sabato 30 giugno 2012

La lunga calda estate iraniana

L'estate iraniana - un mondo di cui oggi ci sono portati a casa i valori grazie a quel comico divenuto famoso con la pubblicità dello Yomo - si caratterizza per vivaci incontri culturali. Kermesse ideologiche, come quella in cui Ajmadinejad negò la morte di sei milioni di ebrei durante l'ultima guerra mondiale, definendo l'Olocausto «un grosso inganno»; e manifestazioni meno coinvolgenti e più ludiche, come quella prevista per il mese entrante.
Il 26 luglio a Teheran infatti si terrà la seconda edizione dell'International Computer Game Expo and Festival, a cui prenderanno parte sviluppatori di videogiochi provenienti dall'Iran e da tutto il mondo. Naturalmente nessuno si può aspettare che il tema dominante sia la sconfitta del "cattivo" e l'affermazione finale del "buono", sotto varie sembianze: scopo dell'evento è di «presentare la cultura iraniana e l'identità islamica».
Un esempio vivido di questo orientamento è il videogame che sarà presentato da una "associazione di studenti iraniani", finanziata dal governo, e intitolata "The Stressful Life of Salman Rushdie". Scopo del giochino è quello di uccidere un peccatore, di nome Salman Rushdie, autore di un testo ritenuto diffatorio per l'Islam, al punto da aver indotto a suo tempo l'ajatollah Khomeini ad emettere una fatwa (condanna a morte, da eseguirsi obbligatoriamente da parte di ogni musulmano che si dovesse trovare nelle condizioni di farlo) a suo carico. Quale nobile esempio di forgiatura delle giovani generazioni! quale esempio di illuminata tolleranza verso le voci dissenzienti! quale rispetto per i diritti umani. Il comico nato a Genova non ha che da essere orgoglioso di ergersi a rappresentante di questa cultura...


A parte le buffonate, il cessate il fuoco annunciato dai terroristi di Hamas rimane naturalmente lettera morta. Lanci di missili si susseguono a ritmo incessante, costringendo la popolazione civile che vive nel sud di Israele - oltre un milione di individui - a rifugiarsi nei rifugi anti-missile. La vita laggiù non è semplice, ma riscalderà il cuore sapere che godono dell'appoggio e della ammirazione internazionale. C'è sempre la possibilità di contribuire con un gesto di generosità.

Piccola nota. Il Borghesino si prende qualche settimana di ferie. Immeritate, ma calendarizzate da tempo. Tanto non cambierà niente durante la vacanza: l'opera di demonizzazione di Israele proseguirà indisturbata, il terrorismo continuerà a colpire potendo contare sulla complicità tacita di buona parte dell'Occidente, il Pazzo di Teheran potrà continuare industurbato a costruire le sue bombe atomiche sterminatrici, in Siria la macellazione della popolazione toccherà vette inaudite, e il politically correct continuerà a dilagare, pur denunciando sempre una robusta dose di ipocrisia.
Un sincero ringraziamento per la crescente attenzione che conquistano queste poche ma sentite righe e a presto.

giovedì 28 giugno 2012

Metti Israele e i bambini in un titolo...


...e otterrai il massimo dell'attenzione del lettore. E' una tecnica consolidata: non c'è niente di più remunerativo per un giornale, di un articolo confezionato per diffamare l'intero stato israeliano; non un carcere, o un secondino, particolarmente carogneschi; e nemmeno un intero ministero della Giustizia. No, è Israele che maltratta i detenuti, è Israele che odia i bambini. Come se l'Italia fosse accusata da un quotidiano straniero di seviziare sistematicamente i bambini, dopo il caso (i numerosi casi...) della mamma che ha lasciato il figlio morire all'interno di un'auto parcheggiata al sole cocente a finestrini alzati, prima di recarsi in una sala scommesse.
Un quotidiano britannico ieri ha battuto tutti i record di malafede. Si trattava di puntare il dito contro il presunto trattamento riservato ai terroristi detenuti presso le carceri israeliane, di età inferiore ai 18 anni. Brutale e da togliere il fiato l'immagine: si vedono braccia di bambini dietro massicce sbarre di ferro. Il volto sorridente di uno di essi, sulla destra, non smorza il sentimento di rabbia e frustrazione del lettore. Condanna unanime e inappellabile.
Peccato che quell'immagine non si riferisca ad un carcere, e non sia certo di ieri. Si riferisce alla barriera doganale fra la Striscia di Gaza e Israele, ed è stata scattata oltre due anni fa (h/t: HonestReporting). Ma chi osserva non si interroga sulla fondatezza di una simile strampalata accusa: l'immagine vale più di mille parole, e come è noto soltanto un lettore su cinque prosegue nella lettura dopo aver letto il titolo e osservato l'immagine che lo accompagna. La diffamazione raggiunge il suo effetto, e a nulla servono eventuali precisazioni nel corpo dell'articolo.
Senza contare che i minorenni che si trovano a scontare condanne presso le carceri, sono responsabili spesso di atroci delitti. E' il caso per esempio di uno dei tre responsabili della strage di Itamar, la località dove un'intera famiglia ebrea fu sgozzata nel sonno; inclusa una bambina di appena tre mesi: costoro non solo confessarono l'atroce delitto, ma ammisero che l'avrebbero commesso nuovamente, se ne avessero avuto l'oppportunità. O del ragazzino che colpì con una pietra un'auto a bordo della quale viaggiava un uomo, perito con suo figlio dopo aver perso il controllo del mezzo. Per non parlare dei proclami deliranti che bambini ancora poppanti sono costretti a recitare da genitori entusiasti: promesse di farsi saltare in aria per uccidere quanti più ebrei possibili, rafforzate da cinture esplosive che quasi fanno fatica a reggersi su quei corpicini ancora gracili.
E fino a pochi anni fa, queste missioni spesso erano portate a segno. Ismail Tsabaj, Azi Mostafa, e Yousuf Basam, rispettivamente di 12, 13 e 14 anni, hanno tentato una strage simile a quella dei loro più "fortunati" coetanei ad Itamar, ma furono provvidenzialmente intercettati dalle forze di sicurezza. Simili iniziative non destano mai l'attenzione dei media occidentali, e suscitano di rado la riprovazione dell'opinione pubblica. Strano.
Naturalmente, non pochi media nostrani resistono alla tentazione di una facile rendita. Quasi mai si verifica la fondatezza dell'accusa. Non occorre: Israele - non il governo israeliano; Israele, come stato - è responsabile sempre, e comunque. «Lo sanno tutti». Gli arabi devono essere orgogliosi del lavaggio del cervello svolto in questi decenni.
Il giornalismo scivola sempre più in una profonda crisi di credibilità. Ma fino a quando è ben sovvenzionato, si può permettere il lusso di ingannare il lettore, spacciando la verità che più gli aggrada, anche se palesemente falsa o distorta.

Qualcuno a questo punto, disgustato da tanta disinformazione e da plateali omissioni in malafede, si chiederà indignato: ma l'UNICEF che fa?
bella domanda: quando può, raccoglie fondi per promuovere iniziative di boicottaggio dello stato ebraico, come quella ben raffigurata dall'ascia palestinese - con su inciso l'imperativo "Boicotta!" - che spacca la stella sionista, con tratteggi della bandiera americana (il "piccolo satana" e il "grande satana"). La speranza è rimasta isolata nel vaso di Pandora...
Nota: il manifestino, prodotto dall'organizzazione giovanile palestinese "PYALARA", finanziata dall'UNICEF, si riferisce ad un'iniziativa di due anni fa. Ma al quotidiano vagamente citato all'inizio non dispiacerà: dopotutto, è una pratica consolidata e tollerabile...

mercoledì 27 giugno 2012

In Iran le donne sono sacre. In Egitto, a quanto pare, non ancora

Quel tal comico sostiene che in Iran le donne sono al centro delle attenzioni degli uomini. Insomma, non le si tocca con un fiore. Un affermazione che ha fatto ridere in pochi; ma si sa, le provocazioni sono il pane quotidiano dello showman genovese con residenza a Lugano, e non bisogna credere che riflettano la realtà.
Perché altrimenti, se le donne in Iran se la passano benone, bisognerebbe credere che altrettanto avvenga in Egitto, ormai gemellato con la repubblica islamica iraniana dopo le recenti elezioni che hanno visto l'affermazione del candidato dei Fratelli Musulmani.
A questo punto però non si riesce a capire se il protagonista indimenticato di "Te la do io l'America" (e poi "il Brasile", e presto "l'Iran") stesse scherzando, o fosse serio. Perché in Egitto le donne sono ancora malmenate.
E' successo infatti che un residente di Alessandria abbia picchiato la moglie, incinta, dopo aver appreso che essa non aveva votato per Mohammed Morsi, il fondamentalista islamico ora presidente d'Egitto. La donna è stata in seguito trasportata in ospedale, dove è morta per le ferite riportate. La notizia è stata riportata dalla versione online della TV Al Arabiya, che cita un quotidiano locale.

Niente cocomeri palestinesi per i sudafricani

E' una stagione eccezionale per il cocomero palestinese. No, non è un modo per denigrare la dirigenza di Ramallah o di Gaza, già impegnata nel torchiare i già tanti dissidenti e oppositori del regime (tale è un governo che perdura dopo l'esaurimento del suo mandato).
Si parla proprio del succoso frutto estivo, giunto a maturazione e pronto per essere consumato. Jenin, una città famosa per un "massacro" rivelatosi successivamente un falso d'autore, è la capitale del cocomero: quest'anno si prevedono circa 25 mila tonnellate di angurie, delle quali una buona parte sarà destinata all'esportazione. Le famiglie israeliane sono naturalmente le prime consumatrici del cocomero prodotto nella cittadina del West Bank: 6 angurie su 10 consumate provengono dall'area di Jenin. Buona parte di questo frutto è destinata all'esportazione.
Bene. Se non fosse che molti di questi frutti non arriveranno a destinazione. Di sicuro non in Sudafrica, dove il mese scorso il governo ha varato un provvedimento di legge che obbliga i commercianti locali a specificare se i prodotti Made in Israel provengono eventualmente dai territori palestinesi contesi di Giudea e Samaria. Poiché l'onere della prova spetta ai commercianti, la minaccia di sanzioni pecunarie indurrà loro a rinunciare all'importazione di prodotti agricoli provenienti da Jenin e dalle altre città agricole palestinesi.
Nel caso del povero cocomero, si tratta di un profitto potenziale stimato quest'anno in circa 65 milioni di Shekel: oltre 13 milioni di euro, in buona parte destinati alle tasche dei coltivatori.
Molte famiglie palestinesi si guadagnano da vivere coltivando cocomeri destinati all'esportazione, con l'ausilio del District Coordination and Liaison Office, un'agenzia del governo israeliano che collabora con il municipio di Jenin e che coordina le operazioni sanitarie e doganali. Il boicottaggio posto in essere dal governo sudafricano finisce così per danneggiare la parte più debole. Marciranno al sole i cocomeri palestinesi e le speranze di affrancarsi da un triste destino.

martedì 26 giugno 2012

Palestinesi ancora torturati (ma non lo dite in giro)

Hamas e Al Fatah sono le due organizzazioni politiche che governano i palestinesi, rispettivamente a Gaza e a Ramallah. Si sono scontrate senza esclusione di colpi nel 2006, dopo le elezioni tenutesi nella Striscia che le vide appaiate, con un sottile vantaggio della formazione terroristica espressione locale dei Fratelli Musulmani. Non si sono parlate per anni, poi hanno tentato un riavvicinamento, e da un bel po' parlano di riconciliazione, di governo unitario, di mettersi alle spalle i dissapori e gli omicidi reciproci. Tutte belle manifestazioni di volontà.
Ma la realtà è ben diversa. Hamas ieri ha accusato l'autorità palestinese di Abu Mazen di detenere e torturare i suoi uomini nel West Bank: uno a Nablus, tre a Ramallah. Altri uomini di Hamas sono stati ricoverati in un ospedale nei pressi di Hebron per le ferite riportate dopo essere stati torturati.
La detenzione amministrativa è una pratica comune in molti stati. Lo stesso vicino Israele ha trattenuto per diverse tempo un terrorista palestinese, fortemente sospettato di minacciare l'incolumità fisica degli israeliani quando non è impegnato a giocare a calcio. Lo sciopero della fame e l'attenzione internazionale che ha conquistato il giovane gli sono valsi la libertà, sebbene il rifiuto del cibo non abbia escluso le attente cure sanitarie delle autorità. Ben diversa sorte spetta ai soggetti remotamente sospettati di cospirare ai danni del regime palestinese dominante: uomini di Al Fatah sono incarcerati e maltrattati a Gaza, uomini di Hamas sono arrestati e torturati a Ramallah. L'opinione pubblica internazionale, però, in questo caso non ne è al corrente.

lunedì 25 giugno 2012

E tanti saluti alla primavera araba

Si muore a Gaza, ma questa non è una notizia. Si muore ovunque. Si muore per mano di Hamas, ma questa è una verità antipatica, che si tenta di rovesciare addossando la responsabilità ad altri, anche quando è palese la responsabilità diretta e indiretta dell'organizzazione terroristica che governa la Striscia dallo sgombero israeliano del 2005. Hamas non importa combustibile perché ciò comporterebbe la rinuncia alla cresta così comoda sul gasolio comprato dall'Egitto di Mubarak a prezzi politici? la morte della bambina attaccata al respiratore artificiale spentosi per mancanza di alimentazione è colpa dello stato israeliano, che pur si era offerto di vendergli il suo, di gasolio?
un bambino salta in aria per colpa dell'esplosivo che portava nel suo zainetto, destinato ad Hamas? è colpa dei vicini israeliani che costringono i terroristi a servirsi di anime innocenti per evitare di essere intercettati prima di scagliare i loro attacchi.
Una bambina di due anni è colpita da un razzo difettoso scagliato da Hamas contro le città meridionali dello stato israeliano? colpa di Gerusalemme, che pratica un attento blocco navale che lascia passare tutto - alimentari, farmaci, materiali da costruzione, tessuti, eccetera - tranne armi e munizioni che pure l'Iran sarebbe ben felice di fornire mediante le navi che adesso attraversano liberamente lo Stretto di Suez.

Così, il morto e i tre feriti vittima dei "festeggiamenti" per l'affermazione di Morsi in Egitto, espressione pallida dei Fratelli Musulmani, saranno presto addebitati ad Israele, che da Gaza ha fatto le valigie nel 2005, rompendo una consuetudine invalsa da sempre: quello di riconsegnare le terre conquistate dopo i conflitti subiti dagli stati confinanti, dopo aver sottoscritto accordi di pace con gli stessi stati. E' stato così con la Giordania, e con lo stesso Egitto: terra in cambio di pace. Nei confronti di Gaza il governo Sharon fornì una generosa apertura di credito: il disimpegno senza alcuna contropartita, per dimostrare la buona volontà di raggiungere una pace. Risultato: serre e coltivazioni trasformate in trincee e piattaforme di lancio, un governo a Gerusalemme spaccato, e un milione di cittadini sotto quotidiana minaccia.
Proprio la presenza del regime fondamentalista islamico a Gaza fa riflettere: Hamas è giunta al potere di fatto "democraticamente", con elezioni tenutesi nel 2006 e che videro l'affermazione della filiale palestinese dei Fratelli Musulmani, assieme ai rivali storici di Al Fatah. L'anno successivo il partito da cui proviene Abu Mazen fu letteralmente cacciato con un sanguinoso colpo di stato, e da allora iniziò una coabitazione a distanza. Si parla ancora oggi di governo unitario, invano.
Ma il punto è: elezioni si tennero a Gaza; elezioni si tennero a Ramallah. Quella parvenza di istituzioni democratiche sono oggi scadute: da un paio d'anni. Non si tengono più elezioni, e chissà quando si terranno nuovamente. Non occorre: è stata fatta la volontà di Allah. La democrazia da queste parti non si misura con la celebrazione di stucchevoli elezioni; si misura con il rinnovo di questa liturgia politica periodica. Se elezioni non si tengono più a Gaza (nel qual caso Hamas dovrebbe cedere fette di potere ai più rivoluzionari gruppetti che iniziano a fare i comodi loro) ne' a Ramallah, dove Abu Mazen teme di essere esautorato proprio dai rivali di Hamas; perché mai fra quattro-cinque anni dovrebbero essere tenute nuovamente in Egitto?
Con tanti saluti alla primavera araba, e ai pochi che ancora la celebrano in Europa.

domenica 24 giugno 2012

Il nuovo che avanza

Dunque Mohammed Morsi, espressione dei Fratelli Musulmani - la cui filiale a Gaza si chiama Hamas - è il nuovo presidente d'Egitto. Succede a Hosni Mubarak.
Giusto per capire di cosa stiamo parlando, questo è il bigliettino da visita del neo-presidente dello stato arabo più popoloso al mondo:


«La nostra capitale non è ne' Mecca ne' Medina. Con la volontà di Allah, la nostra capitale sarà Gerusalemme. Milioni di martiri stanno già marciando verso Gerusalemme.
E' Gerusalemme il nostro obiettivo. E' lì che pregheremo».

Poco più di tre anni fa un ometto mediocre, che poco prima per una serie di fortunose circostanze storiche, era stato eletto presidente dello stato più potente al mondo, con il suo famigerato discorso al Cairo dava il via alla rivoluzione araba, ancora oggi chiamata da alcuni primavera araba. Un suo predecessore, al quale oggi è accostato, nel 1979 salutava con entusiasmo la fine dell'esilio dell'ayatollah Khomeini che tornando in Persia inaugurava la rivoluzione iraniana.
Così, mentre l'accondiscendenza occidentale nei confronti della Siria ha indotto la Turchia a trovare la smoking gun che aprirà le ostilità fra i due stati, con la NATO nell'imbarazzata posizione di alleata di Erdogan, più a sud Egitto e Iran convergono verso l'unica democrazia del Medio Oriente.
E noi che ci lamentiamo dei nostri politici ladri di polli. Ne vedremo delle "belle" nei prossimi mesi...

Un milione di invisibili

150 attacchi in sette giorni. La popolazione delle città meridionali e costiere di Israele è da una settimana sotto l'attacco incessante del terrorismo di Hamas, che a differenza del passato si è affrettata a rivendicarne la responsabilità. Questa volta sono stati utilizzati anche missili Grad, dalla gittata massima di 45 chilometri. Evidentemente, non si tratta di materiale bellico trafugabile di contrabbando mediante i tunnel illegali che collegano l'Egitto alla Striscia di Gaza: troppo grandi e complessi da trasportare mediante quel canale.
L'aviazione israeliana sta cercando di intercettare le minacce prima che piombino sulle teste della popolazione civile, ma non sempre ciò è possibile, dato il proliferare delle rampe di lancio. Così nelle ultime ore è tornato in attività l'Iron Dome, che intercetta i missili palestinesi prima che colpiscano gli obiettivi. Ridicoli i "cessate il fuoco" proclamati da Hamas e sistematicamente disattesi: forse un tentativo patetico di indurre la popolazione civile ad uscire dai rifugi antimissile; secondo alcuni, invece, le persistenti ostilità rivelerebbero l'incapacità dell'organizzazione terroristica che governa Gaza di far rispettare la tregua ad organizzazioni minori ma ancora più bellicose, come la Jihad Islamica e il PRC. Brutto segno. La presenza di Al Qaeda nel Sinai e le incursioni nel deserto del Negev israeliano sono già state documentate.
D'altro canto, Hamas sta lanciando l'offensiva con tutti i mezzi a disposizione. Incluso l'uso subdolo dei media: sabato l'organizzazione terroristica ha denunciato la morte di un ragazzino di quattro anni, Ali Muataz al-Shawaf, il quale sarebbe rimasto vittima di un'incursione aerea israeliana. Ma poco dopo l'IAF ha smontato l'accusa, provando come l'area dove si trovava il ragazzino non è stata sorvolata. Ali è morto per gli effetti dell'esplosione di un deposito di munizioni, ma il suo sangue è stato usato dai media locali per aizzare la folla.
E nel frattempo, un milione di persone rimane sotto la minaccia di attacchi incessanti dalla Striscia di Gaza. Tranne i blog e pochi giornali, la maggior parte dei media occidentali ha ignorato la loro sorte, prediligendo una strategia consolidata: mettere la testa sotto la sabbia.

Aggiornamento delle 12.30. Finalmente un giornale europeo pubblica un dettagliato resoconto sulla settimana di aggressione ai danni della popolazione israeliana da parte del terrorismo islamico di stanza a Gaza. Si tratta del britannico Daily Telegraph. Era ora!

sabato 23 giugno 2012

Donne occidentali, abbracciate l'Islam!


Ve lo dice Mahmoud Al-Masri, chierico egiziano, un religioso che di queste cose se ne intende: fate come le vergini del Paradiso che aspettano trepidanti voi e i vostri mariti. Non vi intromettete, non contestate il coniuge, non discutete l'autorità del marito. Di più: evitate di uscire di casa, di andare dal parrucchiere, di frequentare amicizie (femminili, naturalmente), e comunque, quando siete costrette ad abbandonare il rifugio domestico nel quale dovreste vivere per tutta la vita, facciatelo completamente coperte dal vostro hijab, come le vergini del paradiso.
Sappiate che questo vi eviterà gli aspetti ripugnanti della vita terrena: non certo la visione di personaggi squallidi e ripugnanti. In paradiso non avrete il ciclo mestruale, non sopporterete i dolori del parto e tutte quelle cose schifose e vomitevoli che caratterizzano la vita terrena.
E comunque, sappiatelo: se non seguirete queste interessanti prescrizioni, o sorelle terrene, sappiate che subirete la maledizione eterna - e presumibilmente, anche un bel po' di corna - da parte delle belle fanciulle dagli occhi castani che attendono voi e i vostri maritini nell'aldilà.

venerdì 22 giugno 2012

La subdola aggressione del pomodoro crociato

Ancora una congiura ai danni dei poveri arabi (poveri per modo di dire, viste le auto lussuose che sfrecciano sulle polverose strade del Medio Oriente). Questa volta non si tratta di polli israeliani che provocano impotenza, o di squali che allontanano i turisti dalle località balneari egiziane, ne' di colibrì o insetti spia al soldo del Mossad. E il complotto non è sionista. Ma è degno di essere denunciato, onde preservare la purezza del buon musulmano.
Il solito Challah hu Akbar riporta la denuncia di un gruppo salafita (quelli al governo dell'Egitto post-Mubarak, in compagnia dei meno integralisti ma sempre estremisti Fratelli Musulmani), che invita i propri fratelli a non consumare pomodori. E non certo perché essi siano già abbondantemente dotati di vitamina C. No: l'esortazione a privarsi delle virtù del pomodoro è che esso è una fabbricazione cristiana.
Ma come abbiamo fatto a non accorgercene?! si vede benissimo la croce al centro del succoso vegetale!
L'esortazione su Facebook di questo gruppo è rafforzata dalla testimonianza di una fedele, la quale ha avuto l'apparizione di un Maometto piangente dopo aver realizzato la tragica scoperta.
Se proprio non si può fare a meno di mangiarlo a spicchi, magari con l'aggiunta di un buon olio palestinese e di abbondante origano mediorientale, lo si può degluttire per intero, conclude la raccomandazione: purché nel taglio non si riveli al mondo la sconcertante presenza della croce cristiana.

giovedì 21 giugno 2012

Un aiuto per la popolazione israeliana

Gli attacchi proveniente dalla Striscia di Gaza si sono intensificati negli ultimi giorni: oltre 100 missili a media e lunga gittata hanno raggiunto le città costiere e meridionali di Israele negli ultimi tre giorni. Dall'inizio dell'anno, il conteggio parla di 389 attacchi, ad una media di oltre due al giorno, tutti i giorni dell'anno, festivi inclusi. Obiettivo: oltre un milione di individui, comprese donne e bambini, traumatizzati per sempre dagli attacchi quotidiani del terrorismo fondamentalista.
Un piccolo gesto di generosità non porterà la pace; ma almeno contribuirà a regalare un pizzico di sicurezza e di serenità. La fondazione United with Israel ha lanciato una sottoscrizione finalizzata all'acquisto di nuovi rifugi anti-missile. Non si tratta di una ONLUS, dunque la donazione non è riconosciuta in Italia come deducibile dalle tasse. Ma credo che si tratti di una considerazione davvero futile e di scarsa importanza, quando si tratta di salvare vite umane costantemente sotto minaccia.
L'entità della donazione è libera.

> > United with Israel Bomb Shelter Campaign < <

Doppiopesismo alla norvegese

Abbiamo tutti tirato un sospiro di sollievo alla notizia della scarcerazione del terrorista palestinese da tempo in detenzione amministrativa nelle carceri israeliane; ma sì, quello che nel tempo libero gioca nella "rappresentativa di calcio palestinese" (ne ha parlato anche il Corriere della Sera, nella versione online).
In effetti il tema in questione è spinoso, sebbene diversi stati al mondo contemplino questa pratica, e vi facciano ampio ricorso, senza suscitare analoga indignazione. Probabilmente la Norvegia è uno stato più civile ed avanzato di tutti, se lascia morire i palestinesi che proclamano uno sciopero della fame come forma di protesta estrema nei confronti di un governo che non concede l'asilo politico.
Una donna di 31 anni, palestinese di Gaza, rifiuta il cibo da tre settimane, e risulta in pericolo di vita. E' attualmente ricoverata in un ospedale nel sud della Norvegia, e ha accolto con lacerante dolore il rifiuto del governo di Oslo di concedere un asilo politico che eviterebbe a lei e alla sua famiglia un triste destino.
Il comitato etico dell'ospedale avalla la decisione della palestinese: è una sua responsabilità, e non sono tenuti a somministrarle cibo in alcuna forma. La donna può anche morire: o in un ospedale norvegese, o a Gaza, dove non vuole assolutamente tornare. Problema suo.
Nel frattempo, nessun giornale rilancia la notizia. Forse, se la donna fosse una giocatrice di calcio, o se lanciasse qualche bombetta contro civili israeliani, guadagnando le ambite galere sioniste, di certo aiuterebbe...

mercoledì 20 giugno 2012

Al Qaeda alle porte di Israele. E nel frattempo da Gaza si continua ad attaccare...

La dissoluzione del regime di Mubarak in Egitto ha consegnato la penisola del Sinai, una volta meta di turisti da tutto il mondo, in mano a bande terroristiche riconducibile ad Al Qaeda, l'organizzazione islamica fondata e finanziata da Osama Bin Laden. Il disimpegno dell'esercito del Cairo ha agevolato l'insediamento della formazione estremista alle porte di Israele; l'attentato di lunedì ha fornito l'ennesima, ulteriore conferma.
Il sito Challah hu Akbar ne fornisce la conferma: all'inizio della settimana un gruppo di terroristi è penetrato in Israele superando il confine con l'Egitto, e uccidendo un lavoratore edile israeliano, che stava lavorando alla costruzione di una rete di protezione finalizzata proprio alla prevenzione di queste incursioni. Presto è intervenuta l'aviazione, che ha colpito due terroristi, armati fino ai denti, mentre un terzo sarebbe fuggito nel deserto del Sinai.
Ieri il "Consiglio della shura dei mujaidin di Gerusalemme", formatosi ad aprile e legato ad Al Qaeda, ha rivendicato l'attacco, dedicando l'impresa alla memoria di Osama Bin Laden. Nel video si annuncia la costituzione della formazione paramilitare e l'obiettivo di istituire nella regione il califfato islamico mediante ricorso al jihad (martirio).

Nel frattempo continuano gli attacchi palestinesi dalla Striscia di Gaza, rivendicati prontamente da Hamas. Nelle ultime 36 ore sono stati ben 48 i lanci di missili e razzi dalla Striscia, incluso un missile Grad che ha raggiunto la zona di Beer Sheba. Quattro i feriti fra la popolazione civile. Dall'inizio dell'anno sono saliti a 334 gli attacchi dalla Striscia di Gaza: una media di due al giorno, ogni giorno.
Inevitabile la risposta israeliana, mirata a prevenire il ripetersi degli attacchi ai danni del milione di civili raggiungibili dagli attacchi palestinesi. Questa mattina sono state colpite sei installazioni militari di Hamas nel nord della Striscia di Gaza. Seccamente smentita la notizia della morte di un bambino palestinese, diffusa dai terroristi di Hamas: l'esercito israeliano non ha raggiunto l'area dove si sarebbe trovato questo bambino. Solita condotta priva di scrupoli: confezione di notizie false, rilanciate dalle agenzie palestinesi, e raccolte prontamente e senza verifica dai giornali occidentali.
Gli Stati Uniti hanno duramente condannato gli attacchi di Hamas. In un comunicato, la portavoce del Segretario di Stato dell'Amministrazione Obama ha affermato «condanniamo con fermezza il lancio di missili da Gaza verso l'Israele meridionale, vistosamente e minacciosamente cresciuto negli ultimi giorni. Non c'è alcuna giustificazione nel prendere come bersaglio civili innocenti. Invitiamo i responsabili ad intraprendere immediate azioni per interrompere questi vili atti».

Aggiornamento delle 09.15. In effetti sarebbe morto un bambino palestinese, colpito da una bomba. Ma a quanto pare, si tratta di un missile di Hamas, difettoso, tornato indietro, e atterrato in una zona abitata dove appunto ha colpito un bambino. Israele viene accusato anche per le morti provocate direttamente dal fanatismo di Hamas...
E da stamattina i missili sparati da Gaza salgono a 15. Undici i feriti riportati.


Aggiornamento delle 16.00. Honest Reporting aggiunge alcuni particolari davvero significativi - ma non sorprendenti - alla non-notizia (non ne parlerà nessuno) dell'uccisione accidentale di questa mattina. E' una bambina di due anni, ad aver perso la vita, mentre il fratellino di quattro è rimasto ferito.
Inizialmente "fonti mediche palestinesi" (sotto il diretto controllo dei terroristi di Hamas) hanno denunciato la morte della bambina. La scarsa autorevolezza della fonte e la mancanza di conferme dall'altro lato non hanno impedito ad agenzie di stampa e media di riportare la notizia, con alcuni puntualizzazioni che non riducono la diffamazione. Israele non uccide i civili; Israele colpisce i terroristi che attentano alla vita dei civili. Hamas colpisce i civili, e si fa scudo di propri concittadini, i quali secondo la Convenzione di Ginevra ricadono sotto la sua diretta responsabilità.
Gustoso il flusso di twit di Jon Donnison, corrispondente della BBC, il quale ha inizialmente rilanciato la notizia della morte della bambina palestinese per mano dell'aviazione israeliana, salvo fare frettolosamente marcia indietro quando è sopravvenuta l'ammissione di responsabilità da parte di Hamas e del suo "razzo difettoso".

lunedì 18 giugno 2012

Ma che succede all'informazione in Italia?

C'è qualcosa che non funziona nell'informazione italiana. Una miopia preoccupante, che esalta notizie futili e trascura clamorosamente notizie rilevanti.
La scorsa settimana il Corriere della Sera si preso la briga di documentare il caso di un terrorista palestinese, che nel tempo libero fa il calciatore, in detenzione amministrativa e da alcuni mesi in sciopero della fame "controllato" (rifiuta il cibo, ma assume integratori, liquidi e zuccheri). Caso triste, come centinaia se non migliaia al mondo: questa pratica, per quanto deplorevole, è prevista in tutti gli stati del mondo, e si rende necessaria quando ci sono forti sospetti o prove evidenti di attività criminale e di rischio di ripetere il reato.
Come mai allora oggi non c'é menzione, sullo stesso quotidiano, del tentativo di un commando di terroristi di penetrare in Israele tramite il Sinai egiziano? il gruppo recava con se' granate, esplosivi e fucili Kalashnikov, oltre a uniformi ed elmetti, e durante la penetrazione ha ucciso un lavoratore edile israeliano. Un morto. Non certo perché abbia rifiutato la vita come quel palestinese in carcere rifiuta ora il cibo. Altri due civili sono rimasti feriti.
La minaccia è stata contrastata dall'aviazione, che ha colpito due terroristi, mentre gli altri sono presumibilmente rientrati nel Sinai. Le scuole sono state chiuse per precauzione, e la popolazione civile invitata a rimanere nelle proprie abitazioni, prima di diverso avviso.
Questo attacco via terra si aggiunge al solito bollettino di lanci di missili, granate e razzi dalla Striscia di Gaza verso le città meridionali di Israele; al ritmo medio e ossessivo di due ogni giorno. L'esercito sta rafforzando il confine con l'Egitto, dal quale negli ultimi mesi sono penetrati i terroristi. Secondo alcuni, la penisola del Sinai è progressivamente colonizzata da Al Qaeda, dopo il disimpegno seguito alla deposizione di Mubarak in Egitto.
Tutto ciò non è sufficientemente di interesse generale da indurre un quotidiano a fornirne la cronaca dettagliata? forse è meglio di no; immaginabile il resocondo: "l'aviazione israeliana uccide due arabi, e costringe i ragazzini a non frequentare le scuole e i civili a rimanere barricati in casa nonostante il grande caldo". Meglio di no...

Aggiornamento delle 13. Il Jerusalem Post un'ora fa ha reso noto che il lavoratore edile ucciso questa mattina è un arabo israeliano residente ad Haifa. Lascia moglie e quattro figli. Forse questo servirà a far divulgare la notizia, ma l'imbarazzo (arabo che uccide un altro arabo) per i media nostrani rimane.

Aggiornamento delle 15.30. Si apprende che l'esercito israeliano ha disposto alcuni carri armati al confine con l'Egitto, con la finalità di difendere il confine, prevenire nuove incursioni ostili e agevolare il lavoro di installazioni della recinzione che dovrebbe scoraggiare simili iniziative nel futuro. Un portavoce dell'esercito ha chiarito che l'iniziativa è stata concordata con i vertici militari del Cairo.

sabato 16 giugno 2012

Vietato vendere case agli ebrei!

Certi palestinesi continuano a macchiarsi di orribili crimini. No, non si tratta di omicidio. Ne' di stupro, o di pedofilia, o di frode ai danni dello stato, o di evasione fiscale; o di qualunque altro reato che noi europei censuriamo e condanniamo senza appello, prima ancora che giunga la sentenza di un tribunale. Certi palestinesi, vendono immobili - case, o anche soltanto terre - agli israeliani; pardon, agli ebrei.
16 palestinesi sono stati condotti in carcere a Ramallah, Gerico e Hebron dall'Autorità Palestinese, e 9 rischiano la pena capitale (la pena di morte, insomma), per essere stati coinvolti nela vendita di proprietà immobiliari ad ebrei. Alcuni indirettamente - chissà, avranno affisso il cartello "Vendesi" sulle vetrine dei loro locali, o come impiegati statali incaricati del rilascio del nulla osta previsto per questo genere di transazioni - altri in qualità di venditori.
Secondo il sito Elder of Ziyon, che ha reso noto la circostanza, il governo di Abu Mazen ha stanziato la cifra di 2.7 milioni di dollari all'anno per condurre indagini circa questo genere di vendite "illegali". Considerando che il PIL pro-capite è di 1.500 dollari all'anno, con questo denaro vivrebbero dignitosamente quasi 2.000 famiglie. Nulla di scandaloso, in una realtà dove il presidente si ritiene spenda 2 milioni di dollari, ogni mese, per viaggi all'estero. Ciò conferma come il diritto vantato da molti ebrei che vivono da decenni in Giudea e Samaria (West Bank; o come si diceva una volta, Cisgiordania), sia del tutto legittimo, basato su un trasferimento di proprietà conseguente ad una compravendita immobiliare fra arabi e israeliani regolare e valida a tutti gli effetti.
Chissà come sarebbe stato orgoglioso quel signore lì, e quell'altro che lo seguì docile e convinto, di questi provvedimenti restrittivi. Vendere si può; ma non agli ebrei. Prossimo passo? marcare le case abitate dagli ebrei con una bella stella gialla (ma non ce n'é bisogno: i terroristi sanno dove andare a sgozzare le loro vittime. Basta chiedere ai superstiti della famiglia Fogel, massacrata ad Itamar lo scorso anno).
Bizzarro l'atteggiamento dei giornali italiani. Ieri Maria Strada (parente di Gino Strada?) sul Corriere della Sera, si doleva per la sorte di Mahmoud Sarsak, palestinese di 25 anni, in carcere in Israele per terrorismo e nel tempo libero calciatore, in sciopero della fame "controllato" (rifiuta il cibo ma assume regolarmente integratori, liquidi e zucchero). Ma nemmeno una parola per la minaccia di morte sopportata da altri palestinesi, che per loro sfortuna sono sì detenuti; ma non in Israele, bensì nel West Bank, dove il governo ci va duro, a prescindere dal fatto che i malcapitati siano o meno dediti al gioco del calcio.

venerdì 15 giugno 2012

L'aspirazione di ogni genitore

Se ci impegneremo un po' di più, anche a noi regaleranno un poster con i nostri figli che imbracciano un lanciarazzi, in divisa mimetica, mentre attaccano gli ebrei fino a gettarli tutti in mare.
Come siamo indietro noi italiani... a Gaza quando i bimbi escono dall'asilo hanno già beneficiato di questo trattamento psicologico rieducativo, e aspirano a fare i kamikaze per i terroristi islamici, facendosi esplodere negli autobus israeliani...
Naturalmente fino a quando non esisterà nemmeno più uno solo di essi: nel poster pubblicato dalla Jihad Islamica (e rilanciato dal blog di Challah Hu Akbar) si nota infatti uno stato di Israele praticamente cancellato, e sostituito da uno stato che potremmo ribattezzare "Hamas-stan"...
Non fate caso alla vegetazione verde su cui poggia il valoroso giovane terrorista: non c'è stato tempo di cancellarlo. Come sanno tutti, quando l'esercito israeliano lasciò la Striscia di Gaza ai palestinesi, nel 2005, si lasciò alle spalle sinagoghe e serre e vivai: le prime furono profanate e distrutte, e quanto alle seconde, sono state spazzate via per far posto a trincee dalle quali è più comodo lanciare quotidiani attacchi contro le città israeliane.

giovedì 14 giugno 2012

Suggerimenti per le vacanze estive

Quasi quasi quest'anno ce ne andiamo tutti in vacanza a Gaza. Ci sono splendide spiagge di sabbia finissima, e attrezzate di tutti i confort, si trovano confortevoli e lussuosissimi alberghi a cinque stelle, dotati dei confort e dei lussi che piacciono tanto a noi occidentali (ma anche ai palestinesi che vi soggiornano di tanto in tanto), i mercatini rionali straripano di frutta, verdura, ortaggi, spezie e generi alimentari di ogni tipo. Luccicanti e lussiosissimi centri commerciali aprono a ritmo continuo, bar e ristoranti abbondano, e per i più esigenti non mancano librerie e Internet Point. Insomma, un paradiso terrestre, confortevole e benestante. Ogni giorno dal vicino Israele arrivano tonnellate di bendiddio, fra generi alimentari, combustibili, materiali da costruzione, generi di prima necessità, abiti, mangimi e quant'altro. Il regime locale fa insistentemente richiesta anche di armi e munizioni - sembra incredibile, ma i missili e razzi che per ricambiare la cortesia vengono sparati al ritmo medio di due al giorno contro il vicino Israele, fanno presto ad esaurirsi - ma non c'è verso di accontentarlo, se non di contrabbando tramite i cunicoli scavati fra l'Egitto e la Striscia di Gaza, e dove spesso giovani palestinesi perdono la vita in nome della morte all'ebreo.
Ci sono solo due piccoli problemi. Il regime integralista palestinese che qui comanda dal 2006 fa un po' di cresta sul carburante che importa dall'Egitto. Poiché l'Egitto con i nuovi padroni si è stufato di passare la benzina a prezzi politici, potreste correre il rischio di rimanere a secco, se noleggiate un auto per spostarvi fra le spaziose strade di Gaza.
Inoltre, sempre il succitato regime non vede di buon occhio "strani costumi occidentali". Un nostro connazionale un anno fa è stato sgozzato qui a Gaza, pare perché intrattenesse una relazione sentimentale con un giovane: è quanto trapela dal processo che un po' faticosamente si sta tenendo in questi mesi da quelle parti.
A parte queste avvertenze, chi rinuncerebbe alle spiagge da sogno e alla bella vita che si vive a Gaza?