domenica 31 gennaio 2016

La Francia minaccia Israele: e allora?

La Francia non sarebbe ne' il primo stato europeo, ne' il primo membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU a riconoscere lo stato palestinese. Quest vuol dire che Israele può ignorare l'ultimatum di Fabius?

di Raphael Ahren*

Ci sono due modi per valutare la minaccia francese di riconoscere unilateralmente uno stato palestinese se lo stallo nel processo di pace dovesse persistere. Più avanti ci soffermeremo sulla versione per cui ciò costituirebbe una seria minaccia per Israele. Diciamo subito che c'è chi non è sufficientemente intimorito dall'ultimatum di Parigi da rispondere: «e allora?». Parigi è libera di convocare una conferenza internazionale che cerchi di superare lo stallo, inducendo ambo le parti a reciproche concessioni, affinché si pervenga ad una pace definitiva. Ma dal momento che questo scenario appare improbabile, per non dire irrealistico; la Francia potrebbe andare avanti e dichiarare l'esistenza di uno "stato di Palestina". Questa mossa sarebbe condannata da Gerusalemme come scellerata nel conseguimento di una pace, mentre sarebbe celebrata a Ramallah come una grande vittoria. Ma dichiarazioni e riconoscimenti non muterebbero la situazione sul campo.

sabato 30 gennaio 2016

Con amici così, chi ha bisogno di nemici?


Nel giorno della commemorazione dell'Olocausto, ha fatto notizia la visita del presidente Obama all'ambasciata israeliana a Washington. Obama ha riconosciuto l'avanzata globale dell'antisemitismo e ha dichiarato solenne: «siamo tutti ebrei». Una dichiarazione forte, importante, che di solito si pronuncia dopo una carneficina; come fummo tutti americani dopo l'11 settembre, o tutti francesi dopo l'attentato a Charlie Hebdo.
Peccato che alle dichiarazioni di principio, seguano fatti che vadano in direzione opposta. Due episodi sono rivelatori dell'atteggiamento ipocrita delle autorità, pronte a compiangere gli ebrei morti, e al contempo ad ignorare la minaccia arrecata a quelli vivi.
Ieri mattina è stato rivelato un programma segreto di monitoraggio dell'attività dei droni israeliani da parte dei servizi segreti britannici ed americani. L'intrusione non autorizzata nell'architettura informatica degli aerei senza pilota di Gerusalemme, veniva condotta dalle basi militari a Cipro, e puntava a conoscere anzitempo le operazioni militari a Gaza, i propositi di attacco all'Iran, e a sorvegliare una tecnologia abbastanza raffinata da essere esportata nel resto del mondo.
Il governo di Gerusalemme si è dichiarato «amareggiato ma non sorpreso». Sono cose che si fanno, fra governi amici. Il monitoraggio delle attività militari di uno stato sovrano è sempre esistito, indigna ma non costituisce uno scoop.

mercoledì 27 gennaio 2016

È di nuovo scontro fra Bruxelles e Gerusalemme


È di nuovo scontro fra Israele e l'Unione Europea. La contesa verte all'apparenza su una questione di poco conto: una strada sconnessa e poco praticabile di circa quattro chilometri, che corre alla periferia di un villaggio nei pressi di Betlemme, nel West Bank. Ma su questa strada si scontra una differente concezione del Diritto internazionale.
L'Unione Europea sta finanziando la realizzazione di strade ed edifici nel West Bank, nel lodevole tentativo di dotare i palestinesi di efficienti infrastrutture, nel momento in cui dovessero essere conseguite le condizioni per la proclamazione di uno stato indipendente. Sfortunatamente, numerose iniziative di questo tipo sono platealmente realizzate nell'area C: quella che gli Accordi di Oslo, sottoscritti in Norvegia fra israeliani e palestinesi con il patrocinio della stessa Unione Europea, assegna alla piena giurisdizione di Gerusalemme. Israele dunque ha il diritto - e, secondo il diritto internazionale, anche e soprattutto il dovere - di garantire sicurezza e ordine pubblico in questa area, e di amministrarla al meglio.
Ciò include la facoltà di concedere licenze edilizie. Non essendoci uno stato a cui sono riconducibili queste aree, qualunque soggetto - sia esso privato, pubblico o sovranazionale - che desideri piantare anche soltanto una tenda, deve ottenere il preventivo benestare di Gerusalemme. Altrimenti, compie un illecito amministrativo, e viola il diritto internazionale sancito nel 1993, e ratificato a Parigi nel 1995.

martedì 26 gennaio 2016

Negazionismi

«L'assassinio di Shlomit Krigman e il ferimento di un'altra donna, lunedì, a Beit Horon; avrebbe potuto essere evitato se Israele disponesse di una barriera difensiva più efficace. Che barriera è quella che può essere scavalcata o aggirata? non abbiamo bisogno di una barriera per le capre: ci serve un muro di separazione che impedisca l'ingresso dei terroristi».
L'ha affermato non Naftali Bennet, adorato dai coloni israeliani; non Avingdor Lieberman, il "falco" del Likud scaricato da Netanyahu proprio per le sue posizioni intrasingente. L'ha dichiarato oggi il leader dell'opposizione israeliana, il pacioso Isaac Herzog, tanto amato dalle cancellerie europee, e sponsorizzato massicciamente dalla Casa Bianca prima del fiasco subito alle ultime elezioni di Gerusalemme.
Herzog è andato oltre: negando il suo pedigree di ebreo buono, pronto a donare tutto in cambio di nulla, ha aggiunto che la barriera dovrebbe essere completamente elettrificata. E se il governo non interverrà in tal senso, vuol dire che è molle, ha chiosato.