lunedì 13 maggio 2013

«Solo gli israeliani devono fare delle concessioni»

di Evelyn Gordon*

La scorsa settimana, la Pew Research ha pubblicato i risultati di un sondaggio dal titolo apparentemente confortante: «malgrado le vistose differenze, molti israeliani e palestinesi auspicano un ruolo più ampio per Obama nel risolvere il conflitto». Il sondaggio in effetti ha evidenziato diversi gruppi desiderare un maggior coinvolgimento da parte di Obama, e leggendo il titolo, la conclusione scatta immediata: il conflitto israelo-palestinese è risolvibile se l'America si impegnasse un pochino di più, a patto che entrambi i contendenti lo desiderino.
Tuttavia, leggendo il sondaggio, si perviene a conclusioni opposte: il conflitto in questo momento non è risolvibile, perché alla domanda "è ipotizzabile un modo con cui Israele e uno stato palestinese possano coesistere pacificamente?", un enorme 61% ha risposto negativamente, mentre solo il 14% ha risposto affermaticamente (gli israeliani, in una affermazione della speranza rispetto all'esperienza, hanno visto prevalere i possibilisti rispetto agli scettici nella misura del 50 contro il 38%). In altre parole, un'ampia maggioranza di palestinesi afferma che anche qualora uno stato palestinese fosse crrato, il conflitto persisterebbe fino a quando esisterà Israele. Dove si legge la possibilità che fra israeliani e palestinesi scoppi la pace?

I palestinesi ormai rispondono in questi termini ai sondaggi da anni. Nel 2007, ad esempio, il 77% dei palestinesi affermò che "i diritti e le aspirazioni dei palestinesi non potranno manifestarsi fino a quando esisterà lo stato di Israele". E quattro anni dopo, il 61% dei palestinesi riteneva che la soluzione dei due stati per due popoli è solo un passaggio intermedio in vista dello sradicamento dello stato ebraico. Per cui il problema non è che i palestinesi sono disonesti nel rivelare le loro intenzioni; è che gli occidentali deliberatamente scelgono di ignorare le loro sincere esternazioni, preferendo soffermarsi su tutto ciò che può essere lontanamente interpretato come motivo di ottimismo; come l'auspicio per un maggior ruolo americano palesato dall'ultimo sondaggio.

Un altro esempio di questa tendenza è rappresentato dall'affermazione del ministro degli Esteri spagnolo Jose Manuel Garcia-Margallo, dopo essersi incontrato il mese scorso con il presidente dell'autorità palestinese Mahmoud Abbas: «sento che è disponibile a negoziare un processo di pace. Su quali basi? mi ha chiesto di trasmettere un messaggio secondo cui auspicherebbe vedere misure di buona volontà come la liberazione dei detenuti e il problema degli insediamenti».
In altre parole, quello che nel concreto Abbas ha detto è che vuole che Israele faccia unilateralmente due concessioni: la liberazione dei terroristi palestinesi e il congelamento dell'attività edilizia negli insediamenti. Come può una richiesta di concessioni a senso unico, in assenza di qualunque negoziato, essere tradotta in un desiderio di concessioni reciproche perseguite mediante negoziato, come tipicamente avviene un processo di pace? la risposta, ovviamrnte, che non lo può: le due cose sono in conflitto fra loro. Come ha spiegato questo mese un alto esponente dell'autorità palestinese, Muhamed Shtayyeh: «noi vogliamo che siano solo gli israeliani a concedere. A noi non deve essere chiesto di fare altrettanto».
Questo, incidentalmente, spiega i risultati del sondaggio citato in apertura a proposito di Obama: quando i palestinesi affermano di auspicare un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti, non vogliono altro che far esercitare pressione su Israele affinché esso effetti concessioni unilaterali. Ma al pari del ministro spagnolo, il sondaggio della Pew Research ha rilevato una speranza inesistente.

Queste pie illusioni spesso nascono da un sincero desiderio di vedere finalmente risolto il conflitto. Tuttavia non vi è possibilità che ciò accada, se gli occidentali ignorano la rale causa del problema: l'indisponibilità dei palestinesi a concordare la pace con gli israeliani. Al contrario, questo tipo di atteggiamento incoraggia i palestinesi all'intransigenza, perché sanno che l'Occidente maschererà questa intransigenza anziché metterla a nudo. In questo modo, pur desiderando porre fine al conflitto, i ben intenzionati occidentali finiscono per acuirlo ulteriormente.

* Commentary Magazine.

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