lunedì 10 marzo 2014

Il mondo realizza la legittimità del blocco di Gaza


Quando Israele impedì ad una flottiglia turca di forzare il blocco navale al largo delle coste di Gaza, molte organizzazioni mondiali definirono l'iniziativa illegale. Il famoso rapporto della Commissione Goldstone pervenne a conclusioni analoghe. D'altro canto la Commissione Palmer, istituita presso le Nazioni Unite, concluse che il blocco era pienamente legale.
Questa settimana (la scorsa, NdT), la marina israeliana ha bloccato un cargo che apparentemente trasportava cemento diretto a Gaza, e condotto da personale turco. In realtà, il contenuto era rappresentato da missili di fabbricazione iraniana. La reazione internazionale è stata del tutto differente: il che suggerisce una definitiva accettazione delle conclusioni della Commissione Palmer, e un definitivo rigetto del Rapporto Goldstone. Come ho scritto su Commentary:

Allo stato attuale, nessuno si sogna di accusare Israele di violare il diritto internazionale impedendo alla nave di proseguire in acque internazionali. Questo è abbastanza bizzarro perché bloccare imbarcazioni neutrali in alto mare viola i principi fondamentali del diritto internazionali, salvo rare eccezioni che fanno riferimento alla pirateria e ad altre circostanze qui non presenti. Stati Uniti ed altri paesi in passato hanno provato a definire ulteriori eccezioni allo scopo di impedire la proliferazione di armi di distruzione di massa, ma anche in questo caso la circostanza non si applica al caso in discussione.
Ovviamente, c'è un altra situazione in cui imbarcazioni non ostili possono essere bloccate in alto mare: sono quelle che cercano di forzare un blocco navale (blockage running). Dal momento che fino a prova contraria l'attività militare israeliana non gode dell'avvallo in partenza da parte della comunità internazionale, questo silenzio generalizzato risulta abbastanza prossimo al riconoscimento della legittimità del blocco marittimo.
Qualcuno potrebbe dire che i responsabili della diplomazia internazionali sono troppo impegnati con la Crimea, ma non occorrono grossi sforzi per condannare una "aggressione". Oltretutto sarebbe il momento ideale per lanciare un'accusa, sicuri di non ricevere replica, dal momento che il ministero degli Esteri in Israele è correntemente in sciopero.

Eugene Kontorovich su Washington Post.

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