giovedì 18 luglio 2013

Un aeroporto a Ramallah per rilanciare la pace?

Il povero John F. Kerry, il JFK de noantri, avrà pure subito l'onta di essere stato sconfitto nel 2004 da George Bush nella corsa verso la Casa Bianca che a momenti si interrompeva per un bretzel andato di traverso. Però, grazie alla sua tenacia, e forse ai miliardi della moglie, non si è mai dato per vinto, ed è riuscito a succedere ad un pezzo da novanta come Hillary Clinton alla guida della politica estera americana. Che in tutto il Medio Oriente ha colto insuccessi e fallimenti agghiaccianti; ma che proprio per questo sta puntando tutte le sue carte e la residua credibilità di cui gode, nella soluzione dello storico conflitto fra israeliani e palestinesi.
L'ennesimo viaggio in Giordania del consorte della signora Heinz sembra stia producendo qualche risonante risultato: i palestinesi avrebbero messo da parte la loro nota indisponibilità al negoziato, in ciò confortati dalle ottuse pretese dell'Unione Europea di fissare i confini dei due stati contendenti dal comodo dei sofa di Bruxelles, e sarebbero disposti ad incontrarsi finalmente con la delegazione israeliana; facendo seguito agli inviti del primo ministro di Gerusalemme, il quale più volte ha dichiarato di essere disposto ad incontrarsi con l'equivalente palestinese financo in una tenda piantata a metà strada fra la capitale israeliana e Ramallah.
Impegno lodevole, ma presto inutile: la futura capitale palestinese (e Gaza? ci siamo dimenticati della Striscia... cosa pensano i palestinesi di Gaza della prospettiva di una pace con Israele? Hamas appenderà il kalashnikov al chiodo?) sarà presto dotata di un moderno aeroporto. E' questa una delle precondizioni poste dalla leadership dell'OLP all'inviato americano: un aeroporto, alberghi e strutture ricettive sul Mar Morto, e più permessi di lavoro per i palestinesi che desiderano spostarsi in Israele; tutto a spese degli israeliani, naturalmente. Tutto sarebbe mosso dal nobile intento di rilanciare il turismo locale; che a Gaza, in effetti, produce entrate non trascurabili. I maligni argomentano che una base di decollo e un maggiore afflusso verso lo stato ebraico comporterebbero minacce terroristiche non trascurabili.
Ma bandiamo la dietrologia. Specie ora che gli israeliani avranno qualche buon motivo per recarsi a Ramallah, oltre a quello di farsi sgozzare e smembrare a vista: l'apertura di un nuovo fiammante store di Ikea. E quale migliore mezzo di trasporto di un aereo che conduca fanatici dello shopping da Tel Aviv alla futura capitale del futuro stato palestinese?
Per rimarcare la sua determinazione nella ricerca di una via verso la pace, il leader dell'OLP, del Fatah, dell'ANP e insomma quello che comanda a Ramallah, mentre con una mano stringeva l'appendice reciproca di Kerry; con l'altra benediceva Ahmed Abu al- Sukkar, il terrorista palestinese dell'attentato terroristico del 1975 a Zion Square, Gerusalemme, in cui persero la vita ben 14 persone, e 60 rimasero ferite. Il poverino è morto di arresto cardiaco martedì, e ieri ha beneficiato di tutti gli onori in un funerale "di stato". Mahmoud Abbas ha definito il terrorista un "combattente per la libertà e la causa palestinese". Immaginiamo il dolore lacerante di Kerry e della baronessa Ashton...

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