lunedì 28 settembre 2015
Perché gli israeliani sono felici più che mai?
di Ben Caspit*
Le varie classifiche sulla felicità e sull'ottimismo stilate da varie organizzazioni internazionali, incluse le Nazioni Unite, mostrano Israele praticamente sempre in cima. Malgrado lo stato ebraico sia l'unico al mondo la cui stessa esistenza è messa in discussione, essendo l'intera popolazione di continuo minacciata da centinaia se non migliaia di missili e razzi; Israele vanta una plateale vitalità secondo queste stime, scavalcando diversi stati europei e potenze mondiali come Stati Uniti e Russia.
Si tratta di un paradosso ben noto agli studiosi, che fa di questa sottile nazione, circondata da nemici e in costante stato di guerra, un paradiso confinante con l'inferno. Questa combinazione impossibile di volta in volta produce autentici miracoli. Un recente sondaggio sulla qualità di vita condotto dalla pubblicazione InterNations classifica Israele quarto al mondo fra le nazioni ove tirar su famiglia, dietro Austria, Finlandia e Svezia. Israele si colloca ben prima di Regno Unito, Germania, Stati Uniti e altre potenze economiche. Se si interrogasse l'israeliano medio, vi rivelerebbe che teme le minacce al proprio stato, è preoccupato per l'economia, risente delle tensioni costanti; ma ciò non toglie che sia felice. Proprio così.
sabato 26 settembre 2015
Palestinesi picchiati, arrestati e colpiti con arma da fuoco: ma (chissà perché) non fa notizia...
Malgrado l'aspetto bonario e la persistenza al potere da più di dieci anni, Abu Mazen - come è affettuosamente chiamato in Europa Mahmoud Abbas, il responsabile logistico e organizzativo della Strage di Monaco del 1972 - non gode di grande fama in "patria". È opinione diffusa che si guardi bene dall'indire nuove elezioni, malgrado il suo mandato presidenziale sia scaduto da più di sei anni, nel fondato timore di perderle a favore di esponenti appartenenti agli odiati nemici di Hamas, con cui peraltro condividono formalmente responsabilità governative nella Striscia di Gaza; tanto per accontentare la poco esigente "comunità internazionale" (che non può mica addossare sempre le responsabilità ad Israele, no?)
È pacifico che le rimostranze si farebbero veementi nei confronti dell'OLP, che detiene i posti chiave nell'autorità palestinese, se le manifestazioni di protesta non fossero soffocate. Di tanto in tanto trapelano arresti indiscriminati, detenzioni arbitrarie e metodi persuasivi non proprio rispondenti alle convenzioni internazionali, ai danni di chi suo malgrado è ospitato nelle carceri di Ramallah. Le autorità minimizzano, i giornali glissano, i media internazionali tacciono: «no jews, no news». Atteggiamento bieco e se vogliamo anche un po' razzista («che ci importa di questi palestinesi, se non possiamo accusare gli israeliani?»).
Etichette:
Abu Mazen,
ANP,
doppiopesismo,
giornalisti,
repressione
martedì 22 settembre 2015
10 cose che non sai sugli ultimi 10 anni a Gaza
Nel 2005, Israele si è disimpegnato unilateralmente dalla Striscia di Gaza. Nel 2006 il "Quartetto" (Nazioni Unite, Unione Europea, Stati Uniti e Russia) ha offerto il riconoscimento di Hamas, a condizione che esso accettasse tre condizioni: il riconoscimento di Israele, la rinuncia all'azione violento e il rispetto degli accordi precedentemente sottoscritti fra Gerusalemme e OLP. Hamas ha sistematicamente rigettato queste condizioni, e rimane determinata nella sua intenzione di distruggere Israele, come riportato nel suo statuto.
Nel 2007, Gaza è caduta sotto il controllo di Hamas. Dopo la conquista violenta della Striscia, Hamas ha iniziato a lanciare missili, razzi e colpi di mortaio all'indirizzo di Israele. Ciò ha costretto lo stato ebraico ad imporre il blocco dei rifornimenti di munizioni onde prevenire il tentativo dell'organizzazione terroristica di munirsi di nuove armi.
Al contempo, in collaborazione con l'ONU, Israele ha continuato a garantire la continua fornitura di generi di prima necessità alla popolazione residente nella Striscia. Nel Palmer Report, l'ONU ha confermato che il blocco navale della Striscia da parte di Israele è un modo legittimo per impedire che gli armamenti raggiungano Hamas; tuttora considerata un'organizzazione terroristica in buona parte del mondo, fra cui gli Stati Uniti, il Canada e l'Unione Europea.
Dal disimpegno di Israele, sotto il dominio di Hamas Gaza ha cessato di prosperare socialmente o economicamente.
lunedì 21 settembre 2015
25 cose che forse non sapete di Corbyn
di David Hirsh*
Stiamo discutendo di un leader del Labor Party che:
1) afferma che l'attentato del 7 luglio 2005 sia il risultato dell'insicurezza generata nel mondo dal Regno Unito;
2) ha presentato un programma su Press TV, il canale propagandistico iraniano;
3) loda e presenzia su Russia Today, il canale propagandistico di Putin;
4) è il responsabile nazionale di "Stop the War";
5) patrocina la "Palestine Solidarity Campaign”, che promuove il boicottaggio di Israele;
6) afferma che Hamas ed Hezbollah si battono per il bene dei palestinesi, e per la giustizia sociale e politica;
7) dichiara che è la NATO l'aggressore in Europa Orientale, e che la Russia vanta legittime aspirazioni sull'Ucraina;
8) si schiera a difesa degli antisemiti: come Raed Salah, che indulge nella medievale accusa del sangue; o Stephen Sizer, che farnetica di un coinvolgimento di Israele nell'11 settembre;
Etichette:
antisemitismo,
Corbyn,
Hezbollah,
terrorismo
domenica 20 settembre 2015
L'Islanda erutta una colata di ottuso antisemitismo
La mite, fredda e lontana Islanda continua ancora a far parlare di se' in questi giorni. Come riportato su Facebook giovedì mattina, il Consiglio comunale di Reykjavik ha approvato una mozione che bandisce dal territorio cittadino tutti i prodotti israeliani. Tutti, senza alcuna esclusione: sia quelli realizzati nei Territori Contesi (al di là della "Linea Verde"), sia quelli prodotti a Tel Aviv, o ad Haifa, o a Gerusalemme. L'obiettivo, neanche tanto velato, è quello di fare del remoto stato artico la prima nazione europea "Israel Free". Immediata la condanna e l'indignazione per questo deprecabile atto, che ricorda un passato che si sperava non tornasse più. Giulio Meotti, sulle colonne de Il Foglio, ha suggerito all'establishment islandese - che mette sullo stesso piano Israele, Siria, Iran, Sudan e Corea del Nord - di «apporre anche una stella di Davide sulla merce».
Il gesto apparentemente scomposto ma in realtà ben ponderato della consigliera Björk Vilhelmsdóttir, è stato talmente eclatante da indurre ad una marcia indietro: parziale. Sabato mattina il sindaco della capitale islandese ha precisato che la mozione sarà ritirata; con esclusivo riferimento alle produzioni israeliane realizzate al di qua della Linea Verde. Si apprende che la mozione sarà ripresentata con riferimento alle merci prodotte nei "territori occupati", per adottare l'espressione riportata da Iceland Monitor.
Il gesto apparentemente scomposto ma in realtà ben ponderato della consigliera Björk Vilhelmsdóttir, è stato talmente eclatante da indurre ad una marcia indietro: parziale. Sabato mattina il sindaco della capitale islandese ha precisato che la mozione sarà ritirata; con esclusivo riferimento alle produzioni israeliane realizzate al di qua della Linea Verde. Si apprende che la mozione sarà ripresentata con riferimento alle merci prodotte nei "territori occupati", per adottare l'espressione riportata da Iceland Monitor.
sabato 19 settembre 2015
Boicottare l'economia israeliana è stupido e controproducente
Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo le stime di crescita per l'economia israeliana: al 2.5% per l'anno corrente, e al 3.3% nel 2016. In un recente rapporto, gli economisti del FMI hanno evidenziato come l'economia dello stato ebraico sia stata intoccata dalla Grande Recessione, grazie all'apertura agli scambi internazionali e alla consistente presenza del settore tecnologico, che costituisce più del 40% delle esportazioni industriali.
La robusta crescita economica consentirà ulteriori progressi sul fronte dell'occupazione, con il tasso di disoccupazione destinato a permanere sui minimi storici. Secondo gli studiosi del Fondo, si tratta di un autentico miracolo: negli ultimi 25 anni, gli occupati sono cresciuti del 3.5%; all'anno. Non a caso, non solo Israele ha realizzato la migliore performance economica del mondo occidentale dal 2007 ad oggi; ma allo stesso tempo, è l'unico membro OCSE ad aver battuto le previsioni di crescita complessive formulate dal Fondo otto anni fa.
La robusta crescita economica consentirà ulteriori progressi sul fronte dell'occupazione, con il tasso di disoccupazione destinato a permanere sui minimi storici. Secondo gli studiosi del Fondo, si tratta di un autentico miracolo: negli ultimi 25 anni, gli occupati sono cresciuti del 3.5%; all'anno. Non a caso, non solo Israele ha realizzato la migliore performance economica del mondo occidentale dal 2007 ad oggi; ma allo stesso tempo, è l'unico membro OCSE ad aver battuto le previsioni di crescita complessive formulate dal Fondo otto anni fa.
venerdì 18 settembre 2015
Le concessioni ipocrite dell'ONU ai palestinesi
di Khaled Abu Toameh
Il voto con cui le Nazioni Unite hanno concesso di issare la bandiera palestinese davanti al Palazzo di Vetro non porterà con se' democrazia, libertà di espressione e trasparenza. Il voto all'ONU è sopraggiunto nell'ambito di crescenti violazioni dei diritti umani sia da parte dei palestinesi di Hamas, che di quelli dell'Autorità palestinese. D'altro canto, quando mai l'ONU si è preoccupata delle violazioni dei diritti umani perpetrata dall'ANP e da Hamas nei confronti del loro stesso popolo?
Chi si cura del fatto che Hamas arresta elettori e candidati del Fatah, nel momento in cui la bandiera palestinese è issata di fronte alle Nazioni Unite? Evidentemente l'ONU ritiene questo atto formale più rilevante del chiedere la cessazione delle violazioni dei diritti umani da parte di AP e Hamas. Nessuno stato membro si è preso la briga di denunciare la repressione di Hamas e il diniego di elezioni da parte del Fatah.
I paesi che hanno votato a favore della mozione non hanno alcun interesse per i bisogni e le aspettative dei palestinesi. Il voto era soprattutto una forma di attacco diplomatico nei confronti di Israele - uno scherno nei confronti dello stato ebraico, piuttosto che un concreto aiuto a favore dei palestinesi, e della prospettiva di un futuro stato indipendente.
Il voto con cui le Nazioni Unite hanno concesso di issare la bandiera palestinese davanti al Palazzo di Vetro non porterà con se' democrazia, libertà di espressione e trasparenza. Il voto all'ONU è sopraggiunto nell'ambito di crescenti violazioni dei diritti umani sia da parte dei palestinesi di Hamas, che di quelli dell'Autorità palestinese. D'altro canto, quando mai l'ONU si è preoccupata delle violazioni dei diritti umani perpetrata dall'ANP e da Hamas nei confronti del loro stesso popolo?
Chi si cura del fatto che Hamas arresta elettori e candidati del Fatah, nel momento in cui la bandiera palestinese è issata di fronte alle Nazioni Unite? Evidentemente l'ONU ritiene questo atto formale più rilevante del chiedere la cessazione delle violazioni dei diritti umani da parte di AP e Hamas. Nessuno stato membro si è preso la briga di denunciare la repressione di Hamas e il diniego di elezioni da parte del Fatah.
I paesi che hanno votato a favore della mozione non hanno alcun interesse per i bisogni e le aspettative dei palestinesi. Il voto era soprattutto una forma di attacco diplomatico nei confronti di Israele - uno scherno nei confronti dello stato ebraico, piuttosto che un concreto aiuto a favore dei palestinesi, e della prospettiva di un futuro stato indipendente.
Iscriviti a:
Post (Atom)