domenica 14 giugno 2015

Scoop: il Mossad ha rubato la mia scarpa!

Svelata un nuovo, sordido complotto dell'onnipresente Mossad, grazie alla rivelazione pubblica di Asghar Bukhari, fondatore e portavoce dell'influente Muslim Public Affairs Committee UK, salito in passato agli "onori" della cronaca per aver preso le difese del negazionista dell'Olocausto David Irving.
Il Mossad si introdurrebbe nottetempo nelle case dei "resistenti", come egli - non si sa bene come, ma senza scassinare porte o finestre, o lasciare segni di effrazione - e compiono un atto di una malvagità inaudita: rubano una scarpa. Si badi bene: non entrambe le scarpe, ma soltanto una scarpa. Da gente che «ruba la terra ai palestinesi», è il minimo che ti possa aspettare, no? Evidente la provocazione: te ne lasciano una per rimuovere il sospetto che ti sia rincoglionito, e che le scarpe le abbia lasciate incustodite magari sul pianerottolo, o sulla spiaggia. No, te ne lasciano una per farti capire che Loro sono stati lì. Inquietante.

venerdì 12 giugno 2015

Israele e la verità sui "500 bambini palestinesi uccisi"

di Thomas Wictor*

A quasi un anno dalla fine dell'operazione Margine Protettivo, gli odiatori di Israele tentano ancora una volta la ridicola accusa secondo cui lo stato ebraico avrebbe ucciso oltre cinquecento bambini durante le ostilità. Il numero effettivo non si conoscerà mai, ma è giunta l'ora una volta e per tutte di mettere a tacere questa frottola.
A tal fine, farò impiego dell'elenco dei nomi reso noto dall'Al-Mezan Center for Human Rights (AMCHR): un conteggio che proviene direttamente dal ministero della salute (MoH) palestinese. E da subito si scorgono le prime incongruenze, come evidenzia la freccia verde:


L'AMCHR afferma che sono stati uccisi 504 bambini, ma ne elenca 317 maschi e 190 femmine. Sono 507, non 504. Si ha la prima evidenza di come la stampa non fa altro che riportare sotto dettatura palestinese. Al Telegraph nonsi sono neanche presi la briga di conteggiare i nomi; ne' l'AMCHR si è curato di farlo. Questa è propaganda, e anche abbastanza sciatta.

giovedì 11 giugno 2015

Che cosa dicono i palestinesi?

A cadenza periodica, il Palestinian Center for Policy and Survey Research (PCPSR) conduce un sondaggio fra la popolazione palestinese. Il questionario riguarda la corruzione della politica, il tenore di vita della popolazione, la disponibilità ad una pace effettiva con Israele, la prospettiva di un governo palestinese unitario e altre questione di politica interna e internazionale. Fra il 4 e il 6 giugno scorso sono stati raggiunti 1200 adulti, ai quali sono stati sottoposti diversi quesiti. Queste le risposte più eloquenti.

Leadership

- Se mai fossero tenute nuove elezioni presidenziali (le ultime risalendo a ben dieci anni fa), sarebbe un testa a testa fra Abu Mazen (47% delle preferenze) e  Ismail Haniyeh (46%). Ma se la contesa elettorale escludesse il leader dell'OLP e includesse il terrorista pluriomicida Marwan Barghouti, ospite delle carceri israeliani; questi godrebbe del 58% dei consensi. Barghouti vincerebbe le elezioni presidenziali anche nel caso di una contesa a tre. La retorica di una maggioranza palestinese moderata e conciliante risulta nettamente ridimensionata.
- A riprova di questa sconsolata conclusione, se si tenessero elezioni legislative, più di un palestinese su tre (35%) voterebbe per Hamas. Il 21% della popolazione dichiara che non ha alcun interesse alla celebrazione di elezioni democratiche.

mercoledì 10 giugno 2015

L'Occidente affila le armi nei confronti di Israele

Mentre si lavora febbrilmente alla concessione dello stato di potenza nucleare all'Iran degli ayatollah, al contempo si prepara l'offensiva diplomatica nei confronti di Israele. Il piccolo stato ebraico deve fronteggiare la minaccia bellica esistenziale del regime di Teheran, ma anche quella non meno minacciosa del regime di Bruxelles.
Fonti diplomatiche hanno reso noto oggi che una volta definito il quadro normativo che in breve tempo consentirà al fondamentalismo islamico sciita di dotarsi di ordigni nucleari, gli sforzi dell'Europa saranno coordinati con quelli delle Nazioni Unite, per costringere Gerusalemme ad una resa diplomatica che si tradurrà in traumatici sacrifici territoriali.

mercoledì 3 giugno 2015

Quel giorno in cui il Muro Occidentale fu liberato


Ricorre il 48° anniversario della liberazione di Gerusalemme Est, occupata illegalmente dall'esercito giordano nel 1948, e ricollegata alla capitale israeliana con la Guerra dei Sei Giorni del 1967.
Quella che segue è la testimonianza del capitano Yoram Zamosh, comandante di compagnia nel 71° Battaglione Paracadutisti di Israele, resa con l'intervista raccolta nel libro ""The Lion's Gate: On the Front Lines of the Six Day War".
Il 7 giugno 1967, terzo giorno del conflitto, Zamosh combatte una battaglia che avrebbe ridisegnato il Medio Oriente dei tempi moderni. Dopo tre giorni di combattimenti a Gerusalemme Est e Ovest, Zamosh è fra i primi soldati a raggiungere il Muro Occidentale: ciò che resta del Secondo Tempio di Gerusalemme.
La sua testimonianza fa luce sul sentimento che lega molti israeliani alla loro antica capitale, si sofferma sul concetto di "confini del 1967", rivendicati dal futuro stato palestinese, e discute delle modalità con cui si potrà conseguire una pace definitiva, se e quando finalmente arriverà.

Quando noi della "Compagnia A" attraversammo la Porta del Leon la mattina del 7 giugno, l'obiettivo principale era quello di raggiungere il Muro Occidentale, malgrado il fuoco incessante e il pericolo dei cecchini nemici. Nel frattempo ci raggiunse Moshe Stempel, mio caro amico e vicecomandante della brigata.
Insieme avevamo ripulito il Monte del Tempio, e avevamo attraversato la Porta dei Marocchini. Eravamo a pochi passi dal Muro, ma non ne avevamo ancora acquisito il possesso.
Stempel mi ordinò di inviare laggiù uno dei miei uomini, mentre gli altri lo avrebbero seguito sopra, alla ricerca di un punto sul Muro ove issare la bandiera che custodivamo scrupolosamente da giorni.
Scelsi un giovane sergente, dal nome di Dov Gruner.
Una volta un giornalista chiese a Moshe Stempel: «perché hai scelto Dov Gruner come primo a dirigersi al Muro?»

martedì 2 giugno 2015

Lo Stato Islamico dichiara guerra: ai colombi

Finalmente abbiamo stabilito un punto di contatto con lo Stato Islamico. Non abbiamo nulla a che spartire con questa gentaglia; ma oggi possiamo concordare su un fatto: il sincero disprezzo per i piccioni. Un chierico dell'ISIS ha bandito l'allevamento di colombi, dopo aver concesso una moratoria di una settimana. E non per la reazione ripugnante che provocano le deiezioni degli odiosi pennuti; quanto per il fatto che «la visione dei genitali dei piccioni in volo sulle nostre teste, offende l'Islam».
Si tratta di una pratica peraltro piuttosto diffusa in Medio Oriente: non a caso l'editto si rivolge a coloro che coltivano i colombi sui tetti delle proprie abitazioni. Per chiarire la serietà dell'editto, chiunque sarà d'ora innanzi sorpreso nelle aree della Siria e dell'Iraq cadute sotto il controllo dell'ISIS, sarà soggetto a contravvenzione, e subirà la pubblica fustigazione o la detenzione.

lunedì 1 giugno 2015

Abu Mazen: che fine fanno tutti i soldi che intaschi?

Cresce l'indignazione per lo sperpero della colossale montagna di denaro che ogni anno copre l'Autorità Palestinese. Corruzione e malaffare sono fenomeni endemici, tipici oltretutto di regimi che non devono rispondere agli elettori del proprio operato - giusto poche settimane fa "Abu Mazen" ha festeggiato il decimo anno di un mandato presidenziale originariamente quadriennale - ma la misura è colma, ora che l'austerità fiscale costringe i governi a chiedere nuovi e ulteriori sacrifici ai propri cittadini.
I quali incominciano ora a chiedersi che ne è del fiume di denaro veicolato annualmente verso l'Autorità Palestinese, e se non si tratta di uno strumento dall'efficacia inversamente proporzionale agli sforzi della comunità internazionale: tranne i poppanti, tutti sanno che i miliardi di dollari stanziati non beneficiano alcuno dei poveri palestinesi.
Lodevole è risultata l'iniziativa di Rights Reporter, che qualche mese fa ha interpellato l'Unione Europea, per chiedere conto degli aiuti erogati all'ANP, dopo che diversi organismi di controllo contabile hanno denunciato la letterale scomparsa nel nulla apparente di migliaia di rivoli di finanziamenti; ricevendone in cambio risposte vaghe e volutamente superficiali.