samaria non sono territori occupati, e la presenza israeliana non ha alcun nesso con la disponibilità da parte dell'ANP di conseguire la pace. Perché allora i governi e le compagnie europee boicottano lo stato ebraico? Non fanno altrettanto nei confronti di alcuna altra regione; significativo il fatto che nel 2006 l'UE appoggiò attivamente una nazione occupante - la Turchia - approvando un pacchetto di aiuti finanziari da 259 milioni di dollari per Cipro del Nord; occupato da tempo dalla Turchia.


Perché questo doppiopesismo e cosa dire dello standard morale di chi lo pone in essere? una volta Thomas Friedman affermò che «Criticare Israele non è anti-semita, e affermare il contrario sarebbe vile. Ma promuoverne l'isolamento e la condanna internazionale, trascurando tutto ciò che accade in Medio Oriente è anti-semita: e non riconoscerlo è disonesto».

* European Boycotts of West Bank Products Based on Faulty Premises
su Gatestone Institute.

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