martedì 25 febbraio 2014

Il segreto del boom economico di Israele

Orfana di Stanley Fisher, il mitico governatore che dopo tanti anni di servizio ha lasciato l'istituto di emissione di Gerusalemme per prestare servizio presso la Federal Reserve di Janet Yellen; a sorpresa la Banca d'Israele ha tagliato ieri «il tasso d'interesse principale dall'1% allo 0,75%, a causa di dati relativi all'inflazione inferiori alle attese e di una crescita economica fiacca». Questo è lo scarno comunicato di ADN Kronos diffuso ieri.
"Crescita economica fiacca". Ad avercela noi, quella crescita. Dal 2002 al 2011 il PIL del piccolo stato ebraico - la superficie complessiva è analoga a quella di una regione italiana come la Puglia - è più che raddoppiato, passando da 113 a 258 miliardi di dollari correnti. Un boom economico vero e proprio, che fa impallidire anche le performance economiche delle economie emergenti; adesso peraltro visibilmente ingessate.
In termini reali il tasso di crescita del PIL israeliano ha oscillato attorno al 4% annualizzato per tutti gli ultimi tre anni; ed è sceso al +3.3% annuale secondo l'ultima rilevazione del III trimestre 2013. Il reddito pro-capite è passato dai 18500 dollari del 2005 ai 22130 dollari del 2012: una performance unica, fra i paesi industrializzati (Israele è membro dell'OCSE), tenuto conto delle difficoltà in cui si sono imbattute le economie mondiali nell'ultimo decennio.
A cosa è riconducibile il boom economico israeliano? la risposta giunge forte e chiara dall'ultimo seminario Ambrosetti, che ha messo a confronto il tasso medio di crescita reale annuo nel periodo 2000-2011; con la spesa in ricerca e sviluppo nel medesimo arco di tempo, in rapporto al PIL.
Emerge una verità incontestabile, che va recapitata ai nostri responsabili della politica economica.
Sussiste una evidente relazione diretta: non a caso il coefficiente di correlazione si attesta ad un considerevole 70%, in una scala compresa fra -100 e +100 percento. In parole povere: più aumenta la quota di reddito prodotto destinata alla ricerca, e maggiore risulta la crescita economica. Le economie che non investono, sono quelle che sperimentano i più bassi ritmi di crescita: come l'Italia, per l'appunto. Agli antipodi, Israele: che destina quasi il 5% del PIL a Ricerca&Sviluppo, e che (anche) per questo gode di un boom economico che ha distribuito benessere a tutta la sua popolazione.

1 commento:

  1. Sicuramente gli antisimiti diranno che lo sviluppo economico di Israele mira a dominare il mondo, trascurando il fatto che lo Stato Ebraico ha sempre investito nelle ricerche di alto livello, credendo nella pace e nello sviluppo, mai nel terrorismo. I libri di scuola insegnano amore e sana istruzione, mentre gli avversari istruiscono i poropri allievi adolescenti ad indossare il giaccone dei kamikasi.

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