lunedì 29 luglio 2013

Finirà come sempre

Ma noi già sappiamo che finirà come le altre volte: come nel 1949 dopo la guerra scatenata dagli stati arabi confinanti, che ha prodotto quella vergognosa arma di pressione psicologica che si chiama "rifugiati", con lo strascico di un carrozzone costoso, sclerotizzato e burocratizzato dal nome di UNRWA; come nel 1967, dopo la Guerra dei Sei Giorni che impedì ancora una volta agli stati confinanti condotti dall'Egitto di Nasser di annientare lo stato ebraico (la proposta di pace israeliana, con restituzione di tutti i terrotori conquistati nella guerra difensiva, fu rispedita al mittente con i famosi "tre no" di Khartoum); come nel 1993, dopo gli sciagurati Accordi di Oslo che non hanno portato nulla all'infuori di nuovo terrorismo; dopo i falliti accordi di pace di Camp David del 2000, con Arafat che si alzò dal tavolo dei negoziati perché la pace appariva finalmente a portata di mano; dopo la clamorosa e unica proposta di pace di Olmert del 2008, che lasciò sconcertati gli stessi Bush e Rice, e che un imbarazzatissimo Abu Mazen fece cadere perché dimostrava il reale interesse degli israeliani alla pace, tanto era generosa quella proposta; anche questa volta, dopo aver compiuto il primo passo, liberando 100 criminali della peggiore specie, rei confessi e autori compiaciuti di stragi nei confronti di civili, i palestinesi fingeranno di meditare, festeggeranno le canaglie tornate a casa, resteranno in silenzio fino all'ultimo, e poi dopo ogni ragionevole lasso di tempo pretenderanno altre concessioni, accusando uno stremato e amareggiato Israele del fallimento dei negoziati a fronte del rifiuto di tagliarsi ulteriori appendici.

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