Giace in Commissione Giustizia del Senato un disegno di legge, originariamente depositato ad agosto 2015, che porrebbe l'Italia all'avanguardia e in prima linea nella lotta al moderno antisemitismo: quello goffamente mascherato da «innocuo e pacifico» antisionismo. Il DDL, dal titolo "Norme contro le discriminazioni" - primo firmatario Luigi Compagna - si compone di tre articoli, e vede fra i promotori autorevoli legislatori del calibro di Emma Fattorini, senatrice PD, membro della Commissione per la protezione e promozione dei diritti umani; nonché Paolo Corsini, già relatore della legge di ratifica dell'Accordo tra Italia e Israele in materia di pubblica sicurezza.
Il DDL punta il dito contro il movimento definito «Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni» (BDS); che, accantonando il proposito di supportare e incoraggiare il cammino del popolo palestinese verso la democrazia, bersaglia direttamente lo stato ebraico: nelle sue istituzioni scientifiche, accademiche, commerciali ed istituzionali.
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martedì 21 novembre 2017
Che fine ha fatto la legge italiana "anti BDS"?
lunedì 20 novembre 2017
P come Palestina?
Nell'ansia spasmodica di produrre una narrativa - oggi si suole parlare di "storytelling" - che ingeneri nella distratta opinione pubblica la sensazione che uno stato arabo chiamato "Palestina" sia sempre esistito; i filopalestinesi indulgono in iniziative che sfociano nel grottesco.
È il caso di un abecedario che ha fatto la sua comparsa in alcune librerie di New York. Eloquente il titolo: "P come Palestina"; non tanto per il proposito citato, quanto per un grossolano errore di partenza: la lettera "P" nell'alfabeto arabo non esiste; come d'altro canto l'equivalente della nostra lettera "G".
Le mamme che hanno avuto la sventura di imbattersi in questo atto di propaganda hanno espresso tutto il loro disappunto alla stampa locale: lo stato di Israele non è riconosciuto; in compenso, la lettera "I" celebra l'intifada, che ha seminato orrore nella società israeliana nella prima metà dello scorso decennio.
venerdì 10 marzo 2017
Perché le compagnie aeree ignorano Israele?
È quello che si chiede una volta tanto il settimanale britannico The Economist, nell'ultimo numero. In una riflessione firmata da "Gulliver", datata 8 marzo, il periodico rileva una consuetudine radicata fra le compagnie aeree mondiali: alcune mostrano sulla mappa delle rotte praticate tutti gli stati, anche i più microscopici ed ignoti; altre, soltanto gli stati raggiunti come destinazione dei voli. C'è poi, ignorata dai più, una terza tipologia di vettori aerei: quelli che ignorano deliberatamente uno Stato, prescindendo dal fatto che esso sia sorvolato quando non addirittura toccato dalle rotte. Si tratta, manco a dirlo, di Israele.
L'Economist attinge da un nuovo studio, dal titolo Discriminatory Product Differentiation: The Case of Israel’s Omission from Airline Route Maps, pubblicato a febbraio dall'Università del Minnesota, e basato su un campione di ben 111 compagnie aree. Escludendo quelle del Medio Oriente, le compagnie aeree si muovono come indicato in precedenza: o menzionano sulle mappe Israele o, se non lo fanno, è perché lo scalo internazionale Ben Gurion di Tel Aviv non è raggiunto.
venerdì 3 febbraio 2017
I calunniatori senza scrupoli si servono dei bambini per la loro bieca propaganda
Kris L. Doyle è una attivista palestinese. Sul suo profilo Twitter si vanta di «esporre i crimini disumani dell'Israele sionista nei confronti della popolazione palestinese, al fine di mantenere la loro brutale occupazione». Soltanto antisionismo, insomma: l'antisemitismo non c'entra.
Peccato però che il suo profilo sociale sia zeppo di manifestazioni di disprezzo e odio razziale, che con lo Stato di Israele non hanno nulla a che vedere: in una immagine gli ebrei (n.b.: non Israele...) sono raffigurati come serpi diaboliche, in un altra l'ebreo è raffigurato con il classico stereotipo dell'ortodosso con tanto di nasone e lineamenti sgraziati, altrove si minimizza l'Olocausto, o si compiono ripugnanti paralleli fra il nazismo e l'attuale governo di Gerusalemme. Ce n'é abbastanza per vomitare per il disgusto.
Peccato però che il suo profilo sociale sia zeppo di manifestazioni di disprezzo e odio razziale, che con lo Stato di Israele non hanno nulla a che vedere: in una immagine gli ebrei (n.b.: non Israele...) sono raffigurati come serpi diaboliche, in un altra l'ebreo è raffigurato con il classico stereotipo dell'ortodosso con tanto di nasone e lineamenti sgraziati, altrove si minimizza l'Olocausto, o si compiono ripugnanti paralleli fra il nazismo e l'attuale governo di Gerusalemme. Ce n'é abbastanza per vomitare per il disgusto.
domenica 25 settembre 2016
Alcuni validi motivi per disprezzare Colin Firth
È difficile assumere una posizione ostile nei confronti di Colin Firth. Le donne lo adorano, e sognano ad occhi aperti davanti all'ennesima replica di Bridget Jones. Gli invidiano la moglie, italiana. Gli uomini non sfuggono al meccanismo dell'immedesimazione, e desidererebbero tanto possedere un pizzico di quella britannicità così magnetica con il gentil sesso. Ci siamo tutti emozionati davanti alla struggente interpretazione di Colin Firth nel Discorso del Re, una vibrante descrizione dell'appassionato incoraggiamento di Re Giorgio VI nei confronti della nazione, che si apprestava ad entrare in guerra contro il mostro nazista. Ma la narrazione cinematografica omette un paio di spiacevoli circostanze.
domenica 21 agosto 2016
Le dieci principali calunnie nei confronti di Israele
di Alan Baker*
Ogni giorno Israele è bersagliato da risoluzioni a senso unico, dichiarazioni di principio, "piani di pace" e raccomandazioni formulate da governi, organizzazioni internazionali, capi di stato e di governo, sedicenti esperti e soggetti di vario tipo della comunità internazionale.
La maggior parte di queste assunzioni, nei confronti dello stato ebraico, dei suoi leader, del governo di Gerusalemme, benché ampiamente condivise; si rivelano dopo rapida verifica false e/o erronee. È per questo motivo che oggi diventa inderogabile affrontarle una ad una, smascherando la mistificazione e la calunnia.
1) «Il ritiro dai territori di Giudea e Samaria garantirà ad Israele sicurezza e accettazione internazionale»: FALSO.
Prima della conquista di questi territori da parte di Israele dopo la guerra subita nel 1967, gli stati arabi commisero tutti gli sforzi per indebolire diplomaticamente e militarmente lo stato ebraico. I tentativi arabi e iraniani di confutare le radici ebraiche in Israele e a Gerusalemme, e la legittimità dello stato ebraico, ancora oggi risuonano nella comunità internazionale; con l'UNESCO che fa da cassa di risonanza.
I palestinesi nel frattempo sono impegnati a creare un loro stato su tutta la Palestina mandataria britannica, indottrinando i loro bambini in questo senso.
Ogni giorno Israele è bersagliato da risoluzioni a senso unico, dichiarazioni di principio, "piani di pace" e raccomandazioni formulate da governi, organizzazioni internazionali, capi di stato e di governo, sedicenti esperti e soggetti di vario tipo della comunità internazionale.
La maggior parte di queste assunzioni, nei confronti dello stato ebraico, dei suoi leader, del governo di Gerusalemme, benché ampiamente condivise; si rivelano dopo rapida verifica false e/o erronee. È per questo motivo che oggi diventa inderogabile affrontarle una ad una, smascherando la mistificazione e la calunnia.
1) «Il ritiro dai territori di Giudea e Samaria garantirà ad Israele sicurezza e accettazione internazionale»: FALSO.
Prima della conquista di questi territori da parte di Israele dopo la guerra subita nel 1967, gli stati arabi commisero tutti gli sforzi per indebolire diplomaticamente e militarmente lo stato ebraico. I tentativi arabi e iraniani di confutare le radici ebraiche in Israele e a Gerusalemme, e la legittimità dello stato ebraico, ancora oggi risuonano nella comunità internazionale; con l'UNESCO che fa da cassa di risonanza.
I palestinesi nel frattempo sono impegnati a creare un loro stato su tutta la Palestina mandataria britannica, indottrinando i loro bambini in questo senso.
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mercoledì 25 maggio 2016
Le reali cause del Riscaldamento Globale
No, non è Lercio. All'Università di Melbourne si è tenuto di recente un "suggestivo" convegno, destinato a stravolgere per sempre le origini e le cause del cosiddetto Global Warning. Scordiamoci le emissioni di anidride carbonica delle nostre auto e mettiamo da parte la cacca delle mucche. Il riscaldamento globale sarebbe prodotto dalla... islamofobia!
Sì: secondo Ghassan Hage, nientepopodimeno che docente di "Future Generation" all'Istituto di filosofia e antropologia di questa università australiana, l'islamofobia sarebbe oggi la principale forma di razzismo (dopotutto l'antisemitismo colpisce soltanto una quindicina di milioni di persone in tutto il pianeta). E fin qui, passi pure (ma anche no).
Ciò che lascia fra l'attonito e il divertito, è il nesso offerto: l'islamofobia cagionerebbe il riscaldamento globale per ben tre ragioni. Nelle parole dell'autore: «come intreccio di due crisi, metaforicamente connesse, con l'una essendo fonte di immagini per l'altra, ed entrambe avendo origine da forme coloniali di accumulazione capitalistica. Il dibattito propone un quarto modo con cui connettere i due fenomeni: un'argomentazione secondo cui entrambi discendono da un analogo modo di essere al mondo - una specie di invischiamento - in quella che genericamente viene descritta come "addomesticamento generalizzato"».
martedì 24 maggio 2016
Quegli episodi di antisemitismo da non minimizzare...
Un quindicenne romano, in visita a Milano, aggredito in quanto ebreo: indossava la kippah. Un simbolo di appartenenza giudicato inaccettabile dagli aggressori, che lo hanno prima apostrofato in modo dispregiativo («ebreo di merda»), salvo poi passare all'azione: mandando all'ospedale il malcapitato. Accade non lontano dal luogo in cui il 12 novembre scorso il rabbino Nathan Graff venne accoltellato e ferito seriamente da uno sconosciuto mai individuato. Succede questo, nell'Europa una volta illuminata, liberale e tollerante.
L'episodio non è eccezionale. Ieri una donna ebrea è stata accoltellata in un caffè nel quartiere ebraico di Amsterdam. Secondo testimoni oculari, l'aggressore si sarebbe dotato di un coltello presso un vicino supermercato, prima di sferrare il suo attacco. In questo caso, perlomeno, rimediando l'arresto.
E non è finita qui. A Montpellier un politico locale è sotto indagine, per aver contrassegnato il suo account Twitter «Vietato ai cani e agli ebrei». Djamel Boumaaz, musulmano, già iscritto al Fronte National, e di simpatie negazioniste; si è invano giustificato, sostenendo che il suo profilo sarebbe stato hackerato da sconosciuti che avrebbero postato l'affermazione antisemita.
L'episodio non è eccezionale. Ieri una donna ebrea è stata accoltellata in un caffè nel quartiere ebraico di Amsterdam. Secondo testimoni oculari, l'aggressore si sarebbe dotato di un coltello presso un vicino supermercato, prima di sferrare il suo attacco. In questo caso, perlomeno, rimediando l'arresto.
E non è finita qui. A Montpellier un politico locale è sotto indagine, per aver contrassegnato il suo account Twitter «Vietato ai cani e agli ebrei». Djamel Boumaaz, musulmano, già iscritto al Fronte National, e di simpatie negazioniste; si è invano giustificato, sostenendo che il suo profilo sarebbe stato hackerato da sconosciuti che avrebbero postato l'affermazione antisemita.
sabato 30 aprile 2016
Il test dell'antisemitismo
Abbiamo un problema. A cena, alla presentazione dell'ultimo libro di quell'autore tanto osannato, al concerto a teatro, al raduno degli appassionati di fotografia, alla lezione di tango argentino; purtroppo, per quanto ci si impegni, non si riuscirà ad evitare la presenza del(la) idiota che ci accuserà di essere antisemiti per qualche affermazione sfuggita via dopo il terzo mojito. E via a spiegare che, no, «io sono antisionista, non antisemita», che «dopotutto anche gli arabi sono semiti», che «ho amici fra gli ebrei, eppure...», che «alla base di tutti i problemi c'è il conflitto israelo-palestinese»: nonostante l'affannosa ricerca di una frase che riabiliti davanti agli occhi sconcertati degli amici, la sensazione di aver detto una cavolata persisterà.
Onde evitare di rinunciare alla propria vita sociale, e di essere espulsi dalle liste WhatsApp di tutto il mondo, sarà bene svolgere questo rapido test che chiarirà una volta per tutte la vostra reale natura.
Nel caso si risponda affermativamente ad almeno una dichiarazione, sì, siete antisemiti. Ma non c'è problema: il mondo è pieno di bastardi pronti a congratularvi con voi!
Onde evitare di rinunciare alla propria vita sociale, e di essere espulsi dalle liste WhatsApp di tutto il mondo, sarà bene svolgere questo rapido test che chiarirà una volta per tutte la vostra reale natura.
Nel caso si risponda affermativamente ad almeno una dichiarazione, sì, siete antisemiti. Ma non c'è problema: il mondo è pieno di bastardi pronti a congratularvi con voi!
giovedì 31 marzo 2016
Belgio: resoconto di un delirio antisemita
Per l'unità di crisi belga, Israele non esiste; perlomeno, non per l'operatore che ha risposto alla richiesta di informazioni di un volontario per conto di una associazione ebraica. Gli attentati di Bruxelles hanno mietuto 35 vittime e prodotto circa 300 feriti; fra questi, molti stranieri, e non pochi israeliani.
Ma se si dovesse contattare il numero verde appositamente istituito dalle autorità, chiedendo come organizzare il trasferimento delle salme in Israele, vi verrebbe risposto che ciò non è possibile, perché «Israele non esiste». In suo luogo, i corpi privi di vita sarebbe trasferiti in una "Palestina" avente la stessa legittimazione formale del sedicente "Stato Islamico", autore della strage del 22 marzo scorso.
Ecco il resoconto della conversazione telefonica avuta luogo di recente:
- «Buongiorno, mi chiamo XXX e sono un volontario per il comitato di coordinamento ebraico di Anversa. Siamo stati contattati da alcune persone, che chiedono come ottenere i corpi di due membri della comunità ebraica, colpiti dagli attacchi in aeroporto».
- «Sì».
- «I corpi sono pronti per essere riportati in Israele. I nostri volontari li stanno preparando, e si stanno occupando di tutto; ma abbiamo saputo dall'ospedale che abbiamo bisogno di una speciale documentazione da parte della polizia, per ottenere le dimissioni. Me lo conferma? a chi mi devo rivolgere? posso avere ulteriori informazioni?»
- «È vero. Adesso controllo. Dunque sono diretti in palestina...»
Ma se si dovesse contattare il numero verde appositamente istituito dalle autorità, chiedendo come organizzare il trasferimento delle salme in Israele, vi verrebbe risposto che ciò non è possibile, perché «Israele non esiste». In suo luogo, i corpi privi di vita sarebbe trasferiti in una "Palestina" avente la stessa legittimazione formale del sedicente "Stato Islamico", autore della strage del 22 marzo scorso.
Ecco il resoconto della conversazione telefonica avuta luogo di recente:
- «Buongiorno, mi chiamo XXX e sono un volontario per il comitato di coordinamento ebraico di Anversa. Siamo stati contattati da alcune persone, che chiedono come ottenere i corpi di due membri della comunità ebraica, colpiti dagli attacchi in aeroporto».
- «Sì».
- «I corpi sono pronti per essere riportati in Israele. I nostri volontari li stanno preparando, e si stanno occupando di tutto; ma abbiamo saputo dall'ospedale che abbiamo bisogno di una speciale documentazione da parte della polizia, per ottenere le dimissioni. Me lo conferma? a chi mi devo rivolgere? posso avere ulteriori informazioni?»
- «È vero. Adesso controllo. Dunque sono diretti in palestina...»
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venerdì 18 marzo 2016
Breaking the Silence nella bufera
Sta facendo scalpore in queste ore il documentario, andato in onda ieri sera sull'emittente televisiva israeliana Channel 2, con cui si denuncia l'attività illecita compiuta dall'ONG di estrema sinistra "Breaking the Silence" ai danni dall'esercito e in generale della sicurezza israeliani.
Il video, ripreso di nascosto, mostra l'attività condotta da esponenti di una associazione, infiltratisi sotto copertura negli ultimi tre anni nella ONG da tempo al centro delle polemiche per la presunta attività di spionaggio condotta, e celata dalla pretesa di rivelare gli "abusi" delle forze di sicurezza dello stato ebraico.
Si nota come gli attivisti di BdS interroghino ripetutamente presunti ex militari (in realtà agenti dell'associazione che ha denunciato la condotta della ONG in questione), chiedendo loro le modalità con cui i tunnel di Hamas vengono rinvenuti, quali forze si occupino di questa attività, e che tipo di strumenti viene impiegato: domande che poco o punto hanno a che fare con la missione ufficiale di Breaking the Silence. Forte è il sospetto di attività di spionaggio a favore del terrorismo palestinese e di tradimento dello stato ebraico.
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mercoledì 9 marzo 2016
Bernie Sanders, l'ebreo che odia Israele
In risposta ad un militante che gli rinfacciava la scarsa enfasi posta sulle sue origini, il rivale della signora Clinton nella corsa alla nomination democratica per la Casa Bianca ha fermamente ribattuto: «sono estremamente orgoglioso di essere ebreo. La famiglia di mio padre è stata spazzata va durante l'Olocausto, e sono perfettamente cosciente dei pericoli dell'estremismo politico». Una dichiarazione perentoria che ha tranquillizzato i simpatizzanti convenuti domenica nel Michigan.
Ma Sanders assomiglia vagamente a quei politici nostrani, sempre pronti ad indossare la casacca della città dove sono ospitati per la campagna elettorale. Ventiquattr'ore dopo la sua appassionata rivendicazione delle proprie radici, l'anziano senatore del Vermont, in visita a Dearborn, sempre nel Michigan, ha precisato: «da decenni in Medio Oriente imperano odio e ostilità. Vi assicuro che farò tutto quanto sarà in mio potere per indurre le parti - israeliani e palestinesi; il resto del Medio Oriente essendo notoriamente luogo pacifico e al riparo da estremismi, faide, lotte fratricide e decimazioni delle minoranze, NdR - a discutere. Sposando le tesi di Jimmy Carter, Sanders ha lamentato un trattamento delle parti a suo dire iniquo; lasciando intendere che il trattamento di presunto favore riconosciuto ad Israele sarà rivisto in futuro, se egli siederà alla Casa Bianca. E lasciando intendere che la responsabilità dello stallo è tutta da far ricadere sulle spalle dello stato ebraico.
lunedì 21 settembre 2015
25 cose che forse non sapete di Corbyn
di David Hirsh*
Stiamo discutendo di un leader del Labor Party che:
1) afferma che l'attentato del 7 luglio 2005 sia il risultato dell'insicurezza generata nel mondo dal Regno Unito;
2) ha presentato un programma su Press TV, il canale propagandistico iraniano;
3) loda e presenzia su Russia Today, il canale propagandistico di Putin;
4) è il responsabile nazionale di "Stop the War";
5) patrocina la "Palestine Solidarity Campaign”, che promuove il boicottaggio di Israele;
6) afferma che Hamas ed Hezbollah si battono per il bene dei palestinesi, e per la giustizia sociale e politica;
7) dichiara che è la NATO l'aggressore in Europa Orientale, e che la Russia vanta legittime aspirazioni sull'Ucraina;
8) si schiera a difesa degli antisemiti: come Raed Salah, che indulge nella medievale accusa del sangue; o Stephen Sizer, che farnetica di un coinvolgimento di Israele nell'11 settembre;
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domenica 20 settembre 2015
L'Islanda erutta una colata di ottuso antisemitismo
La mite, fredda e lontana Islanda continua ancora a far parlare di se' in questi giorni. Come riportato su Facebook giovedì mattina, il Consiglio comunale di Reykjavik ha approvato una mozione che bandisce dal territorio cittadino tutti i prodotti israeliani. Tutti, senza alcuna esclusione: sia quelli realizzati nei Territori Contesi (al di là della "Linea Verde"), sia quelli prodotti a Tel Aviv, o ad Haifa, o a Gerusalemme. L'obiettivo, neanche tanto velato, è quello di fare del remoto stato artico la prima nazione europea "Israel Free". Immediata la condanna e l'indignazione per questo deprecabile atto, che ricorda un passato che si sperava non tornasse più. Giulio Meotti, sulle colonne de Il Foglio, ha suggerito all'establishment islandese - che mette sullo stesso piano Israele, Siria, Iran, Sudan e Corea del Nord - di «apporre anche una stella di Davide sulla merce».
Il gesto apparentemente scomposto ma in realtà ben ponderato della consigliera Björk Vilhelmsdóttir, è stato talmente eclatante da indurre ad una marcia indietro: parziale. Sabato mattina il sindaco della capitale islandese ha precisato che la mozione sarà ritirata; con esclusivo riferimento alle produzioni israeliane realizzate al di qua della Linea Verde. Si apprende che la mozione sarà ripresentata con riferimento alle merci prodotte nei "territori occupati", per adottare l'espressione riportata da Iceland Monitor.
Il gesto apparentemente scomposto ma in realtà ben ponderato della consigliera Björk Vilhelmsdóttir, è stato talmente eclatante da indurre ad una marcia indietro: parziale. Sabato mattina il sindaco della capitale islandese ha precisato che la mozione sarà ritirata; con esclusivo riferimento alle produzioni israeliane realizzate al di qua della Linea Verde. Si apprende che la mozione sarà ripresentata con riferimento alle merci prodotte nei "territori occupati", per adottare l'espressione riportata da Iceland Monitor.
domenica 13 settembre 2015
Chi è Jeremy Corbyn, il nuovo leader del Labor UK
La sinistra britannica ha scelto il suo nuovo leader: è Jeremy Corbyn, l'anziano socialista specializzato in equilibrismo fra istanze pacifiste e simpatie per i terroristi di Hamas ed Hezbollah; soprattutto, il politico britannico tanto ossessionato da Israele, da farne oggetto delle sue attenzioni più delle problematiche relative al collegio di cui è espressione.
Corbyn, che ha appena conquistato la poltrona di segretario del Labor Party con quasi il 60% di preferenze della "base" (a cui evidentemente non corrisponde geometricamente alcuna altezza), ha messo sullo stesso piano gli Stati Uniti e lo Stato Islamico. E non solo:
- ha presenziato agli eventi e ha elargito donazioni all'organizzazione di Paul Eisen, noto negazionista dell'Olocausto;
- ha definito la scomparsa di Bin Laden una «tragedia»;
- ha preso pubblicamente le difese del vicario Stephen Sizer, che distribuisce materiale complottista sull'11 settembre, e che è stato diffidato dal pubblicare sui social media da parte della Chiesa Anglicana, che lo accusava di diffondere materiale antisemita;
- ha tessuto le lodi di Raed Salah, invitandolo a testimoniare alla Camera dei Comuni. Salah è convinto che gli ebrei impastino le azzime con il sangue dei gentili, che gli ebrei fossero a conoscenza dei piani per l'11 settembre, ed è stato espulso dal Regno Unito per il suo incitamento all'antisemitismo;
Corbyn, che ha appena conquistato la poltrona di segretario del Labor Party con quasi il 60% di preferenze della "base" (a cui evidentemente non corrisponde geometricamente alcuna altezza), ha messo sullo stesso piano gli Stati Uniti e lo Stato Islamico. E non solo:
- ha presenziato agli eventi e ha elargito donazioni all'organizzazione di Paul Eisen, noto negazionista dell'Olocausto;
- ha definito la scomparsa di Bin Laden una «tragedia»;
- ha preso pubblicamente le difese del vicario Stephen Sizer, che distribuisce materiale complottista sull'11 settembre, e che è stato diffidato dal pubblicare sui social media da parte della Chiesa Anglicana, che lo accusava di diffondere materiale antisemita;
- ha tessuto le lodi di Raed Salah, invitandolo a testimoniare alla Camera dei Comuni. Salah è convinto che gli ebrei impastino le azzime con il sangue dei gentili, che gli ebrei fossero a conoscenza dei piani per l'11 settembre, ed è stato espulso dal Regno Unito per il suo incitamento all'antisemitismo;
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domenica 30 agosto 2015
Chi finanzia le ONG israeliane "filopalestinesi"?
di Evelyn Gordon*
È pacifico che tutti si preoccupino giustamente di stigmatizzare in questo momento l'intesa con l'Iran. Ma non si può fare a meno di rilevare come la seguente notizia abbia ricevuto scarsa attenzione: durante il conflitto della scorsa estate a Gaza, due organizzazioni israeliane "per i diritti umani" - B’Tselem and Breaking the Silence hanno chiesto e ottenuto consistenti coperture finanziarie da parte dei palestinesi per finanziare la stesura di rapporti che accusano Israele di crimini di guerra.
In circostanze normali, accettare denaro dal nemico in tempi di guerra per realizzare propaganda avversa alla propria parte, sarebbe considerato un tradimento. In questo caso, dal punto di vista strettamente legale, non lo è. Ma moralmente, non è che siamo al limite: quel limite l'abbiamo abbondantemente superato.
Questa notizia è stata riportata per primo dal sito informativo in ebraico "NRG", curato da Gidon Dokow. Ma non è necessario prendere per buone le parole di Dokow: che ha opportunamente reso disponibile il bilancio annuale sulle fonti di finanziamento dell'organizzazione.
Questa organizzazione vanta il nome un po' ingombrante di Human Rights and International Humanitarian Law Secretariat. Secondo il suo bilancio, è «un progetto implementato da NIRAS NATURA AB, Svezia, e dall'Institute of Law, Università di Birzeit, "Palestina", con il generoso sostegno dei governi di Svezia, Danimarca, Olanda e Svizzera».
In altre parole, il denaro proviene dall'Europa. Ma chi decide cosa farne è la Niras Natura, che si definisce una società internazionale di consulenza nel campo dello sviluppo sostenibile, e la facoltà di Birzeit. E dal momento che la gente di Birzeit è quella effettivamente sul campo, si presume che essi abbiano l'ultima parola sulla destinazione del denaro.
È pacifico che tutti si preoccupino giustamente di stigmatizzare in questo momento l'intesa con l'Iran. Ma non si può fare a meno di rilevare come la seguente notizia abbia ricevuto scarsa attenzione: durante il conflitto della scorsa estate a Gaza, due organizzazioni israeliane "per i diritti umani" - B’Tselem and Breaking the Silence hanno chiesto e ottenuto consistenti coperture finanziarie da parte dei palestinesi per finanziare la stesura di rapporti che accusano Israele di crimini di guerra.
In circostanze normali, accettare denaro dal nemico in tempi di guerra per realizzare propaganda avversa alla propria parte, sarebbe considerato un tradimento. In questo caso, dal punto di vista strettamente legale, non lo è. Ma moralmente, non è che siamo al limite: quel limite l'abbiamo abbondantemente superato.
Questa notizia è stata riportata per primo dal sito informativo in ebraico "NRG", curato da Gidon Dokow. Ma non è necessario prendere per buone le parole di Dokow: che ha opportunamente reso disponibile il bilancio annuale sulle fonti di finanziamento dell'organizzazione.
Questa organizzazione vanta il nome un po' ingombrante di Human Rights and International Humanitarian Law Secretariat. Secondo il suo bilancio, è «un progetto implementato da NIRAS NATURA AB, Svezia, e dall'Institute of Law, Università di Birzeit, "Palestina", con il generoso sostegno dei governi di Svezia, Danimarca, Olanda e Svizzera».
In altre parole, il denaro proviene dall'Europa. Ma chi decide cosa farne è la Niras Natura, che si definisce una società internazionale di consulenza nel campo dello sviluppo sostenibile, e la facoltà di Birzeit. E dal momento che la gente di Birzeit è quella effettivamente sul campo, si presume che essi abbiano l'ultima parola sulla destinazione del denaro.
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sabato 18 luglio 2015
AAA: Cercasi odiatori di Israele (si offre buona paga)
Un'offerta di lavoro che non passa inosservata. Il datore è la "Jewish Voice for Peace" (JVP), un'organizzazione le cui finalità, se non fosse sufficientemente chiaro, sono enfatizzate dalle foglie di ulivo che ne accompagnano il logo. Dunque la JVP assume un "Artist Council Organizer", e offre in cambio di 20 ore di lavoro a settimana, una sontuosa retribuzione: 25.000 dollari all'anno, più «generosi benefici» ed esenzioni fiscali.
Cosa dovrebbe fare il candidato? è semplice: «sollecitare e mobilitare i personaggi dello spettacolo e della cultura nella lotta per la giustizia in Palestina». Sfruttando la loro presa sul pubblico e la rete di relazioni per conseguire gli obiettivi del JVP: spostare l'orientamento dell'opinione pubblica a vantaggio della propaganda filopalestinese (ora è più chiaro per cosa stia la "P" di JVP).
Il generatore professionale di diffamazione nei confronti di Israele non lavora isolato. Al contrario, potrà beneficare del coordinamento di un Consiglio all'uopo istituito, che si occupa delle questioni amministrative, logistiche e di comunicazione con le star dello spettacolo, nonché di organizzare le campagne di boicottaggio culturale ai danni dello stato ebraico.
Cosa dovrebbe fare il candidato? è semplice: «sollecitare e mobilitare i personaggi dello spettacolo e della cultura nella lotta per la giustizia in Palestina». Sfruttando la loro presa sul pubblico e la rete di relazioni per conseguire gli obiettivi del JVP: spostare l'orientamento dell'opinione pubblica a vantaggio della propaganda filopalestinese (ora è più chiaro per cosa stia la "P" di JVP).
Il generatore professionale di diffamazione nei confronti di Israele non lavora isolato. Al contrario, potrà beneficare del coordinamento di un Consiglio all'uopo istituito, che si occupa delle questioni amministrative, logistiche e di comunicazione con le star dello spettacolo, nonché di organizzare le campagne di boicottaggio culturale ai danni dello stato ebraico.
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martedì 16 giugno 2015
I dieci modi con cui Israele è discriminato
di David Harris*
È sconcertante osservare come Israele sia trattato con un metro di paragone assolutamente diverso da quello adottato per altri stati. Ovviamente, lo stato ebraico è sottoponibile a giudizio; come tutti gli altri, d'altro canto. Ma meriterebbe pari trattamento, non diverso.
Tanto per incominciare, Israele è l'unico stato della comunità internazionale di cui è continuamente messa in discussione lo stesso diritto ad esistere.
Malgrado il fatto che Israele impersonifichi un antiche legame con il popolo ebraico, come ripetutamente citato nel libro più letto al mondo: la Bibbia, che sia stato istituito con una risoluzione ONU del 1947, e che sia membro pieno effettivo delle Nazioni Unite dal 1949; persiste un implacabile gruppetto di nazioni, istituzioni e soggetti che ne negano la legittimità politica.
Nessuno oserebbe discutere il diritto ad esistere di tutti gli altri stati, la cui legittimazione storica e legale è decisamente più discutibile: inclusi gli stati istituiti dopo atti di forza, occupazione o creati a tavolino. Diversi stati arabi, per dire, rientrano in almeno una di queste categorie. Perché allora soltanto nei confronti di Israele è continua caccia aperta? non ha niente a che fare con il fatto che trattasi di uno stato con maggioranza ebraica al mondo?
È sconcertante osservare come Israele sia trattato con un metro di paragone assolutamente diverso da quello adottato per altri stati. Ovviamente, lo stato ebraico è sottoponibile a giudizio; come tutti gli altri, d'altro canto. Ma meriterebbe pari trattamento, non diverso.
Tanto per incominciare, Israele è l'unico stato della comunità internazionale di cui è continuamente messa in discussione lo stesso diritto ad esistere.
Malgrado il fatto che Israele impersonifichi un antiche legame con il popolo ebraico, come ripetutamente citato nel libro più letto al mondo: la Bibbia, che sia stato istituito con una risoluzione ONU del 1947, e che sia membro pieno effettivo delle Nazioni Unite dal 1949; persiste un implacabile gruppetto di nazioni, istituzioni e soggetti che ne negano la legittimità politica.
Nessuno oserebbe discutere il diritto ad esistere di tutti gli altri stati, la cui legittimazione storica e legale è decisamente più discutibile: inclusi gli stati istituiti dopo atti di forza, occupazione o creati a tavolino. Diversi stati arabi, per dire, rientrano in almeno una di queste categorie. Perché allora soltanto nei confronti di Israele è continua caccia aperta? non ha niente a che fare con il fatto che trattasi di uno stato con maggioranza ebraica al mondo?
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mercoledì 13 maggio 2015
Inciti all'antisemitismo su Internet? finisci diritto in galera!
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Scrittore egiziano premiato per i suoi versi antisemiti dall'ANP. |
La scorsa settimana, il gerarca palestinese Issa Karake si è recato in visita presso le famiglie dei tre criminali che linciarono e assassinarono Vadim Nurzhitz and Yossi Avrahami, i due disgraziati riservisti israeliani, che si dispersero nei pressi di Ramallah nel 2000. Karake ha consegnato ai genitori la "targa d'onore", commemorando il gesto eroico dello smembramento dei due malcapitati, i cui resti furono sparpagliati dalla finestra del commissariato dove furono condotti. I carnefici furono in seguito arrestati e condannati all'ergastolo.
giovedì 7 maggio 2015
Congratulazioni a Leo Messi!
La serata di ieri ha rappresentato l'apoteosi di Leo Messi, stella del Barcellona e del calcio mondiale, che ha messo a sedere i difensori e l'intera squadra del Bayern Monaco nella semifinale di andata di Champions' League. Ma la "pulce" argentina ha altri motivi per gioire: presto diventerà padre per la seconda volta, e al nuovo arrivato sarà assegnato l'impegnativo nome ebraico di "Benjamin".
Ciò sta suscitando la riprovazione e l'ostilità del mondo arabo. In Algeria si associa il futuro erede del campione al nome dell'attuale primo ministro israeliano, sorvolando sul reale significato del nome scelto: che vuol dire "figlio della mano giusta", vale a dire, il Prediletto. Nella Genesi, Beniamino è l'ultimo dei dodici figli di Giacobbe.
Non è la prima sortita di Leo Messi nell'ebraismo. Due anni fa, il calciatore si recò in visita al Muro Occidentale di Gerusalemme, dove fu immortalato, nell'ambito di una iniziativa di pace finalizzata all'organizzazione di un incontro amichevole di calcio che avrebbe dovuto vedere la partecipazione di giocatori ebrei e palestinesi. Sfortunatamente, questi ultimi declinarono l'invito. Nel 2014 Messi è stato invitato dal Papa a ripetere l'iniziativa in Israele, per promuovere i valori della pace e della solidarietà.
Ciò sta suscitando la riprovazione e l'ostilità del mondo arabo. In Algeria si associa il futuro erede del campione al nome dell'attuale primo ministro israeliano, sorvolando sul reale significato del nome scelto: che vuol dire "figlio della mano giusta", vale a dire, il Prediletto. Nella Genesi, Beniamino è l'ultimo dei dodici figli di Giacobbe.
Non è la prima sortita di Leo Messi nell'ebraismo. Due anni fa, il calciatore si recò in visita al Muro Occidentale di Gerusalemme, dove fu immortalato, nell'ambito di una iniziativa di pace finalizzata all'organizzazione di un incontro amichevole di calcio che avrebbe dovuto vedere la partecipazione di giocatori ebrei e palestinesi. Sfortunatamente, questi ultimi declinarono l'invito. Nel 2014 Messi è stato invitato dal Papa a ripetere l'iniziativa in Israele, per promuovere i valori della pace e della solidarietà.
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