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lunedì 6 ottobre 2014

Metodi e principi discutibili di B'Tselem

Neturei Karta è un gruppetto di circa 5.000 ebrei ultraortodossi animati da bizzarre idee: al punto da negare legittimità e la stessa esistenza dello stato di Israele. Costituiscono lo 0,06% della popolazione dello stato ebraico, eppure le loro rimostranze sono spesso indicate dalla stampa internazionale come testimonianza del reale sentimento degli israeliani; spazzando logica e buon senso che si soffermano inevitabilmente sulla infima rappresentatività di questi megalomani.
Esempi simili di strabismo giornalistico non mancano, quando si parla di Israele: Breaking the Silence, +972 Magazine, B'Tselem sono organizzazioni non governative, animate da una agenda apertamente ostile ad Israele, quando non manifestamente antisemita, che però riscuotono attenzione e consenso da parte dei media, lesti a propagandare accuse strampalate e inverosimili, a costo di rimettere il residuo di credibilità di cui godono.

martedì 16 ottobre 2012

«Niente palloni e barche a vela. Portateci batterie»

L'imbarcazione Estelle, ripartita da Napoli e diretta verso le coste di Gaza, rischia di prendere un granchio. I pacifinti partiti dalla Scandinavia - una quindicina in tutto - hanno raccolto quel che potevano per tentare di violare il blocco marittimo israeliano al largo delle coste di Gaza, istituito per prevenire l'acquisizione di armi e munizioni da parte di Hamas, che controlla la Striscia dal 2006/2007. Struggente l'appello di qualche giorno fa: «servono vele, mascherine con respiratori, canotti e altro materiali velico». Invito prontamente raccolto: Estelle consegnerà palloni e barche a vela ai gazani. Una volta messa da parte la retorica della "emergenza umanitaria", a cui non crede più nessuno, le organizzazioni cosiddette "pacifiste" si preoccupano di riempire il tempo libero dei palestinesi che popolano la Striscia. Peccato che si disinteressino completamente dei milioni di siriani sotto la quotidiana minaccia del regime di Assad, e che non abbiano parole per le migliaia di palestinesi massacrati dal macellaio di Damasco. Ma questo è un altro discorso.
Il discorso di oggi è il grande successo dell'iPhone5. Le vendite a Gaza stanno decollando, malgrado prezzi davvero proibitivi: 4500 shekel israeliani per la versione da 16Gb e 5700 NIS per la versione da 64Gb. In dollari, sono rispettivamente 1170 e 1480 dollari: non poco, per un'area ritenuta povera, ma dove al contrario si stanno moltiplicando i milionari.
Addirittura l'iPhone5 arriverà soltanto a dicembre nel vicino Israele, mentre a Gaza è già venduto nei centri commerciali e nei negozi specializzati in telefonia. Il migliaio di tunnel illegali scavati al confine fra Egitto e Striscia di Gaza fa passare munizioni per i terroristi di Hamas, ma anche apparecchiature elettroniche e gadget tecnologici, provenienti questi ultimi da Dubai. Un rivenditore palestinese ha dichiarato al quotidiano libanese "Daily Star" di averne ordinato 30, di cui già 20 sono stati venduti all'esigente e facoltosa clientela palestinese.
Per i pacifinti della Estelle un appello urgente: «lasciate stare palloni e materiale velico. Niente cibo e farmaci: ne abbiamo in abbondanza. Ci arrivano tutte le settimane da Israele, assieme a materiali da costruzione, tessuti e ogni genere di prima (e seconda) necessità. E poi l'altra volta, due anni fa, era tutta roba scaduta. Piuttosto: procurateci batterie e caricabatterie per iPhone: 'che il Melafonino è notoriamente vorace di risorse»...

venerdì 5 ottobre 2012

Istruzioni per i pacifinti diretti a Gaza

Uno sconosciuto, anonimo, mi ha inviato alcune istruzioni in e-mail. Dice che la spedizione a Gaza non ha niente a che fare con la "causa palestinese", che anzi lui i palestinesi li disprezza quanto e più degli arabi, che fanno bene Giordania, Libano e Siria a mantenerli da decenni in luridi campi profughi, con tutta la discendenza fino alla terza e ora quarta generazione. Dice, questo sconosciuto, che la cosa importante è che si vadano a colpire i sionisti, che bisogna contrastare l'azione efficace del governo israeliano, che tutti i giorni organizza e invia aiuti a Gaza, il cui ammontare è di gran lunga superiore al carico di cento "flottiglie". Dice, l'anonimo, che bisogna nascondere che nella Striscia si stanno moltiplicando i milionari, che le spiagge di Gaza sono prese d'assalto da vacanzieri, che sui banchi dei mercati si trova sempre ogni bendiddio. Bisogna convincere l'opinione pubblica che è più importante sostenere i palestinesi, fornendo loro un presunto aiuto di cui non hanno bisogno, anziché aiutare le diecine di migliaia di profughi siriani in fuga dal regime sanguinario di Assad. Tacendo sui morti - molti, palestinesi - per mano di Damasco, ed enfatizzando i morti per mano di Gerusalemme, anche quando si tratta di palesi bufale.
Ero incerto se pubblicare questo memorandum. Ma magari da questa parti passa qualche militante pacifinta, che potrebbe trovare utile una serie minuziosa e dettagliata di istruzioni. Lo so che corro il rischio di confermare la natura tutt'altro che improvvisata di queste iniziative, che al contrario godono di una regia e di un'organizzazione di stampo paramilitare. Ma correrò il rischio...
Nel frattempo, però, ho trovato una fonte che riporta la versione originaria di questo manuale ad uso e consumo degli odiatori di Israele.



Incontrarsi all'aeroporto Ben Gurion.

Entrare ed uscire dall'aeroporto Ben Gurion a Tel Aviv può rivelarsi un'esperienza fra un quasi divertente teatro dell'assurdo e un'esperienza spiacevole. Qui in basso sono riportate alcune istruzioni per chi dovesse entrare in contatto con l'Airport Security Service, ASS.
L'ASS è un'entità autonoma, e quindi non è fa parte del General Security Service, meglio noto come Shin Beth. Il GSS va in giro, ma a meno che diventiate un "caso speciale", avrete a che fare soltanto con l'ASS. Sebbene l'ASS arrivi al limite delle sue prerogative, essi hanno comunque alcuni diritti e una certa autorità. Qualcosa da tenere bene a mente.

Arrivo.

Tutti i cittadini non israeliani devono compilare un modulo all'arrivo. Di solito sono 13 piccole fatiche che bisogna affrontare ai controlli di sicurezza dell'aeroporto: domande di base presso lo stand, e altre domande dieci metri dopo lo stand. Il tutto normalmente si conclude in meno di cinque minuti.
Tuttavia, l'ASS può decidere di compiere accertamenti, ponendo domande del tipo "chi ti ha invitato? dove soggiornerai? perché sei venuto? A meno che in effetti siate stati invitati da una organizzazione riconosciuta ed apprezzata - l'ISM non è fra queste! - limitatevi a dire che siete dei turisti in visita in Terra Santa. Non affrontate discussioni politiche o fate affermazioni compromettenti. Non ne vale la pena.
Sebbene una volta era improbabile che l'ASS rifiutasse il visto, da aprile 2002 le cose sono cambiate. A causa della interferenza internazionale nelle operazioni militari israeliane, le autorità locali hanno iniziato a negare il visto di ingresso a tutti coloro sospettati di essere simpatizzanti palestinesi. Ciò ha indotto a tornare indietro non solo gruppi di pacifisti, ma anche delegazioni interreligiose, operatori umanitari e medici e delegati di organizzazioni internazionali. Chi ha seguito i nostri consigli, però, non si è trovato male:

- non entrate in gruppi numerosi;
- non dite che fate parte dell'ISM;
- non dite che programmate di andare nel West Bank o a Gaza;
- non portate con voi nulla che possa etichettarvi come simpatizzante palestinese;
- preparatevi una buona scusa circa i motivi per cui siete in Israele;
- procuratevi la disponibilità di un contatto che possa essere raggiunto e confermare la vostra storia.
Se per caso vi negano l'ingresso, sarete collocati in una camera di attesa dell'aeroporto fino a quando sarà disponibile un volo che vi riporterà a casa. Potete chiedere di contattare telefonicamente l'ambasciata, e ve lo devono concedere. L'ambasciata locale può chiamare chi voi indicate. Fate chiamare il vostro referente del paese da cui provenite, che provvederà a contattare l'ISM o un avvocato.

Ripartenza.

Al contrario di quanto si possa immaginare, ripartire è ben diverso che arrivare. Sebbene per molti non vi siano problemi di sorta, per alcuni ciò può rivelarsi un'esperienza difficile e spiacevole. Possono passare diverse ore. Ma non fatevi cogliere dal panico: alla fine ce la farete. Molti paesi fanno una scansione corporale e dei bagagli per motivi di sicurezza. In Israele la procedura è 10% sicurezza e 90% bullismo, anche se dicono che è per la vostra sicurezza personale.
Funziona così: uno o due dipendenti dell'ASS vi chiederanno i documenti di viaggio. Formuleranno una lunga serie di domande, ispezionando a mano il vostro bagaglio. Non dovete procedere al check-in: lo faranno loro per voi.
Il personale si sforzerà di essere amichevole e riservato. Di solito lavorano in coppia. Tratterranno i biglietti e il passaporto fino a quando avranno espletato queste funzioni. Vi chiederanno la vostra destinazione, se riconoscete il bagaglio e il suo contenuto, se è sempre stato sotto la vostra sorveglianza, se avete ricevuto qualsiasi cosa da chicchesia. Questo è il 10% della sicurezza; adesso arriva il 90% delle domande irrilevanti: perché viaggiate con questa compagnia, se avete una coincidenza, quanto avete pagato il biglietto, perché siete in Israele, se avete contatti con qualche organizzazione che desiderate contattare telefonicamente, come siete arrivati all'aeroporto di partenza, con chi vi siete incontrati, e così via. Le domande oscillano fra lo stupido e l'offensivo.

Prima di entrare in aeroporto dovete decidere che livello di conversazione siete preparati ad affrontare. In parole povere: avete la risposta pronta se le cose dovessero precipitare? o rimarrete sul vago? o sceglierete una via di mezzo? Stando al gioco, vi limiterete a fare la parte del turista, che soggiornerà in un alberto, che non si incontrerà con alcun palestinese, che non parteciperà ad alcuna manifestazione. In questo modo, le probabilità di farla franca sono elevate, anche se non è garantita.
C'è chi si spinge nel fare affermazioni compromettenti: per esempio, non nascondete che vi siete intrattenuti con amici palestinesi, rifiutandovi di fornire il loro nome (attenzione: l'ASS non ha alcun diritto di ottenere informazioni personali su residenti nell'Autorità Palestinese). O non negate di esservi visti con organizzatori di entità "anti-occupazione". Ma ciò complica le cose.
In definitiva: rispondete a tutte le domande, avendo come limite la sfera personale. Se scegliete di non nascondere il fatto di conoscere palestinesi e di incontrarvi con essi, l'ASS arriverà a porvi domande personali. In caso di rifiuto, l'ASS potrebbe velatamente intimidirvi, sostenendo che non farete in tempo a raggiungere il vostro volo se non collaborerete. Potrebbe sopraggiungere un supervisore che alza la voce. Ma sono minacce vuote: alla fine avete la legge dalla vostra parte e prenderete il vostro volo. Mantenete calma e sangue freddo.
Spesso la coppia si alterna con un'altra, che vi sottoporrà altre domande, o magari le stesse domande. Ad un certo punto arriverà il controllo dei bagagli. Non cantate vittoria: lo esamineranno a mano. Le borse saranno svuotate, rivolteranno tutto e gli strumenti elettronici saranno particolarmente esaminati. Vi chiederanno di spiegare quello che non è così evidente, e potrebbero chiedervi di accendere il vostro computer portatile per dimostrare che effettivamente è tale, e non magari una bomba. Lasciate le batterie nel PC a tale scopo.
Aspettatevi che l'ASS sia ben organizzato ed equipaggiato. Ma non sempre lo sono. Spesso sono disorganizzati e disordinati. A volte seguono fedelmente le procedure, a volte si comportano a casaccio. Il vostro obiettivo deve sempre essere quello di riprendervi i bagagli nella loro interezza.

Cosa da non fare.

Non portate con voi informazioni circa palestinesi che conoscete o che incontrerete. I bigliettini da visita o i nomi di persone di dominio pubblico sono un conto, ma mai portare indirizzi o numeri telefonici privati. L'ASS non ha alcun diritto di ottenere informazioni personali di persone che vivono nell'Autorità Palestinese. Non dimenticate di ripulire il portatile o il tablet.
Non portate quotidiani o periodici compromettenti. Perlomeno, non quando arrivate. Se proprio dovete farlo, speditevelo a destinazione tramite fax o e-mail. Non tollerate le molestie personali. Il personale dell'ASS può compiere un'ispezione. E' svolta da una persona del vostro stesso sesso e dietro un paravento. Questa è la norma.
Non accettate la loro disponibilità ad inviarvi più avanti i vostri effetti personali. Può accadere che l'ASS si insospettisca e decida di compiere ulteriori verifiche su fotocamere, computer, rasoi, eccetera, e che si offrano di rispedirveli a casa al vostro rientro. Non lo consentite mai.

mercoledì 3 ottobre 2012

Una non-notizia: i palestinesi a Gaza sono torturati

Human Right Watch si è finalmente svegliata da un lungo sonno. L'organizzazione che ha prodotto due soli documenti critici sulla Siria, nello stesso periodo in cui ha prodotto 25 documenti critici su Israele, ha denunciato gli abusi di Hamas ai danni dei palestinesi nella Striscia di Gaza. Torture a mezzo di bastoni di metallo, finte esecuzioni, arresti arbitrari sono la pressi per l'organizzazione terroristica islamica che governa la Striscia ininterrottamente dal 2007 (in coabitazione con Fatah dal 2006). HRW in un comunicato sollecita il gruppo a «modificare senza esitazioni il sistema giudiziario criminale».
Una locuzione morbida, figlio di una sofferta dissonanza cognitiva, che farà fatica a farsi largo fra le prime pagine dei giornali occidentali, dove le denunce del sistema giudiziario guadagnano la ribalta solo se il carceriere è israeliano, e se il carcerato è in sciopero della fame; non importa se è stato tenuto un regolare processo, se l'imputato ha ammesso i suoi crimini, se minaccia di perpetrarli e se le condizioni detentive sono relativamente confortevoli.
Sostiene un portavoce di HRW «c'è una ampia evidenza che i "servizi di sicurezza" (sic!) torturano impunemente la gente in prigione, negando ai prigionieri i loro diritti». Gli israeliani lo sanno bene: il povero caporale Gilad Shalit, sequestrato da un commando di Hamas in territorio israeliano, è stato tenuto nascosto per cinque lunghi anni; non ha potuto parlare con nessuno, non ha beneficiato nemmeno di una visita della Croce Rossa; con i genitori che hanno dovuto affrontare per tutto questo tempo il silenzio lacerante quando non lo scherno oltraggioso dei media palestinesi.
A Gaza la popolazione civile anche lontanamente sospettata di simpatizzare per il "nemico" israeliano, o peggio di collaborare con esso, rischia la condanna per fucilazione, come è occorso a Abdel Karim Shrair, arrestato nel 2008 e torturato per tre settimane. Ha ammesso sotto tortura una non meglio specificata collaborazione con Israele. La madre, che l'ha potuto visitare due mesi dopo l'arresto, notò lividi sulle gambe e sul viso, segni di corda su mani e braccia, e bruciature sul petto. E' stato ucciso l'anno scorso. Hamas ha proibito alla famiglia la sepoltura, picchiando i suoi cari quando cercarono di impossessarsi dei suoi resti.
Casi simili sono diffusi, nella Striscia di Gaza, e non riguardano solo gli "oppositori politici", o presunti tali. Secondo HRW molti palestinesi che hanno subito torture sono troppo terrorizzati per denunciare l'accaduto. Gli stessi ospedali si rifiutano di far visionare le cartelle cliniche.

Fonte: Times of Israel.

giovedì 20 settembre 2012

Evviva: arriva la flottiglia!

Possiamo finalmente tirare un sospiro di sollievo! le popolazioni arabe che soffrono in Medio Oriente, potranno finalmente ricevere il conforto perlomeno morale degli occidentali. Era ora: la repressione in Siria ha fatto quasi 30.000 vittime e 100.000 feriti in un anno e mezzo, e 350 mila siriani risultano rifugiati. Diecine di migliaia di palestinesi sono stati brutalmente uccisi dall'esercito fedele ad Assad, il "macellaio di Damasco".
Non ho ancora controllato, ma sono sicuro che la Freedom Flotilla, in preparazione, sia destinata al soccorso di questa gente. Magari ricordo male. Forse è diretta in Egitto, dove i cristiani sono sempre più intimiditi, segregati, malmenati; dove le donne stanno perdendo il diritto di comparire in pubblico e di conseguire l'istruzione e il futuro che desiderano; o forse è diretta in Tunisia, dove il parlamento ha appena legiferato sul ruolo subalterno della donna rispetto all'uomo.
No, un momento, ho controllato: a quanto pare questi simpatici giovanotti sono diretti presso la Striscia di Gaza. Una terra dove il governo ha talmente a cuore la "questione palestinese" da apprestarsi a dichiarare l'autonomia. Dove i suoi dirigenti negano risolutamente che vi sia una "questione" di ogni tipo. Dove le spiagge e i centri commerciali sono affollati di turisti. Dove si contano ormai 600 milionari. Forse sono diretti a Gaza per protestare contro il processo-burla ai danni degli assassini - palestinesi - del povero Vittorio Arrigoni; forse per indignarsi nei confronti della stessa Hamas, che rifiuta il combustibile israeliano (ma accetta per i suoi dirigenti le più efficaci cure mediche dello stato ebraico) per acquistare quello sovvenzionato egiziano sul quale pratica una lucrosa cresta (e pazienza se la popolazione resta al buio e di tanto in tanto ci scappa il morto); o forse per solidarizzare con il popolo palestinese, da tempo ostile nei confronti di Hamas, di cui denuncia da tempo la corruzione dilagante e la repressione.
Escluderei che questi giovani, belli e ricchi crocieristi siano diretti a Gaza per manifestare contro il vicino stato israeliano, che si prodiga di fornire cure mediche ai gazani che ne facciano richiesta, che accolgono i palestinesi con sempre minore diffidenza, da qui si è ritirato nel 2005, e che ciò malgrado assiste quotidianamente l'enclave palestinese, malgrado i 15560 missili che da qui sono stati sparati dal 2001 ad oggi. In tal caso, sarebbe un viaggetto carico soltanto di malafede.

sabato 8 settembre 2012

I palestinesi ammazzati che non fanno notizia


Il regime di Assad continua a colpire. Suoi simili. Ieri un attacco dell'esercito siriano ha colpito il campo profughi di Yarmouk, vicino Damasco. Lo riporta l'agenzia Reuters. Sono riportati 10 morti e non meno di 70 feriti. Tutti palestinesi. Secondo alcune fonti, la brutale aggressione serviva per "ripulire" la zona e poter così più facilmente colpire gli oppositori al regime. Disperazione per le vittime. Rabbia per il silenzio oltraggioso dei movimenti "filo-palestinesi". Questi morti si aggiungono alle centinaia di vittime palestinesi della carneficina di Assad; ma poiché non possono essere imputati allo stato di Israele, essi non fanno notizia.

mercoledì 29 agosto 2012

L'ipocrisia dei "filo-palestinesi"

di Hisham Jarallah

Un centinaio di attivisti "filo-palestinesi", provenienti da diversi paesi, sono atterrati in Giordania negli ultimi giorni. Gli attivisti:
- non sono arrivati in Giordandia visitare o aiutare i profughi palestinesi o siriani, che vivono in condizioni deprimenti al confine fra Giordania e Siria;
- ne' per raccogliere informazioni di prima mano sui massacri quotidiani che si registrano nella vicina Siria. Fosse stato questo il loro intento, i "filo-palestinesi" avrebbero potuto intervistare diecine di siriani e palestinesi che hanno subito la violenza del regime siriano, ascoltando storie terrificanti su come l'esercito di Assad macella i civili, inclusi donne e bambini;
- ne' per prostare contro la politica ufficiale del regno di Giordania di discriminazioni ai danni dei palestinesi: un argomento che solleva dure condanne dagli stessi giordani;
- ne' per manifestare contro la recente decisione del governo di imporre dure restrizioni alla libertà di informazione;
- ne' per apprendere delle dure condizioni in cui versano i palestinesi nei campi profughi in Giordania;
- ne' per protestare contro la decisione del governo giordano di revocare la cittadinanza a diecine di migliaia di palestinesi;
- ne' per apprendere come migliaia di palestinesi siano stati espulsi negli ultimi anni dall'Arabia Saudita e da altri stati arabi;
- ne' per protestare contro la condizione dellla sotto il regime di Hamas nella Striscia di Gaza;
- ne' per protestare contro il trattamentto riservato dall'Autorità Palestinese a giornalisti e blogger.
E non sono atterrati in Giordania perché hanno programmato una visita in Libano, per accertarsi delle condizioni di apartheid in cui vivono i palestinesi, e delle restrizioni che impediscono loro di accedere a diverse professioni.

Al contrario, questi militanti hanno speso centinaia di migliaia di dollari in una missione il cui unico obiettivo e di provocare Israele; disinteressandosi dei palestinesi.
Gli attivisti sono arrivati in Giordania nell'ambito del programma "Benvenuti in palestina", con cui si chiede il "diritto al ritorno" per milioni di palestinesi ai villaggi e alle città in cui hanno vissuto i loro nonni e bisnonni.
Sono arrivati in Giordania sapendo che Israele non avrebbe consentito loro di attraversare l'Allenby Bridge per entrare nel West Bank. Ciononostante, sono volati in Giordania per poter poi accusare Gerusalemme di aver loro impedito di esprimere solidarietà ai palestinesi.
Gli organizzatori di queste campagne ostili nei confronti di Israele sostengono che il loro intento è quello di donare oggetti di cancelleria ai bambini palestinesi. Ma chi ha mai detto loro che i bambini del West Bank siano privi di zainetti, matite e righelli? nemmeno l'Autorità Palestinese o l'UNRWA ha mai denunciati la carenza di questi oggetti.

Ancora una volta, risulta evidente che alcuni americani ed europei che sostengono di essere "filo-palestinesi" sono in realtà solamente odiatori di Israele. Questi attivisti hanno un conto aperto con Israele. Per essi, la questione palestinese è solo un mezzo per vomitare il loro odio verso Israele, ossia verso gli ebrei. E' il vecchio antisemitismo adeguato ai tempi moderni.
Per molti di essi, i leader palestinesi come Mahmoud Abbas e Salam Fayyad sono traditori, poiché affermano di credere nella soluzione "due stati per due popoli", sforzandosi di cooperare con il governo israeliano.
I palestinesi hanno bisogno del supporto di persone che credono nella democrazia, nella moderazione e nella coesistenza con Israele. E' giunta l'ora che i "filo-palestinesi" lascino in pace i palestinesi, e cerchino un altro pretesto per avanzare il loro messaggio di odio e di violenza.

Fonte: Gatestone Institute

martedì 14 agosto 2012

Beata gioventù (ma poveri bambini)

Le donne sono state declassate in Tunisia al rango di "appendice" dell'uomo, perdendo la parità di cui almeno formalmente godevano prima della primavera araba; in Egitto il caos imperversa, e il neopresidente Morsi instaura un braccio di ferro con l'esercito; a Gaza la popolazione è sempre più stanca della leadership di Hamas, mentre a Ramallah si viene arrestati su semplice sospetto di cospirazione ai danni del governo di Abu Mazen. E non parliamo dei 23000 morti in Siria: un conteggio macabro destinato ad aumentare tragicamente...
Ma cosa ti organizzano quei buontemponi dei "pacifisti": una nuova flytilla! non certo per salvare le vite dei poveri siriani - quelli rimasti - ne' per protestare per le condizioni disumane in cui versano le donne nei paesi arabi, ne' tantomeno per manifestare contro la restaurazione del governo egiziano. No, questi strampalati pacifisti trovano il coraggio di imbarcarsi - in Giordania - per tentare un'avventura in Israele. Per fare cosa non si sa, dal momento che gli arabi israeliani sono ben felici di vivere nel loro paese, mentre la sorte dei palestinese di Gaza e del West Bank dipende da loro e dal regime che purtroppo governa da quelle parti. Elezioni democratiche sono state tenute diverse anni fa, e da allora non si ripetono, come democrazia vuole. Hamas insiste nel chiedere la benzina egiziana, su cui faceva una lucrosa cresta ai tempi di Mubarak, e nel frattempo Morsi fa sigillare tutti i tunnel al confine fra l'Egitto e la Striscia, e in cosa si prodigano questi giovanotti? tentano di sbarcare a Tel Aviv da Amman per manifestare.
Facile immaginare che finirà come le altre iniziative degli ultimi anni: sterili, e inconcludenti. Ormai l'opinione pubblica ha ben compreso dove risiedano i tiranni e i nemici del popolo arabo. Ma un biglietto aereo non si nega a nessuno, no?...


E aggiungiamoci anche questa all'elenco delle nefandezze che non solo resteranno impunite; ma non saranno nemmeno ritenute degne d'attenzione da parte dei pacifinti europei. In Somalia Al Qaeda sequestra bambini, di età inferiore ai dieci anni e taluni di soli 7 anni, per ridurli in schiavitù, soggiogarli, sottoporli al lavaggio del cervello e indottrinarli al suicidio con il coinvolgimento di quanti più "occidentali" (leggasi: ebrei) possibile. Lo si apprende dalla versione online del britannico Daily Mail.
I bambini sono tenuti prigionieri in campi nei pressi di Mogadiscio, subiscono un indottrinamento ad opera di predicatori paranoici che recitano una versione estremista del Corano, e imparano a diventare bombe umane. Tutto ciò non suscita alcun interesse da parte delle "flottiglie" di casa nostra. Evidentemente si accredita la tesi di questi mostruosi carcerieri: i bambini godono di libertà; sono incarcerati solo per evitare che si allontanino dalle "classi"...