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giovedì 20 settembre 2012

Degli iraniani ci si può fidare

Fereydoun Abbasi-Davani, il responsabile del progetto "bomba atomica" di Teheran, ha ammesso che le informazioni fornite all'AIEA circa il programma atomico iraniano erano false. Ci ha creduto El Baradei, l'ex direttore egiziano che per anni ha tranquillizzato il mondo circa la natura pacifica della corsa al Nucleare da parte degli ayatollah; non ci hanno creduto le persone dotate di un minimo di sostanza grigia.
La dichiarazione è stata rilasciata al quotidiano arabo stampato a Londra "al-Hayat", e riportata da Debka. Il capo del progetto nucleare iraniano ha riconosciuto che spesso le informazioni fornite hanno fatto sembrare la repubblica islamica indietro nella corsa all'ordigno nucleare, per guadagnare tempo nella difesa degli impianti e nell'accrescimento dell'uranio.
24 ore fa un'altra dichiarazione ha fatto il giro del mondo: il presidente russo Putin ha ammesso di apprezzare di più il candidato repubblicano alla Casa Bianca Mitt Romney che l'attale presidente: «almeno lui non le manda a dire», è stato il tenore della riflessione. Rincrescimento prevedibile da parte di Obama. E dire che a marzo il presidente in carica aveva assicurato al presidente russo Medvedev carta bianca circa le installazioni nucleari sovietiche russe puntate contro l'Europa: «potrete schierare i vostri missili contro tutta l'Europa, una volta superate le elezioni di novembre».

giovedì 13 settembre 2012

L'ultima follia di "Mel Brooks" Ahmadinejad

I satrapi mediorientali continuano a fornire materiale per i comici. Dopo i jeans venduti ai giovani egiziani che ne ridurrebbero la fertilità, dopo gli squali sionisti sguinzagliati nel Mar Rosso per far collassare il turismo costiero, dopo gli avvoltoi-spia al servizio del Mossad, dopo i polli israeliani che affamano gli egiziani; ecco un'altra geniale trovata di quella dannata macchietta che risponde al nome di Mahmoud Ahmadinejad.
Il presidente dell'Iran ha accusato l'Occidente di danneggiare il suo paese. Non con le sanzioni economiche che stanno mettendo in ginocchio l'economia di Teheran (al mercato nero il cambio è in caduta libera da diverse settimane; ma ciò non sta impedendo di portare avanti il programma atomico degli ayatollah); bensì con un sabotaggio delle nuvole che sorvolano i campi, inaridendone il prossimo raccolto.
La siccità colpirebbe i tre quarti delle piantagioni, denuncia il ministro della cultura, dopo aver benedetto la costruzione di un museo a Gaza in onore dei terroristi islamici. Più brillante la conclusione di Ahmadinejad, secondo cui l'Occidente prosciugherebbe le nuvole islamiche, per alimentare quelle che bagnano i raccolti di Europa e Stati Uniti.

venerdì 17 febbraio 2012

Troppo denaro da' alla testa



Oliver Stone e figlio difendono il negazionista e bellicoso Ahmadinejad. Il secondo addirittura abbraccia la religione musulmana, mentre del primo sono note le posizioni radicali.
Sean Penn, per non essere da meno, corre a Caracas per abbracciare Hugo Chavez, non a caso amichetto del "segretario" del regime iraniano.
Assad è attualmente senza patrocinio. C'è qualche attore o cantante che si vuole fare avanti?
No, Gad Lerner, Lei no: pur avendo chiesto la raccomandazione di Repubblica, non potrà andare a far visita al macellaio siriano. E' un pagliaccio, non un attore...

giovedì 2 febbraio 2012

Divergenze informative


Oltre 70 morti in Egitto per una stupida partita di calcio: titoloni sui giornali.
73 morti ammazzati dal regime di Assad in Siria, soltanto ieri: nessuna notizia sulla stampa italiana.
Vergogna.

L'Iran disporrà ad agosto di una bomba atomica da 15 chilotoni: anche in questo caso, meglio sorvolare. Meglio commentare le imprese del principino intento a spurgare le fogne.
Se la merita, l'Occidente, una bomba atomica in testa. Purtroppo.
Quando gli ayatollah annunceranno trionfanti di disporre della bomba atomica, sarà divertente vedere:
1) la corsa all'armamento atomico da parte delle altre potenze regionali, a partire dall'Arabia Saudita;
2) come deflagrerà la notizia in piena campagna elettorale americana.

Forse siamo diventati tutti alleati della Russia, che non appoggia le misure che all'ONU discutono per contenere il massacro di Assad in Siria (oltre 6 mila morti).
Ora che ci penso, qualcuno ha creduto alla favola spacciata da El Baradei, quando era ai vertici dell'AIEA (ora candidato presidenziale del primaverile Egitto integralista islamico), secondo cui il programma nucleare iraniano era pacifico e non con finalità belliche...

Ma in fondo al vaso di Pandora c'è sempre la speranza: il segretario dell'ONU, Ban Ki Moon, visiterà oggi le città israeliane colpite dai missili palestinesi che ogni giorno sono sparati da Gaza. Soltanto otto, la scorsa notte. Anche di questo, ovviamente, i giornali italiani opportunamente non parlano...

martedì 31 gennaio 2012

Il mondo convivrà con l'incubo della Atomica iraniana

Il tempo scorre inesorabile, e il regime iraniano degli ayatollah si avvicina sempre più al "sogno" della bomba atomica: un incubo per il mondo occidentale e per la regione sottostante.
Le sanzioni economiche imposte all'Iran vedono il mondo diviso sulla loro applicazione, e nel frattempo paradossalmente agevolano Ahmadinejad in due modi: anzitutto favorendo una crescita delle quotazioni petrolifere, poiché una contrazione dell'offerta iraniana priva il mercato mondiale di una considerevole fonte. Il livello di pareggio è fissato a 80 dollari: quotazioni superiori producono entrate maggiori della spesa pubblica, qualora l'Iran dovesse riuscire a collocare comunque la sua produzione. Il mondo impatterebbe negativamente sulla leadership iraniana soltanto con quotazioni del greggio inferiori a questa soglia; non superiori.
In secondo luogo, l'applicazione delle sanzioni e l'attesa del loro concretizzarsi, fornisce prezioso tempo al regime degli ajatollah. Anziché avvicinare il momento di una soluzione decisa, lo allontana irrimediabilmente: difficile paventare missioni di distruzione delle installazioni nucleari, prima che le sanzioni incomincino a fare effetto.



Oltretutto ci sono forti dubbi circa l'efficacia di uno "strike". Il regime iraniano sta procedendo con sollecitudine allo spostamento delle installazioni nucleari nel sottosuolo. Il sito di arricchimento dell'uranio di Natanz è situato a 6 metri (25 piedi) di profondità, mentre l'aviazione israeliana è dotata di munizioni che penetrano un muro di cemento armato fino a 20 piedi. Gli Stati Uniti ammettono che le armi in loro possesso non sarebbero in grado di colpire tutte le attuali installazioni nucleari iraniane.
L'Occidente insomma comincia a recitare il mea culpa: la malevole miopia di El Baradei, quando a capo dell'Agenzia Internazionale dell'Energia ha rifiutato di ammettere la natura bellica della ricerca nucleare iraniana, e l'eccessiva indulgenza dell'Occidente, con l'assurda politica "delle mani tese", hanno fornito al regime di Ahmadinejad tempo utile per portare a termine la realizzazione di - forse - quattro bombe atomiche ad alto potenziale. Si stima che a metà anno il processo sarà completato, e l'Iran potrà schierare il suo arsenale nucleare. Minacciando l'unico stato verso il quale si manifesta quotidiana ostilità, e inducendo le altre potenze locali a correre ai ripari, dotandosi di analogo arsenale nucleare a scopo di deterrenza.
Nel frattempo l'unico stato disponibile a sobbarcarsi l'eventualità di una missione eroica quanto potenzialmente suicida - Israele - fronteggia il rischio di dolorose rappresaglie; ancora una volta, favorite dall'ottusità occidentale. Ieri un alto diplomatico italiano ha chiarito che qualora gli Hezbollah a sud del Libano (e nel governo di Beirut) dovessero aggredire le città settentrionali di Israele, in risposta ad un attacco di questi alle installazioni iraniane; l'esercito italiano non muoverà un dito. Bizzarra posizione, dal momento che missione dell'UNIFIL è proprio quella di disarmare l'organizzazione terroristica sciita, e di prevenirne nuovi attacchi nei confronti di Israele. Non è più agevole la posizione sul fronte meridionale, con Hamas rafforzata dalla vittoria schiacciante delle organizzazioni integralista islamiche nel vicino Egitto, con le forze democratiche e liberali invece annichilite.
Senza considerare che secondo gli esperti, un attacco ben riuscito alle postazioni nucleari iraniane riuscirebbe a rimandare di due, al massimo tre anni il conseguimento di una bomba atomica; non a prevenirlo del tutto. Un incubo che si fa sempre più concreto, e che rappresenta una concreta minaccia per la pace nel mondo da qui ai prossimi anni.

venerdì 27 gennaio 2012

Hamas cerca nuovi soci finanziatori



Nuove alleanze crescono. Hamas sta aprendo un ufficio di rappresentanza in Turchia, dopo che il governo di Ankara ha accettato di aiutare finanziariamente l'organizzazione terroristica palestinese che dal 2005 controlla la Striscia di Gaza. E' la conseguenza prevedibile del raffreddamento dei rapporti fra Hamas e l'Iran, dopo che la prima si è rifiutata da aiutare il traballante governo di Damasco, dove l'organizzazione palestinese ha una attiva sede.
Ciò non esclude relazioni diplomatiche fra il dittatore iraniano e i terroristi palestinesi: il "primo ministro" Ismail Haniyeh si recherà in visita a Teheran, dopo aver ricevuto la lettera di congratulazioni di Ahmadinejad, recapitata per celebrare l'anniversario del colpo di stato con cui Hamas ha acquisito il potere a Gaza nel 2007, ai danni dell'Al Fatah di Abu Mazen.

(Aggiornamento) Già a dicembre era trapelato l'impegno del governo di Erdogan a staccare un assegno di 300 milioni di dollari: quasi la metà del budget dell'intero 2012 dell'entità palestinese. Ciò fa della Turchia il principale sponsor finanziario di Hamas, ora che l'Iran è sottoposta alle pressioni internazionali per la sua corsa verso la bomba atomica - secondo una fonte citata da Reuters il governo di Teheran non versa tranche del suo contributo annuale di 250-300 milioni di dollari da agosto - e con Assad in Siria impegnato a reprimere le aspirazioni democratiche della popolazione.

mercoledì 9 novembre 2011

Così va il mondo...


Purtroppo la rivelazione del rapporto dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) non serve a niente. Certifica che l'Iran ha lavorato in questi anni alla bomba atomica, che dovrebbe essere pronta nel 2012. Ammette che Teheran ha raggiunto il punto di non ritorno: il regime produce uranio arricchito al 20%. Ciò permette di arrivare con relativa facilità al 90% negli stessi impianti.
Frustrazione e rammarico per aver prestato ascolto ad el Baradei (che ora da candidato alla presidenza dell'Egitto attacca Israele), quando per dodici anni è stato il mite direttore dell'AIEA, sostenendo la natura civile del nucleare iraniano; alla Francia, che tramite Areva - quella che doveva costruire le centrali nucleari italiane - forniva tecnologia e mezzi all'Iran, e che ha confermato le sue simpatie per Gerusalemme votando a favore dell'ingresso della palestina nell'UNESCO; e alla Russia, i cui scienziati hanno lavorato attivamente al progetto di Ahmadinejad, e che ora manifesta minaccioso dissenso all'idea di un attacco agli impianti nucleari iraniani che appare una mossa drammaticamente suicida. Come in passato, il lavoro sporca l'Occidente lo lascia ad Israele. Ma questa volta non bastano alcuni F16 a rimuovere la minaccia di un incubo: la bomba atomica in mano agli ayatollah.

L'Iran nelle ultime ore si dice pronto ad avviare negoziati con il resto del mondo sulla questione nucleare. Un modo per guadagnare ancora un po' di tempo che qualche ingenuo sicuramente si berrà. Facile prevedere che andrà come le altre volte. Con la bomba atomica in mano ad Ahmadinejad che diventerà realtà fra sei mesi. Il Mondo è avvisato, ma ancora una volta si volta dall'altra parte, incapace di assumersi le proprie responsabilità. Un atteggiamento deplorevole che ricorda i proclami del 1939: «vale la pena morire per Danzica?»

E a proposito: Oggi ricorre la "notte dei cristalli": nella notte fra il 9 e il 10 novembre 1938 i negozi degli ebrei in Germania furono distrutti e dati alle fiamme, le sinagoghe furono bruciate e gli ebrei furono uccisi, arrestati e condotti nei campi di concrentramento. Questo evento fu denunciato dai giornali dell'epoca, ma ciò non impedì a nazisti pochi anni dopo di praticare la Soluzione Finale.

Difficile contare questa volta su un pieno appoggio degli Stati Uniti. La politica estera di Obama si è rivelata sotto molti aspetti (non tutti, ma molti) fallimentare:

- ha teso la mano al regime iraniano, e Teheran tempo sei mesi si doterà di quattro bombe atomiche;
- contro l'evidenza ha mantenuto buoni rapporti con il regime siriano, e Assad ha trucidato 3500 persone;
- sorvola sull'oltranzismo turco, ed Erdogan si avvicina sempre più alla Siria, modificando gli aerei forniti dagli USA in modo che possano colpire i suoi alleati;
- balbetta frasi possibiliste nei confronti dei palestinesi, e quelli lo prendono alla lettera e mandano al macero gli Accordi di Pace di Oslo del 1993;
- pronuncia un discorso male inteso al Cairo, e favorisce il rovesciamento di un regime filo-occidentale a favore degli integralisti islamici dei Fratelli Musulmani;
- scatena una guerra contro la Libia, armando i rivoltosi (si dice) provenienti da Al Qaeda, e favorisce l'instaurazione di una polveriera a due passi da casa nostra;
- si compiace della primavera araba inaugurata in Tunisia, e osserva la vittoria di un partito filo-islamico che proclama la shaaria, e indigna una comunista anticapitalista sfegatata come la Sgrena.



E non parliamo dei risultati della politica economica, che stanno facendo rimpiangere a molti convinti sostenitori della prima ora la presidenza amministrazione: quando Bush ha lasciato (dopo 13 mesi di recessione), il tasso di disoccupazione era del 7.2%. Oggi è del 9.0%, nonostante un boom della spesa pubblica; rispetto ad allora, ci sono tre milioni di occupati in meno, e un numero ancora più elevato di sotto-occupati e lavoratori part-time loro malgrado. Il bilancio dello stato era in ordine: il deficit era del 4.8%; oggi è dell'8.5%;
il debito federale era pari al 76% del PIL; oggi raggiunge il 100%, e ha fatto perdere agli USA la "tripla A".

L'unica buona notizia del giorno proviene da New York: è ormai appurato che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU rigetterà la richiesta di Abu Mazen di membership alle Nazioni Unite. Non è stato raggiunto il quorum di 9 voti su 15, e gli Stati Uniti non dovranno opporre il loro diritto di veto. Rimane l'oltraggio dell'adesione concordata dall'UNESCO, ma il popolo palestinese non sta meglio di prima. E la dirigenza di Abu Mazen è sempre più traballante.
Ci si mette anche Ankara, che sostiene con maggiore convinzione la dirigenza di Hamas. Erdogan ha appena staccato un assegno da 2 milioni di dollari a favore di Ismail Haniyeh, "primo ministro" di Gaza. Il governo turco e le organizzazioni private - come la famigerata IHH, affiliata ad Al Qaeda e organizzatrice del tentativo di forzatura del blocco navale al largo delle coste di Gaza, versano annualmente 48 milioni di dollari al governo di Hamas. Non a caso a Gaza sempre più spesso si vedono sventolare le bandiere turche e le effigi di Erdogan.

domenica 21 agosto 2011

Viva la recessione



Iran cuts funding to Hamas, irked by insufficient support for Syria's Assad




L'unica conseguenza positiva del rallentamento macro globale è stato il crollo delle quotazioni del petrolio, sceso in meno di quattro mesi da 115 a 80 dollari per barile.
Molti stati per autofinanziarsi devono vendere il greggio ad almeno 90 dollari. Così l'Iran è costretto a stringere la cinghia. E per adesso non passa più soldi ai terroristi di Hamas (non penso che basti la delusione per il mancato appoggio fornito da Hamas ad Assad per spiegare il taglio dei fondi elargiti all'organizzazione terroristica).
D'altra parte, glielo dissero a chiare lettere a Clinton ai tempi della prima elezione: "it's the economy, stupid!"
Non saranno le rivolte a mandare a casa i dittatori, di tutte le latitudini; ma è la fame. E se il petrolio continuerà a scendere, per Ahmadinejad si metterà sempre più male...

martedì 21 giugno 2011

Il governo unitario palestinese fallisce ancor prima di nascere



Si avvia allo sfaldamento l'accordo fra Hamas - che governa la Striscia di Gaza dal 2006, dopo un colpo di stato con cui ha esautorato l'ANP di Abu Mazen - e l'Autorità Palestinese che governa la Cisgiordania da Ramallah.
Le discussioni circa il nuovo governo unitario si sono arenate sul nome del premier. Il candidato di Abu Mazen non è stato ritenuto idoneo da Hamas, in quanto "troppo moderato".
Sullo sfondo c'è sempre la diversa visione dei rapporti con Israele. Abu Mazen appare ancora disposto ad intavolare negoziati di pace, evitando se possibile una dichiarazione unilaterale di indipendenza a settembre presso le Nazioni Unite, che straccerebbe gli Accordi di Oslo, e i benefici per i palestinesi che quel Trattato ha garantito. Hamas invece appare ancora decisa a dare seguito al suo statuto, che addirittura nega l'esistenza stessa di Israele, e prevede l'uso della violenza nei confronti del popolo israeliano (uso di cui si fa impiego quotidiano mediante i razzi e i colpi di mortaio sparati dalla Striscia di Gaza nei confronti delle città meridionali di Israele).
La "divergenza di vedute" nei confronti di Israele si complica alla luce dei rapporti con lo sponsor finanziario e bellico di Hamas: il governo di Teheran - dove peraltro si sta consumando un'accesa lotta fra il "moderato" Ahmadinejad, e il fondamentalismo della guida spirituale Khamenei. Oggi Abu Mazen si sarebbe diretto verso la Turchia, che sta rivedendo i propri rapporti con la confinante Siria, alleata dell'Iran. Un riavvicinamento fra Turchia e Israele (che fino a poco tempo fa svolgevano esercitazioni militari congiunte) riavvicinerebbe l'autorità palestinese di Abu Mazen alla prima - con l'IHH turca che negli ultimi giorni ha ritirato il proprio contingente, inclusa la Mavi Marmara, dalla Freedom Flottila che tenterà provocatoriamente una nuova forzatura del blocco navale di Gaza; con Hamas che invece confermerebbe i legami con Siria e soprattutto Iran.
L'unità fra le due fazioni palestinesi che avrebbero dovuto dare vita ad un nuovo stato appare sempre più un miraggio...

mercoledì 18 maggio 2011

L'Iran è sempre più isolato



Interessante appunto di Andrea Gilli su Epistemes.org: la Russia ha deciso di non vendere più i missili terra-aria S300, fondamentali per la difesa dalle incursioni aeree.
E' facile immaginare che queste armi avrebbero rappresentato un forte deterrente per i caccia israeliani, di cui si auspicherebbe ora l'utilizzo per la distruzione delle sempre più minacciose installazioni nucleari del regime a Bushehr.

martedì 3 maggio 2011

Che fine ha fatto Ahmadinejad?



Continuano le frizioni in Iran. Due settimane fa Ahmadinejad ha silurato il ministro responsabile dell'Intelligence. Una settimana dopo è stato cazziato da Khamenei, la "guida suprema spirituale", che ha fatto pressioni per rimettere il ministro al suo posto. A quel punto A. è scomparso dalla ribalta pubblica, rimanendo confinato nella sua abitazione, mentre K. sottolineava pubblicamente la disubbidienza del suo "protetto".

A. sta cercando ora di uscire dall'angolo, cospargendosi il capo di cenere e riconoscendo la leadership di K., che l'ha spalleggiato in occasione dei tumulti ("Onda Verde") successivi alla sua dubbia rielezione del 2009. Ma restano i dissidi sullo sfondo, e la storia dell'Iran insegna che a mettersi contro la guida suprema spirituale si perde la poltrona, e spesso non solo quella. Rimane il contrasto ideologico, e quello legato al ruolo dell'Iran nei disordini in Bahrain e in Arabia Saudita.

Le tensioni al vertice in Iran potrebbero essere sfruttate da Israele, che secondo fonti iraniane starebbe ammassando aerei in una base americana in Iraq. Il programma di arricchimento dell'uranio a scopi bellici in Iran non è cessato, e secondo fonti dell'intelligence americana mancherebbero pochi mesi al completamento della prima bomba atomica del regime iraniano. Al pari di quanto fatto in Siria alcuni anni fa, l'IAF potrebbe approfittare di questo vuoto al vertice di Teheran per eliminare una pericolosa minaccia per Israele e in generale per tutto il Medio Oriente.

E secondo il NYT, che cita un giornale arabo stampato a Londra, Hamas potrebbe sloggiare dalla Siria e trovare una nuova sede in Qatar, in seguito ai contrasti con il governo di Damasco che pretende l'appoggio dell'organizzazione terroristica che controlla Gaza in relazione alla brutale repressione di queste settimane (oltre 500 morti). Perdere l'"ufficio di rappresentanza" di Hamas sarebbe un brutto colpo per il prestigio di Damasco nell'area.
Hamas dovrebbe firmare domani in Egitto l'accordo di riconciliazione con Al Fatah, che governa la Cisgiordania, onde pervenire ad un governo unitario (verosimilmente a guida Hamas, con il conseguente suicidio politico di Abu Mazen; ma questo è un altro discorso...) e ad elezioni entro un anno. Ma Hamas ha stigmatizzato l'uccisione di Osama bin Laden, a differenza di Abu Mazen, che ieri ha salutato come benvenuta la morte del leader di Al Queda. Una crepa difficile da ricomporre...

giovedì 14 aprile 2011

La Siria soffoca le rivolte nel sangue, complice l'Iran



Fonti anonime dell'amministrazione Obama ammettono che l'Iran sta aiutando la Siria a sedare (nel sangue) la rivolta popolare, fornendo loro equipaggiamenti e attrezzature specifiche. La lezione dell'Onda Verde del 2009 è stata imparata bene da Teheran: le proteste si affogano nel sangue.
Adesso aspettiamo che il civile Occidente vada lì come è stato pronto ad andare in Libia (o basta una brutta figura alla volta?...)

martedì 5 aprile 2011

El Baradei si prepara a dichiarare guerra ad Israele



"Se Israele invaderà Gaza" (come reazione alle centinaia di razzi e colpi di mortaio sparati dalla Striscia verso il sud di Israele, NdR), "dichiareremo guerra al regime sionista". Lo ha dichiarato ieri El Baradei, candidato alla presidenza d'Egitto, ed ex direttore dell'AIEA, l'agenzia ONU che avrebbe dovuto impedire l'armamento atomico del regime (quello sì) di Ahmadinejad in Iran.

ElBaradei: We'll fight back if Israel attacks Gaza


Nel frattempo il Dipartimento di Stato USA (il ministero degli Esteri sotto la regia della Clinton, insomma) fa sapere che non ha mai condiviso il rapporto ONU Goldstone, che accusava Israele di crimini di guerra al pari del governo di Gaza.... Goldstone ha ammesso venerdì di aver cambiato idea, dichiarando che Israele NON ha commesso alcun delitto contro civili, a differenza della palestinese Hamas, che oltretutto non ha avviato alcuna inchiesta sulle uccisioni di civili israeliani, a differenza di quanto comunque disposto dall'IDF (Israeli Defence Force).
Goldstone ha accusato (ma va'?!?!) l'UNHRC - il consiglio ONU per i diritti umani, di cui fanno parte paesi canaglia come Libia, Turchia, Iran e Cuba... - di aver un pregiudizio antisionista.

E' sempre così per Israele: i media enfatizzano la prima versione, parziale e distorta dalle fonti parziali (Reuters e AFP si rivolgono soltanto a fonti palestinesi, senza preoccuparsi di verificare la veridicità della notizia, o la credibilità delle foto scattate); ma poi tacciono sulla versione definitiva e spesso diversa da quella iniziale.
E' stato così per il tentativo di violazione del blocco navale da parte della Navi Marmara (con gli israeliani messi sotto accusa, salvo più tardi scoprire che la "Freedom Flottiglia" era equipaggiata con armi e munizioni, e che non aveva affatto intenti pacifici); e fu così con l'operazione Piombo Fuso.
Come sempre, la smentita arriva tardiva e appena sussurrata. E possiamo stare certi che sarà così anche nel futuro. Nel frattempo l'opinione pubblica è alimentata con calunnie e falsità, e rimane dello stesso orientamento dopo queste ritrattazioni e precisazioni...