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venerdì 5 ottobre 2012

La futura Striscia di Gaza

Il governo di Hamas a Gaza ha una connotazione sempre più autonomista. Lontani i tempi in cui "dialogava" con Al Fatah per la costituzione di un governo palestinese unitario: la realtà sta procedendo in direzione opposta. Non solo il movimento terroristico islamico rigetta la retorica dell'"occupazione israeliana", ancora cara ad alcuni (sempre meno, per la verità) irriducibili filo-palestinesi. Ma agisce sempre più in piena autonomia rispetto a Ramallah. La prospettiva di un corridoio che avrebbe dovuto collegare la Striscia di Gaza al West Bank, per concretizzare un futuro stato palestinese, avanzata in passato dai governi israeliani nell'ambito delle proposte per una pace definitiva, sembra sbiadita rispetto al trascorrere degli eventi in campo palestinese.
Sì, perché Hamas si sta orientando diversamente. Non bisogna dimenticare che il movimento integralista è una costola dei Fratelli Musulmani che ora governano l'Egitto, non senza ambiguità (ma il crollo delle entrate valutarie dal turismo obbliga i nuovi padroni ad una realpolitik che include copiosi finanziamenti occidentali; e di fronte a quelli, si è ben disposti ad indossare la grisaglia). Così, mentre da un lato Hamas accetta a malincuore la chiusura del migliaio di tunnel illegali che collegano l'Egitto alla Striscia; dall'altro apre alla prospettiva di una progressiva apertura del valico di Rafah, che integrerà sempre più Gaza al Cairo; al punto che non pochi osservatori ormai immaginano una Striscia integrata ormai politicamente nel nuovo Egitto della Fratellanza Musulmana.
D'altro canto, le recenti elezioni successive alla defenestrazione di Mubarak hanno consegnato il potere ad una schiacciante maggioranza in cui prevalgono i Fratelli Musulmani, ma in cui sono ben rappresentati gli ultra-integralisti salafiti. Che, guardacaso, insidiano dalle estremità la stessa Hamas a Gaza. Si ripropone insomma nell'enclave palestinese un tandem consacrato dalle elezioni democratiche nel vicino Egitto.
E in questa prospettiva non meravigliano le prime timide discussioni fra Hamas e Jihad Islamica che stanno prendendo corpo in questi giorni. Come riporta Challah hu Akbar, i militanti salafiti stanno celebrando in pompa magna l'anniversario della loro fondazione. Le foto testimoniano una folta rappresentanza di integralisti tunisini, che a pochi chilometri dalle coste siciliane stanno islamizzando la società nordafricana, e soprattutto di Mahmoud Zahar, co-fondatore di Hamas. Le foto evidenziano la militarizzazione della società palestinese, che purtroppo lascia poco spazio all'immaginazione. La retorica antisionista è sempre più accesa e coinvolge donne e bambini fin dalla tenera età. Si noti in una di queste immagini la raffigurazione di uno "stato palestinese" in cui Israele non trova alcun spazio. Cancellato senza pudore con tutta la sua popolazione.

mercoledì 14 marzo 2012

Gli ultraterroristi islamici



Dietro i 200 missili lanciati da Gaza verso Israele, c'è un preciso cambiamento di scenario. Hamas, l'organizzazione terroristica che governa col terrore la Strisia di Gaza dal 2006, dopo lo sgombero israeliano dell'anno precedente (in coabitazione con Al Fatah; in solitudine, dal 2007, dopo un sanguinoso colpo di stato con cui ha esautorato la fazione rivale di Abu Mazen), si è resa rea di aver disatteso agli ordini di Ahmadinejad, principale alleato del macellaio siriano Assad. Così, la stessa sede di Hamas ha abbandonato in fretta e furia la sede storica di Damasco, cercando sponde amichevoli nel Maghreb, in Egitto (Hamas è una costola dei Fratelli Musulmani), indi nel Qatar, sede di Al Jazeera, che ha soffiato molto sul vento (presto rivelatosi fetido) della "primavera araba". D'altro canto, oltre a sentire puzza di cadavere, Hamas ha "rotto" con l'Iran per le stragi perpetrate da Assad proprio ai danni dei palestinesi che vivono in Siria, spesso in luridi campi profughi, isolati dalla civiltà (succede, fra fratelli arabi di cui uno palestinese).
Così l'Iran sta rivedendo le sue affiliazioni prossime al Mediterraneo. Ridimensionato il supporto ad Hamas, che nel frattempo ha finalmente accettato la corte interessata di Al Fatah, con il fiatone per i recenti insuccessi diplomatici (la richiesta di membership alle Nazioni Unite dello scorso anno), ma pur sempre generosamente finanziata dall'Occidente; il regime iraniano ha trovato interlocutori interessati nella Jihad Islamica, organizzazione radicale di stanza nella Striscia di Gaza. Si ritiene che da Teheran siano sopraggiunti uomini, addestratori, finanziamenti e munizioni, passati per un confine egiziano sempre più incustodito.
I vertici dell'esercito israeliano non hanno nascosto la sorpresa per il livello di organizzazione raggiunto dalla Jihad Islamica, ancor più risoluta di Hamas nel combattere con ogni mezzo il vicino stato ebraico.

Tregua interrotta (ma c'è mai stata?)

Rocket Hits Netivot (pop. 27,000)

Questa mattina un missile, sparato da Gaza, ha raggiunto la cittadina di Netivot, a sud di Israele, ferendo un civile.
La fragile "tregua", architettata dall'Egitto, appare una pia illusione. D'altro canto, da parte palestinese non c'è mai stato un formale "cessate il fuoco", e ovviamente l'esercito israeliano ha acconsentito a sospendere l'intercettazione delle installazioni terroristiche a patto che esse cessino di sparare colpi di mortaio, razzi e missili (oltre 200 sinora) oltre il confine della Striscia di Gaza.
Purtroppo c'è ben poco da sperare. Nella cultura del fondamentalismo islamico, queste pause sono tattiche: hanno il solo scopo di consentire il riarmo, la riorganizzazione su basi più minacciose, e in questo caso, il vergognoso schieramento di scudi umani e carne da macello.

E' il caso di Nayef Qarmut, il ragazzino palestinese di 15 anni saltato in aria l'altro giorno; inizialmente per colpa di un'incursione dell'aviazione israeliana, la quale ha prontamente smentito, malgrado la denuncia di un medico di parte. In effetti, si è scoperto poco dopo che il ragazzo è stato dilaniato da un esplosivo che portava con se', ferendo al contempo sei compagni. Escludendo che i programmi didattici palestinesi contemplino l'utilizzo in aula di materiale bellico - ci si limita di solito all'istigazione al terrorismo e all'odio razziale - quel ragazzo era un corriere al servizio della Jihad Islamica, tragicamente perito.

lunedì 31 ottobre 2011

Manca solo la dichiarazione di guerra


Il sud di Israele è stato continuamente martorizzato nel fine settimana da lanci di missili e colpi di mortaio provenienti dalla Striscia di Gaza. I ripetuti attacchi hanno provocato un morto e una quindicina di feriti. Raggiunte fra le altre le città di Ashkelon e Ashdod: la capacità di penetrare si spinge sempre più a nord, e non sembra lontano il momento in cui sarà raggiunta la periferia di Tel Aviv, specie se si considera che i lanci sono partiti dal sud della Striscia di Gaza; per l'esattezza da una località che fino allo sgombero del 2005 ordinato da Sharon ha ospitato un insediamento ebraico. Triste constatare che laddove fino a qualche anno fa c'erano vita e prosperità, oggi ci sono trincee e basi missilistiche.
L'organizzazione terroristica Jihad Islamica, alleata di Hamas a Gaza, si è assunta la responsabilità degli attacchi.
In risposta, l'aviazione israeliana ha colpito installazioni terroristiche nei pressi del confine fra Gaza ed Egitto, uccidendo sette terroristi.
Il presidente di Israele Shimon Peres ha rilevato come l'attacco palestinese rappresenti una dichiarazione di guerra vera e propria. Per fortuna una minima dose di buon senso impedisce a chiunque di parlare di "reazione spropositata" da parte dell'esercito israeliano, e di "resistenza" palestinese, come qualche buontempone ha denunciato in passato. D'altro canto, l'aggressione palestinese è giunta improvvisa, inaspettata e tutt'altro che provocata. In questo contesto, manca solo una formale dichiarazione di guerra da parte delle organizzazioni terroristiche che governano a Gaza. Il presidente israeliano ha rilasciato le sue dichiarazioni mentre inaugurava una scuola medica nel nord: bizzarro che negli ospedali servano medici e infermieri israeliani come palestinesi, che siano curati arabi ed ebrei senza alcuna distinzione o discriminazione. "Se possono convivere pacificamente malati di entrambe le parti, perché non possono convivere in pace le persone sane", è stata la conclusione sconsolata di Peres.
Sarà difficile raggiungere questo obiettivo, se c'è gente - come il miliardario saudita Khaled bin Talal - che offre un milione di dollari per la cattura di un soldato israeliano, da impiegare come ostaggio per la liberazione dei criminali palestinesi detenuti nelle carceri israeliano dopo regolare processo.



Gli attacchi provenienti dalla Striscia di Gaza minacciano di far ritardare o deragliare il rilascio di ulteriori 550 detenuti da parte di Israele, in ossequio agli accordi che hanno portato alla liberazione di Gilad Shalit. Hamas sta cercando di riportare alla ragionevolezza la Jihad Islamica, supportata da Teheran, e responsabile delle prime aggressioni sin da mercoledì notte, quando ha lanciato un Grad verso Israele in commemorazione di Fathi Shikaki, un fanatico ideologo arabo, fautore degli attentati suicidi. Il lancio di Grad è stato seguito sabato dall'azione dell'esercito israeliano, che ha colpito una postazione palestinese nel sud della Striscia di Gaza, uccidendo cinque terroristi, e provocando il nuovo attacco da parte della Jihad islamica, che nel fine settimana ha fatto piovere diecine di missili e razzi, che hanno causato feriti e la morte di un israeliano, padre di quattro figli.
La scorsa settimana un rappresentante dei Fratelli Musulmani ha visitato la Striscia di Gaza, per la prima volta da quando Hamas ha preso il potere con la forza nel 2007. Questo evidenzia ancora di più i legami fra quelli che i sondaggi indicano come i futuri detentori del potere in Egitto e l'organizzazione terroristica che governa a Gaza, filiazione stessa dei Fratelli Musulmani.