lunedì 23 dicembre 2013

La fine conoscenza di Hamas dell'economia

I palestinesi, si sa, con l'economia sono in confidenza. Ci sanno fare. Soltanto l'UNRWA, la mastodontica ed elefantiaca agenzia ONU che si occupa di quella truffa storica nota con il nome di "rifugiati palestinesi", in tutta la sua esistenza ha beneficiato di fondi pari a 25 volte gli aiuti finanziari ricevuti dagli europei dopo il Secondo Conflitto Mondiale, nell'ambito del Piano Marshall (in termini reali, s'intende). I parlamentari beneficiano di un gettone di presenza pari a 24 volte il reddito medio di un cittadino palestinese. Lo stesso Abu Mazen da' il buon esempio, ammassando una ricchezza sconsiderata, fra una missione all'estero e un incontro con l'adorante sindaco di Napoli. E ancora a Gaza riescono a farsi fornire benzina sussidiata, per alimentare le centrali elettriche, fra una crisi energetica e l'altra; autoprodotta, s'intende.
Malgrado Israele possa vantare un cittadino che è stato eletto qualche anno fa il miglior banchiere centrale del mondo; al punto che da essere stato invitato a far parte del Consiglio direttivo della nuova Federal Reserve targata Janet Yellen (e vai con le tesi cospirazionistiche!...); da Gaza ci si preoccupa di condividere con gli amati vicini israeliani un po' di queste capacità economiche.
Così, questa mattina, anche per festeggiare le festività natalizie, dalla Striscia di Gaza terroristi palestinesi hanno festeggiato lanciando un missile Qassam, diretto verso una fermata d'autobus frequentata abitualmente dalle scolaresche di Ashkelon.
Le città dell'Israele meridionale hanno accolto gli inviti al festeggiamento suonando le sirene d'allarme, mentre i residenti si scambiavano gli auguri nei bunker antimissile. Purtoppo per i palestinesi non si registrano morti fra i cittadini israeliani. Si sa che uccidere israeliani (pardon; "sionisti") avrebbe l'effetto di aumentare il reddito pro-capite dell'unico paese occidentale il cui lustro in campo economico è confermato dal fatto di aver beneficiato di un upgrade del merito di credito negli ultimi cinque anni. Ma, per questa volta, pazienza: la torta sarà ripartita fra lo stesso numero di residenti. Non ci sono morti o feriti da segnalare (e comunque i giornali occidentali sono impegnati in ben altre faccende per rendicontare ai propri lettori).


Sempre da Gaza si segnala un'iniziativa che porterà beneficio all'economia locale. Come segnala stamattina YNetNews, la chiusura dei tunnel clandestini al confine con l'Egitto sta spingendo Hamas ad una forma di autarchia dagli indubbi risvolti positivi per l'economia locale. Anziché importare dall'estero, gravando sulla bilancia commerciale, l'organizzazione terroristica islamica sta producendo in loco missili e razzi, ora dalla gittata in grado di scavalcare l'area tempestata poco più di un anno fa, prima dell'operazione Pillar of Defense. A quanto pare il traffico di componenti ed esplosivi prosegue dalla penisola del Sinai all'enclave palestinese. Di buono c'è che ingegneri e operai hanno trovato lavoro nella Striscia, nella produzione di nuove armi che potranno mettere in difficoltà l'Iron Dome israeliano. Ma, dopotutto, se l'accresciuta minaccia dovesse devastare lo stato ebraico, apportando distruzione, morti e feriti; non sarebbe meglio per il PIL locale? dopotutto, quello che si distrugge, va ricostruito; i feriti danno lavoro agli ospedali, la cui efficienza è testimoniata dal lustro dei pazienti stranieri che li frequentano; e quanto ai morti, beh, in fondo portano parte di responsabilità per la crisi economica in cui versa quell'organizzazione caritatevole e umanitaria che si chiama Hamas...

Sarcasmi a parte, quest'anno il governo di Gerusalemme stima entrate dalle vendite del gas naturale rinvenuto al largo delle coste israeliane, pari a 153 milioni di dollari. Nel 2015 le entrate dalla commercializzazione di questa fonte di energia - pulita ed abbondante - pressoché raddoppieranno: 285 milioni di dollari.
Sicuramente saranno di più, se qualche paese del Mediterraneo busserà alla porta del governo dello stato ebraico, per sondare possibilità di importazione; affrancandosi dal gas di Putin. Ma siamo sicuri che in Italia da questo orecchio non ci sentono, non è vero?

Sempre in materia economica - oggi il Borghesino sconfina in campi inesplorati... -  ci segnalano un articolo di un mese fa, secondo il quale è pienamente legittimo, da parte dell'Unione Europea e dei suoi stati membri, stringere accordi commerciali con le imprese operanti in territori occupati da parte dello stato di origine. Il riferimento esplicito è agli accordi sulla pesca conclusi con il Marocco, ed estesi al Sahara occidentale che la monarchia occupa illegittimamente. In assenza di boicottaggi dei prodotti ittici nonché dei fosfati di cui è ricco il sottosuolo, l'Unione Europea si sente serenamente libera di versare centinaia di milioni di euro all'anno allo stato nordafricano. E al tempo stesso, di applicare un diverso standard giuridico nei confronti delle aziende e delle istituzioni operanti nei territori contesi del West Bank, penalizzati da un boicottaggio istituzionale che ha scandalizzato persino la Casa Bianca; il che, di questi tempi, è tutto dire.


Se Bruxellex ritiene di essere nel giusto nei confronti del Marocco, ne consegue che è in errore nei confronti di Israele. Tanto più che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha condannato l'invasione del Sahara Occidentale da parte del Marocco nel 1975, chiedendo il completo ritiro. Mentre, nel caso del West Bank, la questione è completamente diversa, e sempre più giuristi stanno correggendo il tiro, parlando tecnicamente di territori "contesi", non "occupati".
Ma per l'Europa, il diritto internazionale è valido. Tranne quando riguarda Israele.
 

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