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mercoledì 29 luglio 2015

L'unico luogo in Medio Oriente dove i cristiani aumentano

di Adam Levick*

Lunedì 27 luglio il Guardian ha pubblicato tre inchieste sulle persecuzioni nel mondo ai danni dei cristiani. Due inchieste - inclusa "Morire di Cristianità", scritta dall'ex corrispondente da Gerusalemme Harriet Sherwood - non fanno menzione di Israele. Tuttavia il terzo reportage, curato da diversi giornalisti fra cui l'attuale corrispondente del Guardian da Gerusalemme Peter Beaumont, include una sezione sulle persecuzioni dei cristiani (sotto forma di vandalismo e attentati incendiari ai danni di chiese e moschee) nello stato ebraico.
Il rapporto include Israele malgrado lo stato non sia incluso nell'elenco dei primi 25 stati dall'atteggiamento anti-cristiano.

venerdì 12 giugno 2015

Israele e la verità sui "500 bambini palestinesi uccisi"

di Thomas Wictor*

A quasi un anno dalla fine dell'operazione Margine Protettivo, gli odiatori di Israele tentano ancora una volta la ridicola accusa secondo cui lo stato ebraico avrebbe ucciso oltre cinquecento bambini durante le ostilità. Il numero effettivo non si conoscerà mai, ma è giunta l'ora una volta e per tutte di mettere a tacere questa frottola.
A tal fine, farò impiego dell'elenco dei nomi reso noto dall'Al-Mezan Center for Human Rights (AMCHR): un conteggio che proviene direttamente dal ministero della salute (MoH) palestinese. E da subito si scorgono le prime incongruenze, come evidenzia la freccia verde:


L'AMCHR afferma che sono stati uccisi 504 bambini, ma ne elenca 317 maschi e 190 femmine. Sono 507, non 504. Si ha la prima evidenza di come la stampa non fa altro che riportare sotto dettatura palestinese. Al Telegraph nonsi sono neanche presi la briga di conteggiare i nomi; ne' l'AMCHR si è curato di farlo. Questa è propaganda, e anche abbastanza sciatta.

mercoledì 25 febbraio 2015

La bufala dell'inondazione di Gaza «per colpa di Israele»

Agence France Presse (AFP), fra le più grandi agenzie di stampa al mondo assieme a Reuters e Associated Press, ha pubblicato un video falso che mostrerebbe l'inondazione della Striscia di Gaza in seguito al diluvio della scorsa settimana, titolando «interi villaggi a Gaza allagati dopo che Israele ha aperto le porte delle dighe». Peccato che Israele non abbia alcuna diga a sud.
L'accusa infondata ha fatto il giro del web e dei media. Più tardi AFP ha ritirato la notizia.
Il video riportava le accuse di Ead Zino, residente a Al-Maghraqa, vicino Gaza: «ogni quattro anni scoppia una guerra, ma qui a Maghraqa ogni anno c'è un'inondazione. L'acqua proviene da Israele. Israele ci vuole distruggere» (in effetti, Ead Zino nell'intervista in arabo si è riferito a «gli ebrei», ma AFP ha tradotto in «Israele»).
Nell'articolo non è stata proposta alcuna replica da parte israeliana, atta a confutare la palese invenzione. L'articolo originario così riportava: «almeno 80 case palestinesi sono state allagate dopo che i livelli di acqua della Gaza Valley sono saliti di quasi tre metri, inducendo le famiglie a cercare altrove riparo, in seguito alla decisione delle autorità israeliane di aprire diverse dighe».

domenica 16 novembre 2014

Le agenzie di stampa lavorano sotto dettatura palestinese?

di Pesach Benson*

Alcuni giorni fa, l'Organizzazione per la liberazione della palestina ha diffidato i giornalisti stranieri dall'impiegare la denominazione "Monte del Tempio" nell loro corrispondenze dai luogi sacri di Gerusalemme. Secondo l'OLP, il luogo sacro dell'ebraismo si troverebbe in territori occupati, per cui ogni riferimento ad esso diverso da Haram al Sharif (traducibile in "santuario nobile") lederebbe le aspirazioni palestinesi.
Il sito è denominato Monte del Tempio (Har HaBayit in ebraico) perché è dove si collocava il Tempio fatto costruire da Salomone e poi da Erode. Ebrei e cristiani conoscono questo luogo con questo nome da millenni, prima che una linea verde intersecasse fittiziamente la Città Santa.
Ora arriva l'OLP e sostiene che "Monte del Tempio" è un nome improprio e politicizzato.
A questo punto mi chiedo se questa breve del corrispondente Reuters Jeffrey Heller è scritto per compiacere i palestinesi, o è soltanto sciatteria. Tenuto conto dell'ammonimento dell'OLP, le mie antenne hanno incominciato a vibrare:

domenica 2 novembre 2014

I crimini di guerra di Hamas


di Larry Hart*

Ora che le ostilità a Gaza sono cessate, almeno per il momento, incominciano a trapelare frammenti di informazioni da parte dei giornalisti che hanno seguito in loco il conflitto. Buona parte delle informazioni fornite conferma le accuse di Israele circa la condotta e la strategia di Hamas, che potrebbe fruttare all'organizzazione terroristica una accusa per crimini di guerra.
L'impiego di scudi umani, lo sbandierare morti e feriti, il fornire dati inventati sulle vittime, il tutto accompagnato da una costante opera di intimidazione dei reporter allo scopo di far emergere sempre e soltanto la versione di Hamas: non si tratta più di propaganda israeliana.
Dei circa 700 giornalisti presenti a Gaza, molti si sono prestati a questa mistificazione, vantando un orientamento ideologico che considerava Hamas il soccombente rispetto al cattivo Israele imperialista e guerrafondaio. Ma per fortuna c'è un po' di giustizia a questo mondo. Stavo incominciando a perdere la fiducia, dopo l'articolo di Creede Newton che documentava la storia dei tre soldati israeliani suicidatisi dopo l'ultimo conflitto.
Ma, a due mesi dall'ultima guerra di Gaza, fra 30 e 40 giornalisti hanno vuotato il sacco, spiegando ciò che si è parato davanti ai loro occhi, e perché non hanno potuto denunciarlo a suo tempo: intimidazioni, minacce di espulsione immediata e di confisca dell'attrezzatura, se non di peggio. Altri giornalisti sono rimasti lì e magari vorrebbero tanto tornare in Europa a descrivere gli orrori di Hamas, ma temono le intimidazioni e le pressioni dei terroristi.

lunedì 6 ottobre 2014

Gli 8 fallimenti epici più clamorosi (e diffusi) di Pallywood

Di tanto in tanto capita di ritrovarsi nella propria casella di posta elettronica, nella timeline di Facebook, o sotto forma di tweet, una immagine che "inequivocabilmente" testimonierebbe a turno la natura razzista di Israele, l'apartheid vigente nello stato ebraico, l'espansionismo colonialista di Gerusalemme, o la prova evidente che la Palestina sia realmente esistente; addirittura prima del 1948. Non è difficile sbugiardare queste manifestazioni di ignoranza o mala fede; ma dobbiamo essere grati al sito Israellycool per averne raccolte quelle più eclatanti, e al tempo stesso più gustose da smascherare.
Pronti per la hit parade degli scivoloni di Pallywood? partiamo!...


8) La lettera di Einstein


Ti ho beccato, sionista! La prova inconfutabile che lo scienziato più autorevole del Ventesimo Secolo, il professor Albert Einstein, egli stesso ebreo, fosse anti-israeliano. Biasima i terroristi ebrei «dei nostri stessi ranghi» per condannare la Palestina per sempre. Da notare che cita esplicitamente la "Palestina"!

venerdì 3 ottobre 2014

Dove si trova Gerusalemme?

Divertente siparietto del britannico Telegraph, che nella sezione Viaggi presenta la rassegna delle venti città più antiche al mondo. Splendide testimonianze di un passato remoto, come Cadice (Spagna), Tebe (Grecia), Atene (Grecia), Kirkuk (Iraq) e via discorrendo. La certezza manifestata in principi di geografia, si sbriciola miseramente quando si giunge alla decima posizione: Gerusalemme, abitata già tre millenni prima della comparsa di Cristo, è collocata in... "Medio Oriente"!
HonestReporting, che per primo ha rilevato la grottesca svista, ha contattato la redazione del quotidiano britannico, che si è celata dietro una imbarazzata spiegazione: la capitale israeliana non sarebbe pacificamente tale per le Nazioni Unite, e per ciò essi preferiscono un atteggiamento terzo e distaccato.
Ma la rassegna intendeva disquisire di geografia, non di politica, per cui appare patetico confermare la macroscopica scarsa conoscenza dei fatti: Gerusalemme è la capitale dello stato ebraico, malgrado una sua porzione sia pretesa dagli arabi. Ciò non toglie che la Città Santa sia sempre stata riconducibile agli ebrei: perlomeno dal 2800 A.C., e in ultimo dal 1980, quando la Knesset approvò la legge che riconosceva Gerusalemme come capitale "una e indivisibile" dello Stato di Israele.


mercoledì 17 settembre 2014

L'elisir di eterna giovinezza palestinese

Nella versione internazionale del New York Times, i rifugiati palestinesi sembrano aver bloccato il processo di invecchiamento. I palestinesi che abbandonarono o furono espulsi da Israele nel 1948 resteranno per sempre giovani. O così sembra, leggendo l'articolo apparso sulla versione in edicola dell'The International New York Times. Questi rifugiati, che oggi avranno non meno di 66 anni, sono gli avi dei bambini che studiano nelle scuole elementari di Gaza. Qui al lato l'articolo contenente lo strafalcione.
Ci sono due evidenti errori nell'affermazione riportata. Anzitutto, l'articolo forse intendeva parlare di «nipoti e pronipoti dei palestinesi che lasciarono Israele o ne furono espulsi». Difatti, in un'altra versione dell'articolo, apparsa precedentemente sul NY Times, si parla correttamente di «discendenti dei palestinesi che furono espulsi o che lasciarono Israele e il West Bank».
È impossibile che i genitori di studenti di età compresa fra 5 e 14 anni abbiano lasciato in qualche modo Israele nel 1948.
Se i genitori fossero vivi nel 1948, oggi avrebbero almeno 66 anni. Evidentemente, i genitori dei bambini che frequentano le scuole dell'obbligo palestinesi non hanno una simile età.

domenica 14 settembre 2014

Quanto occupano i Territori "occupati"?

I "Territori occupati". Prima che la guerra civile in Siria producesse il genocidio di oltre 190 mila persone; prima che la Libia conoscesse il caos incontrollabile conseguente alla caduta di Gheddafi, prima che l'Egitto sprofondasse nella breve parantesi nella tirannia dei Fratelli Musulmani, sembrava a non pochi che davvero bastasse risolvere il conflitto fra arabi e israeliani per consegnare al Medio Oriente un futuro di pace. A poco serviva evidenziare che non già alla terra erano interessati, gli arabi, bensì alla distruzione di Israele; che lo stato ebraico si era ritirato spontaneamente dal Libano e da Gaza, ottenendo nuovi e sempre più veementi attacchi; che l'equazione "terra in cambio di pace" esisteva solo nella mente di ingenui esponenti di una sinistra sempre più emarginata politicamente, perché lontana da una drammatica realtà: l'unica opzione possibile essendo "pace, in cambio di pace", come hanno dimostrato gli accordi di pace sottoscritti prima con l'Egitto, e poi con la Giordania. Stati che non nutrono particolari simpatie per Gerusalemme e dintorni, ma con cui si può ragionare e al limite commerciare, come dimostrano gli accordi di fornitura pluriennale da diverse diecine di milioni di dollari, sottoscritti fra Gerusalemme, da una parte; e Amman e Il Cairo, dall'altra.
Ma anche qualora si volesse assumere la decisione di cestinare gli Accordi di Oslo del 1993, e di ritirarsi anche dalla "zona C" del West Bank, di cui Israele detiene il pieno controllo - amministrativo (il che si traduce nella piena e legittima licenza di edificarvi) e militare - di quanta terra stiamo parlando? a quanto ammontano, questi mitici territori "occupati" dagli insediamenti ebraici, che a gran voce reclamano i pacifisti di tutto il mondo?

lunedì 25 agosto 2014

Ritorna la vecchia accusa-bufala del trapianto di organi

Passano i secoli, ma le vecchie accuse contro gli ebrei tardano a tramontare. Anzi, sono rilanciate spudoratamente da testate giornalistiche altrimenti note per la loro autorevolezza; sebbene le stesse si nascondano dietro l'ipocrita citazione di una terza fonte, senza effettuare il doveroso fact-checking, ne' tantomeno appurare la smentita successivamente prodotta dalla fonte in questione.
In attesa che qualcuno rilanci le antiche accuse di impastare le azzime con il sangue dei cristiani, il britannico Time ripropone una spudorata accusa già prodotta ai tempi dell'operazione Piombo Fuso del 2008-2009: i soldati israeliani si impossesserebbero dei corpi dei miliziani palestinesi, asportandone gli organi e rivendendoli. Un'accusa strampalata, partita da un articolo pubblicato all'epoca su un quotidiano scandalistico svedese dal nome Aftonbladet, molto letto nella folta comunità musulmana scandinava.

venerdì 22 agosto 2014

Doppiopesismo mediorientale

Dopo un mese e mezzo, la guerra di Gaza incomincia a prendere una buona piega, con clamorose defezioni in campo palestinese, e un ottimo lavoro dell'intelligence israeliana, che stanno facendo pendere la bilancia a favore di Gerusalemme. Colpiti tre, se non quattro importanti esponenti del vertice militare dell'organizzazione terroristica, si percepisce decisamente la sensazione di panico da parte di Hamas. Incolmabili le distanze fra le pretese delle due fazioni: Khaled Meshal chiedeva a gran voce la rimozione del blocco parziale marittimo e terrestre, che impedisce che nella Striscia entri di tutto, incluse armi e munizioni; Netanyahu chiedeva la smilitarizzazione completa di Gaza.
Impossibile conciliare le due cogenti richieste da parte di chi ha tentato di pervenire ad una tregua, fra un cessate il fuoco e l'altro. Ma l'evoluzione degli ultimi giorni fornisce qualche garanzia in più circa una conclusione fisiologica e non abortita di questo conflitto.

mercoledì 20 agosto 2014

I cinque errori dei media su Gaza

di Alex Margolin*

L'impresa più ardua per i giornali è quella di fare il loro lavoro in tempi di guerra. Ma il conflitto fra Israele e Hamas rivela, ancora una volta, le palesi limitazioni della stampa tradizionale.
In particolare si rilevano cinque macroscopici errori. La minaccia maggiore alla precisione e alla comprensione giunge non tanto da articoli isolati spudoratamente di parte, quanto dalla massa di articoli che aderiscono agli standard distorti del giornalismo moderno.


1) I dati sulle vittime come barometro morale

Una volta Benjamin Disraeli affermò che esistono tre tipi di bugie: le bugie, le dannate bugie e le statistiche. I dati sulle vittime citati in queste settimane dai giornali corrispondono a tutte e tre. Le cifre offerte non sono credibili, la percentuale di civili colpiti è ignota, e il loro significato complessivo è offuscato dall'astrazione dal contesto.

giovedì 31 luglio 2014

Il mito di Gaza "prigione a cielo aperto"

Bancarelle di frutta presso un mercato di Gaza
di Yarden Frankl*

Quasi tutti i media che si occupano del conflitto in corso, parlano di un "assedio di Gaza", o di un "blocco di Gaza", che Israele presumibilmente avrebbe istituito da quando Hamas ha assunto il potere (nel 2007, dopo sanguinoso colpo di Stato, NdT). Ecco alcuni esempi più recenti:

«Ma Israele è accusato per aver sigillato i confini, con organizzazioni umanitarie che affermano che il blocco ha privato (Gaza) di forniture di base, creando una crisi umanitaria» (CNN).

«Per Hamas qualsiasi accordo deve prevedere quella che definisce la "rimozione del blocco", che avrebbe trasformato Gaza in una prigione a cielo aperto negli ultimi otto anni» (CNN).

giovedì 24 luglio 2014

Una spettacolare produzione Pallywood!

Ho sempre pensato che i peggiori nemici dei palestinesi, siano i filo-palestinesi. Gli israeliani rispettano l'avversario, se ne prendono cura quando è ferito, gli danno lavoro, anche se non sono cittadini israeliani, e consentono l'accesso alle spiagge alla fine del Ramadan. È pacifico che non ci sarebbe guerra, se si aspettasse che fossero gli israeliani a scatenarla, e a non subirla.
I filopalestinesi sono la razza peggiore. Fanatici, ottusi, maligni, falsi, calunniatori fino al grottesco. Bisogna riconoscere che non hanno fornito un grande aiuto alla cosiddetta "causa palestinese" con le tonnellate di foto spacciate per fresce, e invece rinvenienti da altri conflitti e altre latitudini. Anche la difesa d'ufficio di Hamas ha fatto venire molti mal di pancia a chi era sinceramente convinto delle ragioni dei palestinesi. Non pochi osservatori neutrali delle questioni mediorientali, in queste due settimane per la prima volta ha preso posizione, schierandosi dalla parte dello stato ebraico.
I filo-palestinesi hanno appreso le lezione? ma quando mai! chi è mosso da rabbia cieca non dispone di lucidità quando scaglia i suoi attacchi, e commette i medesimi errori. Nonostante certi trucchetti siano stati svelati e sbugiardati, l'industria della contraffazione di testimonianze visive continua a sfornare improbabile denunce. Che inevitabilmente si ritorcono contro chi le ha maldestramente confezionate.
È il caso del filmato diffuso qualche giorno fa dall'International Solidarity Movement (ISM), l'organizzazione di cui fanno parte anche nostri connazionali, che militano nelle file dei fiancheggiatori e collaboratori del terrorismo palestinese. Oggi l'ISM ha tentato di raddrizzare le sorti di una giornata funesta per Hamas, documentando a modo suo la "perfidia sionista". Peccato che sia stato immediatamente sbugiardato con una minuziosa contro-denuncia. Segue la traduzione di Thomas Wictor sul suo sito personale. C'è da divertirsi...


lunedì 21 luglio 2014

Gli otto miti giornalistici di Gaza

by Alex Safian*

Con le operazioni israeliane di terra in corso, in risposta agli incessanti attacchi di Hamas, si tende a riciclare i soliti cliché che distorcono la percezione di Gaza. Non mancano alcune novità rispetto al passato. Qui di seguito i principali mitici giornalisti, estrapolati dalla copertura passata e presente.

Mito n.1. La politica israeliana miope ha intenzionalmente incoraggiato la crescita di Hamas.
«Dopotutto, è stata lo stesso Israele che ha contribuito ad alimentare Hamas e chi l'ha preceduto negli anni Settanta ed Ottanta. Eyad El-Sarraj, famoso psichiatra a Gaza, ammonì il governatore israeliano che stava "giocando col fuoco" nell'alimentare i militanti religiosi. Secondo il libro "Hamas", di Beverley Milton-Edwards e Stephen Farrell, il governatore rispose: "Non ti preoccupare, sappiamo come gestire queste situazioni. Oggi il nostro nemico è l'OLP"» (Nicholas Kristof, New York Times, 16 luglio 2014)

Realtà. Israele non ha mai incoraggiato Hamas, o i rivali della Jihad Islamica. Israele ha sostenuto la costruzione di ospedali, moschee e scuole religiose nei territori, perché a ciò era tenuto alla luce del Regolamento dell'Aja e della Convenzione di Ginevra, che richiedono che le imposte raccolte nei territori occupati siano impiegate nello stesso territorio, e che le leggi vigenti prima dell'occupazione - incluso il finanziamento delle istituzioni religiose - siano mantenute. Fra i gruppi con cui il governatorato collaborò, c'erano all'epoca i Fratelli Musulmani. Essi, mentre rifiutavano il riconoscimento di Israele, avevano un atteggiamento palesemente non violento, ritenendo che la società islamica avrebbe dovuto rafforzarsi nel lungo periodo, prima di affrontare un conflitto con Israele.

mercoledì 16 luglio 2014

Quantità e qualità delle vittime a Gaza

Ogni conflitto porta con se' uno strascico di indignazione circa il numero, il genere e l'età delle vittime che esso comporta. Benché tutti concordino che le guerre siano brutte, sporche e biasimevoli; siamo abbastanza maturi da sapere che sovente sono inevitabili, talvolta sono dolorosamente preferibili, e in ogni caso altri conflitti si sperimenteranno. Ingenui e romantici che pensano il contrario sono invitati a interrompere qui la lettura.
Da quando è iniziata l'operazione Protective Edge, il conteggio delle vittime in campo palestinese è stato tenuto dal ministero della sanità, a Gaza. Un organo istituzionale; ma a tutti gli effetti gestito da Hamas. Non bisogna essere filosionisti per riconoscere che si tratti di una fonte quantomeno discutibile, posto che è noto a tutti che i terroristi stiano commettendo ripetute violazioni dei diritti umani, non esitando a colpire la popolazione civile israeliana, e a farsi scudo della popolazione civile palestinese.
Ad ogni modo, il conteggio ufficiale supera le 200 vittime. Non è possibile, qualora interessati, conoscere la versione alternativa dell'altro belligerante, che sarà resa nota ufficialmente diverse settimane dopo la fine delle ostilità; quando l'inchiostro dei giornali si sarà sufficientemente asciugato, e il carico di accuse e recriminazioni avrà fatto compiere all'antisemitismo un altro passettino in avanti. Il problema è che le statistiche diffuse dall'ufficio propaganda di Hamas a Gaza sono fatte proprie dalle Nazioni Unite, che pongono il loro imprimatur di ufficialità prima che le stesse siano consegnate alle agenzie di stampa e poi a giornali e TV.

Elder of Ziyon compie come sempre un eccellente lavoro di analisi minuziosa e di verifica delle informazioni fornite al mondo civilizzato da Hamas, e ha scoperto che delle circa 200 vittime dichiarate - e non accertate se non da fonti discutibili - 72 sono dichiaratamente terroristi (35 di Hamas, 27 della Jihad Islamica e 10 di altre formazioni terroristiche), 80 non sono riconosciute come militanti combattenti, e 41 sono di incerta classificazione. Facendo uno sforzo da medico legale, si rileva come la metà delle vittime dichiarate siano certamente terroristi: è una distinzione doverosa, no?
Un altro input oggi proviene dal quotidiano Times of Israel, il quale fa intelligentemente notare come la stragrande maggioranza delle vittime dichiarate sia di sesso maschile. Aspetto bizzarro: se l'aviazione israeliana colpisse indiscriminatamente la popolazione civile, ci si dovrebbe aspettare una equa suddivisione di genere. Invece le donne rappresentano soltanto il 12% delle vittime.
Inoltre, i palestinesi di età inferiore ai 15 anni, che rappresentano la metà della popolazione, sono stati vittima degli strike israeliani in misura pari ad 1 su 8. I conti non tornano: 83 morti dichiarati - quasi la metà del totale - sono di età compresa fra 16 e 39 anni: l'ideale per vestire i panni del miliziano; e talvolta, nemmeno quelli.
La guerra della disinformazione continua...

lunedì 3 marzo 2014

Immagini della crisi umanitaria a Gaza

Non soffrono soltanto i palestinesi da anni ingabbiati nel campo profughi di Yarmouk, in Siria: senza diritti, senza libertà, senza speranza, e sistematicamente bombardati dall'aviazione di Assad, che ne ha uccisi almeno 1400 negli ultimi tre anni. Un gruppo di coraggiosi ragazzi della Striscia di Gaza ha allestito un "drone" (fa figo oggi chiamarli così...) dotato di microcamera, che ha immortalato e testimoniato le sofferenze dei palestinesi, le condizioni drammatiche in cui versano, la prigionia a cielo aperto, l'assedio, e la crisi umanitaria che cinge in una morsa l'enclave palestinese.

mercoledì 18 dicembre 2013

Scandalo: Israele allaga la Striscia di Gaza!

Il maltempo che ha investito il Vicino Oriente è praticamente senza precedenti. Da almeno cento anni non si registravano nevicate così' intense in Israele, in Egitto, in Giordania e nei territori palestinesi. Danni e disagi si sono accumulati, ma buon senso e organizzazione hanno evitato il peggio. Persino la decisione del governo di Gerusalemme di far circolare i mezzi pubblici di sabato, pur urtando la comunità religiosa, è servita a ridurre la paralisi delle grandi città e le difficoltà in cui si è imbattuta una popolazione non del tutto avezza alla neve.
Non sono mancati episodi di grande umanità. Come riportava ieri La Stampa, «Altre barriere sono cadute con la neve e l’emergenza. I valichi di Gaza sono stata aperti per consentire rifornimenti. L’esercito israeliano ha portato soccorsi ovunque, senza distinzioni di etnie, fedi, fronti. Ha spalato e spinto ambulanze impantanate nella neve di Betlemme, ha portato viveri e liberato famiglie intrappolate in auto nelle città e per le strade, israeliane o palestinesi che fossero. Magari si risolvessero sempre così, le emergenze».
Lo stato ebraico è da sempre in prima linea nel fornire supporto logistico e aiuti umanitari nelle gravi emergenze indotte da calamità naturali all'estero. È successo ad Haiti nel 2010, in Turchia due anni fa, entrambi gli stati funestati da terremoti devastanti; ed è successo di recente nelle Filippine, dopo l'IDF ha prestato soccorso.

giovedì 31 ottobre 2013

L'Independent ne inventa un'altra delle sue

In Italia le notizie dal Vicino Oriente arrivano con il contagocce; il che non è necessariamente un male, visto che quando ci giungono cronache da Israele o dagli stati confinanti, esse sono sempre distorte, rilette, tagliate sapientemente per offrire al lettore una prospettiva parziale e falsata degli eventi.
Non potendo biasimare il rilascio di 26 terroristi palestinesi, ospiti da anni delle prigioni israeliane, come condizione per poter accedere al privilegio di discutere di pace con una dirigenza corrotta e scaduta nel mandato da anni - dal momento che nessuno stato democratico al mondo avrebbe fatto altrettanto - i giornali dovevano pure inventarsi qualcosa per mettere lo stato ebraico sotto una cattiva luce. Non vale la pena di disturbarsi nel riportare l'attacco simultaneo condotto da Gaza nei confronti delle città meridionali di Israele: saranno razzi difettosi - sicuramente sabotati da quei perfidi e diabolici dei sionisti - ricaduti in terra. In territorio israeliano, s'intende.