domenica 25 settembre 2016

Alcuni validi motivi per disprezzare Colin Firth


È difficile assumere una posizione ostile nei confronti di Colin Firth. Le donne lo adorano, e sognano ad occhi aperti davanti all'ennesima replica di Bridget Jones. Gli invidiano la moglie, italiana. Gli uomini non sfuggono al meccanismo dell'immedesimazione, e desidererebbero tanto possedere un pizzico di quella britannicità così magnetica con il gentil sesso. Ci siamo tutti emozionati davanti alla struggente interpretazione di Colin Firth nel Discorso del Re, una vibrante descrizione dell'appassionato incoraggiamento di Re Giorgio VI nei confronti della nazione, che si apprestava ad entrare in guerra contro il mostro nazista. Ma la narrazione cinematografica omette un paio di spiacevoli circostanze.
Nella realtà, fu durante il regno di Giorgio VI che agli ebrei europei fu impedito di trovare riparo nella Palestina mandataria britannica, mentre Londra favoriva al contempo l'emigrazione araba di massa in quello che di lì a breve sarebbe diventato il moderno Stato di Israele. Quando nel 1947 la tragica realtà dei campi di sterminio e dell'Olocausto era ormai diventata di pubblico dominio, il Regno Unito non si fece scrupoli nell'impedire alla nave Exodus, che trasportava 4.500 reduci dai campi di concentramento nazisti, di raggiungere il futuro stato ebraico, speronandone la prua e costringendo l'imbarcazione ad un drammatico stop. E quando nel 1948 gli stati arabi dichiararono guerra ad Israele, gli inglesi non solo non fecero nulla per impedirlo; ma secondo alcune fonti incoraggiarono gli arabi, fornendo loro supporto e armi e munizioni.
Certo, re Giorgio VI era figura costituzionalmente simbolica. Le decisioni erano concretamente assunte a Buckingham Palace. Ma la sua potente voce poteva orientare l'operato del governo. Ancora: certo, Colin Firth è un attore, un ottimo attore. Ma non possiamo trascurare come, subito dopo l'uscita di King's Speech, abbia lavorato attivamente al progetto "The Promised Land", in cui gli inglesi erano raffigurati come eroi, e gli ebrei come una banda di terroristi (fortunatamente il progetto è stato poi abbandonato).
Una circostanza fortuita? temiamo di no. Perché all'inizio dello scorso anno Colin Firth si è distinto per aver invocato, in compagnia di Brian Eno (sì, proprio lui...) e di altri personaggi dello spettacolo, la scarcerazione di Mohamedou Ould Slahi, terrorista 44enne ospite delle carceri di Guantanamo. Da sempre il bel Colin si è scagliato contro il tentativo di Israele di difendersi dal terrorismo palestinese, e nel 2008 è apparso a Londra ad un evento israelofobo promosso dalla Palestine Solidarity Campaign.
Ma cosa c'entra la povera Bridget Jones con le simpatie antisemite di Colin Firth? C'entra: perché l'ultimo episodio della sfigata impiegata londinese è stato scritto fra gli altri dalla odiatrice viscerale di Israele Emma Thompson. Che non ha mancato di infarcire il film, in uscita in questi giorni, con una fastidiosa propaganda: ad esempio in una scena del film, si sollecita la ricerca di un «filmato dell'attacco di Ramallah». Strano, abbiamo sempre visto i palestinesi uscire da Ramallah per andare ad attaccare gli israeliani: sui bus, nelle pizzerie e nelle sinagoghe. Ma per Emma Thomson e il suo adorato Colin Firth, questa è una accettabile licenza poetica, meritevole di utilizzo per una "giusta causa".
Sicuri che valga ancora la pena di fiondarsi al cinema per scoprire l'identità del papà del bimbo di Bridget?

1 commento:

  1. Che delusione,ho amato la sua interpretazione in Febbre a 90.
    Mi sa che è giunta l'ora che anche noi [dalla parte del giusto] si boicotti.

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